La parete con il sudario

Tra le varie questioni storiche irrisolte della storia dell’alpinismo figura anche la controversa salita (luglio 1965) di Roland Trivellini (spesso riportato erroneamente come “Travellini”) a quello che poi tre anni dopo sarebbe diventato il Linceul delle Grandes Jorasses (via Desmaison-Flematti, 17-25 gennaio 1968).

Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(3)

GognaBlog aveva già affrontato questo argomento il 20 dicembre 2014 con un bell’articolo di Paolo Ascenzi (vedi: https://gognablog.sherpa-gate.com/la-via-dimenticata-delle-grandes-jorasses/), cui si rimanda per una miglior comprensione di quanto sotto.

Non eravamo a conoscenza ancora di questo articolo della guida francese André Contamine, apparso in tedesco sulla rivista Alpinismus 11-1965. L’autorità e la competenza di Contamine, che non solleva alcun dubbio sull’impresa, possono ulteriormente mettere in discussione l’intera vicenda.

 La parete con il sudario
(titolo originale: Die Wand mit dem Leichentuch)
di André Contamine
Traduzione© Luca Calvi

Come già riportato da Alpinismus (numero 9/65, pagina 16) la parete nord-est della Pointe Walker (nel testo è riportato del tutto erroneamente Whymper, NdR), massima elevazione delle Grandes Jorasses (gruppo del Monte Bianco) alta 1200 metri, è stata conquistata per la prima volta nei giorni dal 3 al 6 luglio 1965 dal fino ad allora perfettamente sconosciuto Roland Trivellini, proveniente dal sobborgo parigino di Montreuil, membro della locale sezione del Club Alpino Francese. La conquista della parete con il “sudario”, come viene definita la parete nord-est con quel suo ghiacciaio obliquo, ha avuto luogo in assenza di qualsiasi forma di pubblicità, il che a Chamonix ha suscitato una certa diffidenza: l’enorme parete con il Linceul (sudario) è da anni uno degli “ultimi problemi” nell’area del Monte Bianco ed ecco che uno dalla città arriva, guarda e vince, il tutto di notte, nella nebbia e con il temporale, proprio lì dove notissimi alpinisti francesi come René Desmaison, Fernand Audibert, Georges Payot o Robert Paragot hanno fatto di tutto, senza successo, per conquistare il sudario. Anche Roland Trivellini, comunque, aveva fatto un tentativo, nell’estate del 1964, assieme ad un compagno (Guy Herrand, NdR). Tentativo poi abortito a causa delle continue scariche di sassi.

Gli appicchi settentrionali delle Grandes Jorasses. A sinistra la parete nord-est con il Linceul (Sudario) e la via Trivellini (1, o=bivacchi). Alla sua destra i 1200 metri dello Sperone Walker (2) che portano alla Punta Walker (I) e tutta a destra la via Bonatti-Vaucher alla Punta Whymper(II). Foto: André Contamine.

Il 3 luglio di quest’anno Roland Travellini si è presentato da solo. Poche ore dopo il suo arrivo a Chamonix era già in cammino verso la sua “parete col sudario”. La sua avventura solitaria ha avuto inizio sul roccioso versante nord-orientale dello sperone della Walker con un lancio della corda sopra la crepaccia terminale ed un pendolo per arrivare fino ad un risalto roccioso: era sulla parete. Poi novanta metri lungo un diedro (V, 3 chiodi lasciati) e il sudario era stato raggiunto. Quell’esile ghiacciaio pensile tendente a sinistra presenta pendenze fino a 65° ed ha richiesto un duro lavoro per salire trecento metri, per poi presentare un salto verticale alto quattro o cinque metri. In serata, 450 metri al di sopra dei piedi della parete, il solitario è stato poi investito da un violento temporale. A Chamonix il maltempo è addirittura arrivato a provocare parecchi danni.

Trivellini ha bivaccato al margine destro (occidentale) del Linceul, in uno spazio minimo che si era ricavato scavando con la piccozza nel ghiaccio. Durante la notte, poi, aveva nevicato. Il mattino del secondo giorno il maltempo ancora non aveva mollato e solo verso mezzogiorno il nostro solitario ha potuto continuare la propria ascensione lungo la parte rimanente del Linceul, fino all’inizio di un diedro-fessura al cui interno alcune placche ed alcuni salti presentavano difficoltà significative: era arrivato ai piedi della ripidissima parete sommitale.

