Comincio subito con il confessare di aver letto l’ultimo libro di Alberto Paleari Le montagne e il profumo del mosto (MonteRosa edizioni, 2015) nel modo che trovo assai appropriato: durante le quotidiane sedute in bagno.
Non posso dire dunque di averlo letto “tutto d’un fiato”, ma posso testimoniare di non avergli infrapposto altra lettura fino alla fine.
Del resto, leggere in bagno è la rivincita, nei tempi odierni, che la carta stampata si prende sui testi a computer. Più che rivincita è l’ultimo baluardo di resistenza…
Questo libro mi ha definitivamente convinto della simpatia e della bravura dell’autore. Non che ne avessi bisogno, ma repetita juvant.
Il modo di scrivere di Paleari è quello dei grandi scrittori, giustamente distaccato, sintetico e pittorico solo quel tanto che basta per lasciare che la fantasia del lettore possa scatenarsi. Vorrei che fosse il registro anche di questa piccola recensione.
Nella generale penuria di aggettivi, non c’è alcun salto d’interesse tra montagna, vino, avventure e storie di famiglia, i quattro grandi temi di questo libro: anche se certamente non unici, quattro temi della vita di Paleari. Atmosfere ed episodi sono mescolati nell’unico modo letterario possibile, quello che ti trascina come una forte corrente nella vita interiore e nei ricordi dell’autore. Quello che ti fa riconoscere, con commozione, momenti tuoi similari, nella gioia finalmente di leggerli raccontati da un altro.
Sono grato a coloro che scrivono con distacco, perché hanno fatto un grande lavoro di sintesi tra materia del ricordo e sentimento.
C’è quella lievità che ti ricorda sempre che stai leggendo un ricordo emotivo, non dei fatti esposti in ordine ma senza regia.
C’è quella logica che ti fa accettare anche l’assurdo: può essere la logica della nonna o quella severa della montagna.
E’ la realtà, in ogni caso, a essere evocata e a imporsi nel tuo quotidiano. Con la forza del ricordo, che di natura è superiore alla forza dei fatti.
Un appassionato di montagna e di vino come me non può non riconoscersi nello spirito profondo di quest’autore. Anche per me la montagna e il vino devono sfuggire a ogni forma di catalogazione, quella brutta bestia che vorrebbe costringere la prima negli exploit sportivi e il secondo nei virtuosismi del degustatore titolato. Messi assieme, montagna e vino possono rappresentare l’intera vita di una persona, sono l’ambiente sacro in cui si sviluppa uno spirito, certificandone il senso, talvolta dandogli una direzione.
Alberto Paleari
Appena letto.
Bello, bello! Onesto, umano e pieno di preziose e vivaci digressioni. Leggetelo.
Grazie Alberto, sei stato un Maestro ai corsi guida e continui a esserlo nella vita.
Marcello
Ho letto il libro e non è male ma da Paleari mi aspettavo di più.
Il cesso resta uno dei luoghi più intimi, raccolti e silenziosi in cui fare tutte le cose che non si riescono a fare al di fuori di lui.
Quindi leggerci tutto un libro lo eleva a libro ottimo.
Almeno così la penso anch’io che avevo fatto lo stesso con Il Giorno dell’Astragalo, sempre di Paleari.
Ma ognuno, alla fine, legga un po’ dove preferisce…
adesso comprendo meglio l’amicizia tra Carlo Possa ed il Paleari, “in vino veritas ” !!!!
Bhe spesso in disaccordo con questo Blog , però quando i gogna scrive e basta tamto di csppello ! Recensione bella e scritta bene…..quasi alla Paleari
Il posto appropriato per leggere un libro è il cesso? Io non sono d’accordo!