Motti, carteggio con Gogna (GPM 079)
Lettura: spessore-weight(1), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Ricevuta l’8 maggio 1967
Caro Alessandro, innanzitutto desidero complimentarmi per la vostra bella impresa allo Scarason. Ho saputo i particolari da Paolo: deve veramente essere stato un osso duro, io del marcio ho una certa esperienza, so cosa significa stare mezzora su una staffa a cercare un buco per un chiodo.
Siete stati veramente in gamba ed è un vero peccato che sia stato dato così poco risalto a una salita importante come la vostra. Purtroppo i giornalisti torinesi sono alquanto partigiani… Per questo a volte vi sembrerà che “alcuni torinesi” siano un po’ esibizionisti ma, credimi, la colpa non è tutta nostra. Se tu porti una cosa lunga 10 cm, te la ritrovi come minimo allungata di un metro, quando tutto va bene.
Come tu saprai era nelle mie intenzioni partecipare alla spedizione Scarason, ma purtroppo a Torino non sono riuscito a trovare un compagno adatto e disposto. Così in quei giorni ho ripetuto la Est del Grand Capucin con Dino Rabbi. E stata una bella salita, anche se era la seconda volta che mi trovavo su quei diedri e strapiombi. Siamo usciti in giornata, peccato che la discesa si sia prolungata fino a tarda notte sia per le veramente pessime condizioni del canale, sia per la sequela di temporali e nevicate che mai ci hanno abbandonati. Ma tutto fa brodo.
Ho saputo che stai interessandoti a una monografia sulla Torre Castello e consimili. Se posso esserti utile in qualcosa, lo farò ben volentieri. Del gruppo ho una buona esperienza, conosco quasi tutte le vie, e se ti servono relazioni, fotografie, schizzi e pareri sulle difficoltà, sarò ben lieto di fornirti ogni cosa.
Sperando di vederci presto in montagna, attendo una tua risposta. (Segue firma e indirizzo, via san Dalmazzo, 16 – Torino, tel. 539.531, NdA).
Gian Piero Motti, giovanissimo. Foto: Archivio Famiglia Motti
11 maggio 1967
Caro Alessandro, anch’io ti rispondo subito, amo le cose sbrigative, anche in montagna non mi piace la gente indecisa e non capace di un sì o di un no di particolare importanza.
Io non ti conosco molto ma da ciò che ho potuto capire saresti veramente un compagno ideale per “una macchina per arrampicare” (così lo avevo definito nella mia lettera, NdA) come me (a proposito, avremo modo di parlare parecchio dell’alpinismo inteso in senso etico e forse scoprirai in me tutt’altro che un crudo materialista… anzi forse un esagerato sentimentale).
Comunque pure io con gli esami penso di tirarli fino a fine giugno, e pure io nuoto in un mare di nozioni e di fatti, e per di più il tempo stringe ormai. Per fare le salite più dure delle Alpi non bisogna essere come te, o come me, bisogna solo essere preparati.
Ora, a titolo indicativo, ti elenco un certo numero di salite che rientrerebbero nei miei piani estivi. Se la cosa t’interessa, sarei ben lieto di tirarle fuori con te in alternata.
Gruppo del Monte Bianco: Noire, via Ratti-Vitali alla Ovest; Dru, sperone Bonatti; Grandes Jorasses, Walker; Pizzo Badile, via Cassin alla Nord-est; Lyskamm, parete nord; Dolomiti, di tutto un po’. Naturalmente se, come sempre, riuscirò solo a farne un paio, sarà già un trionfo…
E veniamo alla Torre Castello. I tuoi progetti mi allettano assai, e sono d’accordissimo di unire le forze e gli intenti (si riferisce al progetto, poi realizzato, di scrivere una guida delle arrampicate nel gruppo Castello-Provenzale: nella mia lettera gli proponevo una collaborazione a quattro mani, NdA). Riguardo all’attività, le vie le conosco parecchio, alcune le ho ripetute più volte, e secondo me tante cose sarebbero da precisare e da rivedere anche per le difficoltà dei passaggi.
Ecco la mia attività nel gruppo:
Croce Provenzale: parete ovest, via Roberto; parete est, via Fornelli con varianti nuove, parete est, nuova via diretta; parete est dell’Anticima (quella che poi chiameremo Punta Figari, NdA), Diedro rosso, prima invernale; camino Palestro.
