Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Dal 1° aprile 2019 (e in vista dei ponti pasquali e primaverili) verranno multati tutti i turisti imprudenti che decidono di percorrere i sentieri del Parco delle Cinque Terre (ve ne sono per un totale di 120 km) con infradito, sandali, ciabatte o calzature non idonee. Le sanzioni partiranno da 50 euro e potranno arrivare fino a 2.500 euro, in modo da scoraggiare (frenare) questo comportamento, pericoloso in primo luogo per i visitatori stessi.
Le Cinque Terre, composte dai Comuni di Monterosso, Vernazza, Corniglia e dalle frazioni di Manarola e Riomaggiore, sono tra le località preferite in assoluto dai turisti, soprattutto stranieri.
Spesso, però, i visitatori non sono vestiti in maniera adeguata o non considerano che i sentieri, come la famosa Via dell’Amore, si sviluppano anche tra rocce a picco sul mare ligure “pulsante”, come lo definiva Eugenio Montale.
Ad annunciarlo è il direttore del Parco nazionale delle Cinque Terre, Patrizio Scarpellini in occasione della presentazione del bilancio delle attività dei carabinieri forestali: “Non si potrà più accedere ai sentieri senza le calzature idonee: suole piatte, oppure nella peggiore delle ipotesi, infradito. Le caratteristiche della rete delle Cinque Terre sono le stesse dei sentieri di montagna. Ne va della sicurezza di tutti. Forniremo tutte le informazioni necessarie all’entrata in vigore del regolamento, con materiale diffuso in tutta l’area“. Il direttore ha sottolineato l’accordo di programma tra le amministrazioni comunali e l’ente parco: “Stiamo varando un provvedimento insieme alla forestale e ai sindaci. Sarà un’introduzione graduale, prima con l’informazione e poi con le sanzioni». Cioè prima la carota e poi il bastone.
“Non solo
bisognerà indossare le scarpe adatte per visitare il parco delle Cinque Terre,
ma si potrà farlo anche quando non ci sono allerte meteo” ha specificato
Silvia Olivari dei carabinieri forestali.
E’ vero che, una volta allontanatisi dai porti affollati di gente e di barche,
oppure dai saliscendi dei caruggi, c’è un nuovo ed
affascinante mondo fatto di muretti a secco, vigneti terrazzati, avvallamenti che
nascondono ardue salite e sentieri davvero a picco sul mare.
E’ vero che per queste camminate non serve un’attrezzatura da trekking professionale, ma bisogna avere comunque con sé almeno un buon paio di scarpe comode. Pazienza per i bermuda, ma passeggiare a lungo in infradito, oltre ad essere pericoloso, tra l’altro, non fa bene e può portare a dolori o strappi muscolari.
Infatti questa leggerezza porta ogni anno a diversi incidenti e infortuni, più o meno gravi all’interno delle Cinque Terre (e non solo, aggiungiamo…). Ed è vero pure che i sentieri sono spesso in posizione difficile da raggiungere, per cui i soccorsi e le operazioni di recupero diventano complessi. Normalmente avvengono con l’aiuto dei volontari del CAI, chiamati spesso a intervenire, ma il più delle volte si ricorre all’elisoccorso.
Il Parco ha deciso di “correre ai ripari” e di prevenire questi spiacevoli episodi con una campagna informativa che precede l’inizio dell’alta stagione, durante la quale si raggiunge il picco di visitatori. Quest’anno sono attesi, infatti, circa 750 mila persone da aprile fino a ottobre, viste le 450 mila presenze dell’anno scorso.
Saranno presenti anche appositi segnali lungo i percorsi e opuscoli informativi, consegnati all’acquisto della Cinque Terre card, comprensiva di accessi ai sentieri, biglietti per autobus e per i treni che collegano le località del Parco.