Vetrato, neve fresca, sassi che cadevano. Trivellini però ha continuato la sua ascesa: dapprima un tratto di placche alto 35 metri (V e V+), quindi un canalino di buona roccia alto sessanta metri (V) al termine del quale ha bivaccato per la seconda volta.

E’ quindi salito a sinistra, seguendo un altro diedro e poi roccia  friabile (lasciati numerosi chiodi), quindi finalmente la Cresta des Hirondelles, lungo la quale, dopo circa tre lunghezze di corda, ha raggiunto, verso la sera del terzo giorno, la vetta della Pointe Walker. Durante la discesa lungo il versante sud, Trivellini si è trovato costretto a un ulteriore bivacco, ma aveva ormai la parete alle sue spalle: il solitario Roland Trivellini aveva risolto uno degli ultimi grandi problemi dell’area del Monte Bianco.

Roland Trivellini

Il seguito
Dopo l’uscita dell’articolo su GognaBlog (vedi https://gognablog.sherpa-gate.com/la-via-dimenticata-delle-grandes-jorasses/), il 24 gennaio 2016 mi scrive Piotr Packowski, un socio dello stesso club di Trivellini a Montreuil. Dice di conoscere perfettamente la sua storia, che così riassume il giorno dopo (traduzione di Stefano Michelazzi):

1) sullo schizzo di Trivellini si nota bene che il suo itinerario sale inizialmente sul couloir di destra (tentativo Berardini-Paragot del 1963). Nella parte superiore del Linceul Trivellini continuò tutto a destra. E’ possibile che la sua salita sia coincidente con la linea della variante Profit-Radigue del 1983) […].

2) Francis Bocianowsky inviò lo schizzo di Roland a diverse riviste specializzate in alpinismo. Grazie a ciò ricevette le testimonianze di alpinisti belgi che videro le luci delle pile frontali in cima alle Jorasses durante l’ultima notte di salita. Più tardi i Cechi confermarono a Bocianowsky di aver trovato dei chiodi sulla parte superiore della via.

3) Lionel Terray organizzò all’epoca un intervento radiofonico su Europe1 con Trivellini ponendogli domande precise e specifiche per smascherare eventuali falsità del suo racconto. A fine trasmissione dichiarò: “Nessun dubbio! Roland ha fatto la salita!”.
Personalmente credo a Mazeaud, Terray e Contamine i quali furono gli unici a non contestare la salita di Roland. Paragot e Berardini agirono per motivi personali e per invidia.

4) Trivellini non fu soltanto un “Bleausard” (termine appioppato ai passaggisti di Fontainebleau). Ha aperto diverse vie in solitaria. Nel Vercors e a Etretat in Normandia (la roccia è ben più marcia di quella dell’Eiger).
Secondo chi lo conobbe personalmente nel club, egli fu più che un eccellente arrampicatore.

5) Il non aver fatto un numero elevato di vie su ghiaccio, non poteva essere certo un problema per un arrampicatore di alto livello. Il ghiaccio non era un problema per lui.
In controtendenza invece, solitamente, un ghiacciatore avrà non poche difficoltà sulla roccia. Voytek Kurtyka disse di Alex McIntyre che, durante il loro tentativo al Makalu, questi non sapeva assicurarsi sulla roccia.

6) l’”Affaire Eiger”. Reiner Rettner mi chiese informazioni su Trivellini e Francis Bocianowsky gli trasmise diversa documentazione compreso il tracciato immaginato da Trivellini.
Questo risulta essere molto a destra rispetto alla via Harlin del 1966 coincidendo piuttosto con la Direttissima ideale scalata da Pavel Pochyly in 13 giorni di arrampicata solitaria nel 1983.
Trivellini stimò necessari almeno 12 giorni per compiere la salita che aveva immaginato e penso sapesse a cosa andava incontro.
Ciò che non capisco è perché Rainer Rettner scrisse che Trivellini volesse salire la Harlin avendo già tutte le informazioni del caso. Questo non ha fatto altro che creare confusione e dare spazio alle malelingue montando un’aggressione nei confronti di Trivellini: Montagne Magazine all’epoca scrisse che Roland più che scomparso se ne era andato a prendere il sole da qualche parte e così anche in tempi più recenti, i denigratori continuano con scritti di bassa lega tipo Wider Magazine ad esempio.

