Mario Cotelli e la Valanga Azzurra

Questo articolo, assai valido per la forte dose di ricordi che rinfresca, è tanto più curioso se si considera il suo autore, recentemente coinvolto in accese discussioni sulle competizioni in montagna. Una per tutte, vedasi il treno di commenti al suo articolo https://gognablog.sherpa-gate.com/tor-des-geants-2019/.
Certamente molti si aspettavano che Crovella con la competizione in generale non avesse mai avuto alcun tipo di rapporto affettivo…
In realtà non c’è contraddizione fra la sua posizione ostativa verso le gare di montagna (sia estive che invernali) e la sua disponibilità/affetto verso le competizioni di sci alpino (che in ogni caso non ha mai frequentato a titolo personale, anzi ne è sempre solo stato uno spettatore televisivo o lettore sui quotidiani. Con ciò si dimostra, ancora una volta, quanto le personalità di ognuno di noi siano soggette a più emozioni e influenze. Che convivono in pace dentro di noi. La società dovrebbe imparare a fare altrettanto.

Mario Cotelli e la Valanga Azzurra
di Carlo Crovella

A inizio novembre 2019 ci ha lasciati Mario Cotelli, il vulcanico direttore tecnico della Squadra Nazionale di sci degli anni ’70. Subentrato al francese Jean Vuarnet verso la fine dei ‘60, Cotelli diresse la Nazionale italiana per circa un decennio: una direzione non certo suadente e permissiva, ma che si impose senza remore anche grazie alla sua elevatissima competenza ed alla personalità di rilievo.

Mario Cotelli negli anni d’oro della Valanga Azzurra

Sotto la direzione di Cotelli giunsero importanti successi italiani anche prima della definizione ufficiale di Valanga Azzurra. Dopo un mondiale 1970 a Val Gardena complessivamente deludente (il giovanissimo Thoeni cadde in gigante e si classificò quarto in speciale), Gustavo iniziò a vincere a ripetizione le Coppe del Mondo e, alle Olimpiadi di Sapporo, colse l’oro nel gigante e l’argento nello speciale (bronzo per suo cugino Rolly Thoeni).

L’unica Coppa del Mondo (1973-74) che sfuggì a Thoeni in quel periodo fu appannaggio di un altro italiano: Piero Gros, detto Pierino, di Sauze d’Oulx in alta Val Susa. Gros è ancora oggi il vincitore di una gara di Coppa del Mondo con il numero di partenza più alto: se non ricordo male il 45 (si trattava del gigante di apertura a Val d’Isere, dicembre 1972).

Un’immagine recente di Mario Cotelli

La nazionale italiana non si limitava al solo Thoeni, ma era una vera squadra, completa, potente e ricca di talenti. I tempi erano maturi per l’ufficializzazione della Valanga Azzurra. Proprio a Cotelli si deve l’invenzione di questa definizione con la quale la squadra italiana passò alla storia.

Le cose andarono così. Il 7 gennaio 1974 nello slalom gigante di Berchtesgaden (Alpi bavaresi) cinque italiani si piazzarono ai primi cinque posti: Piero Gros, Gustavo Thoeni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna. La discesa di quest’ultimo, partito con un numero altissimo, ha determinato l’ordine d’arrivo definitivo solo quando tutti i fotografi se n’erano già andati. Tutti tranne uno, l’italiano Massimo Sperotti, che scattò un’immagine divenuta famosa proprio perché “unica”.

Cotelli amava raccontare che, la settimana successiva, a Morzine era stato intervistato da un giornalista italiano e, cercando di descrivere il crescente dominio (sull’ordine di arrivo) delle discese italiane a Berchtesgaden, disse “sembrava davvero una valanga, una valanga azzurra”. Da lì nacque la leggenda.

I cinque italiani dominatori del gigante di Berchtesgaden (7 gennaio 1974): Piero Gros, Gustavo Thoeni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl, Tino Pietrogiovanna. Questa foto dell’italiano Massimo Sperotti è entrata nella leggenda.

Leggenda che fu immediatamente ben incardinata dai successivi mondiali di Saint Moritz (1974), nonostante la tensione per la decisione di Cotelli di non schierare Thoeni nella libera. Thoeni partecipava usualmente alle libere per vincere le combinate e questo lo aiutò moltissimo a conquistare le Coppe del Mondo (rispetto ai concorrenti che partecipavano o alle sole libere o ai soli slalom) e di fregiarsi, in alcune occasioni, del titolo di Campione del Mondo della combinata. Ma a Saint Moritz nel ’74 Cotelli puntò tutto sulle prove tecniche e Thoeni, sollevato dall’indurimento muscolare dovuto agli allenamenti per le libere, lo ripagò con l’accoppiata d’oro Slalom e Gigante (Gros colse il bronzo nel gigante).

Il tutto cementò un grande entusiasmo fra gli appassionati, però il fenomeno era già in fase di dilagazione mediatica da qualche tempo. Ricordo con nostalgia quando nell’intervallo fra le ore di lezioni scolastica (frequentavo le scuole medie: prima metà degli anni ‘70) correvamo nello stanzino del bidello. Costui si era procurato uno dei primi apparecchi televisivi portatili, quelli che funzionavano col “baffo”. Ansimanti, ci affacciavamo nello stanzino e chiedevamo notizie delle gare di Coppa del Mondo. Per quei pochi minuti dell’intervallo ci accalcavamo per vedere un po’ di discese. Immagini in bianco e nero, spesso con risvolti tecnici approssimativi, come l’effetto neve (un costante spolverio bianco che passava davanti agli sciatori): insomma fra la calca e la pessima qualità delle immagini non si capiva quasi niente, ma in noi ragazzetti vibrava un che di incontrollabile emozione per gli sciatori italiani. Era la Valanga Azzurra, diamine!

Il trionfo di Gustavo Thoeni nello slalom speciale mondiale di Saint Moritz (1974)

In quel frangente le gare di sci conquistarono ampio spazio mediatico sia alla Domenica Sportiva che sulle pagine dei quotidiani. Insieme al calcio e alla Ferrari erano il cardine di un’Italia piena di orgoglio e di fiducia verso il futuro. Fiducia non solo sportiva: attraversavamo ancora il boom economico, seppure nei suoi ultimi bagliori.

L’entusiasmo collettivo per la Valanga Azzurra raggiunse l’apoteosi con il mitico parallelo della Val Gardena (marzo 1975). Alla giornata conclusiva della Coppa del Mondo si presentavano tre sciatori a pari merito in classifica: l’italiano Thoeni, il giovane svedese Ingemar Stenmark e l’austrico Franz Klammer (il re delle libere). Si trattò forse del primo evento mediatico sportivo di dimensioni esorbitanti. Oltre ad una folla oceanica in loco, l’Italia intera era davanti al televisore in attesa del duello finale fra Thoeni e Stenmark. Come si sa, vinse Gustavo, ma Cotelli confidò in tempi successivi che, in quella occasione, capì che lo svedese avrebbe dominato da lì in poi.

Il trionfo di Pierino Gros nello slalom speciale olimpico di Innsbruck (1976)

In realtà ci furono ancora due brillantissimi colpi di coda della Valanga Azzurra. Alle Olimpiadi di Innsbruck (febbraio 1976), Pierino Gros vinse l’oro nello slalom speciale, seguito da Thoeni in argento. Lo stesso Gros salì sul podio, sempre nello speciale, ai Mondiali di Schladming del 1978, battuto da Stenmark. Questo fu il vero canto del cigno della Valanga Azzurra: poco dopo Cotelli lasciò la direzione tecnica della Nazionale perché il suo carattere non gli consentiva di convivere con alcuni personaggi che la federazione voleva affiancargli, dopo quasi un decennio di direzione individuale e pressoché assolutistica.

L’inimitabile stile di Gustavo Thoeni

Mario non lasciò il mondo dello sci agonistico, anzi. Memorabili furono i suoi interventi come commentatore sportivo durante la successiva fase caratterizzata dalla supremazia di un italiano: Alberto Tomba. A cavallo fra anni ’80 e ’90, Tomba la Bomba (così chiamato per la sua potenza esplosiva) ottenne l’oro in gigante (primo nella storia) in due Olimpiadi successive (Calgary ’88 e Albertville ’92), l’oro in speciale sempre a Calgary ’88 (facendo quindi doppietta), mentre ad Albertville in slalom si dovette accontentare dell’argento. Ma la Bomba conquistò un’altra doppietta aurea (gigante-speciale) ai Mondiali 1996 in Sierra Nevada. In complesso Tomba colse 50 vittorie individuali in Coppa del Mondo, conquistando la Coppa assoluta del 1995 (vent’anni dopo Thoeni) e ottenendo otto Coppette di specialità.

Memorabile fu l’invasione televisiva di Tomba (seconda manche dello slalom speciale di Calgary in diretta) addirittura nel bel mezzo della serata finale del Festival di Sanremo (febbraio 1988): i conduttori Miguel Bosé e Gabriella Carlucci dovettero lasciar spazio alla Bomba, che fece gioire gli italiani più di un acuto canoro proveniente dall’Ariston.

Tomba la Bomba in slalom speciale

In quel periodo (cioè fino verso la metà dei ’90) lo sci agonistico era ancora tema di vive emozioni sportive e quindi televisive. Ricordo che Cotelli fu un ospite pressoché fisso di una trasmissione sulle reti Mediaset, mi pare che si chiamasse “Obiettivo sci”, impostata sulla falsariga dei famosi “processi” calcistici. Si discuteva delle gare appena disputate e si parlava di quelle in programma subito dopo. Cotelli non lesinava staffilate, come suo costume, ma chi si intendeva di sci sapeva cogliere le sue osservazioni sempre competenti e pertinenti.

Non ricordo più se durante una di quelle trasmissioni o in un’altra occasione televisiva, il dibattito scivolò sul confronto fra Thoeni e Tomba: chi era più forte? Impossibile dare una risposta oggettiva, sarebbe come confrontare Fausto Coppi ed Eddy Merckx. Cotelli introdusse però una valutazione che mi colpì a tal punto che me la ricordo bene a circa 25 anni di distanza. Mario disse che la fortuna sia di Thoeni che di Tomba era stata quella di “indovinare” il rispettivo anno di nascita, in quanto le loro caratteristiche, oggettivamente molto differenti, ben si accoppiavano al rispettivo contesto in cui i due hanno gareggiato. All’epoca di Thoeni, spiegava Cotelli, si utilizzavano sci lunghi e palo fisso (si riferiva in modo preciso allo slalom speciale), per cui la necessità era quella di “girare” intorno al palo: Gustavo era adattissimo a ciò, considerata la sua reattività muscolare (dicendo ciò, Cotelli stringeva ritmicamente le dita come per voler comprimere una pallina da tennis: rendeva bene l’idea sui muscoli di Gustavo). Negli anni di Tomba, invece, si utilizzavano sci lunghi e palo snodato, per cui la tattica era quella di affrontare direttamente il palo per tirarlo giù: la strabordante potenza muscolare di Alberto (proprio per questo soprannominato la Bomba) trovava così la sua esaltazione massima.

