Lo spettacolo della morte delle Apuane

Concessioni abusive, cave di marmo e profitto: così muoiono le Alpi Apuane. Negli ultimi decenni queste montagne sono state letteralmente mangiate. Le battaglie degli attivisti: «Nessuno controlla le escavazioni fuori dai permessi, solo gli ambientalisti denunciano». E in più la beffa delle visite guidate alle cave.

Tour delle cave di marmo di Carrara in jeep
(pubblicato su viator.com)

Panoramica
Visita le cave di marmo di Carrara in un tour di mezza giornata da Colonnata, simbolo dell’industria del marmo in Italia. Scopri come il marmo è stato estratto per costruire il Pantheon e la colonna di Traiano nell’antica Roma e come è stato spesso utilizzato per realizzare sculture durante il Rinascimento. Visita diverse cave attive, ascolta la storia dei processi minerari antichi e moderni e ascolta il commento approfondito della guida.

– Scopri dove ha origine il celebre marmo d’Italia;
– ammira le valli di Colonnata e Miseglia lungo il tragitto;
– assaggia un antipasto tradizionale durante il viaggio di ritorno;
– viaggia in tutta comodità a bordo di una Jeep con l’aria condizionata.

Il biglietto include
– Veicolo con aria condizionata
– Guida locale esperta

Incontro e prelievo
Punto di incontro
54033 Colonnata (MS). Incontro in strada Comunale per Colonnata, 1, località Calaggio.
Come arrivare al punto d’incontro
L’uscita dell’autostrada è Carrara. Segui le indicazioni per “Cave di marmo” o “Carrara centro”. Alla rotatoria, prendi la terza uscita su Viale XX Settembre e prosegui per 7 km. Alla rotatoria, prosegui dritto verso l’ospedale e superalo. Dopo circa 100 metri, sarai nel luogo chiamato Ponte di Ferro. Svolta a destra in direzione di Colonnata. Una volta arrivato nel villaggio di Bedizzano, svolta a sinistra e prosegui lungo questa strada per 2 km. Prima di Colonnata, sulla sinistra, c’è un blocco di marmo con la scritta “Cava Romana I sec. a.C.” in rosso. Dopo 50 m c’è un edificio giallo, “Bar & Souvenirs Corsella”: i tour partono da quel punto.
Ora di inizio
14.15
Punto di arrivo
Questa attività termina nel punto di incontro.

Cosa aspettarsi
Colonnata
Guarda all’interno delle vaste ferite bianche che si aprono sulle selvagge pendici di Carrara e scopri come le cave forniscono marmo alle città di tutta Italia da oltre 2000 anni. Ascolta la storia del sudore degli uomini che estrassero il marmo utilizzato per costruire il Pantheon e la Colonna di Traiano nell’Antica Roma, insieme a molte sculture del Rinascimento. Il mondo del marmo non si tratta solo di un processo di escavazione, ma racconta la storia di un intero paesaggio e dei suoi abitanti. Entra in contatto con le persone, i luoghi e i macchinari di un’antica tradizione. Viaggia verso diverse cave attive fino a 1000 metri sopra il livello del mare e ascolta come viene estratta la pietra nobile. Segui le strade tortuose della valle di Colonnata e ottieni spiegazioni dettagliate sul vecchio e moderno processo di escavazione. Scatta foto panoramiche di una cava terrazzata nella valle di Miseglia, prima di visitare un’incredibile cava sotterranea. Fai una sosta per assaggiare un po’ di lardo di Colonnata IGP sulla via del ritorno al punto di partenza.

Altre info
– Si riceverà la conferma al momento della prenotazione;
– non accessibile in sedia a rotelle;
– sconsigliato ai viaggiatori con problemi alla schiena;
– può partecipare la maggior parte dei viaggiatori;
– il tour/l’attività prevede un massimo di 8 partecipanti.

Modalità di cancellazione
Puoi cancellare la prenotazione fino a 24 ore prima dell’esperienza per ottenere il rimborso completo.

– Per ottenere il rimborso completo, devi cancellare la prenotazione almeno 24 ore prima dell’orario di inizio dell’esperienza.
– Se non cancelli la prenotazione entro 24 ore prima dell’orario di inizio dell’esperienza, l’importo pagato non verrà rimborsato.
– Le modifiche apportate meno di 24 ore prima dell’orario di inizio dell’esperienza non saranno accettate.
– Il tempo limite si riferisce all’orario locale dell’esperienza.
– Questa esperienza necessita di condizioni meteorologiche favorevoli. In caso di cancellazione per maltempo, ti verrà offerto un rimborso completo o un’altra data.

