Le ciaspolate di Prato Nevoso
Le montagne di Prato Nevoso e della Val Corsaglia, in provincia di Cuneo, sono particolarmente favorevoli alle escursioni su neve, particolarmente alle gite con le ciaspole (le ciaspolate, appunto).
Se si ha la fortuna di una limpida giornata di sole in queste escursioni si ha una magnifica visuale sulla pianura, sulle langhe e sul Monferrato, con naturalmente il soggetto principe dell’evidente e piramidale Monviso.
Le montagne più “gettonate” da Prato Nevoso sono indubbiamente il Monte Mondolé 2382 m (11,3 km), la Cima Seirasso 2436 m (18,7 km), ma in queste Alpi cuneesi ci sono tante altre mete, di vari tipi d’impegno, che si possono mettere in programma, allo scopo di entrare in contatto con la natura della montagna ma scegliendo anche in base alle capacità.
Chi desidera essere accompagnato in questi luoghi tutti da scoprire può servirsi delle offerte esposte presso .
Un primo percorso, assai adatto ai principianti, è la Collina dei Daini, con partenza e arrivo Prato Nevoso, in corrispondenza del negozio di gastronomia Il Bocconcino: dal circuito battuto che costeggia le stalle dei cavalli è possibile godere di una splendida vista sulla pianura monregalese da un lato e sul Mondolè dall’altro. Con un altro percorso, solo un pelo più impegnativo, in un’ora e mezza andata e ritorno si può collegare il rifugio Il Rosso (raggiungibile con la seggiovia) con il rifugio Balma. Più o meno simile è il percorso che parte dalla centrale termica di Prato Nevoso e che si snoda attraverso un’abetaia di rara bellezza fino a giungere in vetta al Monte Moro (da cui è possibile ammirare Frabosa Soprana e la pianura sottostante). Nelle vicinanze ci si può rifocillare presso la Baita della Stelle. Rientro percorrendo la stessa via dell’andata (in totale km 6,76, un’ora e mezza).
Se si è già un po’ più pratici delle ciaspole si può scegliere il percorso Prel – Burrino – Malanotte. A seconda delle soluzioni scelte, gli orari cambiano. Partendo dal piazzale del Prel si scende in direzione Fontane costeggiando la palazzina Orsa Minore, si svolta a sinistra e si prosegue sul sentiero, a tratti non segnalato, che attraversa il Malanotte in un bosco di castagni. Seguire l’indicazione per il Burrino che è la meta della prima tappa (possibile fermarsi per pranzare e prendere il sole). Il rientro è possibile o ripercorrendo la strada dell’andata o con la seggiovia Burrino-Malanotte (acquistare preventivamente il biglietto presso la biglietteria centrale di Prato Nevoso). Arrivati a Malanotte si può scegliere di proseguire in neve fresca con un percorso molto impegnativo sotto la seggiovia fino al piazzale del Prel, oppure a piedi lungo la strada per una ventina di minuti fino a raggiungere il punto di partenza.
Monte Merdenzone 1764 m
Il Monte Merdenzone è localizzato sulla sinistra orografica della val Corsaglia ed è situato a circa tre chilometri in linea d’aria a sud-est dal centro di Prato Nevoso e a due a sud-ovest dalle grotte di Bossea. Offre grande visibilità sulle cime della val Corsaglia e quelle adiacenti.
Si percorre la val Corsaglia, oltrepassare le Grotte di Bossea e la località Fontane. In seguito, a un bivio, si lascia l’auto alla curva che precede l’ultimo tratto di salita alla borgata Vinè. Siamo sulla strada che da Fontane porta a Prato Nevoso.
Un cartello indica la strada per Prato Nevoso e un altro per il rifugio Balma. La strada chiusa e innevata ci induce quindi a calzare fin da subito le ciaspole.
M’incammino attraverso un bel bosco di latifogli con una salita regolare. Si sbuca nella radura di Casera Vecchia 1502 m con la sua fontana; qui tutte le case hanno il tetto racchiuso, tipico di queste zone. Il posto è incantevole.
Da lì seguendo il percorso tracciato con tacche bianco/rosse proseguiamo in direzione nord-ovest tenendoci leggermente a destra della grande conca.
Superate ancora alcune vecchie baite ne raggiungiamo ancora una, posta a quota 1609 metri, sulla via che porta alla Colla di Mezzarina. Abbandonato il sentiero svoltiamo verso destra (indicazione Merdenzone – sentiero n. 3).
Raggiunta la vetta rimaniamo stupiti dal paesaggio che si presenta di fronte a noi. La vista spazia dal Monte Alpet 1611 m alla Cima Robert 1819 m, dal Monte Baussetti 2002 m all’Antoroto 2144 m, dalla Colla dei Termini 2006 m al Pizzo d’Ormea 2476 m, dal Mongioie 2630 m al Mondolè 2382 m.
