L’Aquila, terza puntata

Fare cose concretamente utili richiede più tempo delle ordinanze proibizionistiche.

Come avevamo anticipato, vedi post di sei giorni fa “Il contrordine di L’Aquila”, il ritiro dell’ordinanza del 29 gennaio era più che altro dovuto, più che al denunciato vizio di forma, al sollevamento dell’opinione pubblica, decisamente contraria al provvedimento.

Sansicario, skilift di Rio Nero, due cannoni per distacco artificiale di slavina

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Così il sindaco Massimo Cialente ha fatto un passo indietro per poter permettere alla Commissione Valanghe di esprimere qualcosa di meno affrettato e molto più concertato della nuda ordinanza del 29 gennaio.

La commissione, presieduta da Giovanni Lolli, ex-parlamentare e appassionato di scialpinismo, era composta, oltre cha da alcuni consiglieri comunali ed esponenti del soccorso alpino e del corpo di Polizia, dal direttore tecnico del Centro Turistico del Gran Sasso Marco Cordeschi, dal presidente del Collegio regionale Guide Alpine della regione Abruzzo Agostino Cittadini, dall’alpinista Marco Iovenitti e dalla guida alpina Tony Caporale.

Dopo qualche giorno di lavoro, la commissione ha ritenuto più opportuno “puntare sulla prevenzione e l’informazione e non sul proibizionismo“. Perciò ha confermato il divieto solo per quei fuoripista adiacenti alle piste di Campo Imperatore, quelli cioè dai quali, con il passaggio dei freerider, potrebbero staccarsi slavine che finirebbero direttamente sulle piste, divieto da applicare comunque solo quando l’indice di pericolo fornito dal servizio Meteomont è uguale o superiore al livello 3.

Questa indicazione è stata fedelmente recepita dalla successiva ordinanza, la n. 320, del 6 febbraio 2014, che alla fine riammette la possibilità di fuoripista in tutto il territorio comunale, in terreno d’avventura e in zone servite da impianti, salvo le limitazioni sopra accennate.

C’è chi parla ottimisticamente di “piccola rivoluzione culturale” in quanto, al di là dei divieti revocati, si sta facendo strada l’ipotesi di lavorare di più sull’informazione e sulla prevenzione.

Nella relazione finale, la commissione raccomanda caldamente due realizzazioni: una segnaletica luminosa, per evidenziare in tempo reale le pericolose condizioni dei pendii, e un cancello all’arrivo della funivia che suoni se non si è in possesso di ARTVA acceso.

Ancora la commissione dà priorità a che il Centro Turistico Gran Sasso si doti quanto prima di un piano di sicurezza, così come tante altre stazioni sciistiche, per avere un’informazione più raffinata rispetto la scala di pericolosità valanghe da 1 a 5 attualmente prodotta dal servizio Meteomont. Anche l’auspicata adesione all’AINEVA va in questa direzione.

In più raccomanda che si dia mandato per uno studio relativo alla messa in sicurezza di alcuni fuoripista (non adiacenti alle piste), quali i Valloni e Valle Fredda, tramite il Gazex®, già utilizzato in molte altre stazione sciistiche, per il distacco con esplosivo del manto nevoso in particolari condizioni. Per questa costosa operazione la commissione si è spinta anche a individuare le possibili fonti di finanziamento.

Nel frattempo il sindaco del comune di Opi, con ordinanza n. 2 del 7 febbraio 2014, ordina il divieto assoluto di praticare attività di fuoripista ed escursionismo in tutto il territorio comunale, fino a revoca. Ricordiamo che Opi è una mecca dello sci di fondo, immersa nel Parco Nazionale d’Abruzzo.

E’ evidente che questa volta, dopo l’ennesima tragedia, si sente la necessità di cambiare approccio tenendo conto di quelle che sono le reali caratteristiche del Gran Sasso: la tanta neve e i fuori pista. Caratteristiche molto più reali delle annuali ordinanze anti-fuori pista quasi impossibili da far applicare. Ma c’è ancora parecchia resistenza, e permane il dubbio che molte “concessioni” derivino in buona parte dalla constatazione economica che non “si possa fare a meno” di rispondere alla domanda turistica che va in quella direzione. Come dice Lolli, “Il Gran Sasso viene definito il paradiso del free ride e se ci dovessimo basare solo sugli impianti si farebbe prima a chiudere”.

Di certo però le intenzioni non bastano, bisogna “far presto”. Soprattutto per la segnaletica, che dev’essere il più possibile convincente, non minacciosa, e per il segnalatore di ARTVA “spento” o assente, recuperando quindi un allarmante ritardo culturale nei confronti della montagna. E i tempi non saranno brevi.