Abbiamo riportato l’offerta turistica integrale, onde comprendere meglio quanto sia subdola questa operazione che vuole passare per “culturale”. Qui di seguito invece un saggio di come sia la vera situazione nel comprensorio apuano.


Concessioni abusive
di Rita Rapisardi
(pubblicato su corriere.it il 23 ottobre 2020)

Difficile non pensare a un miracolo della natura quando si parla di Alpi Apuane: un complesso di sessanta chilometri incastonato tra i bacini del Magra e del Serchio, in Toscana, che nasconde quello che per molti è un vero tesoro, il marmo. L’immaginario quando si pensa a questi luoghi, porta subito alla Pietà di Michelangelo, al duomo e alla Torre di Pisa: ma oggi le cose sono ben più drammatiche.

Cave sul Monte Cavallo. Foto: Gianluca Briccolani.

Negli ultimi decenni le montagne sono state letteralmente mangiate da poche multinazionali che poco hanno a che vedere con l’arte: il carbonato di calcio che esce dalle viscere dei monti, finisce nell’edilizia, alle industrie farmaceutiche e cosmetiche, in gomme, colle, manta e carta. L’80% del marmo fa questa fine, mentre solo il 19,5% per elementi di arredo e piastrelle e lo 0,5% è usato per scopi artistici. Un oro bianco che vale milioni di euro per le 600 cave attive (150 circa solo a Carrara), 80 dentro il Parco Regionale della zona. Ogni anno qualche milione di tonnellate è sbriciolato lasciando voragini che mai più potranno essere curate, come il continuo inquinamento delle falde acquifere sottostanti. Con i monti muoiono fauna e flora: qui sono state censite oltre 150 specie, il 50% di tutta la biodiversità della regione, alcune sono endemiche, esclusive di questi pendii.

Di fronte a tutto questo non tutti restano immobili, perché la storia delle montagne è quella delle persone che qui vivono.

Elia Pegollo, la memoria storica delle Apuane



Elia Pegollo

La bianca pancia delle Alpi Apuane Elia, 82 anni, l’ha vista sin da bambino, grazie a suo padre cavatore per oltre sessant’anni «Quando il cavatore era un mestiere, loro parlavano alle montagne, oggi sono dei guidatori di macchine, affettano il marmo come burro», racconta l’ex insegnante di ragioneria originario di Casette, una frazione di Massa. Negli anni ‘50 un popolo di 16mila lavoratori, ora ridotto a meno di mille: «Dove sono finiti quei 15mila? Nessuno ha pensato alla meccanizzazione e a chi perdeva il lavoro». L’uomo nato nel 1938, è attivista sin da bambino – «Questo mi ha creato non pochi contrasti in famiglia», dice – questo l’ha portato in Africa e America Latina a difendere popoli e habitat minacciati dall’avarizia degli uomini. Ha alle spalle molte battaglie, una collezione di denunce e minacce, e poche vittorie: «Negli anni ‘90 abbiamo fatto chiudere le cave di Dolomia, per la sopravvivenza di Forno, un paese con una sola strada dove passava un camion ogni tre minuti».

Gianluca Briccolani, da alpinista ad attivista



Gianluca Briccolani
«Per 13 anni sono stato un uomo egoista, poi tutto è cambiato». Inizia così il racconto di Gianluca Briccolani, uomo di montagna, prima come alpinista, poi come attivista. Dopo aver scalato cime impervie come quelle dell’Himalaya e del Perù, nel 2016 fa la traversata di tutte le Alpi Apuane: «Ho visto da vicino il disastro, prima venivo qui solo nei week end, per scalare. Ora ho smesso, mi impegno a fare filmati per denunciare pratiche illegali, porto tutto a carabinieri, forestale e Arpat». Gianluca ha un archivio con dieci milioni di scatti e video per ore, alcuni tornati utili anche in alcune indagini. Ogni due settimane sceglie un bacino estrattivo e cartina alla mano, esplora la zona. Tra le cave, il suo volto ormai lo conoscono tutti e non mancano le minacce: «Devo usare tecniche al limite del militare per non farmi vedere. Esco di notte, sto fuori anche per quattro cinque giorni, dormo in montagna, a volte nelle gallerie delle cave. Insomma faccio il lavoro sporco». E che porta rischi: «Quattro anni fa qualcuno manomise la ruota dell’auto di un attivista come me, per fortuna senza conseguenze». «Nessuno controlla le escavazioni fuori dai permessi, solo gli ambientalisti denunciano, neanche le guardie del parco, sono quattro per 20mila ettari». Quarantaquattro anni, un figlio di tredici, è maestro tappezziere a Firenze, nel negozio di famiglia. «I miei amici del club alpino vorrebbero il vecchio me, quello che scala, ma la mia non è una scelta, è un sentimento: finché non cambia qualcosa non smetto».