Torre Castello: via Castiglioni Sud, due volte, una in prima invernale; via Castiglioni Ovest e Direttissima Ribaldone; spigolo Fornelli; passaggio Gedda.
Rocca Castello: parete est, via Balzola (4 volte).
Attendo una tua risposta. Per vederci, verrei io volentieri a Genova un giorno che tu sei libero da impegni.
15 giugno 1967
Ti rispondo in merito a tutto ciò di cui mi parli. Ti ringrazio innanzi tutto della fotografia dello Scarason: è una via che mi interessa e prossimamente ne “tenterò” la ripetizione. Così potremo scambiarci pareri e opinioni. Riguardo alla Cima delle Saline (si riferisce al problema della parete nord, che gli avevo segnalato, poi risolto da Carlo Aureli e Mauro Mattioli il 22 settembre 1968, sia pure per una linea indiretta. La parete vera e propria venne poi salita da Pucci Giusta e Sergio Rossi nel settembre 1983. L’ultima via, di tipo moderno, è Sette secondi, di Andrea Mantero, Roberto Demartini e Roberto Tavella, agosto 2017, NdA), come parete è veramente notevole, non c’è che dire. Solo, almeno da ciò che si vede dalla fotografia, mi sembra un osso ancora più duro dello Scarason: tutto sta se la via ideale deve passare in centro parete o verso lo spigolo destro, nel qual caso intravvedo possibilità di salita. Il centro mi sembra veramente un po’ arduo. Se poi aggiungi il marciume, il quadro non è dei più felici. Comunque solo un esame ravvicinato o un assaggio possono dire l’ultima parola.
A proposito di marciume, domenica scorsa sono ritornato sulla mia cara, e “marcia per eccellenza”, Parete dei Militi. L’intenzione era di continuare un tentativo di Guido Rossa lungo una fessura strapiombante con numerosi tettucci. Il tutto in un marciume veramente scocciante.
Ci siamo alzati di circa tre lunghezze, una in più del limite Rossa, poi un temporale quanto mai rabbiosa ci ha costretti a scendere. Molto “carina” l’ultima doppia, terminante nel vuoto, staccata di 4 metri buoni da una piccola grotta in cui si doveva entrare. Un esercizio di altalena fuori programma!
Programmi estivi. Riguardo alla “maligna” insinuazione che ci sia altra “roba in mezzo” ti confesso la mia più candida innocenza. Il “rientrerebbero” non era che un misero condizionale adottato dal sottoscritto ad indicare l’eventualità e la contingenza dei progetti umani…
Dunque, dici no alla Walker e al Badile. Comunque, come tu dici, non si sa mai. Per la Nord del Capucin, l’idea mi attira, penso sia una prima ripetizione. Solo che la via entra in condizione abbastanza tardi, data la sua esposizione. Mi attirerebbe pure, sempre al Grand Capucin, la via degli Svizzeri, che non ho ancora salito.
Dolomiti. D’accordissimo per la Hasse-Brandler alla Nord di Cima Grande di Lavaredo e la Soldà alla Marmolada. Pure la Cassin alla Torre Trieste. In Civetta vedrei meglio una classica Solleder al posto della Comici, sempre che tu non l’abbia già salita. Mi attirerebbe pura la Cassin Alla Cima Ovest di Lavaredo, anche questa non ho ancora fatto. Della Eisenstecken alla Cima Piccolissima ho sentito dire ose orride… Comunque si vedrà.
Castello. Le relazioni che ti mancano le posseggo, riguardo alle relazioni di Scandere 1954 penso siano ben compilate, penso sarebbe meglio riveder qualcosa solo riguardo alla graduazione di certi passaggi, dati gli anni trascorsi dalla pubblicazione.