I numeri parlano chiaro. Nel 2018, come si legge sul giornale on-line cittadellaspezia.com, sono stati 1454 i controlli effettuati dai carabinieri del reparto Parco Nazionale “Cinque Terre” cui è affidata la sorveglianza sul territorio dell’area naturale protetta. Sono state controllate 457 persone, effettuati otto sequestri penali, eseguite trentaquattro deleghe dell’autorità giudiziaria e sono state accertate cinquantasei sanzioni amministrative per un ammontare di circa 34.000 euro. Le violazioni riguardano l’edilizia, l’antincendio boschivo, la gestione dei rifiuti, la tutela dei siti di interesse comunitario, l’esercizio della professione di guida ambientale ed escursionistica, la tutela della fauna selvatica, i vincoli idrogeologico e paesaggistico, il regolamento forestale, il benessere degli animali, il regolamento di polizia veterinaria. A queste, dall’estate 2019, si aggiungerà anche il regolamento sul vestiario adatto da indossare.
Prendiamo atto che il dirigente del Parco, precisando che la sanzione introdotta è prevista dalla legge quadro sui Parchi, la numero 394/91, ha aggiunto che il provvedimento non è una vessazione nei confronti di visitatori e turisti, ma una norma volta a tutelare la loro stessa sicurezza.
Ugualmente però abbiamo voluto vederci chiaro, perché quando si tratta di vietare tutto sembra facile e scontato, quasi doveroso. Ma la realtà può essere ben altra. Basta pensare che il Sindaco di Riomaggiore, Fabrizia Pecunia, vista la grande quantità di persone che visitano queste località, ha suggerito di istituire una tassa di arrivo, che riprende quella proposta per Venezia, destinata a chi si ferma un solo giorno senza pernottare in albergo, in aggiunta all’imposta di soggiorno, che invece raddoppierà.
Il Vademecum
Potete leggere il Vademecum dell’escursionista nel sito internet del Parco Nazionale delle Cinque Terre. In effetti, nel totale dei suoi 12 articoli, sono poche e semplici le regole suggerite per godere della ricca rete sentieristica del parco in sicurezza. Ci soffermeremo solo su quegli articoli che non sono ovvi per i lettori di GognaBlog e che si prestano anche alla discussione.
Al punto 4) si legge: “sono vietate le calzature e/o suola liscia, ossia non provviste di suola tipo vibram (antiscivolo). I trasgressori saranno puniti ai sensi del Comma 2 dell’articolo 30 della Legge 394/91 e SS.MM.II”. Poi si passa ai consigli, dicendo che le calzature devono essere “preferibilmente impermeabili e coprenti la caviglia“.
Al punto 8) si legge “Si ricorda comunque che è vietato percorrere i sentieri in condizioni meteo avverse, dato che si può mettere a rischio la propria ed altrui incolumità. Importante: in caso di allerta meteo gialla il Parco, attraverso i propri canali di comunicazione, sconsiglia l’accesso alla rete sentieristica e si riserva la possibilità di interrompere la vendita della Cinque Terre trekking Card a seconda dell’evolversi delle condizioni meteo (sia nei punti vendita che in modalità di acquisto on line). In caso di allerta arancione/rossa il Parco comunica che è interdetto l’accesso a tutta la rete sentieristica e sospende la vendita di tutte le tipologie di carta servizi Cinque Terre Card (sia nei punti vendita che in modalità di acquisto on line).
Considerazioni
Di tutti gli articoli che hanno fornito notizia della decisione del Parco delle Cinque Terre nessuno, dico nessuno, ha posto lontanamente in dubbio la liceità delle motivazioni e la fondatezza giuridica dell’impianto del nuovo divieto. A questo proposito consigliamo di leggere questo documento.
Accecati tutti quanti dal facile ludibrio verso i “ciabattari”, nessuno si è chiesto se davvero un parco ha il potere di imporre questo genere di divieti.
