L’alpinismo su neve e su ghiaccio secondo Caruso

Alpinismo su neve e ghiaccio: dal classico al verticale di Paolo Caruso fa parte di un lavoro più vasto dell’autore inerente l’arrampicata e la progressione su diverse tipologie di terreni. Si tratta di una ricerca di ampio respiro che affronta tanto gli aspetti tecnici che quelli didattici del movimento sul verticale (roccia e ghiaccio) e su pendii classici alpinistici (neve), costituendo un Metodo utile per tutti, per chi sta imparando, per chi vuole migliorare e per chi insegna.

COPERTINA ARRAMP GHIACCIO (1)

Il manuale deriva dalla trentennale esperienza dell’autore e dallo studio approfondito del movimento più sicuro, corretto ed efficace nelle differenti situazioni alpinistiche.
L’approccio che caratterizza il Metodo Caruso è rigorosamente scientifico nell’affrontare i principi che regolano lo spostamento del peso e degli arti, le progressioni, l’uso degli attrezzi, e allo stesso tempo olistico nel considerare l’uomo nella sua globalità, al fine di conseguire un’esperienza completa e veramente formativa, per la mente e per il corpo. L’autore ritiene, infatti, che l’apprendimento di un movimento corretto sia la chiave per un’esperienza completa, in grado di migliorare la percezione e la gestione del proprio corpo ma anche la comprensione e quindi la capacità di scelta che permette di individuare le tecniche più appropriate al contesto e al momento.

Questi elementi sono a loro volta determinanti per la sicurezza: un movimento preciso, naturale, consapevole che sfrutta le tecniche di movimento (di progressione, di salita) più efficaci permette di ridurre notevolmente i rischi legati alla pratica in montagna.

In Alpinismo su neve e ghiaccio: dal classico al verticale l’autore illustra e descrive per la prima volta tutte le progressioni su pendii classici di neve e ghiaccio e su ghiaccio verticale, molte delle quali inedite. Alcune tecniche della tradizione alpinistica sono state riviste e migliorate nell’esecuzione per una maggiore efficacia esicurezza.

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Per chi insegna: apprendimento, divertimento e maieutica. La tecnica, la didattica e il metodo
di Paolo Caruso
Tecnica e didattica: due facce di una stessa medaglia. Più esattamente, sono tali solo se non vengono considerate separatamente o, peggio ancora, in contrasto. è interessante notare come le lacune nella tecnica del movimento vadano di pari passo con il fiorire dei manuali. Si scrive su tutti gli argomenti: dall’attrezzatura all’abbigliamento intimo da montagna, passando per le dissertazioni intellettuali sulla didattica e sulla sicurezza. Si potrebbe dire che si cerca di colmare le lacune nella tecnica del movimento analizzando al “microscopio” ogni altro argomento che capiti sottomano. Ma il senso ultimo di quello che cerchiamo continua a sfuggire. Qual è l’obiettivo principale e qual è la via per raggiungerlo?

Imparare per capire, per diventare bravi e competenti, per conoscere meglio noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda. Ma anche imparare per divertirci e allo stesso tempo per impegnarci in qualcosa, almeno in quello che ci appassiona. Questo potrebbe essere l’obiettivo.

A volte risulta difficile comprendere bene il senso, le differenze e i punti che accomunano la tecnica e un metodo completo, come quello presentato in queste pagine. La Tecnica è l’insieme delle progressioni e dei movimenti che potremmo definire “archetipi”, le matrici perfette. Ma perfetto non vuol dire impossibile, irreale o che non debba essere adattato nella pratica: gli schemi motori e le progressioni individuati sono in effetti dei riferimenti molto concreti per poter migliorare la qualità del proprio movimento, tenendo conto anche dell’anatomia umana e delle leggi della fisica.
Nel passato, quando si pensava che nell’arrampicata non ci fosse nulla da conoscere e capire, e quindi da insegnare, perché il movimento veniva considerato “istintivo”, le lacune tecniche erano diffuse e si procedeva a tentoni. Il difetto del “tastare” con i piedi sugli appoggi, frequente tra molti arrampicatori, allegoricamente rende bene il concetto.

Quando la Tecnica viene organizzata secondo dei principi che integrano la visione d’insieme con gli aspetti particolari del movimento, ma che soprattutto prevedono una successione ben precisa nell’apprendimento e dunque nell’insegnamento delle tecniche, si parla di Metodo. Il Metodo è organizzato in funzione di rendere l’apprendimento più efficace, di favorire il miglioramento e la conoscenza. Tecnica e Metodo, quando si fondono insieme, rendono possibile trasmettere agli altri efficacemente la sintesi delle conoscenze acquisite dai predecessori più esperti.

In pratica, Tecnica e Metodo, costituiscono la strada maestra per un apprendimento completo; permettono di eliminare errori e difetti, ma anche di comprendere a fondo l’attività che si pratica. Si tratta quindi di mezzi utili per raggiungere il risultato proposto, ma in qualche modo anche del fine, considerando che senza tali strumenti diventerebbe particolarmente difficile, se non impossibile, raggiungere l’obbiettivo stesso.

Un errore importante in cui spesso si cade deriva da un approccio troppo semplicistico e poco lungimirante. La mente razionale tende a discriminare, separando i singoli aspetti della materia oggetto dello studio. Questo processo è positivo quando favorisce una conoscenza analitica, ma diventa negativo se poi non si ricompone il mosaico del movimento nel suo insieme, nella sua globalità. In questi casi il risultato può essere addirittura antitetico: è molto facile, infatti, perdere di vista il senso generale correndo dietro agli infiniti particolari.

