A proposito del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, qui di seguito riporto due lettere di Paolo Caruso, una del 27 ottobre e l’altra del 28 ottobre 2014. Come appendice, riporto uno scambio di missive originato da una lettera di Alessandro Fabbrizio del 5 agosto 2014. Terza parte (3-3).
Paolo Caruso, 27 ottobre 2014
Cari amici,
siamo stati molto occupati e solo ora possiamo aggiornarvi su alcune vicissitudini relative al Parco dei Sibillini. Il 20 di ottobre il Parco ci ha inviato un’altra comunicazione, il documento n. 6158 del 17.10.2014 che leggeremo appena possibile e a cui entro 30 giorni eventualmente risponderemo.
Innanzitutto ci fa piacere farvi sapere che la sanzione alla Guida Alpina Paolo Caruso è stata annullata (!). Nel documento 5730 del 30 settembre 2014 si legge infatti: “La sanzione le è stata levata dal Corpo Forestale dello Stato…”. Ringraziamo quindi il Direttore e il Corpo Forestale per aver riconosciuto il non sussistere del fatto ai danni del suddetto. Speriamo che presto, a seguire, venga anche riconosciuto il diritto di TUTTI gli alpinisti, di poter finalmente riprendere, dopo ben 6 (sei) anni, la pratica dell’alpinismo come avviene in tutti i parchi di montagna del mondo. Complimenti a tutti per il buon esito della faccenda, d’altronde eravamo certi che alla fine il buon senso avrebbe prevalso (!).
Nonostante la buona notizia, riteniamo comunque opportuno condividere alcuni punti importanti per i quali siamo ancora in attesa di risposte esaustive. Se non riusciremo a ottenerle entro breve tempo, non staremo ulteriormente a rinnovare le nostre richieste al Parco come per altro siamo stati già costretti a fare e ci rivolgeremo alle autorità preposte.
Vogliamo iniziare da quanto affermato dal Presidente Olivieri nella sua mail del 09/09/2014:
“in merito alle e-mail di Paolo Caruso e ai relativi commenti, contenenti molte imprecisioni […]. Non posso, infine, non manifestare il mio disappunto per queste continue polemiche fondate su informazioni approssimative e che talvolta appaiono provocatorie e strumentali al mero raggiungimento di interessi particolari.“
ACQUISIZIONE DI INFORMAZIONI
Noi abbiamo diritto all’accesso alle informazioni che devono essere disponibili e pubbliche. Vogliamo ricordare che in diverse occasioni siamo stati costretti a richiedere al Parco chiarimenti, approfondimenti, documenti citati a motivazione delle scelte dell’Ente e non disponibili. Il Parco ha risposto a tali richieste con riluttanza, dopo numerosi solleciti e talvolta non ha proprio risposto. Abbiamo inoltre richiesto di essere tenuti aggiornati e di essere coinvolti nei processi decisionali in materia di regolamentazione delle attività alpinistiche. Ciò non è avvenuto, sebbene previsto e auspicato dalle leggi italiane ed europee. Perfino la promessa del Direttore riscontrabile nella sua e-mail del 28/05/2013 in cui si richiedeva la nostra disponibilità a partecipare a “non meno di 4 incontri” è stata puntualmente e inspiegabilmente disattesa. Il Parco non può che biasimare se stesso per non aver comunicato in modo efficiente ed esaustivo con i propri stakeholders e per non averli adeguatamente coinvolti nelle diverse fasi dei processi in atto, in modo da evitare la situazione che si è venuta a creare.
A questo proposito, facciamo presente che la Convenzione di Aarhus, come ben specificato anche nella e-mail di Silvia Bonifazi, evidenzia l’importanza e l’obbligo di un coinvolgimento reale, non certo di “facciata”. Non è di sicuro sufficiente il verbale di un’unica riunione (quella dell’8 luglio ‘14) in cui per altro sono state semplicemente comunicate decisioni già prese dal Parco in modo unilaterale e senza alcuna concertazione, per dimostrare il rispetto di tale Convenzione. Come non è sufficiente limitarsi a concedere un tempo di 5 gg (come è avvenuto in occasione dell’incontro dell’8 luglio e della pubblicazione degli atti all’Albo Pretorio, dopo ben 6 anni di attesa!!) per far pervenire eventuali commenti e suggerimenti che poi sembrano non essere stati minimamente presi in considerazione nel Regolamento pubblicato all’Albo Pretorio (vedi le “Richieste di modifica e integrazione ai decreti 48 del 28/08/2014 e 384 del 29/08/2014” proposte dalla Guida Alpina Paolo Caruso e dal dott. Marco Speziale) per parlare di processo “condiviso”. Lo ripetiamo e sottolineiamo con forza: il Regolamento emanato dal Parco dei Sibillini è frutto di un’attività che vede coinvolto come unico portatore di interesse (questo si particolare) il Collegio delle Guide Alpine delle Marche. E ciò costituisce grave irregolarità e inadempienza.
GLI INTERESSI “PARTICOLARI”
Il Presidente Olivieri forse non si rende conto che disappunto, insieme a sconforto e indignazione, sono esattamente i sentimenti che il Parco suscita in noi, insistendo nel difendere provvedimenti inappropriati e discriminanti, continuando ad evitare azioni costruttive. Al Presidente vogliamo ricordare inoltre che non è corretto (e, anzi, si colloca al limite della diffamazione) parlare di “interessi particolari” e insinuare che le nostre azioni siano mirate al raggiungimento degli stessi. In questo modo potrebbe essere messa a tacere ogni forma di dissenso civile! Ricordiamo invece al Presidente che dovrebbe più correttamente riferirsi a noi come “portatori di interesse” o stakeholders, concetto ben diverso e che definisce “Qualsiasi gruppo o individuo che può influire o essere influenzato dal raggiungimento degli obiettivi di una organizzazione” (Freeman, 1984). In quanto gruppo di alpinisti amatoriali e professionisti, appassionati di montagna a 360 gradi, siamo stati negativamente colpiti dalle decisioni del Parco dei Sibillini in materia di alpinismo e siamo preoccupati di una possibile escalation, a danno anche di altre attività. Riteniamo un nostro diritto-dovere quello di interloquire con l’Ente e chiedere di essere ascoltati, anche perché le proposte che portiamo avanti sono serie, ben circostanziate e assolutamente compatibili con la tutela della fauna, la flora e gli habitat del Parco. Ma partono dal presupposto che la convivenza tra uomo e natura sia possibile e auspicabile, obiettivo per altro indicato dalle direttive degli organi internazionali.
L’importanza e il ruolo degli stakeholders sono riconosciuti dalla normativa italiana ed europea, ma se il Parco non sa distinguere la differenza tra “interessi privati” e “portatori di interesse”, non stupisce che non sappia come gestire correttamente il rapporto con questi ultimi, e in particolare con noi. Di conseguenza, è forse il caso di rispedire definitivamente al mittente le affermazioni su menzionate e richiedere l’utilizzo di termini più appropriati e civili, oltre al riconoscimento dovuto (Convenzione di Aarhus). Sarebbe consono all’importante ruolo rivestito dalla Dirigenza del Parco scusarsi piuttosto che insistere in insinuazioni offensive. Ci sembra, inoltre, importante ricordare a tutti che il dissenso nei confronti dell’operare del Parco non è certo limitato a un paio di persone (nello specifico Paolo Caruso e Marco Speziale) come il Direttore e il Presidente, strumentalmente, vogliono far credere. Il fronte del malcontento, anche al di là dei soggetti sottoscrittori del presente documento in rappresentanza di un gruppo ben più numeroso di persone, è invece ampio e variegato, come dimostra anche la lettera aperta del Presidente del CAI Martini al Ministro dell’Ambiente.
ALBO PRETORIO
Il 3 settembre 2014 sono stati richiesti al Parco gli atti citati nei decreti n. 48 del 28/08/2014 e n. 384 del 29/08/2014 pubblicati all’Albo Pretorio, che non erano stati resi pubblici. Tali atti sono stati inviati soltanto dopo 43 giorni e diversi solleciti! A tale proposito, il Direttore nel documento 5730 del 30-09-2014 scrive;
“l documenti richiamati in motivazione non devono, in ogni caso, essere necessariamente allegati […] va escluso il diritto di accesso volto ad esercitare un potere esplorativo di vigilanza attraverso il diritto all’acquisizione conoscitiva di atti o documenti […] sebbene il numero elevato di mail inviate (otto, se si considera solo il periodo dal 3 al 15 settembre 2014) sia tale da lasciare perplessi […].”
A parte il fatto di dover essere costretti a richiedere più volte gli stessi atti, cosa che non dovrebbe certo essere necessaria, ma il fatto paradossale è essere accusati di esercitare un “potere esplorativo” e di “inviare un numero elevato di e-mail” a causa di ciò. In realtà, come detto, buona parte di queste mail sono state scritte semplicemente perché il Parco non ha ottemperato a quanto previsto dalla legge, inviando gli allegati ben dopo il tetto massimo dei 30 giorni previsti, scadenza evidenziata perfino dallo stesso Direttore del Parco nel documento 5730 (!), e solo dopo diversi solleciti. Quindi il Parco lamenta di ricevere le troppe mail che ci costringe a scrivere per poter esercitare il nostro legittimo diritto di conoscenza!!! Sembra assurdo ma questi sono i fatti, per altro ben dimostrabili.
Vogliamo inoltre precisare quanto contemplato dalla legislazione in tema ambientale. Infatti, la normativa vigente, come ricordato dal Parco, non consente istanze volte a un controllo generalizzato della PA, con un’unica importante eccezione:
“[…] l’art. 3, d. lgs. n. 195 del 2003 (con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2003/4/Ce sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale) chiarisce che le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda, senza necessità, in deroga alla disciplina generale sull’accesso ai documenti amministrativi, di dimostrare un suo particolare e qualificato interesse […] la medesima disposizione estende il contenuto delle notizie accessibili alle “informazioni ambientali” (che implicano anche un’attività elaborativa da parte dell’amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste), assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall’art. 22, L. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell’amministrazione (Cfr. TAR Lazio Roma, Sa III, 28.6.2006 n. 5272, TAR Campania Sa, IV, 21.5.2009, n.2466”). (“Albo Pretorio online e diritto di accesso”, Avv.ti A. Cordasco, D. Tomassetti, GA n. 2, 2011). Ciò ammesso che i documenti in questione non dovessero effettivamente essere allegati al Regolamento pubblicato. Resta infatti da dimostrare l’assunto del Direttore che “Trattandosi di atti destinati ad una applicazione generale sia la motivazione, sia le modalità di partecipazione sono differenti rispetto agli altri atti.” Ci sembra che una direttiva che regolamenta in modo esclusivo l’attività alpinistica possa essere considerata molto specifica; in questo caso, la sua pubblicazione all’Albo pretorio online verrebbe a rientrare nelle più generiche norme specificate nell’apposito Vademecum (vedi www.funzionepubblica.gov.it) in cui si legge:
“[…] 6. La consultazione dei documenti deve sempre riportare all’utente, chiare e ben visibili:
[…] e. la lista degli allegati, consultabili, riferiti alla pratica.”
Vorremmo infine avere un’ultima delucidazione dal Direttore Perco in merito alla seguente affermazione: “Resta, ovviamente, in capo all’amministrazione adottare l’atto finale che, non necessariamente deve coincidere con le sue aspettative, le quali comunque sono state valutate e in parte accolte”. Vorremmo infatti che ci indicasse quali suggerimenti sono stati accolti e soprattutto dove e quando verranno integrati nel nuovo Regolamento che stiamo aspettando di vedere pubblicato all’Albo Pretorio !