Come abbiamo letto prima al punto 4) del Vademecum le sanzioni sono ai sensi del Comma 2 dell’articolo 30 della Legge 394/91 e SS.MM.II (Successive Modifiche e Integrazioni).
Alla legge Quadro 394/91 non interessano le questioni di sicurezza né tanto meno il come ci si deve vestire nei parchi. Il fatto che la legge prenda in considerazione ogni genere di reato nei confronti del Parco spiega la grande indeterminatezza delle sanzioni, che nel 1991 variavano da duecentomila a cinquanta milioni di lire.
In particolare, il comma due
dell’articolo 30 recita: “La violazione delle
disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette è altresì
punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire
cinquantamila a lire due milioni. Tali sanzioni sono irrogate, nel rispetto
delle disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n.689, dal legale
rappresentante dell’organismo di gestione dell’area protetta”.
Nella
nostra ricerca non ci siamo fermati al testo della Legge Quadro, ma siamo
andati a leggerci il Testo coordinato aggiornato al DPR 16.04.2013. Le
variazioni al comma 2 si riferiscono alle aree protette marine, dunque per ciò
che ci riguarda (i sentieri) il comma 2 è invariato.
A nostro avviso dunque i divieti del Parco delle Cinque Terre relativi alle calzature da indossare sono illegittimi. Ciò a prescindere dal fatto che siano ragionevoli.
L’introduzione della Card obbligatoria è stato il primo passo nella riduzione delle libertà, il cavallo di troia che permette il divieto in caso di allerta meteo. Non ti diamo la card se c’è allerta, dunque se percorri un sentiero in quelle ore sei punibile.
Pur concordando con qualunque azione preventiva che però escluda specifici divieti, rimaniamo dell’opinione che vietare è massimamente diseducativo: ogni divieto in più diminuisce la soglia di attenzione dell’individuo riducendolo così a mero fruitore cui non si dà possibilità di decidere responsabilmente. Una strada che alla lunga porta alla completa deresponsabilizzazione e all’aumento esponenziale del contenzioso relativo alla pretesa garanzia di sicurezza.
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Caro Daniele,
sono anch’io socio del Cai da circa 50 anni, faccio la guida alpina da quasi 40… anch’io parlo per esperienza e la mia è quella che ho esposto prima. Mi spiace ma sulle scarpe non condivido affatto le tue tesi. Ciao
Chiedo scusa se mi intrometto in questa animata discussione che, iniziata su un’ordinanza del Parco delle Cinque Terre, per alcuni divieti introdotti o in via di introduzione riguardanti sanzioni per l’uso di inidonee calzature sui sentieri escursionistici e sulla possibilità di chiusura degli stessi in caso di allerta meteo, si è trasformata in una diatriba sul tipo di calzature da usare in montagna.
Premetto che nel merito sono d’accordo sul fatto che i divieti non sono mai una buona soluzione perchè se un Ente arriva a tanto significa che la prevenzione, l’informazione e l’educazione sui comportamenti corretti, all’interno di un’area protetta, sono stati insufficenti o inefficaci.
Sulle calzature da utilizzare sui sentieri e sottolineo sentieri ci sono diverse scuole di pensiero che qui si sono manifestate con teorie varie ed eventuali. Ognuno nel sostenerle riporta proprie esperienze dirette ed indirette visto che si sono scomodati i legionari ma non tutti , solo quelli di Goscinny e Uderzo, i Greci, i Baltì, portatori vari ma anche clienti (Svizzeri) e conoscenti per concludere che in questo Blog tutti tranne qualcuno del CAI sposino l’assioma della scarpa leggera assolutamente bassa e/o sandalo aperto.