Un esempio concreto spiega bene questo meccanismo. In un manuale di metodologie “teorico-astratte” per l’arrampicata si consiglia didatticamente di non insegnare, ad esempio, la progressione incrociata simultanea agli allievi che hanno come obbiettivo l’alpinismo. In pratica si sostiene che in alpinismo bisogna arrampicare mantenendo sempre tre punti d’appoggio e muovendo un solo arto alla volta, mentre nell’arrampicata sportiva la tecnica suddetta diventerebbe utile perché, in questo caso, sarebbero “lecite” posizioni base sia con due che con tre punti fissi.

In realtà queste affermazioni sono estremismi che dipendono dal non aver compreso il senso del Metodo e, sicuramente, anche la finalità delle differenti progressioni. Ogni singola tecnica dovrebbe essere utilizzata sul terreno più adatto che dipende anche dal livello di ciascun praticante: i contenuti oggettivi (la tecnica) si fondono e si armonizzano con gli aspetti soggettivi (chi, dove e quando). Come vedremo, alcune situazioni alpinistiche si prestano perfettamente alla progressione simultanea, senza considerare poi che ogni tecnica è uno strumento che sviluppa la capacità e l’intelligenza motoria: non praticarle equivale a ostacolare il miglioramento. Le interpretazioni sbagliate come quelle sopra descritte si verificano quando si crede di aver compreso la Tecnica, mentre è esattamente il contrario.

Anche riguardo ai principi didattici e alla comunicazione tra docente e discente, molto spesso si inciampa nelle tendenze e nelle mode del momento. In genere si oscilla tra posizioni contrastanti ed estreme tra loro: i sostenitori dell’insegnamento “verticale” si schierano contro quelli che preferiscono il “metodo” “orizzontale”, quelli che propugnano l’autoritarismo e il “si fa così perché lo dico io” contro chi pensa che ognuno debba fare quello che “sente” con la convinzione che ciò serva a stimolare la “creatività” negli allievi, perfino prima di aver acquisito le basi del movimento.

Qualche tempo fa andava di moda criticare l’approccio “frontale”, per certi versi paragonabile a quello “verticale”. Per inciso, l’idea di insegnamento frontale è ancora più riduttiva rispetto a quella di insegnamento verticale: la impoverisce nei contenuti (verticale ricorda comunque un qualcosa che viene dall’alto) e richiama il contrasto e lo scontro.

Ma in realtà, chi si intende veramente di formazione sa molto bene che non è corretto ignorare alcuni aspetti a discapito di altri. La vera didattica non è solo verticale, ma neanche frontale o orizzontale, un metodo non è globale o per “parti”, deduttivo o induttivo, ecc. Un bravo insegnante utilizza tutti gli approcci e gli strumenti didattici a sua disposizione, così come utilizza tutte le tecniche, perché sa che ognuna di esse ha una funzione differente e complementare alle altre. Per rimanere nell’ambito dell’alpinismo, sarebbe come se, in base alle tendenze del momento, si
insegnassero soltanto alcune progressioni invece che l’intero sistema della Tecnica: solo la Progressione a Triangolo per due o tre anni; poi, al cambio della moda, solo la Progressione Fondamentale per altri tre anni; poi solo quella Incrociata Simultanea… E all’inizio di ogni “era” si potrebbe dire che le altre tecniche sono superate… Solo l’idea fa sorridere!

Un insegnante, dunque, dovrebbe avere in sé molte qualità contemporaneamente, non una sola. Dovrebbe saper integrare i principi didattici validi, non certo generare contrapposizioni ed estremismi. Il concetto del “Magister ludi” rende proprio questa idea. Ma già nel VI secolo avanti Cristo, Socrate aveva esaustivamente descritto le caratteristiche, tutt’ora all’avanguardia, che dovrebbe possedere un maestro, introducendo la maieutica: ovvero la capacità di aiutare l’allievo a far emergere la conoscenza di ciò che, se pur sopito, è già in lui. A un bravo insegnante si richiedono, pertanto, le seguenti qualità:
• grande conoscenza della materia
• capacità di sintesi
• capacità di approfondimento
• consapevolezza del ruolo di formatore
• autorevolezza senza autoritarismo
• umiltà
• serietà
• capacità di insegnare attraverso il gioco e il divertimento
• favorire l’apprendimento stimolando le percezioni e le intuizioni
• favorire l’indagine e la ricerca del Vero
• capacità di empatia, di capire gli allievi e le loro difficoltà
• coerenza
• non essere schiavo dell’ego (la cosiddetta “sindrome della patacca” o della prestazione)
• capacità di individuare il Punto Focale.

In conclusione di queste semplici riflessioni, dovrebbe essere evidente quanto sia riduttivo e fuorviante dividere gli approcci didattici contrapponendoli tra loro per esaltare i rispettivi punti di forza a seconda della metodologia di moda. L’esperienza insegna che in realtà a una maggiore conoscenza della Tecnica, intesa come sapere globale, teorico e pratico insieme, corrisponde una maggiore e più completa dimestichezza con i diversi approcci didattici e una conseguente migliore capacità di usarli nei modi, tempi e situazioni più opportuni.

Presentazione di Roberto Stacchini

Brevi estratti e INDICE

Alpinismo su neve e ghiaccio: dal classico al verticale di Paolo Caruso
Formato cm 15×21
Pagine 128, a colori
€ 35,00
Edizione Verdone Editore srl

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L’alpinismo su neve e su ghiaccio secondo Caruso ultima modifica: 2015-01-05T07:00:27+01:00 da GognaBlog

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