La guida alpina fifona
di Enrico Maioni
(pubblicato su guidedolomiti.com il 7 agosto 2024)
Voglio oggi raccontarti la storia di una guida alpina fifona. Durante un paio di scalate, questa guida ha dovuto ritirarsi a causa della stanchezza e della paura, deludendo i suoi clienti.
Nonostante le aspettative e la fiducia riposta in lei, e a dispetto della sua reputazione, questa guida esperta ha mostrato in un paio di occasioni le proprie vulnerabilità.
Immagino già cosa stai pensando, non è bello parlare dei difetti altrui. Giusto, ma in questo caso mi sento di poterlo fare, e spero che dopo aver letto quanto segue mi darai ragione.
La storia della guida alpina paurosa
Qualche anno fa, un cliente di lunga data mi raccontò di una scalata che aveva fatto con una guida alpina che considerava esperta. Quel giorno avevano deciso di affrontare una via che non era di estrema difficoltà, ma che richiedeva comunque un buon livello di preparazione tecnica e fisica.
La guida sembrava in forma, o almeno così credeva, ma mentre salivano, la fatica cominciò a farsi sentire. Il cliente notò che ogni movimento della guida diventava più pesante, ogni passo più insicuro. Il sole era alto nel cielo e il caldo intenso aggiungeva ulteriore stress fisico.
Arrivati a due terzi della salita, la guida si rese conto che non poteva continuare. La stanchezza e il timore di non essere all’altezza della situazione presero il sopravvento. Con un nodo in gola, confessò al cliente che non potevano proseguire. Tornarono indietro, e per la guida fu un duro colpo accettare che non era riuscita a portare a termine la scalata. La delusione era evidente nei suoi occhi, e il silenzio che accompagnò la discesa fu carico di tensione.
Ogni passo verso valle sembrava un promemoria della propria debolezza, e la guida alpina si sentiva schiacciata dal peso delle aspettative non soddisfatte.
Tuttavia, il cliente, consapevole delle difficoltà e dei pericoli della montagna, mostrò una comprensione sorprendente. La sicurezza, dopotutto, era la priorità assoluta.
La storia si ripete
Il secondo episodio fu ancor più difficile da digerire. Ancora una volta, il mio cliente era in compagnia della stessa guida alpina fifona, con cui aveva condiviso molti momenti emozionanti in montagna. Stavano affrontando una via che presentava un passaggio difficile, ma non di estrema difficoltà, e qui la guida, intimorita, si bloccò. La roccia era liscia e verticale, un chiodo malsicuro si trovava qualche metro sotto, ma non garantiva una buona tenuta, aumentando la sensazione di insicurezza.
A quel punto, il cuore della guida cominciò a battere all’impazzata. Non era solo la difficoltà tecnica a intimidirla, ma una paura profonda, irrazionale. Fece un paio di tentativi, ma infine non se la sentì di andare avanti. Con un misto di vergogna e frustrazione, disse al cliente che dovevano ritirarsi.
La delusione del cliente era palpabile, e quella della guida paurosa era ancora più grande.
La guida si sentiva travolta da un senso di fallimento, consapevole che la fiducia del cliente poteva essere compromessa. Ma la montagna insegna molte lezioni, e una delle più importanti è riconoscere i propri limiti. Il ritiro fu un momento di riflessione profonda, una prova di umiltà e autoconsapevolezza. La guida sapeva che prendere quella decisione era stata la scelta giusta, nonostante il dolore dell’orgoglio ferito.
Riflessioni e conclusione
Ora, probabilmente, ti starai chiedendo chi fosse questa guida alpina fifona. Ebbene, ero io.
Io, che avevo arrampicato numerose difficili vie in solitaria e senza corda. Io, che in arrampicata sportiva avevo raggiunto un grado di tutto rispetto.
Non è facile per una guida alpina, abituata a essere un punto di riferimento, confessare la propria vulnerabilità. Ma è proprio questo che voglio farti capire: una guida alpina non è un supereroe. È un professionista che trascorre gran parte della sua vita in montagna, accumulando un grande bagaglio di esperienze che lo aiuta a prendere le giuste decisioni in situazioni difficili.
Essere una guida alpina è più di un semplice lavoro; è una passione, una missione, e a volte una prova di forza fisica e mentale. Le montagne richiedono rispetto, preparazione e un pizzico di umiltà. Essere una guida alpina è un lavoro meraviglioso, ma è anche pieno di responsabilità e richiede un grande impegno non solo corporeo, ma anche psicologico. Quando le persone vedono le foto delle nostre escursioni o delle arrampicate, spesso pensano che stiamo semplicemente godendoci la montagna, come se fosse una vacanza permanente. Ma c’è molto di più dietro le quinte.