Se mi è concesso vorrei anch’io esprimere la mia opinione formatasi da trentennale esperienza quale Accompagnatore del CAI (ebbene sì lo confesso sono iscritto al CAI da trentadue anni, Cominetti mi perdonerà)
Nella mia attività volontaria ho accompagnato lungo i sentieri di montagna, soprattutto appenninici, migliaia di escursionisti e naturalmente ho visto calzature di ogni tipo (come il mutante di Blade Runner) vecchi scafi e scarponi ramponabili da 2 kg l’uno nel mese di Agosto sui prati del Monte Catria, signore con ballerine sulle pietraie del Gran Sasso, pedule in scamosciato leggero modello Clark e /o Hogan, uno che camminava scalzo, diversi con le cosiddette “scarpe da ginnastica e/o tennis” , fortunatamente la maggior parte porta normali scarponcini da escursionismo con suola in Vibram o similari. Ho assistito a sofferenze atroci senza poter intervenire per lenire i dolori di gente che mi ha odiato per averli portati lassù (chiaramente esagero) nonostante gli avessi avvertiti che con calzature leggere nelle lunghe discese avrebbero sofferto.
Se in salita anche una scarpa leggera e bassa o un sandalo, possono svolgere sufficientemente la propria funzione in discesa le cose cambiano radicalmente e scarpe senza una robusta struttura risultano inadatte a sopportare sollecitazioni di lunga durata, oltre a ciò i sentieri di bassa quota si sviluppano prevalentemente in zone con folta vegetazione, rovi, arbusti spinosi, erbe urticanti, insetti, vipere che consigliano l’uso di calzature alte fin sopra la caviglia.
Questa è naturalmente una opinione derivante dalla mia esperienza, comunque a parte i casi limite, riscontro che la maggior parte dei frequentatori della montagna a livello escursionistico seguono queste regole.
Se qualcuno di voi dopo ore di arrampicata trova sollievo nel scendere con sandali o con scarpe leggere posso capirlo ma non sono d’accordo che diventi una regola da trasmettere a tutti.
Buon fine settimana a tutti.
Se uno deve prendere una storta è perché è il momento giusto, indipendentemente dalle scarpe. Se poi credete agli asini volanti mettete le scarpe alte che “proteggono” la caviglia, ma… non dalle storte.
http://marcellocominetti.blogspot.com/2015/09/leggende-quasi-metropolitane-parte-2.html
Ovviamente poi: massima libertà. Ci mancherebbe.
No, non puoi Fabio! E’ vietato.
Il popolo del blog ci ha condannato, dovremo buttare lo scarponcino alto e indossare la ciabatta.
Ci faremo consigliare da Marcello 😉
Io sono sempre stato soggetto a storte alle caviglie. Con le scarpe basse la frequenza delle storte è molto superiore. Posso continuare a usare le scarpe alte? Grazie.
Insomma, che ciascuno sia responsabile delle proprie scelte, di vita e di scarpa. 😁😁😁
Sono sempre più convinto che il divieto alle infradito (o tachi a spillo o similia) sia un modo indiretto per creare selezione e scartare i merenderos. Gli alpinisti seri sanno posare i piedi, con scarponacci o con saldali o addirittura nudi. Per cui se il divieto è nel senso che intendo io, lo approvo. Se invece serve solo a sollevare il Parco da ogni responsabilità non lo approvo.
Infine ci sono anche quelli forti ma sconclusionati, quelli che io chiamo i “cannibali”. Non so come gestirli: personalmente non li vorrei in giro, ma come fare per respingerli?
I Baltì arrivano al campo base del K2 in infradito e con 30 kg sulle spalle.
I legionari romani calzavano le caligae, che assomigliano molto a degli anfibi moderni (sono solo i legionari di Goscinny e Uderzo ad andare sempre in giro in sandali).
Tutte e due le popolazioni hanno difficilmente patologie alla schiena perché il più delle volte non arrivano a cinquant’anni.
Vietare e reprimere invece di informare e convincere è indice della forma mentale del suddito e non del cittadino, dell’uomo libero alla quale mi piacerebbe che si tendesse.
E perciò lo ritengo sempre sbagliato.