Il giudizio generale dell’Osservatorio della Libertà in Montagna su questo provvedimento non è di promozione, ma di avvicinamento alla sufficienza. In particolare l’uso del gaz-ex® è ampiamente invasivo e diseducativo.

Ciò nonostante, diamo fiducia: perché fare cose concretamente utili richiede più tempo delle ordinanze proibizionistiche.

Sci fuoripista a Opi, Parco Nazionale d’Abruzzo

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L’Aquila, terza puntata ultima modifica: 2014-02-11T16:11:51+01:00 da GognaBlog

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5 pensieri su “L’Aquila, terza puntata”

  1. Tutti coloro che fino ad ora si sono occupati di Osservatorio della Libertà in Montagna sanno bene di non essere i soli ad aver affrontato il problema (e per fortuna…!). Sicuramente qualcuno lo ha fatto, magari anche meglio. E’ un punto essenziale quello di mettersi assieme, crescere di numero, creare una vera e propria rete. Le iniziative d’incontro a quel punto cresceranno e tutti quanti saremo pronti a parteciparvi.
    Con le proprie forze finora l’Osservatorio ha organizzato (da solo o con altri) gli incontri di Trento 2012, Dro 2012, Bressanone 2012. E, sempre finora, abbiamo partecipato a un unico (però grande) evento organizzato dalla SAT a Malé (2013).
    Sicuro che non basta. Ogni suggerimento concreto per procedere è il benvenuto.

  2. Caro Alessandro non concordo con te su questi argomenti, non a causa della litigiosità da te indicata come pecca di questo piccolo mondo alpinistico (sulla quale concordo…) ma per diversa concezione della situazione che credo vada esposta per un dibattito costruttivo.
    1) l’osservatorio non può fare niente a livello legale e non può rappresentare ufficialmente nessuno e su questi punti ti do ovviamente ragione, ma poter fare qualcosa non significa soltanto questo…
    Come già ho esposto, non avete pensato ad alcun evento che possa raccogliere persone interessate a sostenere e dare man forte al suddetto?
    Io ho già partecipato due volte ad eventi di questo tipo quando l’ossetvatorio doveva nascere ed era appena nato, ora non credo sia così difficile o impossibile pensare di crearne di nuovi per dibattere degli argomenti caldi del momento con gli interessati, ovvero gli alpinisti in genere…
    2) parli di esagerazione nei timori e di paranoie latenti ma tu stesso presenti a paragone una situazione (le cinture di sicurezza delle auto…) che da sola ti risponde…se non l’allaccio sono 3 punti patente e una multa che a discrezione dell’agente contavventore varia da un minimo ad un massimo…paure e timori paranoici o realtà già esistenti e reali???

  3. Risposte a Stefano Michelazzi e Carlo Bonardi (esposte indipendentemente da chi ha detto o domandato che cosa):
    Alla domanda “Che cosa fare per combattere la mala-amministrazione (e qui credo s’intenda l’amministrazione ciecamente liberticida)”, l’Osservatorio risponde che non è in suo potere “fare” qualcosa. L’Osservatorio non ha alcun potere, né gestionale né ancor meno legislativo o giudiziario. L’Osservatorio può soltanto premere perché una certa idea di libertà l’abbia alla fine vinta sia nel nostro piccolo mondo alpinistico che tendenzialmente nell’intera società; premere affiché si capisca che non siamo sudditi da spennare o annichilire con la scusa della protezione. I sistemi e i modi per farlo sarebbero tanti (se fossimo in tanti), invece i mezzi concreti sono pochi (perché siamo in pochi). Perché siamo disorganizzati, spesso litigiosi.
    Chi ci crede veramente deve sempre essere ottimista sull’esito finale, mai guardare indietro a come era “meglio” prima. Perciò avanti, con i blog, con i giornali, sfruttando anche il più piccolo appiglio, cercando di convincere il maggior numero di persone possibile. Ripeto, l’Osservatorio non ha una personalità giuridica, non può in prima persona fare ricorso al TAR… deve fare in modo che chi lo può fare lo faccia.