Prima di tutto, la sicurezza è la nostra priorità assoluta. Questo significa che dobbiamo essere costantemente attenti, valutare le condizioni meteo, il terreno e le capacità del cliente. Ogni decisione che prendiamo, ogni percorso che scegliamo, ha un impatto sulla sicurezza delle persone che si affidano a noi. E questo può essere stressante. Non possiamo permetterci errori.
Poi c’è la preparazione fisica. Arrampicare, fare escursioni e guidare gruppi in montagna richiede una grande resistenza e forza fisica. Spesso siamo in movimento per ore, tutti i giorni, affrontando pendenze ripide, terreno infido, e altre condizioni difficili. E anche se siamo in buona forma, la fatica si fa sentire.
Ma anche i più esperti possono avere delle giornate difficili, come dimostrano i due episodi che raccontano della “guida alpina fifona”.
Ritirarsi davanti a una difficoltà non è mai piacevole. Si prova un senso di fallimento, di sconfitta. Ma è proprio in quei momenti che emerge il vero valore di una guida: sapere quando è il momento di fermarsi. La sicurezza del cliente è sacra, e anche a costo di fare una magra figura, è meglio tornare indietro piuttosto che rischiare.
I miei clienti, quelli con cui ho vissuto questi episodi, erano persone con cui avevo scalato molte volte. Conoscevano le mie capacità e sapevano che, se avevo deciso di ritirarmi, era per una ragione valida. La fiducia reciproca è fondamentale in montagna, e sono grato per la loro comprensione. Grazie Clemente, grazie Matteo.
Questi episodi mi hanno insegnato che ogni salita è un’opportunità di crescita, non solo per il corpo ma anche per lo spirito. La montagna è un luogo meraviglioso, ma può essere anche spietata. E una guida alpina, per quanto esperta, è prima di tutto un essere umano. Oggi, guardando indietro, capisco che quei momenti mi hanno reso una guida migliore. Mi hanno insegnato l’umiltà, la consapevolezza dei miei limiti e, soprattutto, l’importanza della sicurezza. Ogni fallimento è stato un passo verso una maggiore saggezza e resilienza.
144Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Fa benissimo ciascuna guida a proporsi come meglio crede, chi molto “consumer” e chi addirittura seguendo un “contro-marketing”. Basta che l’immagine professionale di ciascuna guida (elemento su cui si incentra il patto cui sui riferisce Pasini), sia chiara fin dall’inizio, sennò c’è un’ambiguità di fondo verso i clienti. Un’ambiguità che è molto border line, magarti in buona fede, ma se il cliente cerca una guida che gli faccia fare la via, quando la guida torna indietro per motivi emotivi, credo che il cliente sia bello incazzato. L’incazzatura deriva proprio dalla convinzione, nel cliente, che sia stato violato il patto basale cui si riferisce Pasini. magari per elegenza il clienbte paga quella specifica giornata, ma non me lo vedo tornare a combinare con “quella” guida.
Il punto NON è come ci si pone verso clienti assodati, che conoscono bene la guida di riferimento, magari dopo anni ed anni di ascensioni in comune, per cui è comprensibile che nel patto fornitore-cliente ci sia anche una componente umana di simpatia e che ciò possa giustificare l’accettazione della giornata “no” (in ogni caso queste giornate “no” devono proprio esser mosche bianche, perché se diventano una costante, amicizia o non amicizia non me lo vedo il cliente continuare a pagare col rischio di beccarsi giornate “no”)… Ma il tema cambia moltissimo se facciamo mente locale al cliente nuovo: la guida, se ha una certa filosofia, deve presentarsi fin dall’inizio con tale impostazione (non stento a crede che Cominetti lo faccia) per cui il cliente, che cerca una tipologia di guida diversa da quella, ha ben chiara la situazione e si rivolge a un altro collega. La mia sensazione è che nel mercato di oggi la stragrande maggioranza di chi è disposto a pagare una guida, non “compra” la simpatia e i valori umani ma “compra” la prestazione. Sedetevi un giorno in un ufficio guide (durante la stagione) e registrate come si esprimono quelli che entrano. “sto cercando una guida per fare la tal via” (in sintesi). Pochissimi, per non dire nessuno, si esprime dicendo ” si voglio fare il Castore, ma in primis sta cercando una guida simpatica, che mi intrattenga durante la giornata, che sia comprensivo e pieno di valori umani…”. Per cui le guide che non sono in linea con la “grande domanda consumer” dell’attuale mercato devono appunto mettere in chiaro le cose fin dall’inizio.