Franca Leverotti, la veterana delle Alpi Apuane


Franca Leverotti
«Ho lavorato in tutta Italia, ma ogni estate sono tornata a Carrara, dove sono nata. Le montagne sparivano e i fiumi erano sempre più bianchi, come sessant’anni fa», docente di Storia Medievale, Franca Leverotti ha insegnato alla Bicocca di Milano, alla Normale per vent’anni, a Torino, Napoli e Roma. Ha lasciato la cattedra ordinaria a 61 anni per occuparsi esclusivamente di queste montagne, oggi ne ha 70: «Ho affrontato il problema con i mezzi che conosco, sono una storica e così ho iniziato ad andare in giro per archivi alla ricerca di documenti: mi sono accorta che molte delle concessioni date alle cave erano illegittime». La docente scopre infatti che mancavano alcuni pareri necessari a dare queste autorizzazioni, ma i sindaci le concedevano ugualmente. Non sta zitta, presenta documenti a procure e autorità chiedendo spiegazioni, ne ottiene due denunce: una, in fase di ricorso, dell’ex sindaco di Vagli, in provincia di Lucca, in cui le chiedono cinque milioni e mezzo di euro per danno all’immagine della città e l’altra da un industriale per calunnia e diffamazione, conclusasi. «Quando fui assolta il giudice disse che le mie segnalazioni erano tutte vere: quell’azienda stava scavando all’interno del parco. Per risolvere la cosa hanno spostato il confine». Grazie a Franca negli anni sono partite 30 denunce, grazie a una di queste si scopre un’evasione di 12 milioni di euro, ma la Procura le archivia quasi tutte: «Mi chiedo se ha senso vivere in Italia», racconta con una voce matura, ma ancora sferzante: «Questo accade nella civilissima Toscana, con il consenso politico di tutti».

Tommaso Fattori, il politico controcorrente


Tommaso Fattori
Ma non tutta la politica tace. Anche se sia a destra che a sinistra il destino delle Alpi Apuane è ignorato. Ci ha provato Tommaso Fattori, con il suo gruppo Sì Toscana a sinistra, che all’esordio nel 2015 è entrato in Regione. Fattori è tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, quello che ha poi portato al referendum del 2011 sull’Acqua bene comune. «Per chi si occupa di ambiente come me da una vita, le Alpi Apuane sono un caso emblematico di come uno sviluppo folle, basato solo sui profitti, distrugge un bene comune». La stampa lo ha definito “l’uomo dei record” per la sua intensa attività in consiglio: «Abbiamo portato la questione cave più volte, con valanghe di emendamenti per modifiche all’ultimo piano regionale cave (che ha innalzato le percentuali ammissibili di detriti all’escavazione, NdR), ma solo una minima parte è stata accolta», aggiunge Fattori, che racconta di come la politica non ha alcuna intenzione di chiudere le cave, neanche quelle dentro al parco: «C’è un’intenzione conservatrice su questi temi, ma si deve immaginare un modello produttivo diverso, non predatorio, in equilibrio con l’ambiente e che non dimentichi la giustizia sociale». A riguardo Fattori sottolinea come sia necessario pensare a economie diverse: «Sono riuscito a far provare una proposta per favorire i piccoli contadini e immetterli nel mercato locale, si può pensare al turismo, alle bonifiche o mantenendo qui più fasi della filiera del marmo».
Nota a cura della Redazione di GognaBlog: la posizione di Fattori è “moderata”, in quanto non ha mai parlato di chiusura delle cave ma solo di contingentamento. L’unico partito che ha portato alle scorse elezioni regionali del 2020 un programma sulla graduale chiusura è stato Europa Verde (guidato da Eros Tetti), programma ancora attuale (https://www.slideshare.net/LucaFidiaPardini/europa-verde-per-una-toscana-verde-progressista-e-civica).