Stupenda anche la visuale verso il Monviso, posto tra la Punta del Vallon 1838 m e le costruzioni di Prato Nevoso. Neppure le scie degli aerei di passaggio riescono a disturbare il meraviglioso silenzio di questa cima.
Salita: 690 m circa
Lunghezza: 10,4 km circa
Altitudine partenza: 1068 m
Altitudine massima: 1764 m
Difficoltà: E (Escursionisti)
Colla del Prel 1615 m
L’escursione segue una lunga via sterrata che nel suo corso supera diversi avvallamenti e rientranze ben esposte a est. Dopo aver toccato alcune baite si orienta nell’ultimo tratto ad ovest, sotto le falde del Monte Malanotte 1740 m, fino a raggiungere la Colla del Prel. Il percorso è molto piacevole, anche se manca di fascino il punto di arrivo che, pur offrendo un panorama straordinario verso la pianura cuneese e il Monviso, purtroppo non è altro che un grande piazzale asfaltato a monte di Prato Nevoso, frazione di Frabosa Sottana che non è certamente famosa per l’armonia dei suoi edifici.
Su questo itinerario occorre porre attenzione all’ultimo tratto prima della Colla del Prel perché le pendici del Monte Malanotte in caso di neve instabile potrebbero scaricare.
Da Frabosa Soprana proseguire verso le Grotte di Bossea. Più avanti, a un bivio, lasciare la provinciale 183 e svoltare a destra (indicazioni per le seggiovie Malanotte). Un chilometro oltre lasciare la strada che prosegue dritta verso le seggiovie Malanotte e svoltare a sinistra verso la borgata Lanza Serra. Raggiunta quest’ultima, proseguire ancora per cinquecento metri fino alla piccola cappella di San Bartolomeo 1043 m, dove si può lasciare l’auto.
Seguire a sinistra della cappella la stradina sterrata che in lieve salita entra nel bosco di betulle e castagni.
Dopo un po’ di percorso, nei pressi di un casolare in rovina, lasciamo a destra una strada che scende a Frabosa (indicazione). La sterrata prosegue senza strappi lasciando in alto le case Candelliero poi, piegando lievemente a sinistra, supera un rilievo nei pressi della Cima Ciandre ed entra in un avvallamento successivo.
Più avanti, svoltando verso destra, entra in una successiva valletta dove si lasciano, a sinistra, alcune baite in pietra, mentre in basso compare la borgata Lorgane. Poco più avanti si va a costeggiare una casetta ristrutturata col tetto racchiuso e un pilone votivo, quindi proseguire per superare un valloncello laterale con salita più ripida per raggiungere un altro costone.
Dopo una serie di mezze curve si raggiungono alcuni brevi tornanti. Siamo ormai in dirittura finale, in vista della Colla del Prel e degli edifici di Prato Nevoso.
Intanto si possono riconoscere sul lato opposto della val Corsaglia il Monte Alpet 1611 m e, più distante a est, l’alta croce posta sul Bric Mindino 1879 m. A sud-est invece individuiamo la Cima Robert 1819 m e il Monte Baussetti 2002 m.
Con un mezzo giro si arriva all’ultimo segmento di strada che ci separa dalla Colla del Prel 1615 m, arrivando infine a monte di Prato Nevoso sul bordo delle piste da sci. Ora il paesaggio è tutto rivolto verso la Bisalta e Cuneo con il Monviso alle spalle. Il panorama sarebbe eccezionale, ma purtroppo è deturpato dalla completa anarchia architettonica di Prato Nevoso.
Per il ritorno si segue il medesimo percorso fino all’auto.
Salita: 570 m circa
Lunghezza: 10,7 km circa
Altitudine partenza: 1043 m
Altitudine massima: 1615 m
Difficoltà: E (Escursionisti)
Tema che sfugga sempre il punto che, oltre ai cannibali strutturali, c’è un altro rischio “bastardo”: quello della cannibalata momentanea, che colpisce anche i cosiddetti esperti e ben impostati. E’ un rischio che si nasconde fra le pieghe come un coccodrillo sotto al pelo e dell’acqua, che d’improvviso balza fuori e ti ghermisce senza pietà. E’ questo un rischio molto infido, sicuramente presente dalla notte dei tempi (dell’andar in montagna), ma altrettanto sicuramente esasperato dalla mentalità No limits, per la quale sei “figo” e ti diverti se anche quel giorno dai la “zampata”. Anche quel “particolare” giorno in cui le condizioni ti suggerirebbero di non partire o di autolimitarti a una cosa tranquilla da vecchietto. No, “devi” per forza dare la zampata, forse per autogratificazione, forse per apparire figo agli occhi del tuo giro di conoscenze umane. Quasi sempre va bene, però… zampata oggi, zampata domani…un gel giorno arriva il conto. Sono 40 anni che combatto questo modo di affrontare la montagna, che sia d’inverno che sia d’estate, che sia con gli sci o con le ciaspole… E’ vero che “educarsi” non preserva al 100%, ma aiuta a porre un certo distacco “stoico” fra sé e l’ebbrezza adrenalinica, che è il preludio del non saper rinunciare alla zampata, che è a sua volta il preludio della cannibalata. Ecco perché con i miei allievi e, in generale, nella mia attività “politica” sulla montagna, “pesto” molto su questo tasto. Un individuo che sa autoimporsi la razionalità in qualsiasi momento, iniziando da scemenze collaterali come non fare tracce che diano fastidio ad altri, sa maggiormente governare se stesso. Un altro individuo che fa sfoggio della libertà più sfrenata, è più vicino al baratro in cui scatta la cannibalata. Per cui bisogna essere inflessibili, non derogare MAI, perché la cannibalata può scattare in qualsiasi istante. Ci vuole un costante martellamento su questo concetto, decenni e decenni di attività didattica a questa conclusione mi hanno portato. Ciao!