Fossimo sempre e solo un palla di pongo ciu potremmo stare. Vorrebbe dire che un pò alla meglio ci sapremmo modellare adattandoci. Invece spesso siamo una palla di neve che s’infrange.
@ 6
.
Anche perche’ , fatte salve le considerazioni di altri sul corrispettivo , noi siamo una palla di pongo che cambia ogni giorno e ogni anno , non sempre nella direzione che vogliamo , ovvero in meglio.
Spesso la passione per la montagna e’ una “palestra” di negoziazione fra cio’ che vogliamo fare e cio’ che possiano fare.
Che bello poter arrivare in cima e riuscire nell’impresa. Ma quanta grandezza in più nel poter abbracciare la propria umanità cioè il proprio limite! Proprio quel limite che ti può lanciare verso l’infinito.
Il problema è un’altro.
Tutti siamo umani, chi più chi meno, ognuno di noi ha le sue debolezze.
Crovella, NO! Lui è un TANK, è un PANZER.
Che poi non se ne rende conto, ma anche il più potente tank del mondo, ha un suo punto debole.
Sembri essere un intenditore…
“Potrei scrivere fiumi di parole…raccontando di guide che hanno avuto una giornata “no”.
Ma mi sembrerebbe irriverente verso tutti i lettori del blog”
E invece il racconto di come un’altra guida (che peraltro sa scrivere bene) la pensa a riguardo sarebbe veramente interessante, forse la cosa più interessante di tutto ‘sto straparlare
Crovella dice:
Nei mercati, quando emerge una domanda, immancabilmente si crea la corrispondete offerta.
Ecco, questa è una visione.
Ma ce ne sono anche altre, diverse dalle leggi banali del marketing che Citi. Ho fatto un corso di marketing alla Bocconi, nel 1991, so di cosa parlo!
Esiste anche un contro-marketing che ha i suoi estimatori. Lo pratico anch’io, che scoraggio chiunque a venire con me perché non coccolo nessuno e in montagna si rischia di morire più che di divertirsi. Eppure vivo da 41 anni del mestiere di guida alpina!
I rapporti franchi e diretti durano in eterno, come nel matrimonio. Quando non si sa chi si vuole essere, vanno benissimo gli studi di settore. Ma la chiarezza è altro.
Per capire, guardati dentro, perché secondo me non l’hai mai fatto.
Potrei scrivere fiumi di parole perorando la causa del mio collega Enrico e raccontando di guide che hanno avuto una giornata “no”.
Ma mi sembrerebbe irriverente verso tutti i lettori del blog, Crovella a parte. Uso meglio il mio tempo.
“Consapevolezza dei limiti, anche propri, trasparenza e libertà dai condizionamenti economici e sociali” non sono uno svantaggio competitivo ma al contrario un vantaggio. Ovviamente dipende dai clienti. Quelli che scelgono un fornitore con quegli “attributi” non sono necessariamente degli appassionati di sado maso. Comunque direi che quel che si poteva dire è stato detto. Saluti
A questo punto delle riflessioni, occorre introdurre un pezzettino in più. Nell’attuale società la “comunicazione” è ormai un tassello fondamentale (se non quello prioritario) per ogni tipo di operatore di qualsiasi settore (dall’idraulico al cardiochirurgo). In termini di immagine che si presenta ai potenziali clienti (immagine che è la “base” su cui si impernia il nascente patto fornitore-nuovo cliente), io personalmente non trovo azzeccato dare in pasto alla platea indiscriminata le proprie fragilità, firmandole tra l’altro con nome e cognome. Da un lato ciò è evidente prova del candore fanciullesco del personaggio (presumibilmente molto “genuino”), ma dall’altra è una mossa che un direttore marketing boccerebbe con la matita rossa. Come se costui scrivesse sul proprio biglietto da visita “guida con possibili fragilità”. Forse per porre il tema a livello intellettual-ideologico (cioè far riflettere sulle fragilità, tema che legittimamente piace a molti) andava scelto una procedura diversa, per esempio una parabola totalmente impersonale. Difficile che, sulla base di un pezzo del genere, si instauri fin dall’inizio con un nuovo cliente un rapporto di fiducia “piena”. A meno che, nell’esteso e variegato mondo dei clienti delle guide, esista anche il sub settore dei fan delle guide con fragilità. Nei mercati, quando emerge una domanda, immancabilmente si crea la corrispondete offerta. Per cui non ci sarebbe da stupirsi: tutto è possibile, in fondo c’è gente che paga come banchieri per andar dalle “dominatrici” e farsi sculacciare il fondoschiena…