Linda Berti


Lorenzo Berti e Linda Paternò, gli eredi di una battaglia
“La distruzione non è arte”, questo hanno scritto su un telo calato giù da una cava gli attivisti di Athamanta. A smontare il mito che lega Carrara all’arte, oggi ci pensa il gruppo che porta il nome proprio di una specie endemica che qui cresce. Nato dieci mesi fa, ha unito le esperienze dei centri sociali a quelle delle associazioni ambientaliste locali, che il 24 ottobre, pur nei limiti del momento, ha indetto un corteo nazionale. «Qui c’è ancora voglia di cambiamento», racconta Linda Paternò, 29 anni, di Carrara, ingegnera in biomedicina, fresca di dottorato in ricerca biorobotica. Insieme a un gruppo di amiche un anno e mezzo fa ha lanciato Friday for Future Carrara, portando decide di persone in quelle strade che la sera ormai sono vuote. «A Carrara non ci sono né cinema, né teatri. L’offerta culturale è zero. Restano due o tre eventi all’anno finanziati dai big del marmo».

Lorenzo Berti

Accanto a Linda nell’attivismo e nella vita c’è Lorenzo Berti, 34 anni, della vicina Massa, agronomo laureato in architettura del paesaggio: «Da quando vivo qui con lei a Carrara, al mattino mi alzo e vedo solo distruzione. Da me non è ancora così, abbiamo le nostre belle montagne, ma temo un giorno non sarà più così». Lorenzo è attento a tutti temi ambientali: «Questo è un territorio martoriato, poche persone hanno proprietà di luoghi che sono beni comuni, come le montagne in Val Susa per la Tav o i nostri stessi i litorali. Molti giovani contano sulla stagione, l’inverno passa con i sussidi, una vita di precariato. Dei tanti soldi che girano pochi tornano indietro». La disoccupazione giovanile a Carrara è il triplo di quella nazionale.

Lo spettacolo della morte delle Apuane ultima modifica: 2023-01-21T05:03:00+01:00 da GognaBlog

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17 pensieri su “Lo spettacolo della morte delle Apuane”

  1. APUANE MISTERIOSE E SCONOSCIUTE:
    /mountcity.it/2023/01/50559/apuane-misteriose-il-cacciatore-di-incisioni-rupestri/
    Molto interessante!

  2. Chissà, dopo tutti i tentativi andati a vuoto, può essere che un bel “I danni delle Apuane non sono elementi della realtà come vorrebbe il meccanicismo” oppure “L’esperienza non è trasmissibile. Ovvero lavoraci.” comunicato nel modo migliore alla politica, gli faccia cambiare prospettiva e modello di sviluppo.
    Perché continuare a dirle qui dove nessuno le comprende? Magari loro sì che riescono a vedere la luna… e poi ti mostrano il dito (quello medio). 

  3. qui c’è poco da filosoveggiare.
    Qui vince la potenza tecnologica distruttiva dell’uomo sulla natura: 
    le mine che fanno esplodere i fianchi dei monti, le enormi pale meccaniche che come fuscelli spostano blocchi da decine di tonellate, potenti motoseghe che affettano  il marmo come se fosse burro, decine e decine di camion  che, carichi di blocchi e detriti,  fanno su e giù per le vertiginose vie di arroccamento che hanno sostituito le antiche vie di lizza , i potenti frantoi meccanici che frantumano gli scarti di marmo perchè tutto è sfruttabile, altrettante pale meccaniche che alimentano i ravaneti  ricoprendo i versanti di detriti.

  4. @10
    I danni delle Apuane non sono elementi della realtà come vorrebbe il meccanicismo
     
    In che senso ? (in parole semplici, se possibile)

  5. ma qui si parla di COLTIVAZIONE.
    Coltivare una cava, come  se… ogni blocco estratto, fosse un seme messo nella montagna che da vita ad una nuova pianta.
    Ma non c’è vita. Quello che viene tolto è tolto per sempre. Quello che viene frantumato è per sempre.
    Una mistificazione per giustificare una distruzione.
    Una mistificazione per addolcire una violenza.
    E certa politica che dice: non ci sono alternative.
    Non ci sono?  oppure NON le vogliono?!?!?
    Ma se le Apuane non fossero state di marmo? Non ci sarebbe stata alternativa alla povertà? Alla fame?