CHI PERSEVERA NELLE IMPRECISIONI
Il Presidente ci accusa anche di essere imprecisi…un commento che fa sorridere se si esaminano le molte e gravi “imprecisioni” commesse dal Parco stesso in questa vicenda, considerando che si tratta di un Ente pubblico e non certo di un gruppo di privati… oltre a quelle di cui sopra, ne ricordiamo alcune altre:
Il Direttore Perco, sempre nel documento 5730, a proposito del Colle delle Cupaie riporta:
“Preme infine ricordare che, ai sensi della DGR Marche n. 1471 del27/10/2008 “nel periodo dal 1 gennaio – 31 agosto sono vietati l’arrampicata sportiva, le escursioni, le osservazioni ravvicinate e il volo ad una distanza inferiore a 500 m dal sito di nidificazione”.
Il Direttore vorrebbe forse applicare il DGR Marche 1471 al Colle delle Cupaie? Non possiamo allora che far presente allo stesso Direttore che:
- il personale del Parco dovrebbe almeno sapere che il Colle delle Cupaie non si trova nel territorio marchigiano, ma in Umbria, nel comune di Norcia!;
- l’arrampicata non può essere assunta come “capro espiatorio”, cioè non si può vietare solo l’arrampicata e non considerare le altre attività, come per altro ricordato anche dal Direttore nel documento sopra citato. Ma allora perché il decreto 384 del Parco circoscrive il divieto alla sola arrampicata? Perché continuare con questa assurda discriminazione? O il rischio di disturbo alla specie esiste ed è reale, e quindi occorre prendere tutte le misure del caso per evitarlo, oppure siamo di fronte a un atto di facciata, che penalizza un’unica categoria ritenuta numericamente e/o civilmente irrilevante, per non dire una categoria nei confronti della quale il Parco ritiene giudizi (o pregiudizi) dettati unicamente dall’ignoranza. Si fa presente che attualmente si vieta l’arrampicata, nel periodo indicato, anche sulle cosiddette “roccette Zazzà” che distano circa 450 metri in linea d’aria dall’”ipotetico” nido del falco pellegrino (ricordiamo a tal proposito che il divieto è stato introdotto solo lo scorso anno senza che alcuna nidificazione sia mai andata a buon fine) mentre invece si consentono tutte le altre attività perfino nei pressi dello stesso! Nel merito dell’arrampicata, i “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)” emanati dal Ministero dell’Ambiente (D.M. 17 ottobre 2007) prevedono la regolamentazione per “[…] l’avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione di […] mediante elicottero, deltaplano, parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalità”.
Se ne deduce che non è contemplato uno specifico per la sola arrampicata; inoltre, la distanza dei 500 metri è una misura (a nostro avviso piuttosto arbitraria) introdotta dalla legge regionale delle Marche, ma non prevista dalla normativa europea (direttiva n. 79/409/CEE Uccelli), né dai criteri minimi del MATTM. Ma in ogni caso, se anche si volesse prendere in considerazione “l’originale” divieto marchigiano dei 500 metri per esportarlo “a forza” in UMBRIA, evidentemente bisognerebbe chiudere anche la strada che da Norcia va a Castelluccio, dato che passa a circa 100 metri dalla falesia del Colle delle Cupaie.
Se esistono ragioni serie e motivate per introdurre un divieto, questo deve essere applicato con buon senso, in modo equo, giusto, appropriato e per tutte le attività, senza discriminazione alcuna.
PORTATORI DI INTERESSE e CONVENZIONE DI AARHUS
Dopo anni di vane parole e promesse, è stato approvato un regolamento concordato con un solo stakeholder, il Collegio delle Marche. Tale regolamento è stato bocciato dalla gran parte degli alpinisti presenti alla riunione dell’8 luglio e da molti altri per la sua approssimazione, inadeguatezza e per la mancata condivisione delle modalità in esso previste. Non crediamo ci sia bisogno in questo contesto di sottolineare ulteriormente i motivi di tale bocciatura. Basti ricordare che la maggioranza degli alpinisti amatoriali e professionisti che frequentano con una certa regolarità il Parco dei Sibillini, a esclusione delle 3 guide alpine marchigiane (già, perché queste sono le guide alpine residenti nelle Marche presenti in detto “Collegio” – ma, come detto, il Parco ha una idea tutta sua sul coinvolgimento dei portatori di “interessi”) non condividono, né nei contenuti né nei modi, quanto portato avanti dal Parco in materia di alpinismo e arrampicata. Nel caso ce ne fosse bisogno, ricordiamo ancora una volta quanto espresso in questo senso anche dalla Presidenza del CAI…Si sottolinea però che, nonostante le discutibili modalità del Parco, alcuni di noi hanno continuato ad adoperarsi in modo costruttivo con la disponibilità sempre dimostrata per migliorare e rendere condivisibile il regolamento redatto dal Collegio marchigiano, come da commenti scritti di Paolo Caruso, di Marco Speziale e di Alessandra Baldelli.
LA LEGGE NON E’ UGUALE PER TUTTI
Nel documento 376 del 27/08/2014 – Progetto “Praterie Alto Montane” si legge: “Tutte le attività connesse o funzionali anche indirettamente alla realizzazione degli interventi di cui al presente articolo devono essere improntate alla massima sostenibilità ambientale; in particolare, l’utilizzo di mezzi a motore deve essere limitato allo stretto necessario e comunque confinato alle sedi stradali.”
Per quale motivo quanto sopra specificato non viene rispettato? Infatti, come confermato dal Corpo Forestale contattato dal Dott. Speziale è stato concesso il permesso di transito in Val di Bove, ove non esiste alcuna strada e alcun tipo di carrareccia, ai mezzi motorizzati con ordinanza del Sindaco di Ussita 1/2005. I mezzi motorizzati attualmente percorrono, per fini “produttivi”, i prati della Val di Bove per arrivare perfino in prossimità del M. Bove Nord, nelle immediate vicinanze dell’area vietata all’alpinismo e all’escursionismo. E’ possibile considerare l’alpinismo e l’escursionismo più impattanti rispetto alle attività dei mezzi motorizzati? E poi, se anche si volesse concedere il transito a tali mezzi per fini produttivi, perchè allo stesso tempo è stato sanzionato un professionista della montagna durante l’esercizio della sua professione? Non si tratta forse sempre di un’attività produttiva? La legge è uguale per tutti o ci sono cittadini di serie A e altri di serie B?
ACCUSE INFONDATE DEL DIRETTORE PERCO e DEL COLLEGIO DELLE MARCHE
La Guida Alpina Paolo Caruso si vede nuovamente costretta a richiamare il Direttore Perco e il Collegio delle Marche affinché desistano dall’insistere nell’accusa di irregolarità nei suoi confronti, per il fatto di non essere iscritto al Collegio marchigiano. Non sembra il caso dover prendere dei provvedimenti (diffamazione con relativa ripercussione nel penale e nel civile) per un’accusa così palesemente insensata, ma si spera vivamente che si ravvedano e la smettano, altrimenti le misure del caso dovranno essere prese. Tale affermazione fu già confutata facilmente in occasione della “disinformata” e infelice pubblica affermazione del Sig. Fabio Miconi in rappresentanza del Collegio marchigiano stesso. Tuttavia, nel documento prot. 5730 del 30 settembre 2014 il Direttore Perco torna alla carica e, insistendo con infondate polemiche, dichiara:
“Lei, innanzitutto, non risulta iscritto presso il Collegio delle Guide alpine di Marche e non ci risulta che possa svolgere esercizio professionale, se non in via occasionale e senza carattere di esclusività, nelle Marche […]!”
Non vogliamo credere che il Direttore abbia avuto intenzione di svolgere azioni di persecuzione nei confronti di qualche Guida Alpina, entrando in meriti e valutazioni che neanche gli competono, ma da quanto riporta sembra particolarmente disinformato. Non si ritiene necessario citare nuovamente la normativa, in quanto è stato già fatto nella e-mail del 23 novembre 2010 cui si rimanda il Direttore Perco. Si ricorda solo al Direttore che la Guida Alpina suddetta risiede in Umbria, insieme ad altre Guide Alpine, e non ha recapito nelle Marche in quanto non svolge attività fissa o stagionale in questa regione, dato che la sua attività lo porta a operare in numerose regioni italiane, tra cui Umbria, Lazio, Toscana, Liguria, Piemonte, Val d’Aosta, Lombardia, Trentino, Marche, Emilia Romagna…oltre che al di fuori dell’Italia…
Per chiarimenti ulteriori si rimanda il Direttore alla consultazione del sito web www.metodocaruso.com ed eventualmente ai testi scritti da Caruso, inclusi quelli per il Collegio Nazionale delle Guide Alpine e per il CAI, in modo da comprendere l’oggetto del suo lavoro e i differenti luoghi che frequenta.
Questo documento per ora è firmato soltanto da quelli di noi che hanno partecipato alla nostra ultima riunione del 18 ottobre 2014 o ne hanno potuto condividere direttamente i contenuti, tra cui Guide Alpine-Maestri d’Alpinismo, Istruttori, alpinisti.
Paolo Caruso
Luigi Mario
Marco Speziale
Luigi Martino
Silvia Bonifazi
Carla Amagliani
Ada Cristofori
Ferdinando Daini
Roberto Ferrante
Micaela Solinas
Lucio Marcantonini
Peppe Vergari
Giovanni De Marchi
Kristian De Marchi
Gabriella Bagnarini
PS
Chiunque volesse visionare i documenti menzionati in questa comunicazione e che non abbiamo allegato per non “appesantirla” troppo, può richiederceli senza alcun problema.
Paolo Caruso, 28 ottobre 2014
Cari amici,
mi scuserete per questa mia seconda e-mail ma ritengo doveroso informarvi delle azioni intraprese dalla rappresentante umbra di Mountain Wilderness, Cristina Garofalo, di concerto con il Collegio delle Marche.
La Signora di MW ha inviato al Collegio marchigiano prima e, di comune accordo, al Collegio Nazionale e al Collegio Toscano (dove sono iscritto) poi, una e-mail di “Segnalazione comportamento offensivo della Guida Alpina Paolo Caruso”. Proprio lei che ha offeso me e tutti noi nella sua prima e-mail, ha pensato bene di denunciare il mio presunto “comportamento offensivo”, girando a detti collegi una mail specificatamente “personale” che avevo scritto a lei e non certo più offensiva della sua. Penso che alla Signora di cui sopra sarebbe utile studiare a fondo non solo la Convenzione di Aarhus, ma anche la legge sulla privacy, per la quale sarà tenuta a rispondere. Lo stesso Marco Vallesi, Presidente del Collegio marchigiano ha scritto frasi che sembrano apparire offensive non solo nei miei ma anche nei confronti di voi tutti, eccole:
“Non posso che comprendere il suo disappunto oltre che condividere, a nome di tutto gli iscritti a questo Collegio, il biasimo nei confronti del Sig. Caruso. Ciò nonostante, i reiterati comportamenti dei singoli portatori di “disinteresse” rischiano di rallentare il fisiologico processo di integrazione uomo-ambiente, ambiente-ambiente, uomo-uomo.”