Ci sono due “nei” nel gruppo Castello-Provenzale. Alla Torre, lo spigolo che fiancheggia il Gedda non è stato ancora salito, e non è niente male. Sempre alla Torre c’è la parete est, con i suoi strapiombi bianchi. Io l’ho già salita fino a sotto quegli strapiombi. Sotto è discontinua con tratti erbosi e penso che nel complesso non valga la pena. Comunque, se qualcosa ti interessa, fammelo sapere. A presto (e in montagna)
27 giugno 1967
Caro Sandro, alcuni inconvenienti mi hanno impedito di risponderti al più presto come era nelle mie intenzioni. Dapprima gli esami mi hanno impegnato parecchio, comunque sono riuscito a passarne quattro. Poi mia nonna ha cominciato a sentirsi poco bene e proprio ieri è mancata. Ora che tutto è passato trovo il tempo di risponderti e spero vorrai scusare il ritardo.
Cosa ho fatto io in giro? Mica tanto. Oltre allo spigolo di Cima Nasta, ho salito lo spigolo nord di Punta Caprera nel gruppo del Monviso (700 m, III e IV). Con il Corso qualcosa sulla Parete dei Militi, qualcosa a Torre castello e ultimamente la Nord del Ciarforon nel Gran Paradiso.
Comunque penso di essere abbastanza allenato. Il piano per Courmayeur andrebbe bene, ma penso potremo discuterne più a fondo vedendoci lunedì sera (3 luglio) in occasione della commemorazione di Gianni (Ribaldone, NdA).
Per la Castello le cose procedono bene. Scusa queste poche parole, ma ho un sacco di cose da fare. Rimando ogni cosa a lunedì sera.
1 settembre 1967
Caro Sandro, ieri sera ho rivisto Paolo (Armando, NdA). L’unico commento possibile è “spettacolare”. Avete liquidato in venti giorni il meglio delle Dolomiti e così, en passant, senza bivaccare. Un’occhiatina qui, un’occhiatina là, ed ecco la Brandler, poi perché ma sì, anche il Philipp, e così via al Pilastro della Tofana. A parte gli scherzi ho una voglia matta di vederti per parlare di tutto un po’.
Ora (dopo aver fatto la puttana per tutto il mese in giro per l’Europa) pure io andrò in Dolomiti per una decina di giorni e spero di cavarci fuori qualcosa di buono. Poi, al ritorno, penso ancora alla Est delle Jorasses che è rimasta nel mio cuore… Se il tempo fosse bello potremmo tornarci, magari ce la portiamo via…
Poi c’è da pubblicare la monografia della Castello ed è ora di dargli sotto.
Poi c’è la tua domanda di ammissione al GAM (cosa che ci potrà essere utili per scopi tattici, vedi Badile in inverno. Ossia, forse si potranno avere “palanche”). Penso che Paolo faccia domanda all’Accademico, penso lo meriti proprio.
Una cosa importante. Se vedi Gianluigi Vaccari digli che, se gli interessa, può spedirmi la sua attività degli ultimi cinque anni per entrare nell’Accademico occidentale. Infatti ho parlato di lui con Pino Dionisi, che si è interessato parecchio alla faccenda. Sperando di vederci presto tutti assieme, mi complimento ancora con te per il po’ po’ di roba che hai liquidato. Salutami tutti gli amici, comprese le pulzelle. Chiedi ai Vaccari se interesserebbe anche a loro far parte del GAM, e fammi sapere in proposito.
29 novembre 1967
Caro Sandro, ti informo delle poche novità di cui sono a conoscenza.
Benissimo per i medicinali e i viveri (qui si riferisce al progetto dell’invernale al Badile, al quale fino agli ultimi giorni Gian Piero voleva partecipare, NdA), personalmente mi sono procurato i calzerotti, quindi non mi resta che il saccopiuma e il materiale che ci fornirà Attilio. Da un piccolo calcolo ho desunto che tra Jumar o Heibler ci sono necessari non meno di 9-10 pezzi in totale.
Provvederemo presso Attilio per il fornello. Oggi ho scritto la lettera ai fabbricanti di corde a Biella… […] La monografia della Castello (si riferisce all’articolo per la promozione della nostra guida, NdA) è pronta con un sacco di fotografie e tracciati. Provvederò subito a spedirla a Giovanni Bertoglio (l’allora capo-redattore della Rivista Mensile del CAI, NdA). Ci vediamo alla cena (si riferisce alla cena annuale del GAM, nella quale avevamo intenzione di presentare il nostro progetto invernale al Badile, NdA).
