NdR: Questo editoriale è antecedente alla tematica esplosa in questi giorni in seguito alle domande poste al CAI e al CNSAS da Riccardo Innocenti. Anche se la data (novembre 2014) sottende che in questo scritto Baldracco avesse ben presente il contenzioso con Innocenti, non ci si può aspettare egli risponda in questa sede alle sue precise domande. Inoltre: il presidente nazionale CNSAS parla di “anonimi”, ma di certo non si riferisce a Innocenti.
Comunque riteniamo questo editoriale corposamente esplicativo del punto di vista ufficiale, pertanto lo riproduciamo integralmente.
Editoriale di Pier Giorgio Baldracco
(dall’organo ufficiale del CNSAS, Soccorso Alpino e Speleologico, novembre 2014)
Ci troviamo oggi a tematizzare (portare a tema, cioè ad analizzare in forma estesa ed intensa) un problema che pensavamo essere stato definitivamente assimilato, quindi da tempo anche digerito. Un problema soprattutto compreso con un percorso razionale reale (quello fatto almeno da metà degli anni ‘8O ad oggi) e con una riflessione matura che, con evidenza in qualche sparuta sensibilità, non c’è stata.
Pier Giorgio Baldracco, presidente nazionale CNSAS
Ci riferiamo a quella corrente, per fortuna del servizio che eroghiamo oltremodo modesta nei numeri (crediamo una decina di persone in tutto), che ritiene che nel 2014 il personale del CNSAS dovrebbe essere composto collusivamente da personale volontario, cioè senza che vi siano, come avviene da almeno 25 anni nella realtà più istituzionalizzate, figure indennizzate di sorta.
Su questa prospettiva, invero assai tardiva nei tempi in cui si è manifestata, crediamo, anzi siamo convinti, che si possa ancora discutere in modo aperto senza alcun problema o infingimento. Siamo qua apposta per aprire discussioni e non già per inibirle.
C’è però un problema sostanziale e, per certi versi, metodologico: manca, infatti, l’interlocutore di queste tesi, il soggetto cioè che con la propria sensibilità e convinzione e, soprattutto, con la propria etica e moralità determini la propria presenza… con una firma, con un volto, con un nome e cognome, insomma con un gesto per dire ci sono…!
Troppo comodo, infatti, propugnare queste tesi, come è recentemente avvenuto, nascondendosi dietro lo strisciante anonimato di chi non ama per l’appunto firmarsi, di chi non ritiene corretto avvalersi degli strumenti statutariamente previsti ed utilizzabili nelle var¡e Assemblee per illustrare il proprio pensiero, ma – lo ripetiamo – preferisce omettere la propria firma, quindi la propria verità, o almeno, quelle che potrebbero essere le proprie ragioni.
Senza timore, un po’ di storia non proprio recente: passato remoto per alcuni, prossimo per altri, sul tema delle figure indennizzate all’interno del CNSAS.
Con l’evoluzione dei servizi di elisoccorso e con i processi di istituzionalizzazione del CNSAS avvenuti a partire da metà anni ‘80 si sono velocemente modificati alcuni tratti della nostra organizzazione che, diversamente, non sarebbe stata in grado di affrontare le complesse problematiche e le autentiche sfide che in quegli anni si andavano delineando.
Sfide per lo più vinte con la tenacia e la determinazione di chi ha interpretato la lungimiranza di una visione moderna, di chi ha realizzato azioni concrete in grado di generare positività eccezionali per i servizi correlati all’urgenza ed emergenza medica e che ora diamo con troppa semplicità per scontale.
Obiettivi che hanno impegnato duramente la nostra organizzazione sia nei rapporti esterni sia in quelli interni e che, alla fine, hanno garantito, per dirla in estrema sintesi, una contrazione degli indici di mortalità e degli esiti invalidanti in migliaia di missioni per altrettanti incidenti e conseguenti infortuni. Questo crediamo sia un valore primario, non sindacabile con i “se” o con i “ma”, soprattutto se questi sono espressioni postume ed anonime.