  6. Più che altro amo dire che posizioni come questa”Meglio sarebbe trasmettere la consapevolezza di cosa sia in realtà l’attività estrattiva in Apuane oggi e i danni che provoca quotidianamente” sono blasfeme.
    I danni delle Apuane non sono elementi della realtà come vorrebbe il meccanicismo. Non si può fare nulla per ripararli, né niente per evitare che se ne creino altri uguali. 
    È il sistema stesso, quello del dito, che li insemina ogni momento nei pensieri delle persone, alle quali vorresti fare una puntura di consapevolezza.
    Miseria radicale.
     

  7. Sig. Grossi, ho visto i due video e devo dire che rendono benissimo l’idea. Complimenti. Dovrebbero guardarli tutti!
    Il mio ragionamento non era certamente a favore dello scempio evidente di quanto sta accadendo alle Apuane.
    Però volevo dire che l’iniziativa delle visite guidate non regge in quanto strumento per contrastare quanto di negativo sta accadendo e può essere, comunque,  semmai uno strumento di cultura sull’argomento. Ovviamente anche per mettere davanti agli occhi di una parte di visitatori illuminati (un’esigua minoranza, presumo) qualcosa che stride con l’esistenza di un parco naturale e con lo stesso benessere di chi nelle Apuane ci vive.
     
    Visti gli ingenti danni ambientali e sulla salute pubblica, mi viene da pensare che il problema è politico. E si sa, la politica odierna tutto fa, tranne che pensare ai cittadini. 
    Ma chi fa male riceve male, è una legge di natura sopra tutte le altre. Peccato che non consoli né serva nella pratica a fermare quanto sta accadendo. 

  8. L’aspetto culturale è sicuramente interessante, a patto che non venga usato in modo strumentale per nascondere o, peggio, giustificare l’attuale attività estrattiva che, con tale aspetto, nulla ha più in comune.
    Meglio sarebbe trasmettere la consapevolezza di cosa sia in realtà l’attività estrattiva in Apuane oggi e i danni che provoca quotidianamente.
    A questo proposito riterrei molto più istruttive (benchè senza dubbio meno appetibili) visite guidate (e non) al Monte Carchio o al Picco di Falcovaia (ma forse sarebbe meglio dire a quel che ne resta…).
     
    P.S. La c.d. degustazione del lardo di Colonnata è il dito, come qualcuno ama dire.

  9. Signor Cominetti, non me la prendo con lei. Davvero crede di poter vedere il posto da cui è stato estratto il marmo per le opere di Michelangelo? Ma lo sa che qui spariscono i monti, con tutto quello che c’è intorno e anche sotto?  Per ottenere un blocco di dieci tonnellate si abbattono cinquanta tonnellate di montagna, quando va bene, e quello che si toglie è una perdita senza ritorno. Ma c’è anche di peggio, in questa “civile” Toscana, di cui vergognarsi. Sono autore di Cave Cavem (disponibile su You Tube),  lo guardi per capire cosa succede in Apuane. E non pensi che intenda farmi pubblicità, perché sa bene che con i film di denuncia c’è solo da perdere. Piuttosto ci vorrebbe un po’ di gente di buona volontà ad aiutarci a difendere montagna e acqua che sono patrimonio di tutti.
     

  10. Cominetti in Apuane ci sono mille possibilità per un’ archelogia industriale dell’antica escavazione. 
    Ma non t’illudere, non la vogliono. Faranno di tutto perchè non prenda vita. Che non faccia il primo battito, il primo respiro.

  11. Credo ma non  sono sicuro al100% che sia polvere di marmo che abbinata a resine forma ricomposti di tutte le forme a stampo …vasi , lavabi ,lastre per tavoli etc.etc.

  12. Che cos’è la manta, citata da Rita Rapisardi tra i prodotti del carbonato di calcio? 
     
    Mi fanno disperare le cave quanto le visite guidate. 

  13. Concordo sull’ingiustizia di tutte le porcherie a danno dell’ambiente e degli abitanti locali privati di una vita normale sottomessa al business del marmo come descritto.
    Ma la visita guidata alle cave la trovo molto interessante e sicuramente ha dei risvolti culturali. Può infastidire il lato gourmet con la degustazione del lardo di Colonnata ma ognuno vende quel che ha in casa e i visitatori comunque mangerebbero qualcos’altro,  tanto vale dargli un prodotto locale. 
    Terrei le due cose separate senza usarne una per combattere l’altra.  Vedere il posto in cui è stato estratto con le modalità di allora, il blocco di marmo in cui Michelangelo ha scolpito la Pietà, solo per fare un esempio  lo trovo quantomeno interessante sotto il profilo culturale, tecnico e storico.

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