Scuola Gervasutti anni ’60, il terzo da sinistra in piedi è Gian Piero Motti
16 gennaio 1968
Sandro carissimo, ho passato veramente un brutto periodo, una vera e propria malattia di spirito, da cui fortunatamente vado pian piano guarendo.
Succede, ogni tanto. Sono quei periodi in cui il mondo ti sembra indifferente, una porcheria, e vorresti isolarti in cima ad una montagna per pensare ancora di più a tutte le pazze idee che già trovano posto nella mia mente.
E’ brutto sentire dentro di sé sentimenti profondi ed elevati, entusiasmarsi e commuoversi per un niente, e vedere che gli altri di tutto ciò nulla capiscono.
Così ti chiudi un po’ in te stesso, e rifiuti un sacco di cose in cui una volta credevi. Così è stato per la Nord-est del Badile.
Anche se in ritardo, e di questo mi scuso, voglio complimentarmi con voi per la bellissima impresa. E’ stata una dimostrazione di volontà e di tenacia non comuni. Se ci sono state critiche non devono neppure sfiorarvi. Chi critica lo fa per invidia, e rivela tutta la sua piccolezza.
Avrei voluto anch’io essere della partita, ma “qualcosa” di indefinibile non me lo ha permesso. Forse vi sarà stato difficile capire, ma spero che per questo non mi serbiate rancore e che la nostra amicizia non ne venga neppure scalfita.
Le cose da dire sono sempre tante, forse è sufficiente dire che mi sono sforzato di vivere con voi istante per istante dell’impresa, ma mai ho dubitato della riuscita della medesima.
Ci conosciamo troppo bene, sapevo che non avreste lottato per un impegno, o di nome, o tanto meno per la gloria! So che si è trattato di pura passione, di fascino irresistibile che può suscitare una parete imbrigliata dal gelo dell’inverno, lo stesso fascino che ci ha attratti sulle lisce placche della Est delle Jorasses. Ti prego di far partecipe Gianni (Calcagno, NdA) di tutto ciò e di rinnovargli i miei più sinceri complimenti.
L’alpinismo è un bellissimo gioco in cui difficilmente si può barare. Io, venendo alla Nord-est nello stato d’animo in cui ero, avrei mancato alle regole del gioco.
Spero vorrai rispondermi presto, sarà bello vederci in qualche occasione e parlare delle solite cose. Qui il tempo è orribile e le condizioni pire: l’inverno 1967-1968 probabilmente sarà poco generoso. Comunque c’è ancora tempo, le idee come al solito sono molte, la realtà poi ne distruggerà un buon tre-quarti. Arrivederci a presto, con affetto.
1 aprile 1968
Caro Sandro, l’inverno è finito e con esso tutti i “grandi” progetti sono andati a farsi benedire. Pazienza. Parliamo subito di Pasqua. Penso che andrò in Calanques, ma non ne sono ancora sicuro. Ci sono già stato a San Giuseppe, ed è veramente un posto fantastico, sotto ogni punto di vista. Comunque ti terrò informato.
Ho ripetuto la via di Paolo Armando alle Placche Gialle in Sbarua, e non mi è piaciuta. Tolto il tiro centrale, il resto si riduce a un vero e proprio erbario. Ieri (domenica) ho compiuto la ripetizione (prima?) della via di Gianni (Intende Calcagno, ma in realtà la via è di Piergiorgio Ravajoni, Gianluigi Vaccari, Rita Corsi e Renato Avanzini, NdA) alla Punta Figari. Se lo vedi digli che per continuità, bellezza e difficoltà in arrampicata libera è senza alcun dubbio la via più bella del gruppo.
La monografia è già nelle mani di Bertoglio e uscirà appena possibile (è poi uscita nel dicembre 1968, NdA).
Estate. D’accordo su tutto, avrò parecchio tempo e voglio “scatenarmi” un po’. […] Spero di vederti presto, magari con Gianni, e di fare una lunga chiacchierata. Salutoni, anche a lui.
In arrampicata sulla via Cassin alla Ovest di Lavaredo. Foto: Gian Piero Motti
25 giugno 1968
Caro Alessandro, questo tempo maledetto comincia veramente a rimpere le scatole. Partito per fare la Sud del Capucin, sono riuscito a malapena a salire la via Salluard al Pic Adolphe, che per altro è una bellissima via. Comunque, meglio che niente.