7) La vera ragione del caso montato contro Trivellini: A quei tempi il club alpino Red Star (RSCM) al quale era iscritto, veniva assimilato alla federazione FSGT che dimostrava chiare simpatie di sinistra.
RSCM fu etichettata come comunista e vista molto male in Francia anche dal GHM presieduto allora da Paragot.
RSCM veniva frequentata all’epoca dalla classe media operaia e il GHM per contro si indirizzava (fin dal 1919, anno di fondazione) all’élite”.

La parete nord-est della Punta Waker con l’itinerario completamente erroneo della via Trivellini. Dal libro La battaglia del Sesto grado di Vittorio Varale.

Preceduto da una benigna presentazione di Claude Deck, il numero 2 del 2016 di Montagne&Alpinisme pubblica un articolo di Piotr Packowski che porta altri argomenti a favore di Trivellini:

Un punto di storia
(la via dimenticata alle Grandes Jorasses cinquanta anni dopo)
di Piotr Packowski

Lo scopo di questo lavoro: riabilitare la memoria di un uomo, giudicato probabilmente in modo sbrigativo. […].

Roland Trivellini, nato nel 1937, era un brillante scalatore parigino di idee futuriste, noto per le sue scalate audaci e solitarie. Era membro del RSCM (Section Montagne du Red Star Club Montreuillois). Nel 1965 brevetta all’INPI una tendina da parete, antesignana del portaledge (che apparve negli Stati Uniti solo all’inizio degli anni Ottanta. Nel marzo 1967 scomparve durante il tentativo si una salita solitaria sulla Nord dell’Eiger.

Nel luglio 1965 dichiara al GHM (Groupe de Haute Montagne) di aver salito in solitaria il Linceul delle Grandes Jorasses con uscita diretta sulla parete rocciosa sovrastante al pendio di ghiaccio. Secondo il suo schizzo e la sua relazione, la via attacca la parete per un diedro a destra per raggiungere subito dopo il pendio di ghiaccio del Linceul. Terminato questo, la via segue un sistema di diedri-canali sulla destra per poi deviare a sinistra su una rampa che porta all’Arête des Hirondelles (a metà altezza tra l’uscita Desmaison-Flematti del Linceul e la vetta della Walker).

Il presidente del GHM di allora non omologherà quest’ascensione per alcune ragioni: relazione poco dettagliata, assenza di foto e di testimoni, assenza di scorticature sulle mani del protagonista. I critici opposero anche la sua mancanza di esperienza sulle via di ghiaccio, il cattivo tempo durante la salita e il fatto che questa fosse già stata tentata da altri alpinisti più blasonati. Altri evocarono pure l’inesistenza in Francia (all’epoca) dei ramponi a dodici punte, necessari secondo loro per salire il Linceul (ramponi che erano disponibili a Courmayeur fin dal 1929!).

Roland Trivellini fu sostenuto da André Contamine, Lionel Terray, Gilles Bodin, Toni Hiebeler, nonché dagli amici del suo club e da qualche alpinista di Chamonix. Relazione e foto con tracciato furono pubblicate sulla rivista tedesca Alpinismus (vedi sopra, NdR), Chris Bonington e D. Dangar citarono l’impresa sull’Alpine Journal britannico.

L’”affaire Trivellini” fu sepolto per qualche dopo la sparizione del protagonista, partito per un’ascensione solitaria sulla parete nord dell’Eiger nel marzo 1967. Fu riesumato in occasione della salita del Linceul di René Desmaison e Robert Flematti (gennaio 1968): non essendo credibile la salita di Trivellini, la prima del Linceul andò a Desmaison e compagno.

La polemica fu infarcita di false informazioni, fino ad arrivare alla disinformazione. La via Trivellini divenne la via fantasma delle Grandes Jorasses, e naturalmente tutte le colpe furono addossate all’autore che presto fu visto come un bugiardo mitomane.

Nel gennaio 1983 Hervé Sachetat e Dominique Séguier aprono sulla Nord-est un itinerario chiamato “diretta alla Punta Walker”. Il suo tracciato approssimativo apparve per la prima volta sulla guida Grandes Jorasses redatta da Julien Désécures: sembra proprio che segua praticamente la via Trivellini. Questa via fu ripresa in febbraio da Christophe Profit e Dominique Radigue che nella parte inferiore la combinarono con la variante diretta del Linceul (Rick Graham e Andrew Hyslop, 1980). Nacque così la Magic Line.