Invece di collaborare per risolvere i problemi, alcune persone insistono per mantenere le “loro personali posizioni” cercando di mettere in cattiva luce tutte le voci che richiedono una volta per tutte di giungere a soluzioni appropriate e condivise. E’ degno di nota il fatto che, tra l’altro, ci risulta che siano rimasti gli unici a difendere quelle posizioni. Ritengo comunque molto meschino e perdente andare “sul personale” piuttosto che affrontare i contenuti e le critiche costruttive che tutti noi stiamo portando avanti relativamente ad alcune delle problematiche generate dalle azioni del Parco Nazionale dei M. Sibillini. A noi interessa parlare dei contenuti, non altro. Men che meno ci interessano le polemiche personali. Per questo non mi soffermo ulteriormente sulle azioni della Signora di MW, considerando anche che, a seguito delle risposte ricevute, non credo si dedicherà ad ulteriori “azioni di aggressione” e di “disinformazione”. Per quel che riguarda invece detto Collegio marchigiano, invito a ricordare l’intervento… diciamo poco “conforme alla situazione” del loro rappresentante in occasione dell’incontro dell’8 luglio e i contenuti espressi nel regolamento, da loro stilato, che hanno suscitato un disappunto unanime. Sono questi i contenuti e le modalità del loro operare a essere evidente prova di “disinteresse” nei confronti di tutto ciò che non corrisponde al loro punto di vista. Spero che si ravvedano al più presto e comincino ad agire invece per il “bene comune”, evitando anche il pericolo di mettere in cattiva luce tutta una categoria di professionisti che sono invece molto ben preparati.
Come Guida Alpina, quindi, ci tengo a sottolineare che la maggioranza di noi professionisti della montagna, a parte dunque le poche eccezioni facilmente individuabili, crede fortemente nella possibilità di giungere a un documento ben fatto e soprattutto condiviso, mettendo a disposizione le autorevoli competenze che abbiamo proprio come professionisti della montagna. La frequentazione della montagna in modo corretto, consapevole, che si avvale delle basilari norme di sicurezza insieme all’integrazione tra l’uomo e la natura, in particolare nella pratica di attività compatibili come l’alpinismo, sono solo alcuni dei punti saldi, non solo miei ma mi sento di affermare anche della nostra categoria. Dispiace che il Parco non abbia voluto beneficiare dei consigli e delle soluzioni proposte dalle persone più capaci e preparate che hanno continuato, nonostante tutto e a distanza di anni, a mettere a disposizione le proprie competenze al fine di cercare, purtroppo inutilmente, di risolvere i problemi e di giungere a soluzioni condivise.
In pace e un saluto a tutti
Alba sui Monti Sibillini. Foto: Maurizio Pignotti
ALESSANDRO FABBRIZIO (5 agosto 2014) a:
Alla C.A. del Direttore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Spett.le Dr. Franco Perco
Alla C.A. del Prefetto di Macerata, Spett.le Dr. Pietro Giardina
Alla C.A. del Procuratore della Repubblica, Spett.le Dr. Giovanni Giorgio
p.c.
Alla C.A. del Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato, Spett.le Dr.ssa Cinzia Clementina Gagliardi
p.c.
Alla C.A. del Presidente del Soccorso Alpino e Speleologico Marche, Spett.le Dr.ssa Paola Riccio
p.c.
Alla C.A. del Presidente del Raggruppamento Regionale del Club Alpino Italiano, Spett.le Sig. Lorenzo Monelli
p.c.
Alla C.A. del Collegio Regionale Guide Alpine e Accompagnatori di Media Montagna, Spett.le G.A. Tito Ciarma
Egregi Signori Vi scrivo per mettere in luce un problema di pubblica sicurezza presente nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini legato alla totale incuria della rete sentieristica del Parco stesso.
I fatti sono i seguenti: il giorno 2 agosto 2014 mi sono recato al Santuario della Madonna dell’Ambro per salire sulla Vetta del Monte Priora o Pizzo della Regina seguendo l’itinerario 1.58 descritto nella Guida dei Monti Sibillini (M.Calibani-A. Alesi, Grafiche Ventura Ascoli Piceno, 2° edizione 1987) e riportato nella carta dei sentieri scala 1:25000 Parco Nazionale dei Monti Sibillini (Società Editrice Ricerche, S.EL.CA., edizione 2002). La prima parte del percorso viene descritta anche nelle Guide Geologiche Regionali, Appennino Umbro-Marchigiano Itinerario 26 (Società Geologica Italiana, BE-MA editrice N° 7/2° volume 2001).
Il sentiero che dovrebbe partire dal Santuario Madonna dell’Ambro (m 683) e che dovrebbe intersecarsi alla quota 914 m con la carrareccia proveniente da Fonte Vecchia è semplicemente inesistente. In realtà occorre salire per “fratte” su terreno infido seguendo varie pseudo-tracce che portano nel nulla all’interno di un bosco fitto che non favorisce l’orientamento, aggirando dove
possibile salti rocciosi e ripidi canali.
Si capisce che solo persone con adeguata esperienza di Montagna sono in grado di arrivare incolumi all’intersezione con la carrareccia a quota 914 m. Questo, pur essendo il sentiero riportato sia sulla carta topografica sia nelle varie guide disponibili.
Tuttavia, ho avuto modo di apprezzare la magistrale manutenzione della rete sentieristica da parte dell’Ente Parco durante la fase di discesa, di ritorno dalla Vetta del Monte Priora. Invece di riprendere alla quota 914 m il percorso per “fratte”, fatto all’andata, ho continuato a scendere lungo la carrareccia e qualche centinaia di metri più in basso ho incrociato, sulla destra, una
diramazione della carrareccia che scendeva ripidamente verso il Torrente Ambro.
Supponendo che si trattase di una strada più agevole e più sicura per tornare al parcheggio ho cominciato a seguirla e dopo qualche centinaia di metri mi sono ritrovato nel vuoto con la carrareccia che terminava bruscamente, causa erosione e conseguente frana del versante destro (orografico) del Torrente Ambro, una cinquantina di metri sopra il letto del torrente.
A quel punto sono ritornato verso l’intersezione alla quota 914 m e da lì ho cominciato a scendere non senza problemi, pur avendo adeguate conoscenze e pratica di Montagna, verso il Santuario dell’Ambro.
A seguito del mio racconto sorgono spontanee la seguenti domande:
– Il percorso da me seguito viene riportato, come già scritto precendentemente, sia sulla carta topografica che nelle guide escursionistiche pertanto l’Ente Parco è responsabile della sua manutenzione e messa in sicurezza. Perché non lo fa?
– I tracciati in disuso o che portano nel nulla, come la carrareccia che termina nel vuoto sopra il letto del Torrente Ambro, debbono essere sbarrati ed interdetti al passaggio per garantire l’incolumità delle persone. Questo lavoro rientra nelle competenze dell’Ente Parco, perché non lo fa?
– Quanti e quali sono i sentieri fantasma, cioè tutti quei sentieri del Parco Nazionale dei Monti Sibillini riportati sulle carte e/o guide, ma di fatto inesistenti? Questo genere di “sentieri” rappresenta un potenziale pericolo per tutti i frequentatori della Montagna in quanto si viene tratti in inganno dalla discrepanza tra le informazioni raccolte a tavolino (pianificazione dell’itinerario) e la situazione reale sul terreno. Risulta ovvio che la valutazione del rischio fatta a casa, essendo basata sulle informazioni disponibili, risulti totalmente errata.
– Perché l’Ente Parco non sviluppa un’adeguata rete sentieristica con tanto di indicazioni ed informazioni aggiornate come avviene in tutti i Parchi Nazionali Italiani ed Esteri?
– Chi è il responsabile per eventuali incidenti che si dovessero verificare su questi sentieri fantasma, ignorati e trascurati dall’Ente Parco?
– Perché l’Ente Parco non curando la rete sentieristica mette a rischio la sicurezza e l’incolumità dei frequentatori della Montagna? Qual è il suo fine? Non dovrebbe, al contrario di quanto sta facendo, promuovere la conoscenza, il rispetto e la fruibilità dei Monti Sibillini?
La soluzione più logica alla problematica da me esposta è rappresentata dal recupero e messa in sicurezza della rete sentieristica già presente nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini e dalla sua successiva cura e manutenzione nel tempo onde garantire la sicurezza di tutti i frequentatori della Montagna. Tale attività deve essere avviata dall’Ente Parco avvalendosi della collaborazione
del Corpo Forestale dello Stato delle associazioni di volontariato (CAI e CNSAS) e dei professionisti (Guide Alpine). Voglio anche rimarcare il fatto che l’assenza di un’adeguata rete sentieristica, oltre che a rappresentare un problema di sicurezza per le persone, favorisce lo sviluppo di decine e decine di microtracce che associate agli eventi meteorici portano all’aumento dell’instabilità superficiale dei versanti. In ultimo, aggiungo che l’eventuale emanazione di ordinanze che vietino il passaggio nelle zone dove i sentieri non sono mantenuti in corretto stato di esercizio non sono la soluzione al problema in quanto non si eliminano le criticità da me esposte. Fiducioso che le mie critiche e considerazioni vengano considerate in maniera seria e siano utilizzate in maniera costruttiva sia dall’Ente Parco sia dagli organi preposti al controllo e alla sicurezza del territorio Vi ringrazio per la cortese attenzione e colgo l’occasione per porgere i miei
Cordiali saluti.
Macerata, 5 agosto 2014
Alessandro Fabbrizio
Dottore di Ricerca in Scienze della Terra, Sci-Alpinista e Chef de Courses del Club Alpino Svizzero
Risposta di Paolo Panini
Caro Alessandro buona sera,
Ho letto con molta attenzione la tua mail e mi rendo conto della delicatezza della tua denuncia.
Ti assicuro che la stessa verrà portata in Consiglio Regionale del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico sia dal sottoscritto che dal Presidente Regionale Paola Riccio.
Ti ringrazio di cuore per la precisione delle descrizioni che ci saranno molto utili. Spero di poterti rivedere presto e magari condividere una salita con le pelli quest’inverno.
Un saluto
Paolo
Monti Sibillini. Foto: Maurizio Pignotti
Risposta del Direttore Franco Perco
Egregio Signor dr. Alessando Fabbrizio, Macerata
Dr. Pietro Giardina Prefetto di Macerata
Dr. Giovanni Giorgio Procuratore della Repubblica
Gentile dott. Fabbrizio,
ho atteso a risponderle sino al rientro di una mia collega, dopo le ferie.
Da quanto posso constatare Ella si è fornito di una carta non ufficiale del Parco ed inoltre non aggiornata, mentre sul nostro sito può ottenere informazioni assolutamente più corrette.
Di conseguenza, Ella può trovare una descrizione dettagliata dei percorsi escursionistici nel sito web del parco al seguente link: http://www.sibillini.net/Chiedi_sibilla/sentieri/index.html
e dei percorsi in bicicletta al link: http://www.sibillini.net/Chiedi_sibilla/gab/index.html. Nel sito web sono inoltre disponibili gratuitamente in formato digitale la nuova carta dei percorsi
del Parco in scala 1:40.000 che riporta correttamente il sistema di fruizione del parco, i numeri “catastali” dei sentieri escursionistici e che precisa quali sono i percorsi ufficiali del
Parco soggetti a segnaletica e manutenzione; vi sono inoltre le tracce GPS dei suddetti percorsi (link: http://www.sibillini.net/IL_PARCO/index.html voce a spasso con il GPS).
Preferisco tuttavia offrirLe una risposta ai suoi numeri rilievi, che spero Le risulti esaustiva.
Ma prima di iniziare mi permetto di farLe notare che il Parco possiede una sua pianificazione per quanto riguarda la sentieristica e che questa non è lasciata al caso, dal momento che si
fonda su di una propria idea della fruizione la quale, mi consenta, avviene all’interno di un Parco Nazionale e non di un sito qualsiasi.