Mi fa venire voglia di andare lì con i sandali per farmi fermare e con un paio di scarponi aperti in due nello zaino per sostenere che non avevo altro davanti al giudice (liberamente ispirato da A. Gogna)
Suggerisco a quelli delle 5 Terre di mettere un noleggio di scarpe da trekking alla partenza del sentiero. Queste cose ci sono in remote valli dell’Himalaya e delle Ande e anche sulle Alpi, nelle stazioni più rinomate e non solo, si può noleggiare qualsiasi cosa. Poi essendo in Liguria sensibili al soldo, c’è anche la possibilità di guadagnare e creare posti di lavoro.
Il bagnante che vorrà farsi la passeggiata e dispone solo di ciabatte (calzatura vietata dalla legge perché diabolica) potrà noleggiare una calzatura adatta al sentiero, ma se lo fate dategliele basse se non volete davvero farli rotolare in mare. Questo vale per tutti, in special modo per chi non sa camminare!
E che il Cai cambi regole se vuole insegnare a camminare: scarpe basse per tutti!
Le ciabatte solo in camera da letto.
Anni fa percorrevo il sentiero intorno all’Annapurna e a una componente del mio gruppo vennero rubati gli “scarponi da trekking”, così li chiamava.Riluttante a noleggiare una calzatura locale perché piuttosto sudicia, la convinsi a proseguire con i sandali che si era portata promettendole che sul Thorong-La, a oltre 5000 m di quota, se ci fosse stata la neve le avrei trovato degli scarponi adatti. Pianse tutta la notte, anche perché era svizzera, e l’indomani si incamminò con i sandali vergognandosi. Camminammo 2 settimane e la signora dei sandali non aveva nessun problema. Superammo il Thorong-La in una fredda giornata di sole, infatti la signora si era messa dei calzettoni ai piedi. Scendemmo a Jomsom e mi disse che mai più avrebbe camminato con delle scarpe alte da trekking, come quelle che aveva e come quelle che usa la maggior parte degli escursionisti, anche se sempre più hanno capito che le scarpe basse vanno molto meglio. Era pure iscritta al Cas.
Denny, spero che tu ti rivolga a quelli del parco delle 5 Terre perché qui mi pare che ( a parte l’istrutture Cai, ma si sa come sono quelli del Cai…) tutti concordiamo sul fatto di usare scarpe leggere. Personalmente per lunghe camminate uso sandali o scarpe con suola sottilissima, quindi sfondi una porta aperta.
Chi non l’ha fatto si legga Born to Run di ChristopherMc Dougall per capire come si cammina e quanti danni hanno fatto le scarpe.
Siamo sempre lì: reprimere è più veloce che educare e fa guadagnare soldi facili e subito. Il problema è questo e se lo si fa passare sotto l’egida della presunta (ma che sia solo presunta nessuno lo dice) sicurezza, ottiene immediatamente successo. Infatti.
Ma vi rendete conto di cosa scrivete??? ma avete un minimo di cultura e studio??
scrivete: “passeggiare a lungo in infradito, oltre ad essere pericoloso, tra l’altro, non fa bene e può portare a dolori o strappi muscolari.”
Dove è scritto?? allora i romani e graci che andavano a combattere in tutto il mondo sbagliavano?? avevano fisioterapisti che li seguivano?? menomale che gli ultimi 30 anni è nata la gomma è grip è ha salvato l’umanità… gi.. è chissa perchè ora ci sono problemi di storte, malanni alle articolazioni che un tempo non c’erano..Sapete che ora (purtroppo meno in Italia) ci sono tanti professionisti che hanno studiato e stanno cercando di sensibilizzare e formare più gente possibile a riattivare il piede come natura vorrebbe..Sapete che nei piedi ci sono tanti percettori (lo dice la scienza) di stabilità che se ci mettiamo più di 5 mm di gomma vengono disattivati e i piedi cedono??Per questo in Italia c’è la cultura del consumismo volta a creare problemi e paure alla gente per poi trovare delle soluzioni pagliative e fare cassetto.