Bertoncelli. Fabio ho letto i resoconti abbastanza dettagliati dell’incidente costato la vita a Fabio Fiorentini, 33 anni,ing. , consigliere comunale del suo paese ed esperto alpinista. Non certo un cannibale. Che tristezza: forse un eccesso di entusiasmo giovanile prima nel tentare, poi una prudente e saggia ritirata e la maledizione di uno scivolamento nevoso di non grandi dimensioni proprio sul collegamento di ritorno. Quasi una beffa. Capisco la tua commozione, a maggior ragione visto che tu conosci bene i luoghi. Ti poni sempre in questi casi domande che non hanno risposta e che devono lasciare il posto all’unica cosa che resta solida e certa: l’umana pietà e il rimpianto per ciò che una giovane vita poteva essere. Ciao.
Oggi sono stato a fare la mia gitina con le pelli sfruttando le piste. Pensavo fosse l’ultimo giorno prima dell’apertura degli impianti, invece in serata è arrivata la notizia del rinvio. Mi spiace ovviamente per gli operatori valligiani (dalle mie parti li conisco di persona), ma in prima persona sono contento.
Il comprensorio di San Sacario, che fa parte della Via Lattea, oggi era un piccolo paradiso, complice la spolverata notturna e un cielo completamente soleggiato. Soprattuto era un paradiso grazie alla frequentazione umana, non esigua ma molta educata e rispettosa. Poche tutine (quelli che si allenano), qualche vecchia volpe spelacchiata come me, diversi piccoli gruppi di persone che, con sci o con ciaspole o anche con i soli scarponi, davano l’impressione di essere pistaioli riciclati per necessità. Pistaioli riciclati, ma sorprendentemente felici di quello che stavano provando. Spesso avevano sci dei padri tirati fuori dalle cantine e ciaspole non certo di ultimissima generazione. Però tutti con grande entusiasmo e grande piacere di scoprire che quei pendii si possono anche frequentare con modalità diversa da quella della pista. Mi ha colpito la generale educazione, nonostante l’immagine da neofiti che traspariva chiaramente. Tutti molto genuini e rispettosi. In parole povere, oggi non ho visto nessun cannibale. Incredibile!
Tutto questo per raccontare in particolare che c’erano due tracce di salita, una per sci e una per ciaspole. Tutti rispettavano la propria corsia. Nessuno dava fastidio agli altri. C’era un gruppetto, presumo familiare, padre, madre e tre figli sui 15-18 anni. Salivano in fila indiana sulla loro traccia. Uno dei ragazzi, incuriosito da qualcosa, se ne è discostato di due passi e il padre lo ha subito invitato, pero’ con tono cordiale, a ritornare sulla pista “per non rovinare il pendio degli sciatori”. Hanno ripreso a salire sulla loro traccia e dopo un po’ non li ho più visti.
Ecco, ma perché non può essere sempre così? Perché rifiutiamo l’idea che la montagna possa essere un luogo in cui impariamo ad educarci, anziché il luogo in cui scaricare la propria esigenza di smodata libertà (calpestando tutto e tutti)?
Io non sono affatto contrario ai ciaspolatori, anzi li ammiro molto. So perfettamente che la maggior parte di loro è costituita da persone serie, educate, rispettose e genuine. Ma purtroppo bastano poche mele marce per danneggiare l’intero comparto. Non che lo scialpinismo di oggi ne sia privo, anzi!, ne ha sicuramente molti di più. Mi piacerebbe che tutti i frequentatori fossero come quelli che ho visto oggi. Buonaserata!
Simone, oggi è una brutta giornata. Come saprai, ieri sul Giovo è morto un ragazzo, ucciso da una slavina.
Il Giovo d’inverno è la montagna alla quale sono più affezionato, percorsa per quasi tutti gli itinerari. Lí si trovano alcuni tra i piú bei ricordi di vita. Quando verrà il mio momento, potrò tentare di consolarmi cosí: “Sí, anche per quei giorni è valsa la pena essere vissuti”.
… … …
Tuttavia, quando muore un giovane, magari entusiasta come un tempo lo ero io, mi dispiace.