Il trionfo di Alberto Tomba nello slalom speciale olimpico di Calgary (1988)

In un’occasione decisamente più recente riproposi la riflessione a Cotelli e lui la completò, con il suo solito sorriso sornione, affermando che negli ultimi 15-20 anni la situazione è ulteriormente cambiata: oggi si utilizzano sci corti e palo snodato. Non è più una questione di tecnica individuale di curva, mi disse Mario, ma di saper imprimere la maggior velocità possibile agli sci. Gli sci moderni, corti e soprattutto molto sciancrati, sono progettati per girare da soli, concludeva sarcasticamente l’ex Direttore della Valanga Azzurra, lasciando intendere che il talento individuale viene sminuito dalla tecnologia. Almeno così l’ho interpretato io, ma sinceramente l’affermazione non lasciava molti dubbi.

Ho visto di persona Cotelli l’ultima volta a Torino, nell’aprile del 2017, quando venne al Monte dei Cappuccini per presentare il suo libro, dedicato alla Valanga Azzurra. Gli organizzatori dell’incontro avevano argutamente invitato anche Pierino Gros, che (dopo una periodo come Sindaco di Sauze d’Oulx) oggi è coinvolto anche nel mondo del golf. Fu commovente rivedere insieme quei due personaggi che fecero battere il mio cuore di giovanissimo appassionato.

Concluso l’incontro ufficiale ai Cappuccini, rimanemmo in un gruppettino intorno a Mario e Pierino: rivangavamo i “bei” tempi andati, tanto per cambiare. In un clima di confidenze fra vecchi amici, io tornai sul tema del rapporto sciatore-tipologia di sci. Mario riconobbe che gli sci moderni girano non perché li fa girare lo sciatore, ma perché li fa girare l’ingegnere che li ha progettati a tavolino. Gli sci di oggi sono concepiti per girare, il che (nel mondo agonistico) ha esasperato la ricerca della velocità e basta.

Tomba la Bomba in slalom gigante

Spiegò Cotelli: “Nei decenni scorsi era in vigore la regola per cui il numero delle porte non potesse risultare inferiore al 15% del dislivello della gare. Quindi uno slalom gigante con 400 m di dislivello aveva almeno 60 porte. Successivamente la regola è stata modificata per cui, oggi, il numero delle porte può ridursi fino all’11% del dislivello. Lo stesso tracciato del gigante, 400 m di dislivello, oggi ha circa 45 porte, anziché 60.” Meno ostacoli a parità di dislivello uguale più velocità. Cotelli disse apertamente che nei giganti di oggi si viaggia alla stessa velocità dei primi SuperG (introdotti negli anni di Tomba). Io conclusi che, allora, gli attuali SuperG corrispondono alle libere di un tempo, mentre le libere di oggi sono delle Super libere. Mario rimase silenzioso nel suo sorriso sornione che, però, la diceva lunga sul suo pensiero.

Personalmente ritengo che questa mutazione stia sensibilmente riducendo l’interesse del grande pubblico verso le competizioni di sci. Le nuove piste sono tutte uguali, gli sciatori sciano tutti nello stesso modo, non c’è più il confronto fra i leader come un tempo. In effetti io per primo non guardo più le gare in tv e mi sembra che siano scivolate ai margini delle programmazioni: lo sci non è più un evento mediatico come ai tempi della Valanga Azzurra. Le poche volte che mi è capitato, del tutto casualmente, di incappare in qualche discesa in tv, mi sono annoiato: ormai sciano tutti nello stesso modo, non riconosci più gli atleti grazie ai differenti stili individuali. Dopo un paio di concorrenti, in genere cambio canale.

Tornando al giorno dei Cappuccini, qualcuno dei presenti, magari senza molta convinzione, obiettò a Cotelli che l’evoluzione tecnica non si può fermare. Cotelli sbottò: “Ma questo non è più sciare! Gli sciatori di oggi sono degli operai specializzati (testuale) che vengono trasportati da un veicolo progettato a tal fine!” Affermazione tipica del modo di essere di Mario.

Piero Gros e Mario Cotelli al Monte dei Cappuccini (Torino), aprile 2017

Al di là del mondo agonistico (che io in prima persona non ho mai frequentato), il fenomeno vale per tutto il panorama degli sciatori. Oggi è nettamente più rapido l’apprendimento: nel giro di un paio di giorni un neofita acquisisce già l’autonomia di base. Gli attuali sci sono più “facili”. Però si è svuotato il risvolto talentuoso. La vera arte dello sci è far curvare degli assi che, per loro natura, andrebbero diritti. Cioè condurre sapientemente gli sci su ogni tipo di terreno (e non su piste piatte come biliardi), perché è il cervello dello sciatore che comanda.

Per ricordare Cotelli tirerò fuori dalla cantina un paio di Fischer C4. Lunghezza 2,05: un must degli anni d’oro. Andrò a pennellare come piaceva a lui, godendomela proprio.

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Mario Cotelli e la Valanga Azzurra ultima modifica: 2020-02-01T05:44:00+01:00 da GognaBlog

64 pensieri su “Mario Cotelli e la Valanga Azzurra”

  1. 64
    Claudio Cometa says:

    Buongiorno a tutti. È indubbio che i moderni sci sciancrati girano con più facilità di quelli di 40-50 anni orsono. Quello che secondo me non cambia è la sensibilità dei piedi ed il talento individuale nel saper condurre gli sci su ogni tipo di neve, come ben sa chiunque si sia cimentato sulle piste sia in bassa che in alta quota, magari tirando le curve ad alta velocità (possibilmente a pista vuota), che con le pelli di foca. Altrimenti non si spiegherebbero i fenomeni tipo Tina Maze, Marcel Hirscher e Mikaela Schiffrin, né il perché la maggior parte degli agonisti di coppa del mondo non riesca ad ottenere i loro stessi risultati pur adoperando gli stessi materiali. 

  2. 63
    antonio.massettini says:

    Bello scritto, interessante e competente. fastidiosi invece i commenti polemici a priori,  spero non ci saranno più sia in questo che in  altri articoli

  3. 62
    AndreaD says:

    Ho ascoltato Cotelli a una conferenza a Monza alla fine del 2018. Raccontò diversi aneddoti, presentò il suo libro e alla fine gli chiesi di confermare una storia che avevo sentito alla TV Svizzera Italiana. In breve se nella combinata di Kitzbuhel del 1974 il regolamento fosse stato applicato alla lettera, Thoeni avrebbe avuto molte possibilità di vincere la Coppa del Mondo al posto di Gros. Cotelli me lo confermò.
    Il parallelo della Val Gardena? L’ho rivisto in TV e da spettatore personalmente ancora non comprendo come possa essere stato giudicato regolare un passaggio di Stenmark quando abbatté una porta e per il quale in un primo tempo era stato squalificato.
     

  4. 61
    Fabio Bertoncelli says:

    Perciò, caro “gullich”, di fronte alla ragazza che divenne la tua fidanzata e poi compagna di vita, tu ti presentasti cosí: “Ciao, sono gullich”. E lei: “Sí. E io sono la fata turchina”. 
    Al colloquio per l’assunzione certamente  ti presentasti con queste parole: “Sono Alessandro Bianchi. O Giuseppe Rossi. O gullich. Ma a te, che te frega?”. E ai carabinieri: “Sono gullich. O forse no. Ma che vi importa?“. 
     
    … No, no, no! ??? 
    Ieri sei andato cosí bene: liscio come l’olio. Oggi invece, contro ogni pronostico, mi cadi clamorosamente sull’uccello (N.B. per la spiegazione del concetto suonare a casa Cominetti). ???
     
    Però, alla fin fine, su con la vita! Non arrabbiarti, accetta lo scherzo e non preoccuparti: il Papa Nero accetta pure i migranti senza nome.
     

  5. 60
    gullich says:

    @cominetti “Detto ciò mi stupisce che si commenti ancora con nomignoli idioti in luogo del proprio nome e cognome.”
     
    se mi firmassi Alessandro Bianchi o Giuseppe Rossi ti cambierebbe qualcosa? Potrei comunque essere chiunque. 
    Conta quello che si scrive, focalizzati su quello. 
    nel merito concordo con te. Parlare di stile o dell’arte nel governare gli sci degli anni 70 è una scemenza senza fondamento (rectius, cazzata). 
    Che ben può dire anche un vecchio tecnico della nazionale alla fine dei suoi giorni, ma che è fuorviante riprendere e sottolineare. 
     
     

  6. 59

    Lo stile nello sci non esiste. Esiste la tecnica e la sua eventuale interpretazione, ma lo stile è termine usato da chi di sci ne sa poco o ne ha una visione non corrispondente al vero. Detto ciò mi stupisce che si commenti ancora con nomignoli idioti in luogo del proprio nome e cognome. Pace e bene.

  7. 58
    Giuseppe Penotti says:

    @Michele Cornioli. Io non faccio nessuna guerra, tantomeno a Crovella. Ma esprimo un’opinione su quanto viene scritto, sugli articoli o sui post di commento. Questa opinione può anche essere in aperto disaccordo o meno, indipendentemente da chi l’ha scritta. Che poi a titolo personale io sia in disaccordo su molte cose che scrive Crovella dovrebbe impedirmi di argomentare?

  8. 57
    Michele Cornioli says:

    Please finiamola con le Crovellas’ wars, già ci abbiamo sprecato tutto il mese di gennaio….

  9. 56
    Giandomenico Foresti says:

    Quindi dovremmo dedurre che Marcel Hirscher che ha vinto
    2 ori alle Olimpiadi
    7 ai Mondiali
    3 ai Mondiali juniores
    8 Coppe del mondo assolute
    6 Coppe di slalom gigante
    6 Coppe di slalom
    più altre medaglie d’argento alle Olimpiadi e ai Mondiali
    sarebbe un operaio?!
    Mi dispiace per lui o per lei ma chiunque pensi questo non sa quel che dice.
     