Ciò è avvenuto nella Val d’Aosta, nel Trentino-Alto Adige e nel Bellunese, poi in Piemonte e Lombardia, dove per primi, a metà degli anni ’80 (trent’anni fa, dunque) sono sorti e si sono consolidati i moderni servizi di elisoccorso, poi mutuati in buona parte del territorio nazionale.
Questo percorso che ha creato ex-novo una particolare tipologia del soccorso medicalizzato estremamente avanzato e specializzato, modello che ora altri cercano di scimmiottare (ma è altra storia questa), congiuntamente al legame che è andato per forza di cose consolidandosi con il Servizio sanitario nazionale, ha generato la necessità di qualificare con sempre maggiore attenzione le nostre risorse immateriali (gli uomini).
Gioco forza il CNSAS, per evitare quella sindrome tutta italiana che crea ovunque figure tuttologhe, alla prova dei fatti invece modeste espressioni di efficacia e sicurezza, è stato costretto, da una parte a contenere fortemente i numeri per offrire un rapporto presenze(turni)/interventi estremamente elevato (equivale, lo si voglia o no, ad innalzare i parametri della sicurezza e della qualità), dall’altra, a fare dei percorsi formativi, ora peraltro obbligatori per legge, un irrinunciabile obiettivo di qualità, forse il più importante.
La stessa dinamica, occorsa per fare nomi e cognomi ai Tecnici di elisoccorso e alle Unità cinofile turniste presso le basi di elisoccorso, è avvenuta anche per le figure preposte alla formazione e via via ad altri soggetti che, per i riconoscimenti di legge attribuiti nel medio periodo al CNSAS e per le caratteristiche estremamente tecniche delle stesse, vengono indennizzate.
Questa accertata evoluzione (innegabile sia stata tale) che è andata profilandosi con varie modalità e che, alle volte, è anche sfociata in momenti di autentica, forte dialettica (non è un problema ricordarlo, quindi ammetterlo…, ma siamo sempre negli anni ’80 inizio anni ’90), è stata resa ufficiale con alcuni passaggi salienti che forse sono stati già dimenticati o volutamente misconosciuti.
Le tappe di quei passaggi, alcune delle quali precorse a livello di singoli Servizi regionali e provinciali con assoluta liceità, sono state oggetto di profonde ed approfondite discussioni che hanno riconosciuto in modo netto e chiaro l’evoluzione che il CNSAS stava velocemente affrontando e l’indirizzo che il CNSAS avrebbe assunto con la determinazione necessaria negli anni futuri.
Solo per portare un esempio, a Castelnuovo ne’ Monti (RE), nel 1997, durante il Congresso nazionale dei quadri del CNSAS cui spettavano poteri di indirizzo sulla attività dell’organizzazione, si deliberò che “Il CNSAS perseguiva l’obiettivo di adeguare l’organizzazione dell’attività di soccorso anche al Servizio di urgenza ed emergenza medica del SSN, uniformando la formazione dei propri quadri tecnici alle normative che disciplinano il volo SAR” e che “l’attività del CNSAS (…) viene svolta preferibilmente attraverso convenzioni stipulate con enti pubblici”. Principi strategici e operativi/organizzativi che di fatto hanno riconosciuto, sancendolo, quanto stava avvenendo con importanti eccellenze sul territorio e che stava garantendo un soccorso sempre più qualificato nel primario interesse dell’utenza e non già del tecnico di turno.
Guido Bertolaso e Pier Giorgio Baldracco
Quegli stessi principi furono integralmente recepiti di lì a pochi anni nella nuova legge sulla disciplina del Soccorso alpino, approvata in via definitiva dal Senato della Repubblica in data 8 marzo 2001, che sarebbe poi la Legge n. 74/01.
Proprio con l’approvazione della Legge n. 74/01 sono stati consolidati principi giuridici già di fatto operativi sin dal 1963 all’atto del licenziamento del primo provvedimento (Legge n. 91/63), quindi rivisitate ed ampliate profondamente funzioni e responsabilità del CNSAS. Ripetiamo funzioni, ma soprattutto responsabilità, nell’erogazione di un pubblico servizio a tutti gli effetti di legge.