Ora ti lascio: mi sono commosso. Mi sono commosso per quella vita perduta e mi sono commosso per il ragazzo che ero e che adesso non esiste piú. Panta rei…
Fabio l’anno prossimo ci incontreremo…proveniendo da opposti versanti.
Be’, il problema si risolve evitando di usare le ciaspole sulle pareti nord. D’altro canto, c’è chi pretende di sciare su vie di misto classificate TD, e a volte ci riesce pure.
Da parte mia, con le ciaspole mi accontento di salire sul Rondinaio per il vallone del Lago Baccio, et similia. Si va con le proprie forze, in totale libertà, non con funivie, non con seggiovie, non con motoslitte, non con elicotteri, non con fighetti.
Ci sei solo tu, al peggio – di domenica – con le duecento persone della comitiva crovelliana, in trasferta sull’Appennino Tosco-Emiliano.
P.S. Carlo, se ci sei batti un post. ???
so che sarò considerato un talebano e forse un po’ lo sono davvero, ma le racchette da neve proprio non le sopporto. Voglio morire senza mai averle usate!! Qualche anno fa un amico me ne regalò un paio che aveva trovato, le ho immediatamente regalate per non essere indotto in tentazione. Le racchette da neve originariamente erano state inventate per spostarsi in piano su neve fonda, ripeto: in piano ed ora se ne vedono di tutti i colori e finché si va in salita ancora ancora, ma quando li vedi scendere su un pendio ghiacciato allora mi vengono veramente i brividi o come quando li vedo calzare le racchette sull’asfalto (ho le foto). Per cui viva la libertà ma le racchette no, per favore. C’è anche di peggio: ieri ero al passo Broccon e sulle piste chiuse c’erano una trentina di motoslitte che scorrazzavano con ovvio rumore e puzza di miscela…
Vien sempre da meditare su DinoBuzzati , racconto “Le montagne sono proibite”.Proibirle o regolametarle , qualunque sia lo sport o attivita e’ esagerazione, inutile tanto piu’che poi difetta il controllo e la sanzione eventuale.Buzzati raccomando’ pure alla sua Guida – amico Franceschini, molto disposta a scivere guide con relazioni di scalate e traversate “Non divulgare, tieni tutto per te!”
Attualmente la divulgazione e’ in piena espansione, magari si limitasse a riviste di scarsa tirature o i volumetti. 45 anni fa , ad esempio, solo pochi sapevano dell’esistenza del Canalel Holzer . Adesso? filmetti a profusione, ci arrivano da tutto il mondo, forse c’e anche la fila col distributore di numeri
https://www.google.com/search?q=discesa+canalone+holzer&client=firefox-b-d&source=lnms&tbm=vid&sa=X&ved=2ahUKEwi6pubezujuAhXNAGMBHb8oBZ8Q_AUoBHoECAYQBg&biw=1920&bih=938
Sta diventando cosi’anche la “Ciaspolata” ?, forse la proporranno pure su spiaggia sabbiosa…un’idea per il turismo invernale in note localita’ adriatiche.
” quando le compagnie dei ciaspolatori sono “numerose” , la traccia che lasciano è letteralmente devastante. E’ un problema sul quale occorre che iniziamo a riflettere su come arginarlo.”
Grazie per questa simpatica perla! Mi risolleva il morale dopo aver appena appreso dei nuovi impianti che presto devasteranno (quelli sì) una nuova cima nel comprensorio del Varmost, Forni di Sopra (Ud).
Il protocollo del ciaspolatore.
Regolamentare, cazzo!
Io racconto sempre la stessa barzelletta, ma ogni volta la cambio.
Il mio sogno sarebbe quello di essere un buon giocatore di carte. Mia suocera è campionessa mondiale di canasta e mi ha regalato un appartamento con le sue vincite.
Siamo alla canna del gas! (cit. Marco Furlani in un post di qualche anno fa)
In bocca al lupo al tuo socio, ci mancherebbe, ma qui da noi siamo seri per educazione familiare. In casa mia era vietato raccontare barzellette e giocare a carte. Non ci si reinventa, meno che mai a 60 anni, anche perché non mi interessa quel risvolto della vita, la leggerezza e il trastullo. Scrivo per lavoro e “ragiono” sistematicamente. Posso comprendere che altri abbiamo abitudini diverse, ma quando un altro si mette a celiare sulla mia serietà sabauda di vita, la cosa non incontra la mia comprensione. Torno a leggere Mercalli che ha ristrutturato una vecchia casa in “montagna”. Molto interessante. Buona domenica!
“i miei interventi perché (come in questo caso) essi sono spesso dei punti di riflessione, seri e trattati seriamente”
Certo che qui si esagera proprio!