  10. 55
    Giuseppe Penotti says:

    Sono nato nel 1962 e i primi sci li ho calzati a sei anni. Ho iniziato a fare sci alpinismo a 17 anni e io degli stecconi da 200 cm larghi 60 e degli scarponi da 32 kg al paio non ho proprio nessun rimpianto.
    La mia dolce moglie a Natale mi ha regalato dei goduriosi sci da 88 con il giusto rocker che mi fa passare “godendo come un riccio” su farina, crosta, duro  o tritato chesia.
    Ho vissuto anche io da adolescente, esaltandomi,  l’epopea della valanga azzurra, ma sono sufficientemente consapevole che un Thoeni o un Gross di allora oggi in uno slalom o in un gigante non si piazzerebbero nemmeno nei  primi 30.
    Per quel che riguarda gli sci odierni “che girano da soli” dobbiamo distinguere. Gli sci da turismo sono certamente più facili di un tempo ed accellerano l’apprendimento. L’ho vissuto in prima persona quando ho insegnato a sciare a mia figlia, ma soprattuto a mia moglie che ha indossato gli sci per la prima volta a 48 anni.
    Sugli sci da agonismo, ho avuto l’occasione di provare qualche anno fa degli sci da slalom e degli scarponi con flex adeguato e posso dire senza tema di smentita: “col ca… (ognuno metta la parola che preferisce) che girano da soli” e non sono di certo uno esilino di gambe.
    Da vecchio baccucco questa nostalgia dei bei tempi che furono non riesco proprio a digerirla.
    P.s. Mia figlia ha 22 anni ha inparato con sci moderni ma vi garantisco, qualunque roba gli metti sotto i piedi, scia sempre.

  11. 54
    Roberto Pasini says:

    Ragazzi di tutte le età “Move on”! Non sprecate energia in battaglie di retroguardia. Il futuro sta altrove. Lasciate i rimpianti e la nostalgia a chi la vuole coltivare e impostare su queste le sue campagne.  Siamo in un regime di libertà. Vinca il migliore. Il vero pericolo sta altrove. Guardate piuttosto quello che fanno i meravigliosi ragazzi di Albenga (vedi post sulla Valanga olimpica) o i ragazzi che guidano la campagna in difesa del Vallone delle cime bianche.Cerchiamo ognuno per quello che può di favorire e diffondere queste iniziative e come diceva il presidente Mao “che cento fiori sboccino e cento scuole gareggino”. (Non male questo ricordino  anni 60/70).
     

  12. 53
    gullich says:

    Crovvy, tu confondi la critica ai concetti (peraltro argomentata e su cui mai rispondi nel merito), il sarcasmo e l’ironia pesante con l’astio.
    Non ho motivo di astio alcuno nei tuoi confronti 8come non credo l’abbia Monaco o chiunque altro), non ti conosco né mai nutrirei astio verso taluno solo perché scrive scemenze.
    Fatta questa doverosa permesso, appare un pò singolare che tu dica io scrivo quello che mi pare (e fin qui, nulla questo), ho diritto di scriverlo (e fin qui nulla questo) quindi non rompete le scatole, zitti e andate oltre.
    Poiché come tu scrivi cose che paiono non avere fondamento alcuno (che sarebbe la definizione garbata di cazzata, e che traggono origine da una primigenia ed immutata posizione di arroccamento sin dall’età adolescenziale e  che rimane un problema solo tu), il fatto che la meni ovunque magari fa venire ad altri la voglia, ogni tanto di replicare, non per astio, am semplicemente per dir la propria o fra rilevare agli altri lettori (a te par inutile) che alcune cazzate non hanno fondamento alcuno.
    Il fatto he un vecchio tecnico della nazionale, ormai ottuagenario rimpianga i propri tempi dicendo che quella di ogi è una sciita da operaio rimane una cozzata data da uno che è invecchiato male (absit iniuria verbi) e non oro colato né, tantomeno, avvalla la fondatezza della tua cazzata. 
    Essere fuoriclasse prescinde la tempo, e ciascuno lo dimostra nel proprio tempo con gli attrezzi le tecniche che gli sono coeve.
    E’ una faccenda di una tale banalità, che non servirebbe neanche rilevare, se non vi fosse qualcuno che continua a menarla in ogni post con cannibali, tecnici nobili del passato e operai della sciancratura odierna.
    state bene
     

  13. 52
    Carlo Crovella says:

    commenti 50 e 51: mi riferisco agli interventi di monaco e gullich, che sono ormai ripetitivi nella loro espressione di astio nei mie confronti. Viceversa se si vuole parlare del contenuto (Valanga Azzurra, tecnica di sci), sono a dipiosizoone (però anche voi due, Motta e Matteo, seguite con attenzione l’evolversi del dibattito altrimenti prendete fischi per fiasci e contribuite ad aumentare la conclusione). Sul contenuto dell’articolo, sottolineo che la tesi sulla contrapposizione tecnica fra stile di una volta e stile di oggi (in funzione di come sono cambiati gli sci) giunge originariamente, come ho riportato, da Cotelli, che la espresse in diverse chiacchierate a latere di incontri ufficiali. Mi è capitato, nei giorni successivi alla sua scomparsa, di vedere un’intervista televisiva in cui ribadiva il concetto degli “operai specializzati”. Cotelli ha trascorso una vita intera nel mondo dello sci, tra l’altro ai massimi livelli per molto tempo. ai cultori della vera arte dello sci, l’attuale tecnica non piace. Viene meno il valore umano, conta di più la tecnologia. Il paragone della F1 calza a pennello: ora le auto di F1 sono il regno dell’elettronica (e della strategia a tavolino), di fatti vincono sempre i soliti, l’estro artistico conta quasi niente (metti Hamilton su una Toro Rosso: non vincerà mai). infine circa la mia avversione al mondo attuale delle gare: l’ho scritto ripetutamente nei commenti a Pasini che la mia posizione di disprezzo è la medesima sia verso lo sci di pista che verso il tor che verso l’attuale Trofeo Mezzalama (che pure ho apprezzato per lungo tempo). Il motivo della mia avversione è lo stesso: l’enorme quantità di cannibali. Non sono contrario all’agonismo in quanto tale (anche se non fari mai gare in montagna), ma al fatto che, al giorno d’oggi, questi avvenimenti sono il ricettacolo per immense folle di cannibali. L’ho scritto a iosa, adesso per favore smettetela anche voi (oltre ai due fenomeni di ieri…)

  14. 51
    Matteo says:

    L’ho già scritto e lo ripeto: Carlo, stavolta mi pare che tu abbia preso la vacca per le balle.
    Non mi pare che qualcuno ti abbia aggredito e insultato per primo. Io per primo ho apprezzato l’articolo e ho rivissuto il “bel tempo andato” (e l’ho scritto), ma ti si è fatto notare che esaltare la Valanga Azzurra e stigmatizzare il Tor du Geant è segno di scarsa coerenza, perché sono frutto della medesima concezione della montagna che tu a parole aborri (e nel conto ci metterei anche il carico da dieci del caianissimo Trofeo Ottorino Mezzalama!)
    Personalmente mi sarebbero piaciute due righe su questo, nell’articolo, che rendessero palese la tua avversione alle gare in montagna.
    Quanto alle capacità tecniche e all’evoluzione degli attrezzi, io ho l’impressione che ti inganni. L’evoluzione degli attrezzi banalizza il “sapere” medio (o l’arte come la definisci tu) e allarga la platea dei praticanti, ma non credo proprio che diminuisca l’eccellenza.
    Ovviamente  non esiste riprova, ma credo che Honnold avrebbe arrampicato almeno come Preuss ai suoi tempi.
    P.S.: non vale solo per gli sci o le scarpette, ma anche per le auto: ben pochi sanno fare la doppietta o riprendere una curva con il controsterzo, ma un pilota di F1 riportato negli anni ’30 darebbe di sicuro del filo da torcere a Tazio Nuvolari

  15. 50
    Sebastiano Motta says:

    Scusa, Crovella, ma non ti sembra un po’ grottesco questo farti continuamente scudo della Costituzione?
    Non mi sembra che qui ci sia qualcuno che vuole impedirti di scrivere.
    Ciao

  16. 49
    Carlo Crovella says:

    a parte che ci sono stati anche dei commenti che hanno apprezzato il testo, se a tuo parere il testo è una cazzata o addirittura un’immensa sequenza di cazzate, bene… scrivilo, ma scrivilo una volta sola e poi basta. in realtà non c’entra il contenuto dell’articolo: c’entra che io ti sto sulle palle e prendi a pretesto un mio qualsiasi testo per esprimere il tuo astio nei mie confronti. anzi la cosa che vi fa imbestialire (a te a monaco ecc) è che su questo blog ci sia spazio per uno come me che voi giudicate un emerito rincoglionito. bene… scrivilo, ma una volta sola e poi basta, perché alla fine dici sempre le stesse cose, non porti nessun contributo al dibattito. inoltre (e concludo), tanto io non cambio, puoi strillare quanto vuoi, anzi potete strillare quanto volete tu e l’altro compare monaco e io scriverò sempre nello stesso modo, con lo stesso taglio e sulle stesse cazzate. sono 40 anni che scrivo così, non cambio certo adesso, a maggior ragione per far piacere a voi due. quindi smettetela, la vostra insistenza è sterile e inutile. Se i miei articoli ti fanno venire l’orticaria, saltali a piè pari: se ti accanisci a leggerli, se autolesionista. A quel punto prenditela con te stesso.

  17. 48
    gullich says:

    Crovvy, io sono un pò buddista e vivo nel qui ed ora. 
    Non ti adombrerai per il fatto che abbia omesso di leggere la tua nobilissima bibliografia e mi limiti a valutare e commentare  quello che scrivi qui sopra e, nello specifico, in questo articolo e nei pietosi commenti che vi profondi sotto a  a piene mani.
    Ciò che scrivi è, imho, una immensa, solenne e tristissima fesseria.
    E siccome l’art. 21 della Costituzione è un pelino democratico, vale per tutti, anche per quelli che sciano con gli sci sciagurati e il rocker in punta e in coda e per quelli che sotto le suole hanno la xgrip e non i chiodi a tre punte.
    Per quel che me ne cale, salto a piè pari i tuoi interventi e articoli,  questo compreso, che ho scorso a gran velocità ex post, avendomi  incuriosito  l’intervento di Monaco (che è uno che stimo); mentre scorrevo  ho cercato di leggere, ma non riesco, la mia singolare forma di orticaria mi fa leggere tre righe e saltarne dieci, perché il mio nervo ottico si rifiuta di trasmettere ai neuroni una simile dose di banalità spocchiose.
    Purtroppo nelle tre righe che ho letto in mezzo alle venti saltate (che con gli spioni veniva difficile saltare e invece è gran bello con lo scietto di oggi) cc’era la cazzatona degli gli lunghi due metri, di tu elegante che scii anche con le putrelle perché hai imparato nei tempi d’oro di coltelli  e dei giovani debosciati e atecnici.
    (che è una cazzata storica e anche oggettiva, perché ogni attrezzo richiede una tecnica specifica, i materiali solo negli ultimi dieci anni hanno avuto un’evoluzione siderale e  chi scia old stile con gli sci di oggi può anche trovare lungo e prende dei bei cesti di fave da ragazzetti che sciano da dio) 
    Potrai anche essere così tetragono (anche se il termine corretto sorbe altro) ed è davvero solo un problema tuo; ma dato che la meni ovunque e a dosi elefantiache sempre con la stessa litania, ogni tanto giova dirti che hai rotto e che veicoli un’idea aberrante (e per certi aspetti violenta, nonostante tutta la tua prosopopea di sciatorie dai nobili lombi).
    Se poi te l’hanno pubblicata spesso, mi pare un segnale palese  della grave ed irreversibile crisi dell’editoria di montagna.
      stai bene 

  18. 47
    Carlo Crovella says:

     Certo, è possibile che i miei artivoli, e segnatamente questo in particolare, contengano solo una sequenza infinita di cazzate. Non lo si può escludere in assoluto. Pero’ pubblico articoli e altri scritti di montagna (compresi libri) dai primi anni ’80, cioè da circa 40 anni, senza soluzione di continuita’ e tali scritti sono usciti sulle principali testate di montagna. Mi sembra irrealistico che i vari direttori e i vari responsabili di redazione (anche di questo blog, che ringrazio per ospitalità) siano disposti a fare figuracce per aver pubblicato un ammasso di cazzate (le mie). Per cui riflettete: come mai, negli anni, hanno pubblicato così tanti articoli scritti da me, seppur zeppi di cazzate? Forse perché non erano così zeppi di cazzate. In ogni caso, visto chd vi sto sulle palle, se vedete il mio nome, passate oltre: che vi viene in tasca a insistere con queste sparate? Ormai non aggiungono piu’ nulla di nuovo e non modificano la situazione, perché (come ho gia’ spiegato) questo è il mio modo di essere e di esprimermi, lo è sempre stato e lo sarà sempre. Per cui fatevene una ragione. E adesso smettetela, perché i fastidiosi state diventando voi. Buonanotte a tutti!