    Poi, passiamo al cancello con la segnalazione dell’ARTVA assente o spento. Lungi da me l’approvazione totale ed entusiastica di quest’idea. In ogni caso deve avere la stessa funzione della segnaletica luminosa, convincere, dissuadere, non rendere possibile un controllo o una sanzione. Come la vedo io, dovrebbe avere la stessa funzione che ha il noiosissimo din-din-din di quando non si ha la cintura-auto allacciata. Nessuno è lì a controllarti, se la polizia ti ferma lo fa non perché ha sentito il din-din-din (che era rivolto solo all’autista) ma lo fa perché ti vede senza cintura allacciata (e c’è un Codice delle Strada).
    Se però vedo che, con segnalazione di ARTVA spento o assente, alla fine della mia discesa trovo la polizia che automaticamente mi aspetta perché le è stato segnalato il mio equipaggiamento insufficiente, anche io allora sono d’accordo a bollare il cancello come liberticida.
    So bene anche io quanto sia labile il confine tra ammenicoli che servono e quelli che sono piccoli cavalli di troia per incastrare la nostra libertà, perfino la nostra dignità di esseri più o meno pensanti e responsabili: però io credo che dobbiamo essere in grado anche noi di vedere quando stiamo esagerando con i nostri timori. La libertà dev’essere libertà vera e non inseguita da paranoie latenti.

  4. concordo appieno con Bonardi! Passo passo ci ritroveremo dove non vorremmo malgrado tutto…
    E’ la fine comune di ogni moderatismo…
    Trovare un accordo di mediazione ove questo non lasci spiragli a prevaricazioni future di alcun genere può essere una buona mediazione, trovare un accordo dove perdi 1 e guadagni 100 idem, ma trovare un accordo dove quest’ultimo prima o dopo ti si ritorcerà contro è assolutamente masochistico!!!
    Parliamo di libertà nelle scelte dell’alpinista e siamo d’accordo se qualcuno le controlla????
    Come ho già avuto modo di esprimere su questo blog ed in altre sedi, quì è in gioco un concetto generale di libertà individuale e a mio avviso sulla libertà non si tratta o c’è ed è riconsciuta e rispettata o si lotta assolutamente contro ad ogni provedimento che tenda anche solo minimamente a limitarla.
    Intendiamoci: non dico che un’ordinanza per gravi motivi sia da combattere a priori, anche se in molti casi ultimamente ne vengono emesse senza criterio o con criteri che di logica ne hanno ben poca (ne sto vivendo una personalmente nei territori che frequento abitualmente e che con gran fatica assieme agli operatori del posto si sta cercando già da qualche tempo di sviluppare limitati gravemente da qualche settimana da ordinanze assurde e dettate da interessi che ancora purtroppo non sono riuscito a comprendere del tutto…), dico però che è giusto e sacrosanto poterla dicutere tra parte amministrativa e cittadini (sempre che la decantata democrazia non sia, come sempre più palesemente si evince, solo una parola…).
    CHIEDO ANCORA A TE ALESSANDRO, CREATORE DI QUESTO BLOG E RAPPRESENTANTE DELL’OSSERVATORIO, QUALI SIANO I PROVVEDIMENTI CHE L’OSSERVATORIO STESSO INTENDA PERSEGUIRE PER DARE VOCE A CHI IN TUTTO QUESTO VIENE COINVOLTO E PER CONTROBATTERE LA MALA-AMMINISTRAZIONE CHE SPESSO INVOLONTARIAMENTE CREA NON POCHI DANNI ATTUALI E FUTURI…???

  5. Ecco il “cancello all’arrivo della funivia che suoni se non si è in possesso di ARTVA acceso” (sulla funivia non è alpinismo o escursionismo ma il sistema può propagarsi).
    Su questo blog (in “Fruire la montagna: no grazie!”) ho appena detto del “manicotto colorato da indossare obbligatoriamente” per alcuni sciatori-alpinisti notturni; e già si è sentito di “tutor” per chi va sulle ferrate, di “dispositivi intelligenti per la diagnostica dell’attrezzatura”/”meccatronici” per imbragature d’arrampicata (per le automobili ci sono la “scatola nera” ed il “rilevatore” di chi non ha pagato l’assicurazione), ecc.
    Frequentemente anche la correzione (parziale) di una (maldestra) stranezza, come quella aquilana, è occasione per introdurre dell’altro. C’era un libro famoso (“NO logo”, di Naomi Klein, anno 2000 e riproposto nel 2010) sulle operazioni di branding e simili: l’Autrice nelle prime pagine avvertiva: “… studiavo il modo in cui la cultura del marketing si espandeva anche in settori non-aziendali che prima erano protetti – scuole, musei, parchi; mentre le idee che io e i miei amici avevamo considerato radicali venivano assorbite quasi all’istante nelle nuove campagne di marketing di Nike, Benetton e Apple”. Di recente qualcuno ha pensato all’obbligo di microchip sottocutaneo per non farsi rapire i neonati (pare sia stato un imbroglio; però quello per i cani c’è davvero ).
    Qui non è lo stesso ma ci assomiglia.

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