Certamente Ella non ignorerà che la finalità principale di un Parco Nazionale è la conservazione (Legge nazionale 394/1991 art. 3, 1° comma) e che la “fruizione” non rientra nelle finalità prioritarie di questa Area Protetta. Ovviamente, la fruizione deve essere comunque garantita a norma dell’art. 14, 3° comma, nel quadro delle Iniziative per la promozione economica e sociale del territorio, pur sempre nel rispetto delle esigenze di conservazione.
Il Parco aveva censito oltre 400 sentieri storici del territorio. Di questi, compatibilmente con le esigenze di conservazione e valorizzazione dell’area protetta, ne erano stati individuati circa 80, che sono stati poi inseriti nel sistema di fruizione come “sentieri storici del Parco”. Grazie ad un progetto dei Gruppi Regionali Marche e Umbria del CAI, cofinanziato dal Parco, detti gruppi – MA NON IL PARCO – assicurano, sui sentieri storici, per non perderne traccia e memoria, la segnaletica orizzontale (bandierine rosso-bianco-rosso con riportato il numero del sentiero, apposti su elementi naturali, picchetti segnavia, omini in pietra, ecc..).
Per quanto riguarda le competenze più specifiche del Parco, esso garantisce gli interventi di manutenzione solamente sui sentieri facenti parte del suo sistema di fruizione e cioè:
· 18 sentieri natura,di cui 2 adatti alla percorrenza anche con sedie a ruote, (75 km ca)
· 17 percorsi escursionistici (185 km ca)
· Il Grande Anello dei Sibillini (124 km ca)
· 14 percorsi ad anello per bicicletta (559 km ca)
· 1 grande anello in bicicletta (228 km ca)
Quanto agli altri sentieri rimanenti, la scelta del Parco è stata quella di non segnalarli (fattispecie che avrebbe obbligato ad una loro gestione), almeno per il momento, in ragione della necessità di mantenere al Parco medesimo una certa riservatezza, come del resto si conviene ad un’Area di valenza, appunto, nazionale.
Devo lamentare che purtroppo sono in vendita numerose pubblicazioni, non ufficiali né edite dal Parco, nelle quale si suggeriscono diversi itinerari. Ciò non significa, anche se ciò non viene evidenziato, che in essi sia garantita una segnaletica e/o che essi siano perfettamente percorribili senza determinate precauzioni.
D’altra parte, Ella non potrà non convenire con me che si tratta di manuali e/o guide sulle quali non possiamo effettuare interventi di controllo come pure non possiamo limitarne la pubblicazione. E sta all’eventuale fruitore, prima di intraprendere un’escursione, informarsi sullo stato dell’itinerario prescelto. Dal canto nostro, poniamo la massima attenzione ed il massimo impegno per fornire all’eventuale fruitore, attraverso il sito del Parco ed i vari mezzi di comunicazione a nostra disposizione, nonché mediante l’attività dei punti informativi, tutte le informazioni relative all’offerta turistica del territorio, con particolare riguardo ai percorsi escursionistici.
Ciò posto, ecco le risposte ai suoi quesiti (testo Suo virgolettato, mia risposta in corsivo).
1. …. “la magistrale manutenzione della rete sentieristica da parte dell’Ente Parco durante la fase di discesa, di ritorno dalla Vetta del Monte Priora”. Il percorso da Lei effettuato non rientra tra i percorsi ufficiali del Parco sopra descritti.
2. “Il percorso da me seguito viene riportato, come già scritto precedentemente, sia sulla carta topografica che nelle guide escursionistiche pertanto l’Ente Parco è responsabile della sua
manutenzione e messa in sicurezza. Perché non lo fa?” Come già evidenziato, il sentiero non rientra tra i percorsi escursionistici sui quali il Parco garantisce la segnaletica e la manutenzione. La Carta topografica e le guide escursionistiche in suo possesso non sono edite dal Parco che non può dunque assumersi in alcun modo la responsabilità della veridicità dei contenuti.
3. “I tracciati in disuso o che portano nel nulla, come la carrareccia che termina nel vuoto sopra il letto del Torrente Ambro, debbono essere sbarrati ed interdetti al passaggio per garantire l’incolumità delle persone. Questo lavoro rientra nelle competenze dell’Ente Parco, perché non lo fa?” Non trattandosi di percorsi gestiti dal Parco lo stesso non ha alcuna competenza relativa alla manutenzione e nessuna responsabilità inerente la sicurezza degli stessi. La fruizione della montagna presenta dei rischi oggettivi che ciascuno assume nel momento in cui decide di intraprendere un’attività escursionistica/alpinistica, anche su percorsi segnalati e tracciati. Se così non fosse, per questioni di sicurezza sarebbe necessario vietare l’accesso alla maggior parte delle aree di alta montagna.
4. “Quanti e quali sono i sentieri fantasma, cioè tutti quei sentieri del Parco Nazionale dei Monti Sibillini ” “riportati sulle carte e/o guide, ma di fatto inesistenti? Questo genere di “sentieri” rappresenta un potenziale pericolo per tutti i frequentatori della Montagna in quanto si viene tratti in inganno dalla discrepanza tra le informazioni raccolte a tavolino (pianificazione dell’itinerario) e la situazione reale sul terreno. Risulta ovvio che la valutazione del rischio fatta a casa, essendo basata sulle informazioni disponibili, risulti totalmente errata.” Il problema nasce dall’attendibilità delle fonti da cui si traggono le informazioni e circa questo punto ho ben precisato in precedenza quale sia lo stato dell’arte. La invito, in futuro, ad utilizzare come fonte di informazione il sito web e gli altri strumenti di comunicazione del Parco.
5. Perché l’Ente Parco non sviluppa un’adeguata rete sentieristica con tanto di indicazioni ed informazioni aggiornate come avviene in tutti i Parchi Nazionali Italiani ed Esteri? Come sopra descritto, il Parco ha pianificato e realizzato un sistema di percorsi escursionistici basato sui tracciati esistente: 384 Km di percorsi escursionistici e 787 Km di percorsi per mountain bike, tutti completamente segnatati e soggetti a manutenzione. Tutte le informazioni su tali itinerari, comprese eventuali interruzioni o inagibilità, vengono costantemente monitorate e segnalate all’utenza tramite i canali di comunicazione a nostra disposizione. Probabilmente anche in questo caso la sua osservazione nasce da una mancata conoscenza del contesto derivante da fonti di informazione non aggiornate e non riconducibili al Parco.
6. “Chi è il responsabile per eventuali incidenti che si dovessero verificare su questi sentieri fantasma, ignorati e trascurati dall’Ente Parco?” La risposta è in quanto detto sopra.
7. “Perché l’Ente Parco non curando la rete sentieristica mette a rischio la sicurezza e l’incolumità dei frequentatori della Montagna? Qual è il suo fine? Non dovrebbe, al contrario di quanto sta facendo, promuovere la conoscenza, il rispetto e la fruibilità dei Monti Sibillini?”
Anche in tal caso le risposte sono già in quanto detto sopra. Partendo dal presupposto che la sua nota non voglia essere una critica sterile, ma costruttiva, la invito a prendere visione, sempre nel sito del Parco, nella sezione Ente e Attività della documentazione relativa alla pianificazione generale del parco (Piano per il Parco) ed a quella specificamente dedicata alla fruizione ed alla valorizzazione turistica (http://www.sibillini.net/attivita/turismoSostenibile/index.html).
Potrà così constatare l’impegno del Parco per una fruizione responsabile, ma soprattutto prendere atto delle basi tecniche o scientifiche, su cui sono basate le scelte effettuate dal Parco.
8. “La soluzione più logica alla problematica da me esposta è rappresentata dal recupero e messa in sicurezza della rete sentieristica già presente nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini
e dalla sua successiva cura e manutenzione nel tempo onde garantire la sicurezza di tutti i frequentatori della Montagna. Tale attività deve essere avviata dall’Ente Parco avvalendosi della collaborazione del Corpo Forestale dello Stato delle associazioni di volontariato (CAI e CNSAS) e dei professionisti (Guide Alpine). Voglio anche rimarcare il fatto che l’assenza di un’adeguata rete sentieristica, oltre che a rappresentare un problema di sicurezza per le persone, favorisce lo sviluppo di decine e decine di microtracce che associate agli eventi meteorici portano all’aumento dell’instabilità superficiale dei versanti. In ultimo, aggiungo che l’eventuale emanazione di ordinanze che vietino il passaggio nelle zone dove i sentieri non sono mantenuti in corretto stato di esercizio non sono la soluzione al problema in quanto non si eliminano le criticità da me esposte”. Qui evidentemente si preferisce ignorare il costo della manutenzione, la circostanza che ogni anno gli eventi meteorici (spesso non prevedibili) e il fatto che sarebbe impossibile e persino errato, dal punto di vista della conservazione, mettere in sicurezza tutti i sentieri esistenti. Il Parco ha scelto, proprio per garantire la qualità del territorio, di non gestire determinati sentieri.
9. “Fiducioso che le mie critiche e considerazioni vengano considerate in maniera seria e siano utilizzate in maniera costruttiva sia dall’Ente Parco sia dagli organi preposti al controllo e alla sicurezza del territorio Vi ringrazio per la cortese attenzione e colgo l’occasione per porgere i miei Cordiali saluti”. Penso che abbiamo dato un giusto rilievo alle critiche e alle considerazioni, comunque preziose e delle quali ringrazio sentitamente, a nome dello staff tecnico del Parco e mio personale.
Nell’occasione, Le porgo distinti saluti
Il Direttore, dr. Franco Perco
Risposta di Andrea Antinori
Perchè non posso essere d’accordo con la lettera dell’amico Alessandro Fabbrizio sui sentieri poco segnalati dei Sibillini
Prima di tutto una precisazione storica: se ho ben capito, dalla descrizione di Alessandro, la cosiddetta mulattiera che finisce bruscamente sopra la riva destra (idrografica) del torrente Ambro, non è una vera mulattiera, ma una sterrata creata selvaggiamente, più di 30 anni fa, con le ruspe da Vetice per il disboscamento di tutto il versante sotto Prato Porfidia, fatta terminare così bruscamente fin dalla sua costruzione. Venne distrutta tutta l’antica mulattiera che da Vetice scendeva alla Madonna dell’Ambro, sostituita da una traccia d’uso che dal prato sopra il Santuario si ricollegava a tale sterrata. Non ci vado da diversi anni, ma penso, da quanto dice Alessandro, che quest’ultima sia scomparsa per disuso o erosione. Comunque la lotta che il CAI e altre associazioni fecero per realizzare il Parco era motivata proprio dalla necessità di bloccare quel tipo di sfruttamento selvaggio della montagna a suon di ruspe e motoseghe. Il Parco, infatti, non fu voluto (principalmente) perché doveva diventare il parco di divertimento dei cittadini, ma per permettere ad un ambiente naturale ancora ricco di notevoli valenze e potenzialità ambientali e naturali, oltre che antropiche, di poter resistere alla distruzione massicciamente perpetrata in quegli anni in nome della famigerata “valorizzazione turistica”. Che ci ha lasciato come triste eredità le Strade della Sibilla, del
Fargno, di monte Prata e altre come loro; le captazioni delle principali sorgenti; I piloni degli impianti di Monte Bove e via di seguito, con forte antropizzazione dell’alta montagna appenninica.
Quando sulle cronache cittadine si legge continuamente, amplificate ad arte dalla stampa, polemiche sul perchè in un parco nazionale non si possa andare in giro per c. propri con il cane, oppure perché non si possa andare in 250 con le biciclette dove si vuole o perché non si possa andare con le motoslitte, o con i quad o con le moto o con le macchine dove si vuole, si capisce che i più percepiscono del Parco ancora solo la dimensione ludica e utilitaristica.