Sabato disgraziatamente devo essere in città, quindi niente Badile (si riferisce al progetto che avevamo di andare sulla Nord-est per risalirla e liberarlo di tutte le corde fisse: cosa che facemmo invece il 13 luglio, senza peraltro andare oltre al rifugio Sciora per via della pioggia, NdA).
Però bene definire una data per la partenza in luglio. Io intanto sto brigando per ottenere una tenda un po’ più ospitale di quella dell’anno scorso. […].
Genova, 10 ottobre 1968
(questa è praticamente l’unica copia da me conservata delle lettere inviate a Gian Piero, purtroppo, NdA)
Caro Gian Piero, congratulazioni per l’Uja di Mezzenile! E’ quella via famosa di cui mi avevi parlato una volta? (si tratta della prima salita del pilastro est della Punta Castagneri, che Gian Piero fece assieme a Ugo Manera, Ezio Comba e Ilio Pivano il 6 ottobre 1968, NdA) […] Infine ti vorrei suggerire l’idea di scrivere una monografia sul Valsoera. Nessuno lo conosce meglio di te. […].
ottobre 1968
In questa sua lettera ci sono solo comunicazioni tecniche riguardo ad articoli da scrivere e conferenze da fare.
fine febbraio 1969
Carissimo Sandro, in questo stramaledettissimo inverno tutto sembra andare per traverso. Ho dovuto pure farmi operare di tonsille, intervento che alla nostra età non è uno scherzetto.
Ora mi sono rimesso, completamente, ho ricominciato ad arrampicare e a far ginnastica e spero proprio che la fortuna giri dalla mia parte. Ho saputo delle tue disavventure invernali (Cervino, Capucin); se tutto fila liscio spero almeno di fare uno straccio di salita in marzo (condizioni e meteo permettendo).
Nella prima riunione del gruppo GAM abbiamo deciso alcune cose:
1) ogni mese una serata organizzata da noi (marzo: Agnolotti; aprile: Gogna; maggio: tavola rotonda su problemi attuali con giornalisti e tv).
2) organizzazione di almeno due gite sociali per la Sezione UGET.
3) maggiore collaborazione dei soci alle pubblicazioni alpinistiche.
4) propagandare il GAM in ogni forma.
5) Fare un estratto (da vendere) della monografia Il bacino di Piantonetto.
6) ampliare la sfera d’azione del GAM.
Proposte.
1) Ia cassa del gruppo;
2) curare una nuova edizione aggiornata di “Ascensioni scelte”;
3) settimana alpinistica per i soci in qualche gruppo delle Alpi.
Mi congratulo per la tua ammissione al Comitato della Rivista Mensile. La mia forse verrà in un secondo tempo (astutamente quei balordi hanno paura di essere scalzati). Probabilmente mi sarà affidata la redazione di Scandere.
Quindi spero tu sia senz’altro d’accordo per il GAM; ad aprile dovresti fare la tua serata (quella che ho visto a casa mia) alla Galleria d’Arte Moderna. Al più presto saprai la data. Palanche non ne vedrai molte, ma senz’altro ti rimborseremo le spese di viaggio e ti offriremo una cenetta. Dormire… da Ilio. […]
Bisogna provvedere poi agli inviti per la tavola rotonda. Avrei pensato come titolo Prospettive per l’alpinismo futuro. Mellano, Rabbi, Francesco Ravelli, Gogna, Motti, Minuzzo, Bertone, Ollier, Armando, Machetto, Dionisi. Se pensi ad altri nomi, fammelo sapere. Così è un po’ una polveriera, ma l’idea ha entusiasmato Cassarà (moderatore). […].
Ho attraversato una durissima crisi morale, ma ora per fortuna le cose vanno mettendosi al meglio. Ti dico solo che la prima volta che ho ricominciato ad arrampicare quasi mi sono venute le lacrime agli occhi. E’ stato un po’ come ritrovare me stesso. Il polso continua a darmi fastidio, ma con la bella stagione andrà a posto. Inoltre sto abituandomi a chiodare con il braccio sinistro, per non affaticare il destro. A presto assieme per una bella impresa. Con affetto.