Infatti, le puntuali attribuzioni previste dalla 74, sia all’art. 1 sia e soprattutto all’art 2, comma 2, hanno imposto e ancora impongono una struttura che sappia effettivamente garantire ciò che lo stesso Stato ha disposto che il CNSAS debba fare, tra l’altro in alcuni scenari in forma esclusiva, e i vari processi formativi sottesi a questi obblighi. Proprio questi doveri, che devono poi anche tramutarsi in una assunzione di responsabilità assoluta, non permettono più di scherzare con gli atti e con la storia.
Al riguardo dell’iter legislativo della 74, preme tra l’altro ricordare come il testo proposto nel 2000 dallo stesso CNSAS dopo diversificati vagli assembleari fosse addirittura più spinto di quello poi licenziato (PDL – Conte, Castelli, Giaretta, Zilio e Dondeynaz al Senato e Detomas, Brugger, Zeller, Widmann e Olivieri alla Camera al quale si rimanda).
Altro fattore che dovrebbe fare riflettere con autenticità senza nascondere la testa nello zaino è una serie di dati inconfutabili. L’attività di soccorso, cioè le missioni di soccorso, sono aumentate del 63.17% e l’impiego del personale CNSAS del 58,11% (raffronto 1993-2002 e 2003-2012), mentre quella formativa, ancorché di computo complesso, si attesta su un aumento stimato del + 44/48% rispetto ad un dato medio degli anni ’80 e ‘90. Numeri che paiono di per sé dei valori, senza necessità dunque di ulteriori commenti.
Pensare di comprimere questi parametri, cioè il nostro diffuso e costante impegno, è per sua stessa natura impensabile. Gli uni non dipendono da noi (l’attività di soccorso), gli altri (l’attività formativa), sì, ma è innegabile che depotenziare o addirittura annullare il ruolo delle varie Scuole così come oggi consolidate per erogare formazione quali-quantitativamente avanzata è operazione piuttosto miope. Istruttori che sono tali cinque o sei volte all’anno, ci sia permesso di dirlo, non possono essere considerati tali. Omettere la filiera della certificazione garantita dalle Scuole e prevista dal richiamato disposto normativo è azione oltre che impossibile, anche assai banale.
Oltre a questi aspetti sostanziali e, quindi, confutabili solo facendo i cattivi maestri, aspetti che fanno comunque comprendere con estrema facilità come oggi sia impensabile non indennizzare talune delle figure appartenenti alle Scuole nazionali/regionali, vi sono degli altri fattori sui quali varrebbe la pena effettuare una pur veloce riflessione e che verificano l’assoluta legittimità del percorso.
Riprendiamo allora alcuni pensieri di carattere giuridico, profondi, quindi non superficiali. Il primo è il fatto che le specialità legislative ascritte al CNSAS (disposizioni cosiddette speciali) determinano la compatibilità della corresponsione ai soci di indennizzi e compensi per attività estremamente qualificate e specifiche anche in regime di Legge n. 266/91. Il secondo, conseguente, è che in ogni caso Statuto (e Regolamento) a livello locale devono espressamente prevedere questa fattispecie, dando precisa attuazione anche all’art. 54 dello Statuto del CNSAS nazionale come dopo illustrato.
Va da sé che non si comprenderebbe come mai anche il legislatore, prima nel 2000 con il licenziamento della Legge n. 383/00 e poi il Governo nel 2012, con specifica Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, abbia voluto affermare il principio secondo il quale in alcune Associazioni vi possono essere soci che per qualificate (quantificate) e riconosciute specialità (tra l’altro previste per legge in alcuni casi), possono essere indennizzati.
Queste salienti caratteristiche del variegato settore del volontariato trovano puntuale corrispondenza in altre esemplari analisi note e che svuotano gli argomenti dei nostri latori anonimi.