  19. 46
    gullich says:

    @monaco “ragliare contro le folle dal pulpito di “gite da 250 allievi”, “il meraviglioso mondo delle piste d’antan”, “lo scarpone huber alles”…non solo genera reazioni epidermiche incoltrollabili, ma non serve ad una beata fava.”
    sottoscrivo totalmente. ormai la semplice scritta Crovella mi provoca una tale orticaria che finisco per non leggere qui per settimane …e magari mi perdo qualcosa a volte di interessante, oltre ai deliri  solipsistici e financo un pò onanistici di uno che, oltre insultare perennemente chiunque non abbia l’allure   aristocratico di  via nizza per sciare a modo con legni lunghi due metri sule nevi sabaude, insulta soprattutto se stesso scrivendo cazzate siderali.
    Nel merito, l’articolo potrà anche sollevare qualche malinconia  negli anziani (fra i quali mi pongo, quando gros pennellava avevo una decina d’anni) ma contiene una aberrazione di fondo che ben ha sottolineato Pasini.
    Scrivere che con gli sci di allora si esprimeva tecnica, che lui ovviamente possiede al massimo grado sciando anche con i binari di italo (il treno), e oggi invece son tutti mambrucchi perchè gli sci curvano da soli è una minchiata (dialettale, cit.) che anche il mio gatto si ribella quando gliela leggo a voce alta.
    Da quella via inviterei il nostro a cominciare ad arrampicare con i brixia vaiolet che lì si che ci voleva della tecnica per star su sul V e mica sta belinona della Mingolla , che cià delle scarpe che van su da sole.
    Ché la tecnica s’è fermata a comici e alle sue pedule di canapa, o forse a burgener e ai suoi tricuni, tutti gli altri son poi coglioni che sono andati e van dietro alla mescola…
    Ora io, seriamente, mi chiedo se riesca a prendersi sul serio anche da solo. 
    Che poi quello dei binari di Italo lo vorrei vedere con un bel  paio di head i.speed da gara ai piedi e un tracciato  di quelli belli tosti dove se la mette la sua tecnica pennellata.
    Ogni epoca ha i propri materiali, le proprie tecniche e i propri fuoriclasse.
    Chi abbaia alla luna rimpiangendo gli sci lunghi due metri quali ultimi baluardi di eleganza e capacita è solo … orribilmente e tristemente vecchio (poalsuibilmente da quando è nato o forse dai quindici anni).
    Detto ciò, io ho iniziato a sciare, dentro e fuori la pista, con sci che andavano dritti ed erano più lunghi di me e oggi sci con sci che curvano assai e son più corti di me, mi divertivo (meno) allora e mi diverto oggi, guardo con malinconia la faccia di un gros o di un thoeni giovane, semplicemente perché mi ricorda il tempo passato da allora e guardo con ammirazione chi oggi governa, con forza e tecnica, attrezzi diversi.  
    detto ciò, percepisco – con grande rovello – lo scempio che lo sci di pista e il turismo connesso provocano ai monti, come correttamente rileva Monaco – assai più di quattro mambrucchi che van su per la scala jordan, tanto che dal mondo dello sci pistaiolo  ne sono stato lontano per anni sciando solo fuori e ci sono ritornato per insegnare a mio figlio a seguire questi legni stupidi di oggi, che curvano da soli. 
    state bene
     

  20. 45
    Carlo Crovella says:

    monaco, giusto per chiudere il  discorso: aho ma sei di coccio eh? Ti ho gia’  spiegato che (non per fare uno specifico dispetto a te, ma in assoluto) io sono così e non cambio. Non cambio perche’, anche volendolo, non sarebbe proprio passibile. Infatti sono stato tirato su in questo modo dalla mia famiglia prima ancora che dall’ambiente socio-ideologico da cui provengo. Ma soprattutto non cambio perche mi piacce come sono e non ho nessuna intenzione di cambiare. Ti sto sulle palle? Eh, dai, che sara’ mai: non riesci proprio a vivere se esiste sul globo terracqueo un individuo che ti sta sulle palle? Prendila come palestra di vita: c’è sempre da imparare. Io ci sono abituato (a convivere sia con persone che mi sta sulle palle sia con persone cui io sto sulle palle) e ogni giorno tiro dritto senza sbandare di un millimetro. Per cui fattene una ragione e abituati a convivere con le manifestazioni delle mie posizioni ideogiche, nei contenuri e nella forma. Non cambieranno, perché fanno parte di me. Tra l’altro ti ricordo che, ai sensi dell’art 21 della Costituzione, in Italia vige il diritto di libertà di parola. Vale anche per te, ma ti invito ad aggiungere i tuoi commenti matenendoti pero’ nel solco dell’argomento dell’articolo del giorno. Viceversa tutte queste tue sparate ad personam, che a me non fanno neppure il solletico, non c’entrano niente con il tema dell’articolo e questo la dice lunga sulla tua incapacità di contestualizzare i ragionamenti. Ciao!!!

  21. 44
    Fabio Bertoncelli says:

    Caro “monaco”, su questo argomento la pensiamo nello stesso modo: ne sono ben contento.
     
    Piú in generale, in vita mia ho sempre ritenuto che, se le persone ragionassero sugli specifici temi concreti – e non sulla base di astratte ideologie politiche -, si sarebbe d’accordo nella stragrande maggioranza dei casi.
     
    Tornando al nostro tema, credo che, se non fossero esistiti né la Valanga Azzurra né Tomba “la Bomba”, oggi le montagne italiane sarebbero piú integre: meno stazioni sciistiche, meno piste, meno funivie, meno seggiovie, meno sciovie.
     
    Ora ti saluto. Magari ci incontreremo su qualche oscura, magnifica montagna delle Alpi di Uri, delle Alpi Carniche o delle Alpi Bernesi.
     

  22. 43
    monaco says:

    Fabio, io leverei corde, rifugi, bivacchi, funive e quant’altro…da li e dal resto delle alpi.
     
    non potendolo fare vado semplicemente altrove. vi sono valli e valli senza alcun manufatto umano…sia con paretine che con paretoni. e dove se si incontra qualcuno fa pure piacere.
     
    in ogni caso il problema del Cervino non sono le corde, ma Zermatt e Cervinia. punto.
     
    ragliare contro le folle dal pulpito di “gite da 250 allievi”, “il meraviglioso mondo delle piste d’antan”, “lo scarpone huber alles”…non solo genera reazioni epidermiche incoltrollabili, ma non serve ad una beata fava.
     
    alla gente si parla, non la si insulta. o meglio ancora le si fa sognare una montagna diversa dal solo mainstream.

  23. 42
    Fabio Bertoncelli says:

    Caro “monaco”, Carlo non pretende affatto di scalare il Cervino in totale solitudine. Non lo ha mai scritto.
     
    Se ho interpretato correttamente il suo pensiero, Carlo vorrebbe invece, del Cervino, eliminare le corde fisse e i rifugi sulle creste, e forse pure quelli ai suoi piedi. Insomma, si parte dal Breuil, pardon Cervinia.
     
    Tu sei d’accordo o no?
     

  24. 41
    Carlo Crovella says:

    Anche io preferisco dibattere di temi oggettivi, in questo caso della valanga Azzurra e dei cambiamenti nella tecnica sciistica al seguito dell’evoluzione degli sci. Tuttavia, sarà per la mus natura di schermitore, se mi fanno attacchi o insinuazioni personali, pari e rispondo. La “testa” quindi la mettano i vari monaco ecc: se stanno sui temi di ciascun post, non si sconfina nel personale. Ri-propongo una buonaserata a tutti. Ciao!

  25. 40
    monaco says:

    Roberto, con tutta la buona volonta’ del mondo.
     
    Qui c’e’ uno a cui rode il non poter andar, solo, sul Cervno dalla normale. E che pensa che i mali di quella montagna (e della montagna in generale) siano dovuti agli “altri”…e non invece a quello che la montagna circonda e invade: il cemento! Cemento e business che, almeno dal lato sfitzero, datano da ben prima dei favolosi 70 (circa da cinque minuti dopo Whymper!).
     
    E nel affermare, nei giorni pari e in quelli dispari pure, questa sua bella idea, non trova altro di meglio che insultare in continuazione questi “altri”. Certo, si puo’ pure evitare di leggere (come sempre suggerisce, tanto manco esistiamo, noialtri), pero’ alla lunga stufa.
     
    Penso di poter affermare che non stufa i pochi che commentano…ma forse i tanti che leggono si. Ad un certo punto leggeranno altrove.
     
     

  26. 39
    Fabio Bertoncelli says:

    Perché solo la nonna? Il detto è ancora attuale.
    Io lo conosco in questa forma: “Chi ha testa la usi!”.
     

  27. 38
    Roberto Pasini says:

    Per favore non commettiamo lo stesso errore dei mesi scorsi e io sono stato il primo col TOR e me ne pento con sincerità di cuore. Si finisce per girare nella gabbia come il criceto, non si fa un passo avanti e ormai non è neppure più divertente. Ci sono tante cose interessanti e importanti di cui discutere e confrontarsi. Concentriamoci sui problemi e non sulle cose personali : è anche più gratificante e utile credo. Mia nonna diceva “usi il giudizio chi ce l’ha”..ah la saggezza degli antichi.