20 aprile 1969
Caro Sandro, purtroppo per motivi organizzativi non è possibile effettuare la tua serata il 7 maggio. Quindi abbiamo deciso di rinviare tutto al prossimo autunno; piuttosto mi sto adoperando per organizzarti una serata in provincia, ad Ivrea o Pinerolo (a pagamento). Da Pinerolo mi hanno richiesto 20-30 monografie della Castello, le altre le ho già vendute tutte. E’ uscito l’estratto del Piantonetto, che vendo anche a lire 300. Sabato scorso (19) sono stato al Medale e ho fatto la via Boga; Mi è piaciuta moltissimo ma forse, impressionato dai racconti terrificanti di Paolo Armando, l’ho trovata più facile di quanto credessi.
Ho saputo che a Cervinia le guide locali (Minuzzo compreso) non sono molto tenere nei tuoi confronti. Addirittura arrivano al punto di mettere in discussione la tua solitaria alla Walker. Sono veramente meschinità che fanno pena e schifo, neanche degne della nostra considerazione. Comunque ho voluto dirtelo lo stesso, perché anche tu ti renda conto di che begli individui è formato il “puro” mondo alpinistico.
giugno 1969
Caro Sandro, da tempo non ho più tue notizie e così ho pensato di farmi vivo io; finora non sono ancora riuscito a fare un gran che, eccetto lo spigolo della Rocca Castello in prima salita. Tra l’altro non so se valeva veramente la pena, dato che la via Balzola e C. sulla parete ovest ai svolge in alcuni tratti a pochi metri dalle spigolo e in altri tratti particolarmente difficili della nostra via sarebbe facilmente raggiungibile. Comunque noi per cinque lunghezze abbiamo tenuto lo spigolo (IV e V, passi di V+ e uno di A1) con arrampicata molto continua e sostenuta e, come al solito, con punti di sosta schifosi e chiodatura ancora più schifosa. La quinta sosta è in comune con la via Balzola, che si segue fino in vetta con due tiri; non ci è stato possibile seguire lo spigolo fino in vetta perché era bagnatissimo e sporco di ghiaccio, ma penso che asciutto dovrebbe essere superabile. Comunque tutto sommato non vale la pena di scomodarsi.
E tu hai combinato qualcosa di buono in Dolomiti?
Ora devo chiederti un favore. Ti mando in omaggio una copia di Nozioni di alpinismo di Ugo Manera. Guardalo bene e capirai subito che è un bel lavoro; prossimamente ti manderò anche una copia della mia Guida della Sbarua. Sia dell’una che dell’altra dovresti fare una buona recensione su Rassegna Alpina e inoltre reclamizzarle al massimo; se la cosa ti interessa la GEAT potrebbe darti un tot di copie a lire 900 l’una da rivendere a lire 1.200 con un guadagno di lire 300 la copia (questi prezzi seno per la Nozioni di Alpinismo, per la guida non li abbiamo ancora fissati). In questi giorni forse vado alle Tre Cime per fare, se possibile, lo Spigolo degli Scoiattoli. Aspetto una risposta, spero di vederti presto.
Massi delle Courbassere, Gian Piero Motti sul Diedro Casarotto, 2 marzo 1980
ottobre 1969
Carissimo Sandro, ti scrivo a macchina perché è da un bel po’ che non tengo più la penna in mano e scrivere “di mio pugno” Mi riesce difficile. Scherzi a parte è da un bel po’ che non ci si vede e sarebbe proprio bello passare un paio di giornate assieme. Io dopo la Walker mi sono letteralmente rotto le scatole e non ho più fatto niente. Mi sono così riavvicinato alla montagna dei miei primi amori e ho passato in Val di Lanzo un mese meraviglioso: gite in compagnia di amici ed amiche, passeggiate a funghi, brevi arrampicate in palestra, lunghe cavalcate solitarie per creste e valloni, serate e cene nelle foreste attorno al fuoco, insomma penso proprio che se potessimo dimenticare per un po’ tutto il resto, sarebbe proprio una bella vita. Tuttavia ritengo che sia soprattutto il contrasto a rendere bella la vita in tutti i suoi aspetti. Alla Nord delle Grandes Jorasses ho dovuto lottare veramente per tirare fuori la pelle e le sensazioni che ne ho ricavato sono difficilmente cancellabili: abbiamo attaccato la parete con il tempo bello ma le condizioni erano pessime. La notte precedente aveva grandinato e nevicato abbondantemente con il risultato che non ho affatto goduto la salita come avrei desiderato: tutti i passaggi erano sporchi, intasati di ghiaccio, oppure percorsi da copiose cascate d’acqua, vedi il diedro di 75 metri. Tutto ciò ci ha preso tempo e così abbiamo bivaccato alla sommità della Torre Grigia. Nella notte è esploso un temporale come pochi ne he visti: mezzo metro di grandine, fulmini, scariche di sassi. La mattina tempo discreto colla necessità assoluta di uscire ad ogni costo. Sotto di noi un caos infernale, grida di aiuto, squadre di soccorse e via dicendo. Ho poi saputo che nella notte Joerg Lehne era morto colpito da una scarica. Comunque per farla breve un secondo temporale violentissimo ci ha sorpresi nel bel mezzo di quell’orribile camino della Torre Rossa: colpiti da scariche, fulminati, sotto cascate di grandine, abbiamo dovuto lottare parecchio per portare a casa la pellaccia. I “facili camini” di uscita ci hanno richiesto due tiri in artificiale.