Che cosa accomuna, a mio avviso, quell’idea di valorizzzione turistica (mai del tutto abbandonata, come si evince dagli ultimi episodi della Sibilla) e quella apparentemente più soft della montagna ” irretita” da una vasta e ben segnalata rete di sentieri? Che la montagna, in sé, non possieda nessun autonomo proprio valore, ma che l’unico valore è solo quello che deriva dall’uso eventuale che ne vuole fare il cittadino, magari legato al profitto economico che da tale uso se ne può trarre. Il quale cittadino, quando decide di frequentare la montagna, non si pone nell’ottica dell’alpinista che si chiede se sia sufficientemente preparato ( tecnicamente e culturalmente) per affrontare un ambiente naturale oggettivamente pericoloso e ricco d’incognite, ma nell’ottica del turista che pretende di trovare la montagna addomesticata da tutta una serie di protesi ( sentieri spianati e segnalati, cavi e ferrate, cartellonistica di pericolo, indicazioni di che cosa si può osservare eccetera) che renda
prevedibile ogni passaggio e, nel caso che qualche cosa vada storto qualcuno a cui imputare la colpa. Condivido, invece, pienamente l’affermazione dell’alpinista Bernard Amy ” In un ambiente con difficoltà sociali crescenti, si è sviluppata un’inquietudine che ha generato un desiderio di sicurezza, accompagnato da una ridiscussione dei comportamenti individualistici.
L’ossessione per la sicurezza ha in particolare spinto all’eccesso l’applicazione crescente del “principio di precauzione”.
Ora, invece, ritengo che bene ha fatto il parco a decidere di segnalare e mantenere efficienti alcuni itinerari escursionistici, ben segnalati, lasciando invece altri senza alcuna indicazione, anche per salvaguardare alcune zone sensibili dall’eccessiva pressione antropica. Tra l’altro questa filosofia di segnalare i sentieri in modo molto discreto, fu a suo tempo discussa e proposta proprio dal CAI. Chi vuole accedere ad itinerari che 20 o trent’anni fa erano ben tracciati, deve sapere che potrebbero, oggi, non essere più così evidenti. I sentieri dei Sibillini, a differenza di quello che in genere avviene sulle Alpi, specialmente Dolomiti e Alpi Occidentali, non sono nati per l’escursionismo o a servizio dei rifugi, quindi nati con vocazione turistica e soggetti a costante manutenzione da chi trae un vantaggio economico dalla loro frequentazione, ma per uso millenario della pastorizia e dell’agricoltura di montagna. Se oggi alcuni scompaiono, come ho avuto modo di constatare personalmente, specialmente negli ultimi anni, in diverse valli e versanti dei Sibillini, è perchè la pastorizia ormai è molto ridotta rispetto al passato e pascoli e sentieri non sono più utilizzati, salvo alcuni itinerari estivi più frequentati ( Valle di Pilato, Bove, Palazzo Borghese, Berro e Priora dal Fargno e poco più). Ma la drastica riduzione del pascolo di alta montagna ha prodotto anche intense
modificazioni della vegetazione che li caratterizza, con incremento di fenomeni come valanghe, erosioni e modificazioni del ruscellamento durante le precipitazioni più intense, a sua volta causa ulteriore della scomparsa degli antichi tracciati.
Penso che sia opportuno rilanciare, da parte de Parco, del CAI, delle guide, di tutti quelli interessati ad una fruizione consapevole delle nostre montagne, una seria attività di formazione, prima che tecnica, culturale, volta a far emergere quella sensibilità verso l’ambiente montano che non può ridursi all’uso delle tecniche specialistiche.
Andrea Antinori
Risposta di Alessandro Fabbrizio al Direttore Perco e ad Andrea Antinori
Gentile Dott. Perco,
La ringrazio per la Sua cortese risposta e l’esaustiva risposta alla mia lettera. Seguendo il Suo consiglio e preso dalla curiosità ho iniziato ad esplorare il sito del Parco e Le vorrei segnalare un problema che a Lei ed ai Suoi collaboratori è probabilmente passato inosservato. Nella sezione percorsi escursionistici si seleziona il percorso (da E1 a E17) e si apre una nuova pagina con le informazioni relative all’itinerario scelto, tuttavia quando si “clicca” sul profilo altimetrico si apre una nuova finestra dove ci sono ulteriori informazioni corredate di mappa e profilo altimetrico che risultano completamente illeggibili dato il fondo nero dell’immagine.
Suppongo che questa nota vi sia molto utile per porre rimedio al problema e per continuare a dare al pubblico le informazioni corrette ed aggiornate.
Per quanto riguarda la problematica da me esposta nella precedente lettera aggiungo solo che sia la mia idea, sia la Sua opinione nelle vesti di Direttore del Parco, sia le osservazioni dell’amico Andrea Antinori, sono differenti punti di vista, chiaramente tutti rispettabili, sulla libera fruizione e conservazione della Montagna e che pertanto dovrebbero trovare un punto di comune accordo proprio nell’ottica di preservazione storica, naturale ed antropologica dei nostri Monti Azzurri. Pensi solamente per un attimo alle ferrate e strade militari costruite nel periodo della Grande Guerra, se non si fosse fatta un’accurata opera di preservazione e manutenzione la totalità di quei percorsi sarebbe oggi andata perduta con grave danno per la memoria storica del Paese. Il fatto che non ci siano state piu’ guerre di quel tipo non poteva giustificare un loro totale abbandono! Parallelamente, trasferendo il medesimo ragionamento alla nostra situazione dove, come ricorda l’amico Andrea, la maggior parte dei sentieri dei Sibillini ha una storia plurisecolare, devono essere poste in campo tutti gli interventi per garantirne la conservazione in quanto non sarebbe ammissibile perdere tale patrimonio culturale e naturale dietro il paravento che se ci vanno in molti l’ambiente si rovina!
La saluto cordialmente e spero di incontrarLa in giro per i Sibillini per continuare a confrontarci su queste tematiche,
Alessandro Fabbrizio
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Il problema è proprio la mancanza di buon senso.
Sono marchigiano di origine e spesso me ne vergogno. I cacciatori la fanno da padrone, ma non solo nella zona dei Sibillini. Una cosa ridicola, orrenda e frustrante.
In quanto alpinista posso dire che la mancanza di buon senso è diffusissima anche in questo ambito. Ci sono alpinisti che aprono vie a spit e qualche “genio” che sale taglia via le soste rimpiazzandole con dei chiodi. Poi qualcuno ancora più intelligente decide di salire e strappar via direttamente tutte le soste, in nome di chissà quale etica anacronistica e miope. Ovviamente senza dir nulla, così i ripetitori si trovano nel bel mezzo del Bove con 12 rinvii e due spit tagliati al posto delle soste…
Ogni volta che scendo nelle Marche per arrampicare mi fa male andare in montagna e non sapere mai cosa aspettarsi, nessuna segnalazione, nessuna relazione, regolamenti al limite del ridicolo e assurdità (una fra tutte la funivia dismessa sul Bove) che ancora è lì a marcire e non viene rimossa.
Io credo solo che il problema alla base di tutto sia la mancanza di buon senso, che spesso è sinonimo di ignoranza. Ma del resto è difficile spiegare qualcosa a gente che va armata con un fucile ad ammazzare gli animali cosa significhi alpinismo, l’amore per la montagna o concetti del genere, e credo che questa non sia un’opinione, ma una evidenza.
Domanda interessante caro Paolo, personalmente, pero’, non riesco proprio a darmi una risposta.
Sarei invece curioso di conoscere la risposta del Dott. Perco ai rilievi posti dal sig. Ferdinando Daini con il suo intervento…..
Micaela hai sottolineato quello che è il fulcro dell’intera questione: i reali motivi e le finalità vere per cui i parchi sono stati istituiti, ovvero quegli obiettivi che i gestori del parco dei Sibillini sembrano aver perso di vista. E’ completamente sbagliato e fuorviante cercare di spostare l’attenzione sulla contrapposizione tra tutela ambientale e attività umane che, tra l’altro, sono le più compatibili praticate tradizionalmente sulle montagne, come l’alpinismo, piuttosto che affrontare il vero problema: la corretta interpretazione e conseguente attuazione della legge quadro 394/91, oltre che delle normative europee. I gestori del parco dei Sibillini hanno il DOVERE di interpretare correttamente le leggi menzionate piuttosto che rischiare di seguire modalità vetuste e antistoriche, come quelle dei primi anni del ‘900. Anche perché si è constatato che quelle modalità non funzionano. Micaela, tu che conosci questo ambiente meglio di me, hai idea del motivo per cui il parco dei Sibillini sembrerebbe ostinarsi a non seguire correttamente tali normative là dove la stessa Federparchi invece sembrerebbe prodigarsi correttamente per favorire l’integrazione e la coesistenza uomo/natura insieme a una armonica crescita sinergica di entrambe le parti?
Ho seguito con attenzione la vicenda che mi ha molto colpito; in particolare mi sono soffermato sulla lettera di Alessandro Fabbrizio, molto chiara e condivisibile. Il Direttore Perco risponde in qualche modo “lavandosi le mani” e afferma: “ Da quanto posso constatare Ella si è fornito di una carta non ufficiale del Parco ed inoltre non aggiornata, mentre sul nostro sito può ottenere informazioni assolutamente più corrette. Di conseguenza, Ella può trovare una descrizione dettagliata dei percorsi escursionistici nel sito web del parco al seguente link: http://www.sibillini.net/Chiedi_sibilla/sentieri/index.html ”
Benissimo, sono andato sul sito del Parco e ho riscontrato che il tratto di sentiero di cui parla Alessandro Fabbrizio è indicato in modo molto chiaro con il numero 225. Quindi, come è possibile parlare di non ufficialità? Se anche fosse che la carta utilizzata dallo stesso non è ufficiale, si tratta comunque di un sentiero riportato in una carta UFFICIALE del parco.
Nello stesso sito si evince che la manutenzione di detto sentiero non è curata dal parco ma il sentiero, per essere indicato in mappa, suppongo debba essere manutenuto da qualcuno incaricato dal parco stesso… altrimenti, che senso avrebbe riportarlo nella carta telematica? In altri termini, caro Sig. direttore, a mio modestissimo parere, penso che il parco una qualche responsabilità ce l’abbia, quantomeno morale…
Dulcis in fundo: nella stessa pagina web, quindi UFFICIALE del parco, nella mappa in basso a destra si legge chiaramente: “Per organizzare un’escursione si raccomanda comunque di utilizzare una cartografia di maggior dettaglio.”
Cioè proprio ed esattamente quanto fatto da Alessandro Fabbrizio! Ma allora, Signor Direttore Dott. Franco Perco, mi sembra di capire che in questa gestione del parco dei Sibillini di cose che non vanno ce ne siano “abbastanza”… Non pensate sia il caso di cambiare qualcosa???
Eccezionali, infine, i regolamenti per obbligare a percorrere i sentieri “a gambero”. Unici al mondo!
Saluti, confidando che la situazione possa migliorare presto.
Ferdinando Daini
Lucio: in effetti mi chiedo se si tratta propriamente, per il parco, di difendere la natura. Il direttore del parco, essendo cacciatore, immagino che veda la caccia come uno sport che contempla l’uccisione degli animali e che, allo stesso tempo, protegga la natura, ma poi vieta l’alpinismo… ha inoltre scritto che le attività compatibili dovrebbero essere eliminate perché farebbero “patire” la natura… qualcosa mi sfugge seriamente e per questo penso che le finalità siano diverse e che non si tratti esclusivamente di proteggere la natura.