Capiamo che il terget maggiore sarà di gente comune che non è formata, ma penso che un cartello informativo informare e tirarsi via le responsabilità basti, e non quello di obbligare il come dobbiamo vestirci…Documentatevi e studiate prima di scrivere..
Tutto ridicolo. Solo in Italia può capitare questo… forse ci sono interessi di qualcuno che prende mazzette da azinede di scarpe. Ma lo sapete che la cultura di ritornare a rafforzare il piede proprio tirando via le scarpe è sempre più in aumento? Lo sapete che i nostri piedi sono pieni di percettori di stabilità (lo dice la scienza) e sopra i 5 mm di suola questi vengono disattivati e per questo se si trova una irregalarità non lo percepiamo e il piede cede??? chi ha attivato il piede alla naturalità e si mette scarpe chiuse o come dite voi “protettive” ha più rischi di infortuni che non averle.. bisogna lasciare liberi chiunque di fare ciò che vuole. Giusto dare avvisi e consigli ma non vietare.. All’estero che c’è più cultura questo non accade.
Poi scrivere: “passeggiare a lungo in infradito, oltre ad essere pericoloso, tra l’altro, non fa bene e può portare a dolori o strappi muscolari.”
Fanno bene le scarpe?? greci e romani facevano guerre in tutto il mondo e solo gli ultimi 30 anni ci hanno obbligato il grip e gomma e guarda te adesso tutti hanno problemi.. Chissa perchè? milioni dia anni che l’uomo andava scalzo dappertutto e non aveva fisioterapista dietro, o chi gli faceva plantari. Tanti professionisti stanno lavorando nel sensibilizzare sempre più persone ad attivare il piede se si vogliono risolvere problemi e voi schivete che fa male.. Quindi documentatevi e non seguite le mode se tecnicamente e culturalmente siete così preparati..
Antonio Guerreschi… le tue posizioni possono essere discutibili come tutte le altre, indubbiamente… ma… di solito prima di fare filosofia bisogna aver superato gli esami di grammatica… direi che un ripasso sia da reputare necessario (il T9 non è incolpabile, perché la supervisione per chi vuole scrivere qualcosa di interessante va fatta, altrimenti per le superficialità c’è FACEBOOK…)PEACE AND LOVE
Presumo che tutti gli scriventi siano persone abituate ad andare in montagna di conseguenza in grado di sapere dove e come mettere i piedi. Però dovete pensare alla massa, a persone che non sanno niente di come si cammina su fondo sconnesso oppure scivoloso. Sono un direttore di una scuola di escursionismo del CAI ed insegno a camminare fuori dai marciapiedi. Quando dimostro l’importanza di una buona suola, gli allievi vanno subito a comprarsi dei scarponi e non scarpe da corsa che vanno bene per chi è capace per chi a l’esperienza necessaria per muoversi su determinati terreni. Smettetela di considerare tutti con il vostro metro e mettetevi nei panni di chi pensa che un sentiero montano sia assimilabile ad un marciapiede un po’ più sporco.
Probabilmente le intenzioni sono ‘buone’, cioe’ quelli del Parco pensano davvero di ridurre gli incidenti ed in qualche modo di educare. Non credo lo facciano per ‘prevenire’ ritorsioni legali nel caso di incidenti nei percorsi del parco. Infatti se la porta della denuncia all’ente proprietario fosse aperta, immaginatevi cosa dovrebbero fare tutti i comuni di montagna…
Ad ogni modo io sono per massima liberta’, ricordo di aver fatto quella camminata una trentina di anni fa, ed escludo di avere avuto calzature da trekking – ma certo non le infradito. Chi si mette nei guai chiamera’ il soccorso e paghera’, anche salato ( come giustamente suggerisce Cominetti ). E’ un modo di educare piu’ efficace.
se passi su una lastra inclinata umida e/o con muschio, che spesso si vede e non si vede, scivoli! Se poi c’è un pò di verglass figurati!