Durante tutta la salita ho sempre pensato alla tua avventura solitaria e a volte veramente (vedi Torre Rossa) non ti ho certo invidiato. Sicuramente hai portate a termine una formidabile impresa.
Da parte mia il Pilier del Tacul è stata una cosa indimenticabile: ansia, paura, orgoglio, gioia, tutte si fonde assieme in modo indefinibile. Cosa potrei dirti di questa solitaria? Non so, forse nessuno riuscirò mai a dire ciò che io ho provato ed ho vissuto in quella giornata; è qualcosa di mio, come la Walker ed il Rosa sono tuoi. Possiamo avvicinarci, tentare di far capire, ma ciò che abbiamo vissuto sta tra la fantasia e la realtà. A volte mi chiedo se veramente ho vissuto una simile esperienza, come la sera dal Colle dei Flambeaux guardavo a lungo il Pilier e mi chiedevo se io veramente avevo raggiunto la cima.
Poi ho ritrovato il verde, i fiori, le foreste, i torrenti, gli amici e tutto mi sembrava più bello, più umano. Ma è una malattia contagiosa, ora soffro di nostalgia e penso che ancora tenterò la grande avventura. Vorrei sapere qualcosa sul Naso di Zmutt, altra formidabile impresa, ma ne parleremo a voce.
Ed ora veniamo agli affari. […] (segue elenco di cose da fare, recensioni, serate, ecc., come pure in un successivo biglietto del dicembre 1969, NdA).
L’interruzione del mio servizio militare e le conversazioni telefoniche (favorite dalla diminuzione dei costi della teleselezione) ha notevolmente influito sul nostro carteggio, che dunque drasticamente si è interrotto nel 1970 e 1971. NdA.
settembre 1971
Caro Sandro, scusa se ti scrivo a macchina ma se scrivessi di mio pugno ti costringerei ad una fatica enorme per decifrare la mia calligrafia alquanto incomprensibile. Tu non immagini il piacere che ho provato nel rivederti dopo tanto tempo: è stato veramente ritrovare un amico. Indubbiamente tutti e due siamo molto cambiati da quei tempi in cui non vedevamo null’altro che l’alpinismo e ci sembrava di potere vivere di esso. Ma non è stato così ed è forse un bene che non lo sia stato: la realizzazione di se stessi unicamente nell’ambito della montagna è molto pericolosa, perché isola terribilmente.
Come ti ho detto ho passato un periodo bruttissimo, un vero e proprio crollo di tante cose in cui credevo ciecamente. Sono stato per un bel po’ sull’orlo di un baratro, ma poi fortunatamente ho saputo ritrarmi prima di precipitarvi ed ora finalmente vedo chiaro in me stesso e nel mio futuro.
Prima e poi tutti diventano uomini e prendono coscienza delle proprie responsabilità. Così ho accettato al volo la proposta di Cassin: gli ho scritto ed attendo una risposta che spero affermativa (si riferisce al mio abbandono della rappresentanza di Cassin per il Piemonte e la Liguria e alla mia conseguente proposta allo stesso Cassin del nominativo di Motti per sostituirmi, NdA). Sono anche in trattative con Beppe Tenti per alcune proposte molto interessanti. Veramente mi sembra di riscoprire me stesso e di giorno in giorno ritrovo entusiasmo e forza che credevo di avere perduto. E non immagini quanto mi sia servito il vederti soddisfatto e felice: è un traguardo che pure io devo raggiungere.