Al Gran Sasso, ove l’alpinismo è superiore almeno di 80 volte rispetto ai Sibillini, i camosci appenninici crescono a fianco degli alpinisti e degli escursionisti e hanno superato abbondantemente le 400 unità in pochi anni. E inoltre il Sig. Luigi Nespeca è stato multato per ben 3 volte (!) per delle presunte foto pubblicate chissà quando in internet in cui si sarebbe visto il suo cane al guinzaglio nel momento in cui nello stesso parco si fanno i censimenti delle coturnici con il cani senza guinzaglio (!). Non so se ci rendiamo conto…
Per Livia: aggiungo soltanto che i gestori del parco dei Sibillini hanno emesso un regolamento ai limiti del “REALE”. Tale regolamento prevede una serie di misure… a mio avviso assai poco sensate, tra cui quella di dover percorrere in salita “a senso unico” Valle Romana d’estate, e di dover percorrere la stessa Valle Romana “obbligatoriamente” d’inverno in discesa. Non ho mai sentito prima d’ora in nessun luogo del mondo un simile provvedimento. Non si accenna neanche alle condizioni della neve… ma gli ordini sono ordini! Spero solo che non succeda qualcosa di grave in particolare quando le condizioni della neve non sono delle migliori… Ma poi, se in salita per un qualsiasi motivo qualcuno dovesse scendere e tornare indietro? Che fa? Chiama il 118 con elicotteri e connessi? Solo in Italia avvengono certe cose.
La storia dei Monti Sibillini è ricca di leggende e di unicità: dalla leggenda di Pilato al chirocefalo (unico al mondo), dalla Sibilla ai Templari, passando per i romani, i briganti, i contenuti mistici…
Mancava evidentemente qualche leggenda sulla gestione dei parchi! Questa è la realtà che ci vorrebbe imporre chi ci amministra, cioè chi noi paghiamo di tasca nostra per amministrarci a colpi di centinaia di migliaia di euro…
Sarei tentato di rinunciare alla cittadinanza italiana…
Cara Livia, per quel che puoi spenditi per informare al massimo della realtà che viviamo nei Monti Sibillini a causa dell’attuale gestione del parco. Una gestione che rischia di diventare una leggenda degna della Sibilla…
Con l’augurio di riuscire a farti, tra un pianto e l’altro, delle gran belle risate!
Paolo
Ciao Livia, non ci conosciamo, ma purtroppo hai capito bene: si tratta del senso unico messo per la percorrenza del sentiero di Valle Romana. E’ una “stranezza”,diciamo così, inserita nel decreto con il quale si regolamentano le attività alpinistiche nell’area del Monte Bove, fatto dal Parco con lo “zampino” ( permettetemi la parola scherzosa) del Collegio Regionale delle Guide Alpine delle Marche (DD 384 del 29.08.2014), che a rigor di legge non dovrebbe essere più valido viste le osservazioni fatte da me e Paolo Caruso e la non pubblicazione del nuovo regolamento all’Albo Pretorio.
Sinceramente vado in montagna da quarantacinque anni (ho cominciato dentro allo zaino di papà) e non ho mai visto nulla del genere, però i tempi cambiano……..
Per un Parco migliore,
un saluto a tutti.
Marco
Mi occupo di aree protette e di turismo sostenibile per lavoro da circa 20 anni, vado per monti da quando ne avevo 15 e sono istruttore di arrampicata. Personalmente non condivido le posizioni del Direttore Perco per una serie di motivi che non mi sembra il caso di enumerare, trattandosi comunque di un parere personale. Mi sembra invece molto più interessante, visto che nella sua risposta ad Alessandro Fabbrizio il Direttore giustamente richiama la legge quadro 394/91 per affermare che “la finalità principale di un Parco Nazionale è la conservazione (Legge nazionale 394/1991 art. 3, 1° comma) e che la “fruizione” non rientra nelle finalità prioritarie di questa Area Protetta” andare a vedere cosa esattamente dice la legge (testo disponibile qui: http://www.parks.it/federparchi/leggi/394.html#anchor art1).
Al Titolo 1 – Principi generali, Articolo 1 – Finalità e ambito della legge, comma 1, leggiamo:
1. La presente legge, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese. (…)
Dunque il legislatore afferma, fin dalle primissime righe della normativa, la volontà di armonizzare tutela e valorizzazione, superando la visione basata principalmente sui divieti che caratterizzava le precedenti leggi degli anni ‘20 e ’30 del 1900. L’utilizzo dell’espressione “in forma coordinata” indica la forte relazione esistente tra il concetto di conservazione e quello di valorizzazione negli scopi fondamentali per cui un’AP viene istituita. Poco oltre, al comma 3 dell’art. 1, in relazione alle finalità delle aree naturali protette, leggiamo inoltre che tali aree sono sottoposte a uno “speciale regime di tutela e gestione, allo scopo di perseguire in particolare”:
a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di pro cessi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici;
b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un’integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;
c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;
(…)
Dunque, affermare che la “fruizione” non rientra tra le attività prioritarie di un parco nazionale non è corretto, almeno rispetto a quanto indicato dalla citata legge. Gli obiettivi di fruizione, promozione di attività educative e formative, salvaguardia dei valori antropici, storici e tradizionali sono esplicitamente citati non solo nel quadro delle iniziative per la promozione economica e sociale del territorio (art. 14, comma 3) come affermato da Perco, ma fin nei primi paragrafi della 394/91 tra le finalità per cui le AP vengono istituite.
“Per i rifugi… beh, se le presenze nel parco caleranno ancora temo che non troverai più aperti neanche quelli che ancora resistono”
E’ quello che temo anch’io, caro Paolo. Come ho gia’ scritto, infatti, posso comprendere che per un parco nazionale il primo compito da realizzare sia quello della protezione della natura, ma se questo principio viene applicato in maniera estremistica, ideologica, allora tutto il resto puo’ farsi andare tranquillamente a benedire. Lo ripeto ancora: il territorio dei Monti Sibillini e’ da secoli profondamente antropizzato, mi sembra quindi assurdo e controproducente il voler modificare in maniera cosi’ pesante la sua essenza e i suoi equilibri. In altri parchi nazionali intanto, chissa’ perche’, camosci e stambecchi continuamo a vivere tranquillamente accanto ad alpinisti e ad escursionisti, e non mi risulta che qualcuno senta il bisogno di ridurre la fruibilita’ di quei territori a tracciati che molte volte, piu’ che a sentieri veri e propri, assomigliano ai percorsi salute dei parchi cittadini.
Buonasera a tutti.
Sono un’appassionata di montagna, non a livello alpinistico, ma quando posso mi piace andare per sentieri.
Leggevo delle problematiche ai Sibillini e sono rimasta un po’ perplessa circa il divieto di andare in un senso di marcia su un sentiero ma di non poterlo poi percorrere in senso opposto..scusate la mia incapacità, ma ho letto più volte prima di scrivere anch’io e chiedere se ho capito bene.
Cosa significherebbe?? è un modo di dire in gergo prettamente tecnico e di cui mi manca la giusta chiave di lettura o esiste davvero un divieto così assurdo?
Spero qualcuno mi possa illuminare a riguardo.
Vi ringrazio e saluto tutti,
Livia
Sig. Benassi,
Nella mia mail ho premesso che avrei fatto delle considerazioni di carattere piu’ generale circa le questioni trattate in questo blog. Non ho quindi parlato delle problematiche dal Parco dei Sibillini in maniera circostanziata come hanno fatto altre persone, ma non sono nemmeno uscito dall’ argomento trattato poiche’ ho comunque espresso una mia critica nei confronti delle politiche di gestione adottate in questo parco. Lei invece, con la sua replica (basata per altro su argomenti che trovo molto discutibili) è totalmente uscito dal tema che qui si sta’ trattando. Non trovo quindi necessario replicare alle sue considerazioni. La saluto comunque cordialmente.
Cara Alessandra, sottolinei un tasto molto dolente: di soldi il parco (o meglio questa gestione del parco) ne ha incassati e spesi per i sentieri, come ha ricordato Marco, ben 403.000 euro per super tracciare solo alcuni sentieri, perfino con pali cementati lungo i bordi delle carrarecce. Si dice che il parco vuole “ufficializzare” soltanto alcuni sentieri, solo quelli presi in considerazione dall’attuale gestione del parco… e, come tu dici, “gettare alle ortiche” gli altri, cioè una gran parte dei sentieri storici. Dopo di che non sarà difficile impedire, a colpi di sanzioni, ai cittadini e ai professionisti della montagna di percorrere gli altri sentieri storici che a quel punto non saranno più riconosciuti tali: in pratica, chi non segue i sentieri ufficiali potrà essere sanzionato proprio perché cammina fuori dal sentiero. Goditi i “tuoi” sentieri finchè puoi…
Io dubito che i signori gestori del parco possano continuare a lungo a perseverare nel loro “incredibile” operato ma fino ad ora hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Se il direttore del parco che è cacciatore si dedicasse anche a un minimo di pratica alpinistica (ho perfino offerto un corso gratuito al personale del parco…) saprebbe che in montagna, soprattutto d’inverno, i percorsi vengono scelti anche in funzione delle condizioni della montagna e non certo in base alle scelte fatte a tavolino dai burocrati. Saprebbe anche che non ha senso introdurre il “senso unico” negli itinerari di montagna, come hai ben ricordato tu Alessandra a proposito di Valle Romana… Ho però sentito dire che se scendi per Valle Romana “a gambero”, cioè faccia a monte, è tutto lecito… Occhiolino!!!
O forse il parco vuole farsi pubblicità con una serie di prime assolute? Primo professionista multato (credo al mondo), primo sentiero percorribile a “senso unico”… Il presidente del parco ha perfino dichiarato di non essere contrario in via di principio alle pale eoliche (come ha ben ipotizzato Silvia) nel parco…. forse che l’eolico è meno impattante di qualche alpinista o escursionista? O forse è solo perché rende di più? Ma allora l’ipocrisia diventa sovrana e l’etica della montagna con relativa salvaguardia è solo a chiacchiere? Magari senza troppe persone intorno, falasco o non falasco, potrebbe essere più facile fare qualche progettino life ben finanziato…
Per i rifugi… beh, se le presenze nel parco caleranno ancora temo che non troverai più aperti neanche quelli che ancora resistono.
Cari saluti
Paolo
Riporto il commento di Alessandra Baldelli che non ha potuto collegasi al sito:
“Volevo allacciarmi al commento inserito su Banff.it sulla sentieristica del Parco dei Sibillini per esporre le mie personali esperienze in merito, frequentando da anni praticamente tutti i sentieri dei Sibillini, sia da sola che con gruppi accompagnati.
Cominciamo dal Grande Anello, che dovrebbe essere orgoglio e vanto del Parco e invece saltano fuori alcune magagne: innanzitutto sul sentiero E17, che da Foce porta verso Castelluccio, il cartello all’inizio del Fosso Zappacenere riporta dei tempi di percorrenza non reali; non ho avuto modo di fotografarlo durante l’ultimo mio trekking ma ricordo bene che con i partecipanti abbiamo commentato come davvero poco realistici i tempi riportati scritti lì.
Altra nota dolente invece è che, pare (questo me lo hanno riportato una coppia di ragazzi lo scorso maggio, che stavano facendo per intero il G.A.S.), uno o due ponti per traversare i torrenti Ambro e Tenna ancora siano fuori uso dopo l’alluvione del novembre 2013, che ha creato smottamenti e frane in diverse aree del Parco. Questo, a detta loro, li ha costretti ad allungare di molto il percorso per poter trovare un punto dove passare in sicurezza. Erano amareggiati però non tanto per la lunga deviazione (chi ama camminare non si fa di certo questi problemi…), quanto per il fatto che non c’erano state informazioni in merito.