Sia che tu abbia le infradito che gli scarponi con la suola Vibram. Il problema non sono le suole, o le scarpe, ma che non ci devi passare sopra.
Paolo e Giandomenico, secondo me siete sulla strada completamente sbagliata.
Un sentiero comporta delle responsabilità se è privato ma se è pubblico nessun funzionario ne è responsabile. Il fatto è che QUEL sentiero è un business e si deve pagare per camminarci, quindi per chi incassa le responsabilità ci sono e per ovviare in qualche modo si fanno regole con lo scopo del “io te l’avevo detto” se qualcuno casca di sotto. I sentieri delle Alpi dove non si paga sono perfetti per accopparsi attrezzati bene o male, ma se uno si fa male non può prendersela che con se stesso. Io non vorrei essere un pelo del responsabile di quella giostra che sono i sentieri delle 5 Terre, perché se finisse in un tribunale trascinatovi da uno deciso a farsi risarcire, non ne uscirebbe “vivo”. Ogni cosa ha il suo prezzo. Incassi e allora prenditi anche rischi, se no fai l’edicolante.
Vorrei che il mio scritto sull’uso delle scarpe sui sentieri venisse a costituire un precedente anche a livello legale. In difesa della libertà. Leggetelo: http://marcellocominetti.blogspot.com/2015/09/leggende-quasi-metropolitane-parte-2.html
se no chiedo a Alessandro di pubblicarlo sul gognablog così non potrete dire che non eravate stati avvisati.
Non sarò mai una persona seria.
Prendo spunto dal commento 10. Io personalmente non mi pongo l’obiettivo di educare tutti quelli che frequentano la montagna (o gli ambienti outdoor). Mi impegno a fare educazione, in modo tale che scattino due reazioni antitetiche: 1) chi si fa “prendere”, da quel momento andrà in montagna in modo più evoluto (mentalmente e ideologicamente) e quindi smetterà di essere “cannibale” 2) chi non si fa proprio prendere, alla fine si disamora e si indirizza verso altre attività e altri contesti. In entrambi i casi dovremmo assistere a una diminuzione di “cannibali”. Il problema è che la attuale società genera cannibali a tassi così intensi che non si riesce a stare dietro a tale fenomeno… Temo che i divieti non riescano a contrapporsi.
Concordo appieno con Marcello e con loiety (aldilà dello pseudonimo che fa ridere…).Decidere come attrezzarsi per andare in giro per monti dev’essere un atto di responsabilità personale che non sarà certo un’ordinazucola a cambiare specie in un ambito turistico da operetta che nulla ha a che vedere con la montagna o l’ambiente impervio e comunque il sottoscritto spessissimo gira in sandali per i ghiaioni dolomitici e non solo, prima e dopo le salite (le scarpette le uso ancora strette e dopo qualche ora ho bisogno di ossigeno ai piedi…)…Mi si vieta l’accesso? Echissenefrega! Non ci vado. Se dovessero per caso richiedermi un giro da quelle parti (sarà difficile…) ci vado in sandali e nel caso di una multa faccio ricorso al garante del mercato e tutto il resto di conseguenza, perché se è vero che l’idiozia non ha limiti in questo caso si sono superati…! Non è vietando che si fa cultura, così si cerca solo di evitare le proprie responsabilità. Se un amministratore pubblico non è in grado di svolgere il ruolo che gli compete, fa sempre in tempo a trovarsi qualcos’altro da fare, invece di occupare senza meriti, il posto di chi deve erogare servizi e non creare pretesti per saltare a piè pari il proprio lavoro!