Ora vorrei chiederti un favore: dovresti spiegarmi la trafila per arrivare alla scuola di Predazzo della Finanza (dove e come fare la domanda, eventuali raccomandazioni se necessario, ecc.).
Inoltre sarebbe molto bello andare di nuovo in montagna qualche volta insieme. Milano e Torino non sono lontane, possiamo benissimo combinare qualche bella gita. Avrei anche una proposta da farti: da tempo penso di scrivere un libro che raccolga un gran numero di ascensioni scelte su tutto l’arco alpino, sul tipe di In extremen fels, hai presente? Cosa te ne pare dell’idea, se è una cosa che ti va potremo anche vederla insieme. Ho un’altra idea su cui vorrei sentire il tue parere: cosa ne pensi di una Scuola d’alpinismo privata, sul tipo di quella tirolese di Messner?
Sto scrivendo un libro: è un libro un po’ strano dove si parla poco di salite ma molto di uomini, è un lavoro che mi impegna moltissimo perché deve fermare sull’attimo tutte le impressioni e le folgorazioni che attraversano la mia mente. Anche la guidina delle palestre delle Valli di Lanzo sta per andare in porto. Come vedi non è proprio che vegeti, ma semplicemente avevo perso l’entusiasmo e la fiducia in me stesso. E non è poco.
Aspetto una tua risposta, non mancherò di farmi vivo a Milano e ricorda che ottobre è il più bel mese dell’anno per andare in montagna tra amici, ritrovarsi insieme e parlare di tante cose.
Nella primavera del 1972 ricevo da Motti (in veste di presidente del GAM) una lettera dove mi comunica che il GAM ha ricevuto in ritardo la domanda di ammissione di Miller Rava, inconveniente dovuto a uno sciopero postale. Per questo Motti ritiene che Rava, dato il suo curriculum (che mi acclude), debba comunque essere ammesso. E mi chiede il parere su ciò. Ovviamente concordo con lui, anche se ancora non conoscevo Miller. NdA.
13 aprile 1972
(sono in giro per l’Italia a vendere nei negozi gli scarponi da sci Lange e non sono reperibile, dunque Gian Piero scrive a Ornella, conosciuta nelle recenti vacanze pasquali passate in Calanques, NdA).
Cara Nella, in casa mia ogni tanto vengono fuori le idee più malsane. Ecco che mia sorella va a fare un corso di aggiornamento a Pescara della durata di due settimane. A forza di fare e dire convince anche i miei a fare un giro a Roma e in Umbria, per poi passare a prenderla. Il più bello è che mio padre e mia madre pretendono che pure io una volta tanto li accompagni e forse non hanno nemmeno tutti i torti. Come ben potrai capire per evidenti motivi non posso tirarmi indietro. Mi trovo così nella tragica situazione di non poter venire alle Pale di San Lucano. Non sto a dirti quanto mi dispiaccia perché sai benissimo quanto ci tenevo. La mia unica speranza è che faccia brutto e che la salita sia rimandata…
Scherzi a parte, avverti Sandro per tempo di modo che possa trovare un altro compagno. Io sarò via da metà della prossima settimana fino al mercoledì successivo.
Ai primi di ottobre 1972 mi scrive pregandomi di mandargli delle immagini in cui sia lui che arrampica. Mi augura buon Nepal e mi rinnova l’invito a fare con lui una ripetizione di prestigio nelle Prealpi francesi. Gli rispondo solo il 23 novembre 1972, inviandogli tutto ciò che mi ha chiesto. Sono gli ultimi scritti: per altri quasi dodici anni la nostra amicizia proseguirà senza lettere, ma con tanti incontri e tantissime telefonate. NdA.
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Sempre e comunque grande prosa, anche per descrivere le cose più semplici
Un’uomo molto tormentato.
Almeno questo è quello che ho percepito leggendo queste sue parole.
Mi sono rattristato, ho trovato poca gioia.