Crovella. E dai Carlo. Non prendiamoci troppo sul serio. Manteniamo il senso della gerarchia dei problemi. Come ho già detto la leggerezza dell’essere è sostenibile, basta cercarla con un po’ di attenzione. E lo dico proprio oggi che ho saputo che il mio compagno di corda e di vela degli anni migliori è intubato e lotta per vivere. Sorridiamo ogni tanto. Può fare solo bene a noi e agli altri. Salut. Adesso sto zitto per un po’ o parlo con i caprioli.
Sarà per deformazione professionale, ma a me interessa dibattere su temi di sostanza e non utilizzare una piattaforma solo per scambiarsi saluti o pacche sulle spalle, stile bar sport o commilitoni in libera uscita ecc. Tra l’altro tu sbagli a interpretare sempre d sllo come “proteste” i miei interventi perché (come in questo caso) essi sono spesso dei punti di riflessione, seri e trattati seriamente e seriamente proposti per la riflessione comune. Un appassionato di politica come te potrebbe leggere con gusto l’analisi previsionale che ho fatto stamattina sul Governo Draghi (la trovi in un altri commento): a me piace trattare tutti i temi delll’esistenza sempre e solo con serietà, non con stile da bar sport, dovresti conoscermi ormai: per esempio non racconto quasi mai barzellette. Approccio così tutta l’esistenza, montagna o non montagna. Che quindi si tratti di come si comportano certi ciaspolatori (non tutti!) oppure del programma di governo, li affronto con lo stesso metodo, anche perché è l’unico che mi interessa e mi coinvolge. In particolare sono cresciuto sull’assioma molto rigido che la “montagna è severa” e questo principio vale su due piani: 1) la montagna è severa cioè spietata e quindi non ti risparmia nessun errore (vedi articolo dell’altro giorno), ma anche 2) la montagna è severa perché è una cosa seria e va trattata seriamente, cioè “severamente”. L’insegnamento che ho ricevuto fin dalla culla e’: sui temi di montagna non si scherza, non si ride, viceversa si “ragiona” e li si utilizza per crescere come persone e come carattere. Così la affronto da 60 anni. Non è un obbligo, però, fare tutti cosi e chi ha esigenze diverse, di leggerezza e di trastullo, può saltare a pie’ pari i miei scritti, perché sa già come sono fatto (spero severi e pesznti), senza fare tantestorie e lamentele . Se uno desidera leggere Topolino, non si procuri Thomas Mann. Tuttavia io penso che ridurre un blog, messo su da un alpinista di fama storica, solo per scambiarsi saluti e frasi tipo “quoto Tizio”, mi pare veramente un’eresia. (Tra l’altro: “Quoto”…, ma avete mai letto una roba del genere sulla Rivista della Montagna o su Alp???) Cmq i lettori attenti, da diversi anni in qua, avranno sicuramente verificato che molti temi che ho proposto per un serio dibattito, si sono poi confermati temi di attualità. Potrebbe essere così anche in questo caso (ciaspolatori): il tema io l’ho percepito almeno 5-6 anni fa, forse anche di piu’, ma inizialmente nessun altro faceva il minimo riferimento e quindi pensavo che fosse solo una delle mie paranoie. Poi, da almeno 2-3 anni diversi amici, in chiacchierate colloquiali ma autonome fra loro, me lo hanno sottolineato e allora mi sono detto “non lo percepisco solo io”. Poi l’altro giorno, su T&T, leggo un commento sul tema da parte di un personaggio di rilievo e allora mi sono detto “il problema esiste davvero e sta emergendo agli occhi di tutti”. Parlarne non mi pare cosa su cui celiare con caprioli e marmotte… Conclude ribadendo che io sono complessivamente aperto verso i ciaspolatori, anzi proprio in questi giorni sto scrivendo un articolo sul tema destinato a un sito del CAI. Anche quell’articolo come tutti i miei scritti, si potrà leggere o meno a seconda delle preferenze del lettore. Penso che ciascuno possa esprimersi come meglio si addice alla sua personalità. Buona domenica a tutti!
Siamo in troppi al mondo? Sembrerebbe di sì. Anche sui monti é l’insofferenza ed il fastidio nei confronti dell’altro a farla da padrone, almeno in alcuni commenti. Ed allora tutti contro tutti. Scialpinisti infastiditi dai ciapolatori, santoni della montagna infastiditi da escursionisti non blasonati, asceti contro caimani, frequentatori a piedi infastiditi dai bikers in mtb, bikers infastiditi da chi usa le e bike e via di questo passo. Insomma, bisognerebbe andare in montagna per rilassarsi anziché cercare i difetti negli altrui comportamenti. Ovviamente ognuno é libero di pensarla a modo suo. Buona Montagna a tutti.
No Roberto. È ora che tu capisca che la montagna dovrebbe essere gestita esclusivamente da chi appartiene ad una specifica casta ed a questi soggetti dovrebbe essere chiesto il permesso e le modalitá per frequentarla. In certi giorni, se non rompo le scatole ai senatori posso fare i disegni nella neve, se sono un maschietto e ho bevuto tanta birra, anche con un certo divertimento. Se loro non hanno sfoderato le pelli posso ciaspolare. Se non arrampicano posso fare un concatenamento in velocitá. Se non sono in giro loro, fare io una corsettina. Non fare più comitive perchè disturbo gli anziani. Se non scrivo direttamente dopo un loro commento sulla montagna posso fare una digressione…altrimenti ” stay focused”.