Come andavamo poco sopra dicendo, proprio in queste settimane il Governo sta mettendo mano alla doverosa riforma del cosiddetto Terzo settore, dopo che dalla legge quadro del 1991 (Legge n. 266 per intendersi) più nulla era stato realizzato per riordinare un comparto della società assai delicato e che rimane in alcune realtà italiane la colonna vertebrale di taluni servizi socio sanitari. Ad eccezione del D.Lgs n. 460/97, infatti, e della Legge n. 383 prima richiamata, nulla è stato teorizzato in termini di reale rivisitazione della disciplina di riferimento né tanto meno ovviamente licenziato.
Ciò si auspica possa essere, già a breve, all’attenzione del Parlamento per fare definitiva e reale chiarezza su cosa possa chiamarsi davvero Terzo settore/No profit e cosa non possa chiamarsi tale, cioè non lo sia affatto. Percorso virtuoso per smascherare quelle forme truffaldine, giusto per usare un eufemismo, in cui il profit appare evidente anche ad occhi poco esperti, ma al contempo percorso per esaltare quelle forme che garantiscono ancora al nostro Paese di definirsi tale.
Tornando al nostro ragionamento, ci sentiamo di affermare con estrema tranquillità d’animo che menare scandalo nel 2014 rispetto al fatto che alcune figure (circa il 5.5% o dell’intera struttura del CNSAS) abbiano una qualche forma di indennità, cioè con una trentina di anni di ritardo rispetto a quando poteva essere fatto con assoluta legittimità (n.b.: a metà dunque della sessantennale storia del CNSAS…), appare una battaglia ipocrita e senza ombra di dubbio subdola se esplicitata nella forma dell’anonimato. Là ove questa forma meschina è da sempre propria del cattivo maestro che insinua il dubbio nascondendo lo sguardo e non già di chi manifesta le proprie idee, idee magari forti quanto convinte e conferite nelle sedi opportune, che sono poi quelle assembleari dove la democrazia è per fortuna ancora del tutto garantita.
Il problema, come la stragrande maggioranza, anzi la quasi totalità dei lettori avrà compreso, non è allora riconoscere (nda: dopo oltre 25 che riconoscere poi sarebbe?) che qualche socio del CNSAS nelle forme già descritte possa ricevere un’indennità, ma far caso mai sì che questo avvenga con estrema trasparenza: in poche parole con il dovuto rigore, tanto più trattandosi di risorse di pubblica provenienza. Lo stesso rigore che deve essere garantito tanto nei processi interni al CNSAS (previsione delle modifiche Statutarie e Regolamentari necessarie, attuazione delle Delibere e gli atti correlati conseguenti, ecc.), quanto in quelli in applicazione del vigente ordinamento nel settore del diritto del lavoro (per quanto questo sia in magmatico movimento) e in quello fiscale.
Il CNSAS, anche a livello nazionale, dopo che in molti Servizi regionali e provinciali era già stato fatto, ha voluto, fortemente voluto, togliere il velo (invero assai leggero) e prevedere all’interno del proprio Regolamento generale nel modo più trasparente possibile il fatto che “con apposito Regolamento approvato dall’Assemblea nazionale si definisce la possibilità di attribuire, per le attività svolte dai responsabili di struttura e per quelle qualificanti e specializzanti la funzione del CNSAS, una indennità sostitutiva, qualora alle stesse non siano applicabili i benefici della Legge L. 162/92 o del D.P.R. n. 194/01 (art. 54)“.
Ciò è avvenuto nel massimo di severità procedurale ed è soprattutto avvenuto con passaggi di carattere istituzionale (le Assemblee) unanimi nell’accogliere le tesi proposte, farle proprie e renderle operative.
Negare il principio di rappresentanza secondo il quale si è articolato questo ultra ventennale percorso fa torto alla dignità di quelle cariche democraticamente elette che governano i processi decisionali del CNSAS ed equivale a collocarsi fuori dalla storia. Anzi, equivale a collocarsi con la schiena rivolta ad un futuro già invece presente nello scorrere incessante di ogni missione di soccorso. Volenti o nolenti così stanno le cose.