La parete nord-est delle Grandes Jorasses. 1=Piccola MacIntyre (Alex MacIntyre, Tim Rhodes, William Todd, giugno 1976; 2=Il Linceul (si vede bene come il nome di “lenzuolo” sia ampiamente appropriato, René Desmaison e Robert Flematti, 17-25 gennaio 1968; 3=via Gousseault (René Desmaison, Michel Claret e Giorgio Bertone, dal 1° al 18 gennaio 1973; 4=Rolling Stones (L. Schlechta, J. Svejda, T. Prochaska e J. Rutil, dal 24 al 29 luglio 1968); il tracciato verde (approssimativo) rappresenta la Magic Line (Christophe Profit e Dominique Radigue, 1983)

Nell’ottobre 2010, Désécures e Bruno Sourzac aprono Monomania nel medesimo settore. Il loro itinerario all’inizio prende la Sachetat-Séguier, per lasciarla poi verso destra dopo la jonction con la Serge Gousseault (Desmaison-Bertone-Claret).

E’ lo schizzo di Monomania, molto dettagliato, che riesce ad accrescere la credibilità di Trivellini. Il disegno di Désécures accenna a un canalino nascosto (goulotte cachée) all’attacco della parte rocciosa superiore, “visibile solo quando ci si è praticamente dentro”. Ebbene, anche la relazione di Trivellini menziona un canalino simile, alla partenza della parete rocciosa superiore: e menziona pure il sistema di diedri (rampa) che portano all’Arête des Hirondelles. Il luogo del secondo bivacco Trivellini corrisponde (come del resto in generale il tracciato della sua via) con le dichiarazioni di Sachetat (conversazione telefonica). Trivellini non poteva certo inventarsi un itinerario senza esserci passato!

Nel marzo 2016 la somiglianza delle due vie fu confermata da Sébastien Moatti dopo aver ripetuto la via Sachetat in occasione di una salita del GMHM nell’inverno 2015 (con Antoine Bletton e Max Bonniot). Secondo lui l’itinerario salito sembra corrispondere alla via Trivellini, con qualche ndifferenza nella parte finale.

Dopo la fine degli anni Sessanta numerose cordate hanno ripetuto il Linceul per la “via Desmaison”, qualcuna ha salito la via Sachetat-Séguier. Qualcuno crede a Roland Trivellini e lo testimonia nello scambio di opinioni. Forse è un primo passo per riabilitare l’alpinista e anche l’uomo.

7
La parete con il sudario ultima modifica: 2018-06-01T05:26:07+02:00 da GognaBlog

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6 pensieri su “La parete con il sudario”

  1. La mia curiosità di conoscere, me, gli altri da me e il mondo che mi circonda, mi porta sempre a continuare a coltivare la mia passione di scalare un po’ dovunque e incontrare persone intelligenti con le quali scambiare idee e opinioni.
    Più conosco l’uomo e più riconosco le sue motivazioni di vita.
    Spesso non capisco perché le abbia.
    Forse molti pensano solo a difendere i propri limiti, o a nasconderli, ma secondo me finiscono sempre per crearsi dei complessi e delle frustrazioni.
    Magari è solo una questione di umiltà e di onestà con se stessi, in un buon brodo di intelligenza e di curiosità, con un forte condimento di dubbi.
    Spero di capirci qualcosa prima di morire 🙂

  2. E dunque, Trivellini mentí oppure no? Io propendo a credere che davvero salì la sua via. Però solo le Jorasses conoscono con certezza quanto accadde: la verità è celata tra le pieghe del monte.

    … … …

    Quante storie affascinanti in alpinismo sono state messe in dubbio! Alcune poi si sono rivelate false: una bugia. Come possono gli uomini abbassarsi a simili livelli, nel mondo fantastico delle alte quote? Non hanno dunque imparato niente dall’insegnamento della montagna? Per me è inconcepibile. Per alcuni l’alpinismo è soltanto un’arrampicata come quella delle scimmie?

  3. Un po’ di pazienza e la storia ufficiale viene ripulita dalle balle e dagli errori.

    Ma spesso ci vuole tanto tempo… e questo vale per tutte le storie 🙂

    L’importante è tenere sempre gli occhi aperti, le orecchie tese e magari essere presenti… sul luogo nevvero, non al computer!  🙂

  4. “nonostante fosse francese.”

    …dura essere profeta a casa propria.

     

    Desmaison per loro ci rimaneva…

  5. Che personaggio questo Trivellini !

    Alpinismo solitario visionistico-utopistico per il tempo e male interpretato dai francesi….nonostante fosse francese.

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