  28. 37
    Carlo Crovella says:

    Commrnto 35: stai tranquillo  amico mio. Sono sposato da circa 30 anni senza soluzione di continuità, ho due figli che io e mia moglie abbiamo educato secondo questa filosofia e in piena armonia e tutto il consesso famigliare (fratelli, nipoti ecc) è sempre lì che ha “bisigno” di me…

  29. 36
    Carlo Crovella says:

    Commento 32: per gli appassionati tradizionali, l’arte dello sci e “sciare”, non l’attrezzo sci. Chi ha avuto la fortuna di un talento in tal senso, esprime questa arte anche se gli mettono delle putrelle ferroviarie ai piedi. Invece il limite della tecnica attuale è che non può prescindere dagli sci attuali, cioè quelli sciancrati (e dalle piste lisce come biliardi). Se prendi un ventenne di oggi, seppur capace, e gli metti ai piedi gli sci lunghi e stretti dei decenni scorsi, quasi non si regge in piedi. Se invece prendi uno che ha imparato con la tecnica precedente, lo vedi sciare in qualsiasi condizione, con qualsiasi neve, su qualsiasi terreno e con qualsiasi attrezzatura, perché la sua è un’ “arte” assoluta. Questo si riflette anche nel risvolto delle competizioni, dove e’ vero che sarebbe antistorico tornare agli sci lunghi, ma è indubbio che per i vecchi puristi l’attuale tecnica sciistica fa storcere il naso: anchd nelle gare sa di produzione di serie, non di “arte”. Ai nostri occhi è un downgrading, non un upgrading.

  30. 35
    giorgiolx says:

    Beh lo spero proprio che nella tua famiglia tu abbia dei fan !!!!

  31. 34
    Carlo Crovella says:

    Caro monaco, se gli interventi di Pasini di ieri erano fuori tema rispetto all’articolo sulla Valanga Azzurra, il tuo e’ addirittura contro natura, perché non c’azzecca proprip nulla con il tema trattato del post. Cmq, giusto per chiarirti il quadro, anche io, come diceva Jep Gambardella (il protagonista de la Grande Bellezza) “sono arrivato ad un’eta’ in cui non mi intetessa porre freni inibitori a dire ciò che penso”. Per cui esprimo senza remore i miei pensieri. Se non ti garbano (che bel toscanismo…), sinceramente me ne sbatto alla grandissima. Non è un atteggiamento specifico che ho nei tuoi soli confronti: tu non esisti neppure per me, sei un insulso nickname senza volto, ma direi lo stesso anche se conoscessi il tuo nome (cosa che non mi interessa minimamente) ed anche se ti avessi incontrato di persona conoscendo il tuo volto. Ma dico lo stesso a chiunque. Dai miei 15 anni (si parla quindi della stagione 1975-76) ho preso una scelta di vita molto precisa e convinta: non guardo in faccia a nessuno ed esprimo la mia visione senza filtri. Vado avanti a muso duro. Da allora vivo costantemente cosi’, in tutti i risvolti dell’esistenza, dalla famiglia al lavoro, dagli interessi politico-culturali alla montagna. Tu concluderai che sto sul culo a milioni di persone. In parte corrisponde alla realta (ma non mi importa minimamente). Invece sai una cosa? Ho moltissimi fan, innumerevoli, nel lavoro, in famiglia, nell’impegno cittadino, in montagna. Perché la mia spietatezza è assoluta ed è 360 gradi, per cui io sono assolutamente affidabile, cioè non sono falso e ipocrita, e moltissime persone mi apprezzano per questo. Anzi mi cercano per questo. Perché quello che dico, è. Tu non hai idea di quante volte mi capita di incontrare in montagna individui che hanno frequentato la scuola di scialpinismo quando io ero fra gli organizzatori e in particolare Direttore: tutti mi vengono a salutare di loro iniziativa, con reverenza e affetto, e non c’è volta che non mi ringrazino per il modo di andare in montagna che hanno imparato in quegli anni. Grazie all’educazione “scialpinistica” (ma non era solo educazione scialpinistica, si tratta in realtà di educazione alla vita) hanno incamerato un modo di andare in montagna che dura da 30-35 anni. Se, per avere questi ringraziamenti, devo pagare  prezzo di stare sulla palle a te e ad altri come te , beh… è un prezzo che sono dispostissimo a pagare senza remore. Per cui fai la tua strada che io faccio la mia. Buona serata!

  32. 33
    monaco says:

    io mi domando se il problema del Crovella sono ”gli altri”…o la semplice accettazione del se…”se” che evidentemente fa parte di quella folla di cannibali che vogliono salire il Cervino, in estate e per la normale, quando invece le alpi pullulano di salite stupende, seppur meno ”spendibili” nei salotti della Torino bene.
     
    vorrei chiedere a Crovella cosa ne pensa di questo amore perverso di Cassin, Carlesso, Comici…per le varappe ? e il Giusto ? che c’aveva ai piedi il Giusto ? comunque non si senta solo, vi furono soloni che criticarono Boysen perche’ sul Fou aveva le EB…
     
     
    vorrei anche chiedergli il come mai di questo altalenarsi tra astio e paternalismo nei confronti degli ”altri” . alle volte semplice disturbo, altre simil-allievi cui consigliare la lettura di Pavese, della Ginzburg, dei Levi (senza mai immaginare che codesti cannibali magari ne abbian letto la quasi totalita’ delle opere…seppur dimentichino, colpevolmente, alcune ”g”) ?
     
     
    a proposito della forma, di quel linguaggio sbiascicato che tanto disturba il nostro esimio…forse altri potrebbero avere, oltre ai sopra citati, diversi riferimenti letterari, capaci di alternare aulico e sguaiato. per rimanere in ambito nordico, basti pensare a Gadda o Pasolini. in quella che fu la mia terra adottiva, il greve e lo sberleffo dei soloni di turno sono talmente ancorati nella tradizione popolare da aver costituito il sale di alcune delle opere fondatrici della letteratura italiana (il B, di BDP). invece lo scandalizzarsi del salotto buono altro non riflette che un profondo provincialismo, piu’ che una certa educazione aristocratica.
     
     
    ritornando alla ”g” (ed al benemerito sodalizio tanto caro al nostro) vorrei far notare il buffo destino di questa vocale nei vernacoli toscani. seppur la ”c” sia ben piu’ famosa nel connotare tale regione, ed in particolare la sua accezione aspirata del Fiorentino, la ”g” prende il sopravvento nelle terre del Pascoli dove sostituisce la ”c” (non aspirata) nella parlata popolare, con risultato alquanto comico. Scendendo dalla valle al mare, nella greve ma colta Piza, la ”g” rimane a sostituire la ”c” in taluni vocaboli ma viene di nuovo aspirata. 
     
    Notabile esempio ne e’ un verbo la cui azione tutti compiono, ma che i soloni mai osano pronunciare. In particolare la seconda persona singolare del presente:
     
    tu CA’I
     
     

  33. 32
    Sebastiano Motta says:

    A parte che, ripeto, anche Thoeni e Gros dovevano “imprimere velocità” agli sci e non potevano accontentarsi di pennellare, mi sembra che qui si confonda un’attività con gli attrezzi che si usano per praticarla e si dica che chi sa usare un certo attrezzo è a priori migliore di chi ne sa usare un altro.
    E’ indubbio (inevitabile?) che con l’evoluzione della tecnologia certe “arti” vengano perse in favore di altre, ma, nostalgia a parte, non è detto che chi usa il tecnigrafo sia migliore di chi usa un sistema CAD, o chi usa gli hexcentric sia migliore di chi usa i friend, o chi arrampica in scarponi chiodati sia migliore di chi arrampica in scarpette, e così via.
    Cosa è importante: sciare o l’attrezzo sci?

  34. 31
    Matteo says:

    Ma porcoBùm, Crovella: va bene far finta di non capire, ma adesso esageri!
    La valanga azzurra potrà ispirare i ricordi più teneri e poetici (anche in me, peraltro) ma deve essere chiaro che sono i miei ricordi e riguardano me.
    Non sono si possono confondere con i giudizi di valore.
    Sarebbe come confondere “la cinquecento e la ragazza che tu sai” con la risoluzione degli attuali problemi di mobilità, inquinamento e riscaldamento globale.
    Cosa che tu sembri fare con regolare pervicacia.

  35. 30
    Carlo Crovella says:

    Il commento 28, poi, è completamente fuori tema: l’articolo è incentrato sulla Valanga Azzurra, che (come ho già specificato nei gg scorsi, per cui leggete con attenzione) è posizionata nella prima metà degli anni ’70. Cosa c’entra il fighettume anni ’80? Semmai era collegato a Tomba, ma Tomba NON appartiene alla Valanga Azzurra (è stato citato nell’articolo solo come trait d’union fra il modo di sciare con gli gli lunghi e quello contemporaneo con gli sci sciancrati). In ogni caso il tema della devastazione ambientale e/o dell’inquinamento connesso allo sci di pista non c’entra un belino con il contenuto dell’articolo. Anche Pasini è andato fuori tema e ho già avuto modo di sottolinearglielo. Tra l’altro io non sono affatto un sostenitore dello sci di pista, che non frequento più (salvo a volte un paio di giornate a stagione) direi dalla fine degli anni ’70: il motivo è che lo scialpinismo (che già praticavo fin dai ’60 per volontà di mio padre) ha progressivamente preso il sopravvento nella mia attività sciistica. Quindi con il fighettume anni ’80 proprio non ho nulla a che fare, anzi mi fa un discreto ribrezzo. Al giorno d’oggi me ne sto ben alla larga dallo sci di pista per lo stesso motivo per cui disprezzo il mondo del Tor o l’affollamento estivo al Cervino o al Gran Paradiso: troppi cannibali!

  36. 29
    Carlo Crovella says:

    commento 26 e 27: non avete letto con attennzione l’articolo o quanto meno il punto specifico. E’ evidente che, da che mondo è mondo, le competizioni di sci sono a cronometro e quindi vince chi impiega il minor tempo dalla partenza al traguardo.Non ci vuole tal Sebastiano  Motta per illuminarmi al riguardo.
    Tuttavia un tempo, con gli sci che (semplifichiamo al massimo…) andavano diritti, era l’atleta a farli girare con la sua arte, la sua capacità, il suo estro. oggi gli sci sono progettati per girare  (oggi su tutti i modelli, anche di serie è stampato il raggio di curva di ciascun modello),per cui l’atleta deve preoccuparsi di imprimmere velocità. E’ una rivoluzione copernicana: anche la tecnica individuale, sia degli atleti che dei turisti, è completamente cambiata.
    Concettualmente gli appassionati dello sci anni della  Valanga Azzurra in genere si annoiano di fronte alle gare di oggi. Io mi annoio anche solo a veder scendere i turisti: tutti con lo stampino. un tempo vedevi pennellare, oggi le sciate sono produzioni di serie. Questo è innegabile.