Pier Giorgio Baldracco firma un accordo con l’Aeronautica Militare (2009)
Noi crediamo, e diversamente non saremo qui ad interpretare con la fatica di ogni giorno, con la responsabilità di sempre e con la continuità richiesta, che spetti al CNSAS darsi regole chiare e per questo non interpretabili, far sì che queste vengano applicate – come abbiamo detto – con severità ed andare, comunque, avanti perché altre sono le sfide vere che ci attendono. Le sfide future e non quelle passate, perché tali non sarebbero neppure.
Tutto il resto, spiace dirlo, è malsana attività di retroguardia, banale irrequietezza di chi interpreta un inattuale ed improponibile purismo, sbagliando però proprio e paradossalmente nel manifestare una purezza che non trova alcuna applicazione proprio perché non c’è. Il vigliacco anonimo è di per sé un impuro.
Con quest’ultimo sassolino tolto dagli scarponi che ancora sappiamo calzare, ora però decisamente più comodi, crediamo di aver messo un punto importante ad un pensiero che forse non sarebbe dovuto neppure essere proposto, ma che abbiamo lo stesso voluto avanzare a tutti voi proprio in ragione del percorso sino ad ora effettuato e che non deve trovare ombra alcuna.
Ciò con buona pace anche dei tanti amici del CNSAS nascosti nei vari social network che ogni tanto buttano là sindacalizzate provocazioni quali, ad esempio, “ma secondo voi un tecnico di elisoccorso del soccorso alpino lavora gratis e, poi, può prendere soldi?”.
Diamo una sola, esemplare, risposta ai latranti provocatori: “Sì, se è stato previsto da uno Statuto, da un Regolamento generale e da un Regolamento di attuazione, dall’applicazione dell’ordinamento vigente in campo del diritto del lavoro e dalle vigenti normative e disposizioni nel settore fiscale, oltre dalla assoluta particolarità della legislazione di riferimento del CNSAS“. Aggiungiamo che “se questa attività è riconosciuta sin dal 1963 da Leggi dello Stato italiano, tutto ciò non è solo legittimo, ma anche doveroso nelle forme e nei controlli riferiti“.
Ora andiamo oltre, perché altri, come detto, sono i problemi veri da affrontare. La formazione di qualità del nostro personale che sta abbracciando uno spettro sempre più ampio, l’organizzazione e gestione della nostra struttura che sta diventando sempre più impegnativa, l’attività di soccorso reale sempre più marcata, l’informazione e la prevenzione… i soliti temi se vogliamo… che seppur più complessi da affrontare, non hanno però ancora fatto cambiare la nostra storia appassionata per la montagna e per chi la frequenta, che non hanno fatto ancora mutare il nostro autentico approccio alla solidarietà e alle forme in cui questa si manifesta.
Siamo ancora qui infatti, dopo 60 anni, a cercare di migliorare giorno dopo giorno, senza timore di farlo, a testa alta, con i nostri limiti, ma anche con la nostra voglia di spostare gli ostacoli oltre le miserie che in questo spazio abbiamo voluto in una certa maniera raccontare.
Questa forza ci è data dalla trasparenza che abbiamo voluto proporre ieri e che anche domani sapremo usare nei passaggi più difficili che attendono ogni grande ed importante organizzazione, quindi anche il CNSAS.
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Impossibile leggere tutto l’atto “giudiziario” e contestare punto a punto, perchè si viene presi subito dallo sgomento. Cito solo una frase terrorizzante:
“improponibile purismo, sbagliando però proprio e paradossalmente nel manifestare una purezza che non trova alcuna applicazione proprio perché non c’è. Il vigliacco anonimo è di per sé un impuro.”
Non so perchè… ma mi viene in mente la Santa Inquisizione.
che tristezza.
Non si concilia. Ma siamo in Italia.
Come si concilia questo scritto di Pier Giorgio Baldracco con il documento sui principi etici varato dal CC del CAI nel febbraio 2014 e pubblicato sulla rivista Montagne360 nel maggio 2014? E’ un caso che in questo documento il CNSAS non sia mai nominato? Volontariato gratuito e volontariato pagato… le due facce del CAI?
Per leggere il documento sui principi etici, cliccare qui accanto documento sui principi etici