Ristabiliamo ordine e disciplina!! Eccheccazzo!!
Visione su live webcam del sito Supernordicskipass ore 16: in nota localita’ sopra Trento, ci sono piste separate per sciatori di fondo e ciaspolatori.Meno male !.Vedo incedere fiera ciaspolatrice su pista appositamente stra-battuta e accanto altri due “turisti per caso” in scarpe sneakers anche tacco medio,basterebbero anche sandali con calzerotti di lana, che camminano agevolmente, ma non potranno vantarsi con i conoscenti: “io faccio ciaspole !”.Se proprio si possiedono, almeno si usino dove servono per non sprofondare.Quanto allaldivulgazione , io mi terrei gli itinerari segreti, o solo per cerchia ristretta..invece vedo manifesti sparsi per il paese”Domenica gita con ciaspole tutti alla Forca Rossa” e immagino la processione che si aggruma da diverse citta’di provenienza Veneto- Trentina .Seguiranno parecchi post filmati su Youtube.
Ribadisco con affetto: che barbagianni rompipalle! Ciaspolatori si ma vanno educati. Inesorabili, non vi accontentate mai. Io mi accontento di molto meno e ho aspettative più basse: basta che si abbandoni un po’ il carnevale pistaiolo poi “basta che respiri” come si dice in gergo. Ho parlato recentemente qui in Appennino con un capriolo e mi ha detto che se poi la lepre o qualche altro indigeno del bosco calpesta le sue tracce lui non si offende.,In ogni caso dopo viene la primavera e cancella tutte le tracce e la natura se ne fotte di noi e delle nostre beghe.
Nessuna coda di paglia, semplicemente non esistono più (in assoluto) le comitive di 200 scialpinisti e anche in passato non esistevano così numerose, per cui non restava che lo specifico riferimento storico. Non sono più impegnato in ruoli organizzativi, ora svolgo la mia attività didascalica più che altro in compiti ideologici. Per la parte organizzativa ci sono baldi giovani molto più grintosi e preparati di me.
Il problema non è l’incontro casuale fra scialpinisti e ciapolatori, tanti o pochi che siano gli uni o gli altri. Specie se tali incontri avvengono in itinerari decisamente defilati. Per spiegarmi faccio un riferimento personale, am non accusatemi subito di protagonismo, serve per comprendere meglio. Io e mia moglie tendenzialmente NON utilizziamo le ciaspole, può capitare 2, massimo 3 volte a stagione (certe stagioni neppure una volta). Però quando le utilizziamo, non andiamo con le ciaspole a ripetere itinerari “classici” per lo scialpinismo. Per noi non avrebbe senso, su quegli itinerari ci andiamo con gli sci. Quindi utilizziamo le ciaspole per andare in posti defilati, a volte addirittura molto defilati, dove raramente incrociamo altri individui (sia con sci che con ciaspole) e se capita siamo talmente in pochi in quel luogo che restiamo distanti reciprocamente e non ci diamo fastidio per nulla.
Il vero problema invece sono i ciaspolatori (specie se in comitive numerose) che frequentano gli itinerari classici dello scialpinismo. In tutta sincerità, stanno diventando molto fastidiosi, sia in salita (pestano e distruggono la traccia in sci) che in discesa dove “arano” profondamente pendii intonsi. Inoltre spesso ci sono all’opera più gruppi diversi di ciaspolatori e ciascuno fa una sua traccia, moltiplicando i problemi. Le tracce in sci, anche se numerose, non sono così invasive né per l’estetica dell’ambientre né per gli altri frequentatori. Insomma è un problema oggettivo di convivenza sugli itinerari classici dello scialpinismo e girarsi dall’altra parte (in nome del volemose bene) non è un modo maturo per trovare delle soluzioni prospettiche.
Considerazione generale: il problema non è l’attrezzo né la disciplina, ma il comportamento dei singoli (educati/rispettosi oppure no). In realtà il problema di fondo, alla fin fine, è sempre lo stesso: la presenza crescente dei “cannibali”. Tale problema è trasversale alle discipline (sia invernali che estive) e non ne è esente neppure il “nobilissimo” scialpinismo, anzi, forse è il più infestato!
Quindi non è il “tipo” di attrezzo che genera conflitti, ma come ci si comporta. Di conseguenza ci sono ciaspolatori educati e piacevoli e altri decisamente maleducati. Analogamente ci sono scialpinisti educati e silenziosi ed altri decisamente insopportabili (agli occhi degli stessi scialpinisti!)