  37. 28
    Matteo says:

    “Non vedo che male ci sia in questo mio amore emotivo ed ideologico.”
    Nessuno, se non che tranci giudizi su amori e comportamenti altrui assolutamente simili e vorresti impedirli “per editto reale”.
    Il “fighettame” anni ’80 sulle piste da sci, direttamente figlio della valanga azzurra, era se possibile più invasivo e più becero dell’invasione cannibalica attuale. Faceva meno danni in assoluto, ma solo perché stava iniziando a farli i danni, non per virtù sua intrinseca. Sarebbe come dire “che belle le auto degli anni ’60, quelle si che non inquinavano: l’aria era molto più pulita”

  38. 27
    Enrico54 says:

    D’accordo con Sebastiano
    Inviterei lor Signori a calzare per un momento scarponi e sci di Paris o Hirschener e provare a fare qualche curva in pista perfettamente battuta e vedere se si è in grado di curvare…
    in tutti gli sport ( come del resto negli altri settori della nostra vita) c’è stata una inevitabile evoluzione ( che è insita nella natura umana dalla scoperta dei primi utensili dell’età del bronzo , alla ruota,alla vela , al motore ecc ecc) e questa evoluzione si è sviluppata parallelamente ai cambiamenti anche fisici e morfologici della specie umana ( anche nel caso specifico degli atleti nelle varie discipline , basta guardare le foto degli sciatori , calciatori, velocisti del passato e di oggi …) e conseguentemente, si sono  sviluppate tutta una serie di infrastrutture , nello specifico stazioni sciistiche che hanno del mostruoso , ( ma del resto ciò equivale alla cementificazione dei litorali costieri cresciuti con la comparsa del turismo del mare..) Pertanto i vecchi hanno sempre guardato con senso critico i cambiamenti che si affacciavano di generazione in generazione e che hanno modificato tutto ciò che rappresentava lo scenario passato a loro ,e nostro dire, sicuramente migliore…Ma purtroppo o per fortuna, è il cambiamento l’essenza della nostra vita e ,caso mai , bisognerebbe proprio culturalmente , imparare ad accettarlo ed a gestirlo senza eccedere nell egoismo delle leggi economiche che hanno portato ai risultati evidenti in montagna come al mare… Teniamoci quindi i nostri ricordi che rappresentano le nostre radici, la nostra cultura e sono frequentemente oggetto di un po’ di nostalgia,ma contemporaneamente, volgiamo lo sguardo al futuro con un atteggiamento costruttivo , parlando con le nuove generazioni che hanno insita la grande potenzialità della giovinezza, della forza delle idee, dell’entusiasmo e cerchiamo insieme di costruire un futuro che coniughi le necessità economiche con il rispetto dell’ambiente e delle idee, nello sport come nella vita ( di cui peraltro lo sport ne è una parte importante).

  39. 26
    Sebastiano Motta says:

    E’ legittimo celebrare i propri eroi di gioventù, tuttavia mi sembra di vedere una contraddizione di fondo.
    Se non sbaglio, anche ai tempi di Thoeni e Gros la vittoria in gara era assegnata a chi andava più veloce, non a chi pennellava meglio, e quindi guardare allo sci agonistico di una volta come baluardo dello stile e della vera arte sciatoria mi sembra sia fallace.
    Aggiungo che, pur non avendo certo la competenza di un Crovella o, tantomeno, di un Cotelli, mi sembra alquanto ingeneroso sminuire gli atleti di oggi con il pretesto che gli sci moderni “curvano da soli”.
    Se vogliamo parlare di stile, non è alle gare di sci che dobbiamo guardare.
    Ciao

  40. 25
    Carlo Crovella says:

    Non mi sembra proprio di essermi mai dimostrato indulgente verso me stesso o i miei interessi o il mio ambiente di provenienza. Ne’ in questo articolo, ne’ altrove. Anzi, sono stato educato fin da piccolissimo a essere spietato verso me stesso prima ancora che verso gli altri. Molto torinese, tra l’altro. Quando scrivo di sci, anche per calendarizzazione stagionale (ora siamo nel pieno della stagione) lo faccio per conoscenza diretta degli argomenti, ma altrettanto accade quando scrivo di montagna estiva (alpinismo, arrampicata, escursionismo, ecc) perché l’introduzione dei miei genitori alla montagna è stata a 360 gradi e sempre con lo stesso taglio di “severita’ educazionale”. Se nei mesi dello sci, durante la mia educazione, c’entravano cose come la bollita alle mani o gli sci lunghi di legno, d’estate agivano elementi quali il pernottamento in bivacchi incustoditi (o nei rifugi di l’ora, ben diversi dagli alberghi confortevoli di oggi) oppure i ramponi con le cinghie di cuoio o le piccozze con il manico di legno. Quindi sono rigido e censore verso gli altri ma anche perché sono stato educato fin da piccolissimo ad essere spietatamente rigido e censore verso me stesso. Nello specifico dello sci di pista, saranno 25 anni circa che al massimo scio due gg a stagione con gli impianti (in certi anni neppure quelli). Quindi è un mondo che frequento poco e che critico fondamentalmente per lo stesso motivo per cui critico il Tor o l’affollamento estivo al Cervino: troppi cannibali. Il doping tecnologico (vedasi altro commento per capire cosa intendo) ha aperto le porte della montagna a torme incalcolabili di cannibali. Questo nello sci di pista, ma anche nello scialpinismo, nell’alpinismo, nell’arrampicata, ecc ecc ecc. Ciò non toglie che io sia profondamente legato a certe mie esperienze emotive quali il periodo della Valanga Azzurra o, in epoca successiva, il periodo in cui sono stato direttore di una scuola con uscite da 200 persone ecc ecc ecc. Ma come queste  nella mia vita ci sono state, e ci sono tutt’ora, mille altre esperienze, da zero a quattromila (cioè dall’arrampicara a livello del mare fino alle più alti vette alpine), come dico io parafrasando un titolo di Diemberger. Ciao a tutti!

  41. 24
    Roberto Pasini says:

    Dico solo questo poi chiudo. Non voleva essere polemica Crovella. Ogni tanto reagisco con passione qui e altrove quando sento troppe lodi di presunte età della virtù contrapposte alla decadenza dei tempi moderni perché è un discorso che ho sentito sempre uguale per tutta la vita da persone di generazioni diverse e quando vedo che si fanno convivere con assoluta tranquillità  nello stesso piatto cose che a me paiono così diverse e poco compatibili e può anche andare bene, ma poi all’indulgenza verso se stessi si accompagna la severità verso gli altri da cui si pretende rigore e coerenza assoluta. Ciao. Comunque ho apprezzato l’articolo anche se non sono mai stato un appassionato del circo bianco.

  42. 23
    Carlo Crovella says:

    Sinceramente non comprendo la piega polemica che Pasini ha in questi giorni. Questo mio articolo celebra il mio amore di primo adolescente (scuola media) verso gli sciatori della Valanga Azzurra. I vari Thoeni, Gros ecc e sopratutto Cotelli, loro demiurgo, sono stati i miei primi eroi. Li vedevo come cavalieri medievali senza paura e senza macchia. Non vedo che male ci sia in questo mio amore emotivo ed ideologico. La narrazione dell’attrezzatura con la quale ho iniziato, per impostazione famigliare, a sciare è un’annotazione di cronaca, derivante dallo sviluppo dei commenti: nel mio caso era anche per motivazioni economiche, ma soprattutto ideologiche. Ho già raccontato in più occasioni che, nell’esperienza torinese, era (ed è ancora in certi contesti) un principio trasversale ad ambienti anche diversi l’impostazione per cui l’educazione della persona passa attraverso un avvicinamento rude e spartano alla montagna (che poi sia sci, scialpinismo, arrampicata ecc e’ irrilevante). La controprova sta nel celebre passo (riportato nell’articolo di Camanni di qualche gg fa) in cui si racconta del modo di andare in montagna della famiglia Levi, cioè la famiglia di Natalia Ginzburg: pesanti scarponi, occhiali da ghiacciaio, fatica, disagio… Nel mio caso erano la bollita alle mani, lo zaino che mi scaricava la schiena, gli sci antichi già allora (sci di legno con attacchi col cavo, laddove il mercato era già invaso da sci di metallo con scarponi di plastica). Imparare a fronteggiare la fatica, il disagio, se vogliamo anche la “sofferenza”, forgia il fisico e soprattutto il carattere. Per questo motivo sono molto grato, a distanza di circa 50 anni, verso i miei genitori. Allora ricacciato a forza la lacrime, ma ora sono grato per quella scuola di vita, perché la coriacita’, cui mi sono abituato grazie alla ” montagna scuola di vita”, mi è molto servita nel corso della mia esistenza. Per questo motivo, pur con i cambiamenti del caso, ho scelto di educare i miei figli in questo stesso modo. Però vorrei che, a questo punto, i due temi emersi fra i commenti (devastazione del territorio per colpa dello sci di pista e se era rude o meno lo sci nei decenni 70 e 80) rientrassero fra le quinte, in quanto l’articolo celebra esclusivamente gli eroi della Valanga Azzurra e si è al massimo esteso a fare un confronto tecnico fra il modo di sciare ante e post introduzione sci larghi (ovvero sciancrati). Tutte le altre considerazioni hanno preso itinerari centrifughi che poco c’entrano con lo spirito che ha alimentato l’articolo stesso.

  43. 22
    Roberto Pasini says:

    Lo schema precursori/età dell’oro/ boom/ decadenza applicato anche allo sci è così scontato che mi fa tenerezza. È sempre lo stesso schema che ogni generazione applica a periodi temporali diversi e a campi diversi. Mio padre lo applicava allo sci degli anni 70 che considerava decadente rispetto all’anteguerra quando andava a piedi fino al Mottarone sopra il lago Maggiore  (forse ricordava con nostalgia, anche se antifascista, la foto iconica di Mussolini a petto nudo al Terminillo con scarponi di cuoio ma senza sci) e così via. Lo sci da discesa dal dopoguerra ad oggi ha avuto uno sviluppo straordinario e ha portato ricchezza ma anche devastazioni in tutto il territorio alpino e le gare sono state il veicolo promozionale. Negli anni 70 io ero già grandino e sposato e non avevo una lira, certo eravamo più austeri ma perché eravamo più poveri, non per scelta. Accettiamo la realtà per quella che è, andiamo pure a sciare in pista se ci piace, ma evitiamo di fare i moralisti valutativi su altri aspetti dell’andare per monti e non dimentichiamo mai la parabola della trave e della pagliuzza, altrimenti diventa tutto una sceneggiata, come i Benetton che ospitano le sardine e non lo dico per moralismo ma per decenza e opportunità (mi chiedo perché non licenziano il loro uomo di PR).