Ultima nota dolente (ultima solo in ordine di esposizione ma prima per importanza) è la mancanza di gestione di alcuni rifugi – tappa del G.A.S. , quello di Campi Vecchio, che manca all’appello da qualche anno e quello, più recentemente, di Colle di Montegallo. Data la tipologia del percorso e la divisione delle tappe fatta dal Parco, chi intende percorrere questi cammini è costretto o a fare deviazioni, uscendo fuori dal G.A.S. o peggio ad allungare le tappe, cosa che però costringe a macinare diversi km in più. Io stessa ho dovuto modificare il percorso del prossimo trekking ed appoggiarmi a strutture diverse (i cui gestori mi sono venuti incontro – almeno loro!) perché non potevo percorrere le tappe così come riportate. Magari per chi viene e fa solo qualche tratto può essere un problema di poco conto ma le Guide che accompagnano i clienti trovano maggiori difficoltà, specialmente nella stagione estiva – quando TUTTI i posti tappa dovrebbero funzionare a pieno regime.
Un altro cartello “ottimista” è al bivio che porta verso il Cristo delle Nevi, sulla strada di Passo Cattivo, indicato col numero E8; ottimista perché indica una percorrenza, da quel bivio al Bove Sud di 50 (o 40 addirittura, non ricordo bene) minuti, mentre invece ci vuole ben di più, dato che serve almeno mezz’ora fino alla sella del Bicco, quella che affaccia sulla sottostante Val di Bove e poi da lì alla cima del Bove Sud altrettanto, a meno che non siate trail runners… Questo per quel che concerne i sentieri ufficiali del Parco.
C’è poi la spinosa questione di Valle Romana che, pur non essendo stata marcata con la lettera “E” della cartina ufficiale del Parco 1:40.000, è stata inserita come itinerario di discesa invernale e salita nella delibera del Parco riguardante le attività alpinistiche; la voglio inserire qui poiché, dato che l’accesso è comunque consentito, ritengo si debba considerare a tutti gli effetti un sentiero escursionistico, anche se riportato in quella delibera (che ha molte incongruenze – qui cito solo per curiosità, come esempio il dover obbligatoriamente salire e scendere in inverno per “sentieri” poco o per nulla marcati e che comportano enormi pericoli oggettivi, in condizioni del manto nevoso non sufficientemente stabili).
I problemi sono di fatto 2, in questo caso: innanzitutto non si capisce perché Valle Romana non si possa percorrere in discesa. Forse a qualcuno sfugge che esiste una traccia ben marcata che, portandosi sul lato destro, faccia a valle, lo percorre evitando di interessare il ghiaione, la cui percorrenza è comunque vietata nel Parco. Sarebbe poi bello riuscire a percorrerla, Valle Romana, in entrambi i sensi ma al momento ciò è impedito a causa di un nutrito gruppo di faggi che, ormai da anni, si è sdraiato a causa di una valanga e ostacola fortemente la percorrenza del sentiero – non più marcato, tra l’altro – obbligando a slalom e contorsionismi vari tra i tronchi. Forse ci sarebbero altre amenità da riportare ma al momento aggiungo altre 2 considerazioni e basta.
La prima è mia personale: è davvero triste vedere come si voglia obbligare la gente a percorrere solo certi sentieri lasciando in abbandono gli altri. E’ triste perché i Sibillini hanno una ricchezza storica, antropologica e culturale fantastica. In ogni regione – penso solo al nord Italia, tutti i sentieri sono marcati, cartografati e i turisti sono spinti a camminarci perché possono raggiungere ogni luogo sapendo di trovare percorsi ad hoc per famiglie, per trekkers, storici, naturalistici, ecc… Qui, al contrario, la manutenzione è spesso affidata al buon cuore di chi ci passa e serve a volte un occhio attento per individuare la traccia giusta (penso solo a Casale Rinaldi, in alta Val d’Ambro, dove i segni sono quasi inesistenti e solo chi ha esperienza e fiuto capisce dove trovare la traccia che poi porta a Forcella Angagnola). Tutta la valenza storica viene dissipata e gettata alle ortiche. Sentieri come quello da Foce all’attuale Rifugio Sibilla o quello chiamato di San Sebastiano, che addirittura si fanno risalire alle popolazioni Picene, o quello che collega Foce a Colle o ancora quello che dal Lago di Pilato porta a sella del Banditello, quando va bene sono segnati ma non riportati in carta oppure esistono solo sulla carta ma non sul terreno e serve davvero un occhio esperto per ritrovarli e goderne appieno. Sono percorsi di altissimo valore, tra l’altro riportati recentemente in pubblicazioni di privati che li hanno percorsi e riscoperti, che però non vengono considerati da chi di dovere ed è un peccato, anzi, fa rabbia. Io da qualche anno, quando mi capita di accompagnare le persone, ho scelto di “ritrovare” questi sentieri semisconosciuti a percorrerli e il feedback ricevuto è stato sempre più che positivo perché i paesaggi sono insoliti, si cammina in luoghi particolarissimi e stupendi e non c’è tutta quella massa di gente che, specialmente in estate, riempie ogni curva degli altri percorsi. E’ un modo di riscoprire la storia, la natura e le tradizioni che andrebbe incentivato e fortemente, coinvolgendo gli operatori che lavorano sul territorio e con il territorio, mentre invece viene tutto penalizzato o vietato…
L’ultima considerazione è legata a queste righe sopra; nonostante la disponibilità mostrata da associazioni di categoria ad un dialogo costruttivo con il Parco per modificare, migliorandole, alcune lacune relative alla sentieristica, nella fattispecie relativa alle attività alpinistiche ma che poteva essere il punto di inizio per un lavoro insieme inerente anche tutta la rete sentieristica dei Sibillini (chi meglio delle Guide può dare indicazioni in merito?), specialmente questa cosiddetta “minore” ma che in realtà è la più importante, tutto quello che abbiamo ottenuto è stato un triste, solitario silenzio.
Alessandra Baldelli
non è necessario augurasi l’estinzione del genere umano. L’uomo sta già facendo tutto da se.
Quanto a preferire gli animali alle persone. Possiamo dire che un animale relativamente all’uomo non si pone il problema del colore della pelle, se è bello, se è brutto, se è cristano se è cattolico,ect. L’uomo con gli animali e con il suo simile si comporta ben diversamente.
L’uomo non è il ” centro” non è il “padrone” dell’universo è solamente un piccolo ingranaggio che fa parte di un grande meccanismo.
In relazione all’ argomento di questo dibattito vorrei aggiungere qualche breve considerazione di carattere piu’ geneale e “politicamente scorrette”: credo che, in sintesi, esistano 2 modi di fondo di concepire la difesa dell’ ambiente: uno malato ed uno sano.
Quello malato si basa essenzialmente su una concezione ideologica che vede l’uomo come “cancro del pianeta” e contrappone ad esso la visione di una natura talmente perfetta ed ideale da poter essere considerata in modo panteistico. Un tipico rappresentate di questa ideologia è l’ex presidente del WWF Fulco Pratesi, secondo il quale sarebbe del tutto accettabile utilizzare i cadaveri delle persone per poter sfamare gli avvoltoi (al riguardo si veda il suo manuale “Ecologia domestica”).
A questo riguardo, aprendo una piccola parentesi, vorrei tra l’altro far notare quanto una visione cosi’ nichilistica possa essere dannosa per la nostra societa’: se l’uomo per sua natura è davvero un lupo per i suoi simili “Homo homini lupus” allora non vale davvero la pena di darsi da fare per creare un mondo miglore e piu’ giusto. E’ molto piu’ opprtuno rinchiudersi nel piccolo mondo dei propri interessi egoistici, preferire gli animali agli uomini, tranne qualche rara eccezione, ed augurarsi l’estinzione del genere umano (la lega per l’estinzione del genere umano esiste realmente).
Se invece si affronta il problema della difesa dell’ ambiente in una sana prospettiva realistica (purtroppo oggi oramai quasi del tutto assente nell’ orizzonte culturale e politico dell’ occidente, dove imperano le concezioni relativistiche del pensiero debole) si puo’ giungere ad accettare il fatto che zone come il territorio del Parco nazionale dei Monti Sibillini o come quello dell’ Altopiano di Colfiorito (sempre tra Umbria e Marche) siano da molti secoli profondamente antropizzati. In essi non c’e’ nessuna traccia della cosiddetta wilderness oggi tanto in voga (specialmente tra gli ambientalisti radical chic) e che il voler estromettere fortemente la presenza umana da zone protette di questo tipo in nome di concezioni ideologiche (o peggio ancora di interessi meramente economici e/o politici) è quindi anacronistico, irrealizzabile ed anche controproducente.
L’uomo e la civilta’ umana non possono fare a meno di una natura sana, ma nessuna civilta’ sarebbe potuta mai nascere se l’uomo avesse deciso di continuare a vivere tra le foreste vergini. Creazioni dello spirito umano quali la scienza, l’arte, la filosofia, la musica (e anche l’alpinismo, perche’ no..) non sarebbero mai nate se, ad esempio, le sorti dei camosci appenninici o delle aquile reali, comunque importanti, fossero state anteposte a quelle dell’ uomo.
Buongiorno a tutti!
Ringrazio in anticipo tutti coloro che si prodigano per raddrizzare gli eventi che hanno preso una brutta piega; per il gran lavoro di studio, approfondimento e continuo aggiornamento e monitoraggio di una situazione che è ormai palesemente insostenibile. La corretta informazione ed il saper bene informare non è da tutti ed ha il suo prezzo.
Sono stato a Teramo alla presentazione del manuale “Alpinismo su neve e ghiaccio” di Paolo Caruso e in quella serata è stato anche proiettato un breve filmato, a carattere satirico, ma ricco ed esaustivo, circa le criticità dell’attuale amministrazione dell’Ente Parco.
Consiglio a tutti di vederlo,specie a chi ne sa di meno. Una di quelle cose adatte a grandi e piccini..
Non è possibile che ci siano così tante lacune d’operato, contraddizioni ed inefficienze gravi. A partire dalla mancanza del corretto confronto con chi è al di fuori dell’Ente, fino all’esercitare in modo piuttosto equivoco la “propria autorità”.
La mia opinione è che l’attuale amministrazione debba cambiare drasticamente direzione ed utilizzare le risorse in modo efficiente e sostenibile.
Questo potrà solo essere fatto quando saranno prese in considerazione anche le idee dei professionisti e dei “normali” fruitori dell’ambiente naturale che non lavorano all’interno del Parco stesso.
Un saluto,
Luigi Martino.
grazie Alessandro per l’ottimo lavoro.
