Un accorato appello da uno dei più grandi alpinisti-scrittori.
Le vie più fantastiche
di Bernard Amy
Cari amici arrampicatori, a inizio settembre 2022 ho avuto il piacere, con alcuni amici, di trascorrere dieci giorni in val Badia e dintorni. Abbiamo potuto camminare, arrampicare e percorrere qualche via ferrata. Questa vacanza è stata per me l’occasione di ritrovare con immensa gioia la roccia perfetta delle Dolomiti, le impressionanti pareti verticali, le sue vie di quarto e quinto grado – i veri IV e IV sup – le vertiginose lunghezze di corda di III e III sup e soprattutto la straordinaria atmosfera di quella che i grimpeur francesi chiamano arrampicata tradizionale.
Vivo e arrampico in un Paese, la Francia, dove la maggior parte di chi arrampica non sa praticare nulla se non l’arrampicata sportiva e concepisce una via solo come un itinerario attrezzato con spit e catene. Chi apre una via non può immaginare di affrontare una parete senza un trapano. E gli scalatori hanno una corda e dodici rinvii come loro unico equipaggiamento. Il problema, oggi, è che le attrezzature esistenti sono invecchiate. Ovunque. Club e federazioni hanno intrapreso un vasto programma di riequipaggiamento che porta a riempire ancor più di ferraglia la roccia.
Tornando alle Dolomiti, mi sono chiesto se questa ossessione per l’attrezzatura avrebbe avuto la meglio e si sarebbe definitivamente diffusa anche tra gli scalatori italiani, se quella che l’alpinista inglese Stephen Venables chiama la “peste metallica” avrebbe contaminato i bei percorsi che avevo amato per essere quasi privi di attrezzatura. Sono stato felice quanto stupito quando ho scalato alcune vie da antologia su cui ho potuto praticare l’arrampicata tradizionale più pura, su cui sono riuscito a trovare le straordinarie lunghezze descritte nelle guide con indicazioni come: “40 m, IV e III, IV, clessidre”. Questi tiri terrorizzano molti arrampicatori francesi. Per me rappresentano la quintessenza dell’arrampicata. E benedico il cielo perché esistono ancora.
Amici italiani, sappiate che su queste bellissime pareti dolomitiche possedete autentici tesori. Queste vie di arrampicata tradizionali sono un patrimonio inestimabile che sarebbe criminale distruggere. Continuate a scalarle come dovrebbero essere scalate, cioè in completa autonomia. Evitate la tentazione di sfigurarle. Se avete un trapano a casa, lasciatelo in garage e andate a sperimentare sulle vostre fantastiche pareti la più meravigliosa arrampicata che si possa immaginare, quella dell’arrampicatore indipendente, quello dell’arrampicatore libero.
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Ho conosciuto Bernard Amy una ventina d’anni fa sulla via Costantini Apollonio al pilastro della Tofana di Rozes. Ero in buona forma e più giovane e soprattutto conoscevo quella via appiglio per appiglio. Ero con una coppia di clienti piuttosto bravi e quando notai una cordata alta sopra di noi sentii il desiderio di raggiungerla cercando di arrampicare velocemente. Una delle cose belle dell’arrampicata è che uno va alla velocità che vuole, perché intanto si sale uno alla volta. Ebbene, raggiungemmo la cordata solo alle ultime lunghezze perché anche loro andavano piuttosto veloci. Quando in sosta incontrai Bernard rimasi sorpreso di vedere un “non più giovane” andare così disinvolto e a quella velocità. Quella via non è di certo estrema ma non è neppure un sentiero.
Insomma volevo dire che il sapere arrampicare è una cosa complessa e non sempre è proporzionale al grado.
Conosco scalatori fortissimi che dal Bernard di quei tempi si prenderebbero almeno mezza via di distacco. E in alpinismo andare veloci non è cosa da poco.
Poi, per carità, se vogliamo misurare le prestazioni con gli algoritmi, non mi ci metto neppure.
“Il problema di Bernard Amy e che un notevole scrittore ma un mediocre arrampicatore.”
In effetti, è difficile fare l’8a a 82 anni….