  44. 21
    Carlo Ctovella says:

    Guardate che state prendendo un abbaglio, almeno con me. Giusto per puntualizzazione storica, mi ripeto e preciso che io ho sciato per almeno una decina d’anni (fra i miei 4 e i miei 15 anni, quindi fra il 1965 e il 1975) con sci di legno, lamine avvitate con vitine,  attacchi col cavo, scarponi di cuoio con i lacci, abbigliamento ereditato dai miei fratelli, al massimo pantaloni militari acquistati al Balon (lo storico mercato delle pulci di Torno, esiste ancora anche se modificato) e maglioni/guanti fatti a mano con i ferri da mia madre. Non parliamo poi delle gite che  in quegli stessi anni, mi “obbligava” a fare mio padre (ora lo ringrazio, allora non tanto): pelli attaccate con morsetti, zaino che mi scorticava la schiena, vesciche ai piedi… Torniamo allo sci di pista in senso stretto: i miei ricordi iniziali dello sci sono collegati a sistematica bollita alle mani, calzamaglia che mordeva la pelle tanto era rude, skilift che mi alzavano per lo strappo. Altro che abbigliamento confortevole di oggi, seggiovie con sedili imbottiti e pannelli antivento, sci che girano da soli ecc. A titolo personale posso quindi parlare fondatamente di “fatica” sostenuta per imparare a sciare. Il premio di questa fatica è che sciare, l’arte della discesa in sci, è la mia più grande passione. Non che non ne abbia altre, arrampicare, i 4000, i torrenti, lo scialpinismo… ma nessuna è così intensa della passione per lo sci. Purtroppo le piste sono state appiattite, per i motivi espressi nell’articolo,  per cui oggi vado solo una o due volte l’anno con gli impianti, scegliendo giorni poco frequentati (es il giorno di Natale, quando tutti sono a tavola). Però in quei due gg con gli impianti mi tolgo letteralmente la voglia, tante discese faccio. Sciare, l’arte dello sci in discesa, per me è una delle cose più sublimi della vita. L’allenatore di mio figlio (cha fa sci club) mi ha detto “Carlo, ti potremmo mettere due binari ferroviari sotto i piedi, le pantofole al posto degli scarponi, ti potremmo far sciare nella neve più schifosa – crosta, gesso, ghiaccio – e tu pennelli lo stesso come se niente fosse. Il tuo si’ che è sciare, il vero sciare, non lo sci che si fa oggi”. Questo mi ha detto uno che ha il brevetto da allenatore nazionale (eta’ anagrafica circa 45). Bene, se io ho questa dote è perché ho imparato a sciare in “quel” particolare periodo, con gli sci di legno, gli scarponi di cuoio, la bollita alle mani…ecc. E soprattutto perché ho vissuto dal vivo gli anni della Valanga Azzurra (ripeto erano i primi ’70 e non gli ’80), con tutto il clima emotivo ed ideologico che li caratterizzò. Grazie di cuore, quindi, a Mario Cotelli & C per avermi fatto, seppur indirettamente, innamorare perdutamente dello sci.

  45. 20
    Simone Di Natale says:

    Mi ricordo quando da ragazzo leggevo i libri di Hemingway e pensavo…però lo sci a quel tempo era veramente fatica e avventura!!
    Voi appartenete giá ad un era consumistica e moderna. I vostri sci per quanto lunghi e non sciancrati erano giá in plastica e metallo ed avete  imparato la tecnica utilizzando impianti di risalita…poi magari vi siete dati allo sci alpinismo.
    Perchè siamo sempre pronti a sminuire l’ altrui fatica o le altrui passioni?
    Perchè pretendiamo sempre che gli altri si rendano conto fin da subito che il piacere immediato non è la giusta soluzione?
    D’accordo ad osteggiare lo sfrenato consumismo che sta dilagando. Ma forse sarebbe il caso di scaricare meno colpe sulle nuove generazioni e farsi più carico delle proprie.

  46. 19
    Stefano Pizzorno says:

    23 dicembre 2020: porto i miei nipotini,gasatissimi,a vedere il parallelo sulla Gran Risa. Mi sento spaesato,deluso e preoccupato dall’ambiente che mi circonda. Condizionato dall’evento direi stile Papete la notte stessa sogno piste create dentro a enormi tubi in plastica trasparenti per evitare il freddo agli sciatori, sci con sistemi anti affaticamento e curve assistite, “bar in quota” protetti da barriere anti-vento ….mi sveglio ancora più preoccupato. Mi tornano in mente i miei vecchi Dynastar Acriglass i romantici Look N77 e ,tocco di poesia , il laccetto tricolore legato al polpaccio ….i maestri che ti facevano fare interminabili scalette , ti insegnavano a guardarti intorno e a conoscere i monti che ti circondavano. Mi consolo e mi rilasso. I miei nipotini,però, sono rimasti ancora più gasati dall’evento e il giorno dopo l’imperativo era scendere ancora di più a “palla”e in momento di “coda” alla seggiovia alla mia domanda ..”ragazzi ma ditemi dove ci troviamo esattamente oggi ?…” risposta : “ boh….in montagna, a sciare”. Forse il sogno non era poi tanto lontano da una imminente realtà.
     
     
     

  47. 18
    Giorgiolx says:

    Ho iniziato sciare da bambinissimo sulla collinetta dietro il cimitero del paese…poi ho proseguito sulla minipista con skilift a 10 km..sempre senza maestri: ma  amici come esempio.
    Poi negli anni 80 ho iniziato a girare un Po di più. San Martino passo Rolle civetta corvara asiago. 
    Ricordo impianti arcaici. File enormi ed eterne per prendere la seggiovia.e primissime ovovie. Parcheggi strapieni e ghiacciati da attraversare con scarponi da sci e montagne di neve nera da smog delle corriere.
    Fila per fare il giornaliero. Fila per salire. Fila per lo skilift. Fila per parcheggiare.fila fila fila.
    Però ricordo anche inverni negli anni 80 caldissimi e secchissimi dove non si sciava perché non nevicava.
    Alla fine a metà anni 90 ho mollato. Non ero abbastanza bravo per le pelli e quando vidi una striscia di neve in mezzo a montagne gialle grazie ai primi cannoni…Mi sono chiesto se avesse senso
     Più messoi gli sci.
    Negli anni 80 sulle Dolomiti era gia stra pieno di cittadini…anzi…del mio paese praticamente quasi nessuno va in montagna se non per fare legna o gtigliare. 
    Sciare é quasi sempre stata una cosa da gente di pianura. 
    A voi elitari della montagna…la gente dei paesi toglierebbe ancora i copertoni delle macchine come ai fumgaroli trevisani negli anni 80
     
    Boh

  48. 17
    Carlo Crovells says:

    La ” vera Valanga Azzurra non era ai tempi di Tomba, ma era quella degli anni ’70, anzi prima metà ad essere precisini, massimo ’76 e poi ’78 con le due medaglie di Gros. In quegli anni ’70 io ho ricordi personali (sci di pista) piuttosto rudi: bollita alle mani, calzamaglia che mi mordeva per tutto il tempo e skilift che mi alzavano per lo strappo. Ricordo sci lunghi e stretti e addirittura ho iniziato con scarpini di cuoio con i lacci (questo piu’ a fine 60). Sono ricordi “piacevoli”, sia ben chiaro. Amavo quel contesto, poi me ne sono distaccato piano piano perché lo scialpinismo ha preso il sopravvento con anche 40-50 gite a stagione (novembre-giugno): non c’era fisicamente spazio per la pista o il fuoripista con impianti. In ogni caso, per fugare equivoci preciso che io non auspico un ritorno al tempo delle caverne. Auspico un ritorno a una montagna più austera rispetto a quella attuale. Trovo cioè che il contesto della montagna dei decenni lontani, sia estivo che innevato, esprimesse un equilibrio fra uomo e natura più opportuno rispetto alla situazione attuale. Ora c’è troppa assistenza della tecnologia:  io lo chiamo doping tecnologico. Grazie alla tecnologia (nei materiali, nell’abbigliamento, nelle tecniche, nei soccorsi, ecc), possono sciare, arrampicare, correre in montagna ecc individui che altrimenti non si avventurerebbeto neppure sui monti. Io lo giudico un fenomeno negativo. Non è solo una questione di numeri e basta: è una questione qualitativa degli individui che accedono ai monti. Tanti e cannibali, così li chiamo io. Anche le competizioni di Coppa del Mondo sono una cartina di tornasole di questo fenomeno. È cambiato il modo di sciare, è quindi cambiata la mentalità dominante ed è cambiato lo spaccato culturale di chi frequenta la montagna innevata.

  49. 16
    Roberto Pasini says:

    Per gli aspetti quantitativi bisognerebbe guardare i numeri. Per gli aspetti qualitativi io non ricordo gli anni 80 come austeri. La Milano o la Genova da bere che vedevo io sugli sci se la spassava abbastanza allegramente e le amministrazioni locali ci davano dentro grazie alla lotta contro lacci e lacciuoli. Tomba, con la sua esuberanza e i suoi robusti appetiti, era il simbolo di quell’epoca, non certo delle virtù alpine, ammesso siano mai esistite se non nella testa dei cittadini. In realtà è il turismo estivo che porta più soldi ma i sindaci hanno la fissa degli impianti, approvano business plan farlocchi e puntano sempre sullo sport di pista come traino, ieri e oggi.

  50. 15
    Carlo Crovella says:

    Io invece non ho l’impressione di Pasini. Lo sci di pista era austero a quei tempi. Ci sono state molte “speculazioni” edilizie con ecomostri, è innegabile. Ma io ho un ricordo di una compagine di appassionati che era cresciuta sì (rispetto agli anni ’60), ma era ancora accettabile sul piano numerico e soprattutto lo era qualitativamente. Può essere che l’esperienza degli anni 70 costituisca, storicamente parlando, il trampolino per l’ulteriore crescita degli ultimi decenni e le connesse nuove costruzioni. Però la vera apertura allo sci massificato dei nostri giorni è costituita dal cambiamento strutturale degli sci intesi come attrezzi (evento che è avvenuto a cavallo del 2000 circa). Gli sci sciancrati, “larghi” li chiamo impropriamente io, hanno abbassato la difficoltà nell’imparare a sciare, aprendo le porte a numeri di appassionati impensabili prima e questo ha scatenato l’ingordigia dei businessmen (in ogni risvolto). Io sono nostalgicamente affezionato alla Valanga Azzurra anche perché si inseriva in un mondo dello sci complessivamente più “austero” rispetto a quello odierno.