Occorre quindi diffonde (o meglio riprendere a diffondere) un modo corretto, educato e rispettoso di comportarsi in montagna, a prescindere dall’attrezzo che si utilizza e/o dalla disciplina che si sta praticando. Rispondo quindi anche a Balsamo: per “regolamentare” non intendo che Draghi emetta degli appositi DPCM, ma concentrarsi su una serie di norme comportamentali e diffonderle. Tu affermi che rispettare una pista sciistica (senza distruggerla) sia frutto del banale buon senso e concordo in pieno con te. Peccato che la “massa” sia del tutto priva di buon senso e faccia le cose senza fare minimamente mente locale a ciò che sta facendo (per fare un esempio pratico: i “responsabili”, o i più esperti, delle comitive di ciaspolatori dovrebbero sentirsi obbligati- né più né meno di come un serio istruttore di scialpinismo accudisce i suoi allievi metro per metro – a controllare che tutti i propri compagni stiano fuori dalle piste sciistiche, ecc ecc ecc. Ma figurati! I primi a non “focalizzare” neppure il problema sono proprio i capigruppo dei ciaspolatori: come possiamo aspettarci che l’ultimo bocia appena aggiunto al gruppo si ponga lui il problema???). Ecco quindi che una specie di protocollo di comportamento sarebbe molto utile, in modo tale che si diffonda come un “decalogo del buon ciaspolatore”. Il concetto va affinato (e riempito di contenuto), però segnalo che la percezione del problema da parte degli scialpinisti, specie se molto “classici”, è crescente da qualche anno in qua.
Quello che per molti di noi è normale norma di educazione e di buon senso, non è neppure contemplata nella testa dei più.
In soldoni. Occorre e-ducare la massa affinché assimili il livello minimo di buon senso per garantire una reciproco rispetto: è un concetto che vale per i ciaspolatoti, come per gli scialpinisti. Io sono istruttore di scialpinismo e su questo tema (come su mille altri) mi impegno (da 40 anni) nel campo degli scialpinisti. Per i ciaspolatori mi aspetterei che ci pensassero i “loro” educatori, non trovate? Ciò premesso, a livello generale sono un sostenitore dell’espandersi dell’utilizzo delle ciaspole come forma di turismo invernale silenzioso e slow. Ciao!
Carlo, io mi riferivo in generale a TUTTE le comitive di duecento persone. Non ho detto che mi riferivo alle sole comitive di duecento persone di crovelliana memoria.
Coda di paglia?
P.S. Comunque sei libero di tornare a organizzarle. Ci mancherebbe altro! Però se i duecento incrociassero uno o due solitari ciaspolatori, sarebbe bene che non si arrabbiassero con loro per disturbo della quiete pubblica, “aratura” abusiva o atti di “cannibalismo”.
Evitare (quando possibile) di passare con le ciaspole sopra a un binario di scialpinismo (o di sci da fondo) è questione di elementare buon senso, educazione e dovuto rispetto nei confronti degli altri frequentatori della neve.
Così come la non-esclusività di frequentazione dei pendii innevati al di fuori dalle piste.
Quindi, regolamentare in che senso ?
Non ho piacere di tira dentro per i capelli un (caro) amico, per cui evito di farvi il copia e incolla del suo intervento in merito, ma ho ritrovato il pezzo del sito in cui si citano le tracce dei ciaspolatori… gli interessati possono farlo altrettanto velocemente… Buon week end a tutti!
@5 se hai letto con attenzione il relativo articolo di qualche giorno fa avrai appreso che le uscite da 200 scialpinisti appartengono al passato (max metà anni ’90), quando l’intero mondo della montagna innevata era completamente diverso dall’attuale. Ora le scuole si sono notevolmente ridotte. A titolo personale, poi, saranno 20 anni almeno che, per scelta convinta, faccio gite solo più da solo o al massimo con mogie/figlia. Raramente con altri amici (mai più di 5 circa).
Pasini: non sono affatto contrario alle ciaspole (anzi…), è scritto molto chiaramente. Spesso le utilizzo anche io, quando non ci sono condizioni per una gita in sci. Però segnalo un problema che pensavo fosse solo “mio” (al seguito della mia mentalità “selettiva”) e invece ho verificato che è percepito anche da altri storici frequentatori della montagna. Parlando con amici torinesi era già emerso e poi ne ho incontrato traccia (nomen omen) anche qui sul sito… Significa che non è solo una mia paranoia esclusiva.
Prima che diventi una fonte di “conflitto”, sarebbe opportuno regolamentarlo. Non mi pare sia una considerazione campata in aria, anzi… Ciao!
Sento il bisogno di completare la citazione di Cochi&Renato per i non milanesi: la vita l’è bela, basta avere l’umbrela che ripara la testa ed è un giorno di festa.
1) Su una montagna i ciaspolatori si limitano a percorrere in genere un solo itinerario, utilizzandolo quasi sempre anche in discesa. Sulla stessa montagna gli scialpinisti durante la discesa percorrono generalmente una traccia ciascuno.