Alcune considerazioni su quanto scritto dal Direttore Franco Perco e da Andrea Antinori:
A me sembra che quanto scrive Alessandro Fabbrizio sia pienamente condivisibile, poiché mette in evidenza una problematica importante del territorio del Parco dei Monti Sibillini e di altri Parchi: lo stato di abbandono di una fitta rete sentieristica sviluppatasi per l’azione di quegli uomini che con il loro lavoro legato alla pastorizia e alla vita montana hanno permesso la conservazione dell’ambiente naturale nello stato in cui è stato trovato dal Parco nel momento della sua istituzione, uomini che non hanno nulla a che fare con la volontà di speculazione di alcuni imprenditori e politici, ma che semplicemente hanno “vissuto” il territorio. Per mio conto, è veramente insensato quello che si sta cercando di fare oggi nel territorio dei Monti Sibillini, cioè limitare sempre di più la presenza dell’Uomo nell’ambiente. Il motivo del non senso dovrebbe insegnarcelo la storia: lo spopolamento del territorio montano ed il suo abbandono hanno portato fino ad ora solamente alla drastica riduzione della pastorizia, con il conseguente abbandono dei sentieri, l’aumento dei fenomeni erosivi e il massiccio sviluppo si essenze erbacee come il falasco con il conseguente aumento delle valanghe; quello stesso falasco che oggi si cerca di combattere con progetti (vedi DP n. 11 – 10.12.2012 e DD n. 376 – 27.08.2014) che portano solo alla spesa di grosse somme di denaro pubblico, in un periodo in cui migliaia di attività chiudono ogni anno, la disoccupazione aumenta ogni giorno di più e in cui imprenditori, professionisti, lavoratori autonomi, operai e pensionati si suicidano perché non sanno più come tirare avanti.
Prima si facilita l’abbandono del territorio e poi si mettono in piedi costosi progetti per riparare i danni dovuti all’abbandono: che dire?
Da un lato non si manutengono più i sentieri più belli dei Sibillini, quelli che i pastori con le proprie greggi e le popolazioni locali percorrevano tutti i giorni per spostarsi da un paese all’altro per garantirsi la sopravvivenza, dall’altro si prendono finanziamenti di centinaia di migliaia di euro per sistemare sentieri che vengono già percorsi ogni anno da numerosissime persone senza difficoltà alcuna e che si svolgono per lo più su strade sterrate e tracce anche troppo evidenti; per mettere una segnaletica verticale brutta a vedersi e nella stragrande maggioranza dei casi totalmente inutile; per segnalare percorsi di mountain bike su strade asfaltate dipingendo segnali di vernice bianca e blu ai lati delle stesse. (Vedi il DD n. 187 – 19.05.2011).
La manutenzione e la segnaletica auspicata da coloro che realmente vanno in montagna non è certo quella che si vede nei “sentieri del Parco”: paletti senza senso o segni di venice in punti dove nessuno potrebbe perdersi! Ma neppure abbandono e decadimento. E pensare che con i nostri soldi spesi per la segaletica dei sentieri si sarebbero potuti destinare 1000 € a ciascuno dei 400 sentieri di cui parla il Direttore Franco Perco! Chi di voi non ripulirebbe un sentiero per una simile cifra… lo stipendio di un operaio???
Due ultime considerazioni: da un lato è strano vedere criticata la lettera di Alessandro Fabbrizio da parte di un’autore di guide escursionistiche, dall’altra il Direttore Franco Perco dovrebbe ben sapere che la prefazione della guida di Alesi – Calibani redatta dal CAI è a firma di Carlo Alberto Graziani, ex Presidente del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e quindi parlare di non ufficialtà fa quantomeno sorridere.
Per un Parco migliore.
Marco Speziale
Caro Alessandro,
Ti ringrazio infinitamente per l’immediata correzione ma soprattutto per quanto stai facendo per rendere più chiara ed accessibile a tutti la lunga vicenda. Figurati che ad oggi non sappiamo ancora quali siano le modifiche apportate dal Parco al Nuovo Regolamento,ovvero quelle intervenute ed accolte in parte (a detta dello stesso Ente) sulla base delle osservazioni presentate da Caruso e Speziale all’atto della sua pubblicazione all’Albo Pretorio. Di fatto non si capisce quale sia il Regolamento vigente ed applicato ad oggi sui Sibillini, se quello antecedente al 29 agosto 2014 o quello pubblicato in quella data. Sarebbe, anzi, cosa gradita se qualche rappresentante del Parco, che sta seguendo il Tuo blog, volesse darci in questa sede ed a tutti lumi in merito…
Ti ringrazio ancora
Silvia
Cara Silvia, scusa l’errore, di cui mi sto prendendo l’intera responsabilità. Ora il testo è corretto.
Cara Silvia Bonifazi,
Caro Betto Pinelli,
grazie ad Alessandro per avermi dato la possibilità di leggere l’interessantissima lettera di Alessandro Fabbrizio che non conoscevo: un ennesimo quadro sulla situazione di “abbandono” del parco che gli addetti ai lavori ben conoscono.
Avevo letto anch’io il tuo commento (Betto) scritto in occasione della precedente puntata inerente l’ormai famosissimo, purtroppo, “caso Sibillini”, che appare comunque su posizioni più ragionevoli rispetto a quelle espresse nell’infelice intervento della rappresentante umbra di Mountain Wilderness, Sig.ra Cristina Garofalo. Ma ora, a seguito dello scritto di Silvia Bonifazi, mi sembra opportuno precisare a Betto (ci conosciamo personalmente da alcuni decenni), che ritengo esistano 2 casi in cui i cittadini consapevoli “devono” o forse, meglio dire, hanno il dovere di opporsi e contrastare le autorità in tema di regolamenti e di gestione della cosa pubblica:
1. le leggi, i regolamenti ecc. sono sbagliati, ingiusti o discriminanti. Come esempio ricordo il famoso caso di cui Rosa Parks è stata protagonista. Anno 1955, Rosa Parks si rifiuta di lasciare il posto a un bianco mentre viaggiava in autobus. Si ribella quindi alle leggi dell’epoca e viene arrestata. Qualcuno avrebbe certamente potuto affermare qualcosa di simile a quanto sostenuto dalla rappresentante umbra di Mountain Wilderness: “… ma che vuole? Perché non scende e non si va a sedere da qualche altra parte fuori da questo autobus? Noi bianchi non possiamo certo essere infastiditi dai suoi interessi personali!!!….” Se non fosse stato per Rosa Parks oggi tutti noi vivremmo in un mondo ancora peggiore… Grazie a Rosa per il senso civico mostrato e soprattutto per essersi esposta in prima persona, ma ancor di più per averci lasciato un insegnamento importantissimo: come anche una sola voce possa riuscire a far fare un passo in avanti all’intera società.
2. le leggi, i regolamenti ecc. sono giusti ma non vengono applicati dalle autorità oppure vengono applicati solo in parte o in modo sbagliato. Questo è il caso del Parco dei monti Sibillini.
Questo secondo caso da un lato è meno grave del primo in quanto le leggi esistenti sono giuste ma, dall’altro, è invece ancora più grave perché chi le amministra non le applica adeguatamente. Purtroppo sono sotto gli occhi di tutti le responsabilità e le gravi azioni di coloro che hanno condotto il paese Italia allo sfascio: certamente le responsabilità sono di chi mal gestisce la “cosa pubblica” ma direi anche, e forse soprattutto, di tutti i cittadini che accettano senza alcuna “civile” opposizione le cattive azioni di coloro che dovrebbero invece agire per il bene comune, del territorio e della natura. Il Parco dei Sibillini di errori ne ha commessi tanti, forse troppi. E non è certo ammissibile per i cittadini consapevoli dover subire ulteriormente il degrado della “cosa pubblica” anche in tema di informazione, trasparenza, concertazione, inadempienza, rispetto delle attività tradizionali, degli stakeholders, delle normative italiane e internazionali compresa l’importantissima Convenzione di Aarhus… oppure il dover subire le “incredibili” idee di chi gestisce la cosa pubblica quando, magari come cacciatore, afferma che le attività compatibili, come l’alpinismo nei parchi di montagna, dovrebbero essere eliminate perché farebbero “patire” la natura…
Tra l’altro noi stiamo aspettando risposte importanti da diversi mesi, altro che il tempo limite di 30 giorni ricordato dalla dirigenza del Parco! Per non parlare dell’Albo Pretorio e delle nostre legittime richieste di modifica e integrazione relativamente alla regolamentazione alpinistica pubblicata all’Albo ad agosto 2014… ma è stato tutto già scritto e sottolineato innumerevoli volte… adesso è il momento dei fatti. Se poi i Parchi cominciano ad avere difficoltà economiche, se pure assai blande rispetto a quelle che angustiano alcuni “normali” cittadini da diversi anni…, forse alcune persone una maggiore responsabilità la potrebbero acquisire. Oppure, penso sarebbe doveroso che questi si dimettano e lascino il posto a persone più capaci che magari, come nel caso dei Sibillini, riescano anche a dare una svolta ad alcune tristi e penose classifiche che vedono il parco dei Sibillini ultimo per presenze turistiche… e dire poi che i costi di tutti i baracconi gravano proprio sulle spalle dei cittadini che invece sono sempre più agonizzanti anche a causa delle scelte effettuate da alcuni “gestori” della cosa pubblica.
Paolo Caruso
PS
Il giorno stesso in cui scrissi al Parco mi è arrivata, con una “efficienza” mai vista (chissà perché…), una e-mail del Direttore Perco che sosteneva che la famigerata multa non mi era stata “levata”… ma si trattava di un semplice errore di battitura! Sta di fatto che dopo tutte le contraddizioni del parco, non sono certo più in grado di discernere il vero dal falso o meglio, quali siano gli errori del Parco meno errori degli altri e quali gli errori che dovrebbero rimanere tali. Forse una bella e sostanziosa sanzione farebbe riflettere un pochino alcuni nostri gestori che operano nel pubblico…
Cari tutti,
Nell’apprezzare il grande lavoro che Alessandro Gogna ha fatto di ricostruzione del “caso Sibillini”, chiedo di correggere un errore “beffardo” riportato nella e-mail di Paolo Caruso del 28 ottobre dove si parla di “Silvia Bonifazi” come “rappresentante umbra di Mountain Wilderness”. ..per carità, nulla di contrario alla suddetta Associazione, che stimavo, ma Vi scongiuro… rimediate subito all’errore: la rappresentante umbra di MW si chiama “Cristina Garofalo” alla cui e-mail la sottoscritta “Silvia Bonifazi” ha risposto fornendo delucidazioni in merito all’applicazione della Convenzione di Aarhus relativamente alla Sua interpretazione personale sulla vicenda in questione, in quanto mi sembrava che la signora stessa abbisognasse in modo particolare di alcuni fondamentali aggiornamenti in merito, come avrete potuto evincere dal confronto di quanto da Lei scritto e da quanto da me esposto e chiarito.
Colgo l’occasione, inoltre, per rispondere tardivamente ad un commento del Presidente di Mountain Wilderness Dott. Pinelli dove mi sembrava non aver ben interpretato la volontà di coloro che stanno affrontando queste vicissitudini contrarie alla posizione del Parco. Nella fattispecie chiarirei che se si critica l’operato di una gestione di un Ente non si sta chiedendo l’abolizione dell’Ente stesso, ovvero, non stiamo chiedendo l’abolizione dell’Istituzione del Parco, ma chiediamo che questo venga gestito correttamente…se vogliamo fare un paragone, direi che se si critica l’operato del Sindaco di un Comune per l’amministrazione che sta conducendo, non si sta chiedendo che vengano “aboliti” i comuni d’Italia…non vorrei che quella affermazione conferisse una strana luce distante da quello che è l’intento di coloro che stanno perorando questa causa…
Vi lascio con una domanda, ovvero: qualora si parlasse di adozione di Pale Eoliche in un’area come quella del Parco dei Sibillini e qualora il Parco dovesse accogliere e ritenere quella un’idea di sviluppo compatibile e qualora un’Associazione Ambientalista si dovesse schierare contro detta progettualità e quindi contro il Parco, significherebbe forse che l’Associazione sia contraria all’istituzione dei Parchi e ne volesse la cancellazione?!
Nella speranza che il Buon Senso e la condivisione degli obiettivi trovino raggiungimento
Un caro saluto
Silvia