  51. 14
    Roberto Pasini says:

    Siamo uomini di mondo Paolo, avendo fatto il militare a Cuneo e sappiamo bene che il cuore ha delle ragioni che la ragione non comprende, specialmente da giovani. Ma se, come dice Gogna, ogni uomo è come un piatto della cucina Fusion, dovrebbe valere anche per i giovani cannibali che ogni tanto vengono qui sculacciati e che meriterebbero un giudizio meno severo. In quegli anni io avevo casa Courmayeur e ricordo bene l’effetto volano per il business degli impianti esercitato dai successi sportivi dells valanga azzurra. Il vero “flagello di Dio” per il tutto il territorio alpino è stato lo sci da discesa in epoca di regolamentazione lasca. Anche adesso è la prospettiva dell’effetto volano delle Olimpiadi di Mi/Co a spingere i sindaci ad utilizzare gli spazi normativi ancora rimasti per aprire nuovi impianti anche in posti come il Devero o il vallone delle Cime Bianche, come ci è stato spiegato ieri sera all’evento di Milano.

  52. 13
    Enrico Defilippi says:

    Son passati 20 anni da Tomba …piu’ di 40 dalla Valanga Azzurra…il parallelo di Ortisei lo ricordo con entusiamo…da allora tante cose, e non solo per la montagna, son cambiate parecchio. Praticare lo sci “alpino”, 50 anni fa non era cosa per tutti, a cominciare  per i costi dell’attrezzatura, dell’equipaggianento,  del soggiorno, sopratutto per chi non viveva vicino alle stazioni sciistiche. La “comunicazione” poi avveniva via stampa, radio e  poi la tv, che indubbiamente, esempio Ortisei, ha contribuito alla spettacolarizzazione dell’evento…A livello agonistico Il fattore “umano”, con ogni probabilita’, era primario rispetto ai materiali e la tecnica, nel senso di allenamento, abitudine alla fatica, spirito di sacrificio…senza i like dei social network…L’attuale dipendenza, oramai in ogni campo della vita, dalle tecnologie, fa ormai la differenza maggiore, con tutte le conseguenze del caso.

  53. 12
    Paolo Gallese says:

    In effetti un po’ di ragione, sulle responsabilità del circo bianco, Roberto ce l’ha.
    È un discorso complesso e scomodo. Benché i problemi di oggi abbiano natura molto diversa.
    Ero tifoso e nostalgia ne ho. Ammicco e ammetto.

  54. 11
    Roberto Pasini says:

    Come dice il mio fisioterapista con l’età si perde massa muscolare e flessibilità. Io mi sforzo. Rileggo tutte le sere Lo strano caso del dott. Jekill e il signor Hide, faccio gli esercizi ma boja fauss che fatica. Ammiro profondamente chi riesce a tenere insieme elementi e passioni che a me sembrano così diversi: i cannibali vegani, i difensori della famiglia con tre famiglie, gli ambientalisti col SUV, i razzisti volontari di Emergency, gli appassionati nostalgici della valanga azzurra difensori di una montagna austera, io non ce la posso più fare ormai, nella società liquida affogo. Ci penserò nella prossima vita. Ciao

  55. 10
    Carlo Crovella says:

    Si vede che anche nei confronti dello sci, sia agonistico che turistico, la mia visione risente dell’impostazione in cui sono stato educato. Una posizione ideologica che proprio Pasini ha definito (argutamente) “aristocratica”. È una definizione ideologica e non socioeconomica. “Più montagna per pochi” è il mio slogan ed evidentemente si estende anche allo sci,  sia come gare di Coppa del Mondo che come sci turistico. Come in tutte le discipline praticabili in montagna, negli ultimi decenni l’evoluzione tecnologica ha abbassato le barriere tecniche di ingresso, aprendo la montagna a una platea sconfinata di individui, moltissimi di questi sono poi qualitativamente non all’altezza (parlo sempre di caratteristiche personali e non socioeconomiche). Sono convinto che, se improvvisamente tornassimo agli sci lunghi ed alle piste “gobbute” degli anni ’70, gran parte degli attuali sciatori andrebbero al mare. Lo stesso vale per le piccozze arcuate da cascata, per le scarpette da arrampicata e così via in tutti i risvolti dell’andare in montagna. È antistorico il mio modo di pensare? Cioè non voglio, per principio, sondare i risvolti positivi delle novità ideologiche conseguenti alle novità tecnologiche? Può darsi, anzi sicuramente sì, ma io preferivo e preferirei una montagna con meno gente e, fra i presenti, persone che se la meritano  la montagna intendo, perché hanno dovuto “sudarsela” senza tanti aiuti tecnologici. Mi piaceva di più il contesto di un tempo. Allora anche certe anomalie come le prime grandi stazioni sciistiche o, mutatis mutandis, le uscite di scialpinismo da 200 persone (come quelle della Scuola che anche io ho diretto) si inserivano in modo tutto sommato armonico. Oggi basta poco per sconfinare nell’insopportabile e nell’inquinante. C’è sempre modo di fronteggiare il problema a titolo personale. Due week end fa c’era una tappa di Coppa del Mondo femminile a Sestriere. In altri tempi forse sarei andato a vederla. Ma invece ho preferito trascorrere una giornata con le pelli nei boschetti che conosco. Eravamo a meno di 5 km dal Sestriere, eppure io e mia moglie non abbiamo incontrato nessuno per tutta la giornata. Il tema però non è come trovare soluzioni individuali (tipo fare gite al lunedì…), ma se ha ancora senso (senso ideologico e educazionale) una montagna di questo tipo. Io dico di no e anche lo sci di pista, che non è certo la mia disciplina preferita, ha contribuito in questa direzione. Mi resta lo struggente ricordo delle emozioni che mi regalava la Valanga Azzurra, quelle non me le togliera’ nessuno. Adesso vi saluto perché vado a far due passi con le pelli, se mia moglie farà rientrare il muso con il quale oggi si è svegliata. Il silenzio dei boschi, il cinguettio dei passeri, qualche ramo che farà cadere la neve accumulata. Una montagna tecnicamente modestissima, ma per me infinitamente più importante del 9c. Buona giornata a tutti!

  56. 9
    Roberto Pasini says:

    Gogna dixit “Con ciò si dimostra, ancora una volta, quanto le personalità di ognuno di noi siano soggette a più emozioni e influenze. Che convivono in pace dentro di noi.” Giusto. Lo capisco e vale per tutti. Però, con il dovuto rispetto, mi pongo una domanda, reduce dalla serata di ieri in difesa del Vallone delle Cime Bianche : ma lo sci da discesa, e il suo veicolo pubblicitario dello sport non è il principale responsabile dei misfatti contro la montagna e dell’invasione di massa soprattutto in quegli anni? E la maggior parte delle battaglie ambientaliste contemporanee non si stanno combattendo proprio per l’ostinazione a perseguire su questa strada da parte delle amministrazioni locali? Mi è chiara l’idea della coesistenza pacifica di elementi diversi ma a volte faccio fatica a capire, forse per eccessiva rigidità, mascherata da coerenza. 
     

  57. 8
    Simone Di Natale says:

    Le riflessioni espresse nell’ articolo relativamente allo sci trovo siano estendibili allo sport in generale.  Sempre più prevalgono i materiali e l’ esasperata preparazione fisica rispetto all’ estero e al talento dello sportivo col risultato di “appiattire” sempre più le competizioni. Vedi le racchette nel tennis…le moto..le auto..le biciclette…la preparazione atletica di calciatori cestisti e pallavolisti….
    Concordo con Crovella si stanno perdendo poesia e bellezza.

  58. 7
    Paolo Gallese says:

    PS: scusate per gli errori del T9, sballottato dal treno…

  59. 6
    Paolo Gallese says:

    Quando leggo i tuoi articoli, Carlo, mi siedo per bene, mi metto comodo e mi immergo in pensieri e ricordi. Non sempre sono d’accordo, ma è sempre un piacere.
    Questo articolo in particolare, perché ho vissuto le stesse tensioni e passioni (vinsi addirittura un trofeo di Topolino in gigante!). E anche noi a scuola abbiamo avuto la stessa esperienza di sgabuzzini e tifo, capitanati da una suora bergamasca sciatrice.
    Non mi soffermò sulla storia, hai già raccontato tutto con dovizia e il brio di quegli anni.
    Ma confesso di aver perso anch’io entusiasmo nel guardare le gare d’oggi, arrivando a conclusioni analoghe. Ma a questo punto mi sono anche posto l’interrogativo su quanto conti l’essere arrivato a 54 anni.
    Mi emoziono nel leggere perché ingigantiscono nel ricordo di chi siamo stati (anche come esperti sciatori noi stessi), oppure non colgo ciò che da esplorare c’è nel nuovo?
    Gli sci moderni oggi mi fanno apparire un freestyler. È diverso dallo stile e dallo sforzo dei nostri tempi. Ma forse si aprono territori di evoluzione e di ricerca che noi non intuiamo.
    Mi piacerebbe il parere di qualche giovane giovane.
    Se ci siete battere un colpo. 🙂
     

  60. 5
    Alex says:

    È  vero  
    Togliendo la personalità di stile all’atleta, si toglie la personalità del tifo per uno o per l’altro e non ci si innamora più….

  61. 4
    Roberto says:

    D accordo in pieno con Marcello Cominetti

  62. 3
    Fran-42 says:

    …aggiungo che  quello che è successo negli ultimi anni per lo sci fuoripista e in particolar modo per l’evoluzione tecnologica negli attacchi e nelle geometrie degli sci (in particolare parlo di sci a tallone libero “telemark” dove oramai non sono più sciatori “diversi” bensì sciatori alpini con tallone sbloccato) e molto simile a quello a cui accennava Cotelli, basta pensare agli sci per andare fuoripista con rocker esasperati e misure sotto scarpa assurde per le condizioni di innevamento europee odierne, per non parlare poi della “psicosi” della leggerezza, che posso capire sia giustificata per chi pratica agonismo, ma per l’utente medio lascia il tempo che trova e svilisce anche il modo di andare a fare gite con e pelli, a mio modestissimo avviso.
    Complimenti Carlo Crovella per l’articolo, anche io cercavo di vedere tutte le gare della Valanga Azzurra nei primi ’70 …..

  63. 2

    Il parallelo di Ortisei vinto da Thoeni su Stenmark resta uno degli spettacoli più emozionanti dello sport italiano. Qui il video https://youtu.be/gcVVPu8iTis
    Ogni volta che passo da Ortisei mi viene il torcicollo per guardare la vecchia e ripidissima pista, oggi in disuso, su cui si svolse. Al pari dell’appiattimento tecnico di cui soffre lo sci oggi, anche lo spettacolo si è ridotto a un evento tra il ridicolo e il noioso. Sono stato in dicembre a vedere il gigante dell’Alta Badia (mi avevano regalato il biglietto) e mi sembrava di essere su una spiaggia… Musica a palla di infima qualità , commento dello speaker stile animatore di villaggio turistico, una boiata! Ho resistito un quarto d’ora.
    Non è per rimpiangere la gioventù ma credo che lo sport tutto sia divenuto sterile e appiattito dalla specializzazione esasperata. Oggi è difficile sognare il proprio campione, semplicemente perché non c’è.

  64. 1
    Fran-42 says:

    D’accordo in toto 

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