In altre parole:
A) Trenta ciaspolatori: una sola traccia, sia in salita che in discesa.
B) Trenta scialpinisti: una traccia in salita e trenta tracce differenti in discesa. Risultato finale: trentun tracce e pendio “arato”.
2) Ricordo inoltre che la fisima di lasciare per primi la propria traccia su un pendio immacolato da una recente nevicata riguarda gli scialpinisti, non i ciaspolatori.
N.B. Detto questo, a me gli scialpinisti sono simpatici, soprattutto quelli che si muovono da soli o con pochissimi compagni.
Invece detesto le comitive di duecento persone. Quelle sí disturbano la quiete!
Cari amici, permettemi un piccolo sfogo. Non certo aggressivo ma affettuoso, proprio come fossimo quattro amici alBard (simpatica via per vecchietti di Lanza in Valle D’Aosta). Ma che rompipalle che siete! Anche le ciaspole vi danno fastidio perché contaminano la bellezza delle tracce sulla neve. Suvvia..viviamo e lasciamo un po’ vivere che la Vita l’e’ Bela, finche’ c’è e dura poco. Buon fine settimana.
A onor del vero però 20 sci alpinisti “arano” un pendio almeno tanto quanto 20 ciaspolatori la salita…non parlerei quindi di inquinamento differente.
Che poi i buchi siano fastidiosi per chi scia è indubbio, ma normalmente la superficie coinvolta è decisamente inferiore e quindi più facile da evitare
Mi è piaciuto questo articolo, sia perché descrive montagne solo apparentemente minori (perché un po’ ai margini del grande arco alpino), cui però io sono affezionato, sia per l’attività in sé (ciaspole), che permette di frequentare i monti innevati in modalità silenziosa e “slow”, anche a chi non è avvezzo agli sci. Preferisco gli ciaspolatori ai mega caroselli sciistici con relativa “fauna”.
Tuttavia approfitto per segnalare che anche io da un po’ di tempo ho registrato un problema descritto qualche giorno fa (non ricordo dove, ma cmq qui nel sito) da Giorgio Daidola. Ovvero: specie quando le compagnie dei ciaspolatori sono “numerose” , la traccia che lasciano è letteralmente devastante. E’ un problema sul quale occorre che iniziamo a riflettere su come arginarlo. La traccia lasciata da 5-10 o 20 ciaspolatori (specie se su neve farinosa profonda) ricorda molto la traccia lasciata da un branco di cinghiali: larga, profonda, spessa.
A mio parere i risvolti di questo problema sono due. Il primo è una forma di inquinamento, quanto meno “metaforico”: una traccia così profonda e larga lascia una evidente “ferita” nel manto nevoso. Una ferita che resta almeno fino alla prossima copiosa nevicata). Molto diversa da una piccola traccia sciistica. Un osservatore successivo percepisce che il passaggio dell’uomo è stato “marcato” e non “leggero”, come invece dovrebbe essere la visita umana in un bosco innevato. Il secondo è un problema di educazione verso gli altri frequentatori della montagna, in particolare verso gli appassionati di sci. Se su una traccia per le pelli ci passa sopra una carovana di 20 ciaspolatori, “dopo” sembra di essere in un campo minato. Se poi rovinano pendii immacolati, che sono la gioia dello sciatore puro, effettivamente lo sciatore puro si incazz….a sangue. Ho porvato queste sensazioni di persona. Tutto ciò va calibrato col tipo di terreno che, metro dopo metro, viene attraversato. Una traccia profonda su una strada innevata non produce un gran danno, mentre una analoga traccia profonda in mezzo al bosco produce un danno decisamente superiore.
In conclusione: molto bene che ci siano tante persone che, grazie alle ciaspole, si avvicinano alla montagna innevata senza gli impianti. Tuttavia questa attività andrebbe maggiormente regolamentata a livello di comportamento dei singoli e soprattutto dovrebbero essere maggiormente acculturati e sensibilizzati i personaggi in questione, in modo che da soli comprendano dove la laro traccia genera o meno un “danno”. Buona giornata a tutti!
DA ALCUNE FOTO SI HA LA SENSAZIONE CHE SE C’E’ POCA NEVE GIA’PRESSATA DA ALTRI, LE CIASPOLE SIANO UN IMPICCIO E SI CAMMNI MEGLIO CON SCARPONI. LE RACCHETTE DA NEVE MEGLIO APPLICATE ALLO ZAINO E CALZATE ALL’OCCORRENZA. Comunque se si ha una abilita’ sciistica anche non eccelsa ed il terreno non e’ingombro di sassi e piante, preferirei gli sci per alpinismo o”backcountry”, non si sprofonda , si sale e tolti i dispositivi antiarretramento, la discesa e’ piu’ rapida e meno faticosa.Comunque sempre meglio che ognuno faccia quel che vuole o che sa fare, anzi ,esagerando, sci e ciaspole appresso, uso intercambiabile.