Battute a parte, certo Bernard Amy non è, né è mai stato, né ha mai preteso di esserlo, un top climber. E allora? Sta suggerendo di non stravolgere con un intervento inutile e invasivo alcune delle vie classiche delle Dolomiti di difficoltà accessibili ai “mediocri arrampicatori”. Che però su quelle vie sanno scalare, a differenza dei veri mediocri arrampicatori, che sono quelli che anche su quelle vie vorrebbero trovare uno spit ogni due metri.
E’ un problema di Amy o un problema di qualcun altro?
Il problema di Bernard Amy e che un notevole scrittore ma un mediocre arrampicatore, ciao
Luigi
103) Gli scandali sono altri. Te lo sei dal 1974 io dal 1984. Quindi??
Nessuno vuole giocarsi la vita ai dadi. Alla pelle ci teniamo tutti. Se una sosta è obsoleta, quindi insicura se non addirittura pericolosa, si può rinforzare o sostituire. Non vedo perchè bisogna per forza farlo a spit o addirittura a fittoni resinati dove è possibile agire diversamente. Ma di che steccati parli? Caso mai è proprio il contrario.
Spesso quando arrivo in catena di una via nella mia falesia preferita, mi giro per ammirare il gruppo di Bosconero dove ho scalato molte volte su vie anche più dimenticate dell’antispigolo e gustato le torte di Monica. Ho una tutina da gara (che non uso purtroppo più da molti anni ) e giro appena possibile con i miei sci tranquilli senza guardare l’orologio. Sono Istruttore CAI dal 74 dove ho diretto molti corsi della mia Scuola ( ex Nazionale) e non trovo nulla di scandaloso se soste obsolete vengono sostituite da spit. Penso che gli steccati siano quelli che noi ci creiamo e abbiamo in testa.
Dimostrazione che ti fa venirte l’orticaria il mondo cui appartengo, non io a titolo personale. Se le mie stesse cose le scrivesse uno dei miei tanti colleghi, avresti la stessa reazione isterica (e come ti altri bei tipi…).
Circa l’autolimitrarsi, ma… siamo reduci da una sequenza di post delle scorse settimane rispetto ai quali io sono stato del tutto estraneo nella compilazione e nella scelta redazionale. questi post riguardano il progetto Montagna Sacra. Gogna ha postato un articolo sul senso del limite (scelto e non imposto). Mi pare che in realtà sei più disallineato tu di quanto lo posso esser io.
Per il resto la mia attività editoriale ecc è reale. C’è gente che paga per procurarsi i mie libri…
Buona domenica!
Che enormi banalità sono quelle per cui usi un sacco di parole, Crovella.
Insisto nel sottolineare che le tue tiritere sull’alpinismo, tema dell’articolo, ma anche su altri, denotano Chiaramente una conoscenza teorica e non pratica dell’argomento. Non sei il solo, come tu stesso sostieni, e proprio il Cai di personaggi come te è pieno, ed è per quello che il caiano medio è uno a cui quelli come te hanno fatto il lavaggio del cervello limitandone eventuali talenti e libertà d’esprimersi perché se per caso quello diventa migliore di te apriti cielo! Ecco perché cataloghi tutti i frequentatori della montagna come sottoinsiemi al cui vertice stai tu.
Riesci a dire minchiate così grosse che mentre le leggo mi pizzico per vedere se sto sognandole.
Secondo te io vivo nel mio mondo che è in contrasto col tuo e bla, bla, ma in fondo sembri un vorrei ma non posso che si arrabbiata sempre con le stesse tre parole. Conferenziere, scrittore….ma de che???
E poi con questa storia dell’autolimitarsi che continui a propinarci, piantala lì. Si vede che in montagna ci vai poco, soprattutto da quello che sostieni, ma non rompere i coglioni a chi ci vuole andare.
Se tu mettessi il naso fuori da quel tremendo ambientino di cui tanto ti vanti di appartenere scopriresti che il mondo va avanti, che ci sono un sacco di giovani (e pure meno giovani) in gamba che corrono, scalano sulla plastica e sulla roccia e il ghiaccio dell’alta montagna, fanno scialpinismo contemplativo e/o di corsa, ma tutti sono mossi da una grande passione.
I tuoi odiati cannibali vivono sempre stati e sempre ci saranno. Come Dio.