Il sandalo da trekking, da arrampicata, ecc. è una cosa diversa dall’infradito ma in ogni caso nell’articolo si fa riferimento ad un regolamento che dovrà essere emanato, regolamento il quale, immagino, terrà conto delle questioni tecniche.
Stante quanto riportato la scarpa impermeabile e coprente la caviglia rientra fra i consigli e non fra gli obblighi, pertanto tutta questa diatriba sul tipo di calzatura mi pare un po’ forzato.
Personalmente ho letto quanto ha scritto Marcello sul suo sito relativamente alla scarpa e l’ho letto in tempi non sospetti (mi pare due o tre anni fa), l’ho trovato interessante ma dico “no grazie”, nel senso che ho usato praticamente sempre la scarpa alta la quale mi da più sicurezza anche se, inevitabilmente, la sollecitazione del ginocchio risulta maggiore (come del resto succede, in misura ovviamente maggiore, con gli sci).
A volte ci si imbatte in divieti assurdi ma quelli presi in esame, una volta aggiustato il tiro (e immagino che il regolamento lo farà anche perchè i legali li hanno pure gli enti pubblici), li trovo molto più sensati di altri anche se chiaramente limita la libertà di fare quel cavolo che si vuole.
Allora, io sono dell’idea che la libertà in ambiente dovrebbe essere totale ma a patto che ciascuno si assuma totalmente le proprie responsabilità e non vada poi a mendicare in tribunale scortato dall’avvocato al quale brillano gli occhi per la parcella che andrà a staccare.
Siccome il mondo è sempre più pieno di furbi allora che se lo vadano a prendere nel sacco, tanto a me e a chi come me non gliene può fregar di meno perchè in montagna ci vado con le scarpe adatte e tutta l’eventuale ulteriore attrezzatura all’uopo necessaria.
I sentieri delle 5 Terre saranno anche estremi… ma sinceramente che i pericoli a cui vanno incontro gli escursionisti siano dovuti alle calzature, mi fa un pò ridere.
Forse il pericolo nasce più dallo scolarsi bottiglie di Sciacchetrà…dopo è chiaro che scivoli.
Inoltre dire che le scarpe alte sono più sicure di quelle basse perchè bloccano la caviglia è una palla.
Quanto alle responsabilità, nessuno ti obbliga a ricoprire certi ruoli. Se lo fai tene assumi anche le responsabilità. Troppo facile fare i funzionari ma pararsi il culo con divieti e ordinanze. In Italia c’è pieno di situazioni di degrado a cui non si pone rimedio ma ci si toglie dalle responsabilità con dei semplici cartelli.
Io più di tutto non citerei mai in un atto amministrativo una etichetta commerciale, VIBRAM, che per quanto di qualità potrebbe avere validissimi sostituti. Già solo questo rende l’atto impugnabile e facilmente annullabile.Poi il provvedimento mi pare anche tecnicamente assurdo, in quanto esistono sandali sul mercato perfettamente adeguati a percorrere un sentiero come quelli delle 5 terre, migliori di scarpe da escursionismo di primo prezzo. Con scarpe non chiuse alla caviglia gli alpinisti scendono anche da situazioni di grandissima complessità. Invece un discorso differente riguarda il meteo, in quanto malgrado gli ingenti interventi quello specifico sentiero presenta una notevole pericolosità oggettiva tale da rendere sensata una simile iniziativa, visti anche i ripetuti incidenti. Ricordiamo che quel sentiero ha una frequentazione turistica e non alpinistica.
Infine ricordo che un funzionario pubblico che emette una norma illegittima, se questo determina costi al suo ente (contenziosi legali) in caso di dolo o colpa grave può rispondere di danno erariale.
Infatti, chi vogliamo educare? Al massimo possiamo dare un’esempio.
Le infradito e i tacchi a spillo sul ghiacciao non credo siano una leggenda, probabilmente qualche persona sarà scesa da una di quelle funivie/cabinovie che portano in prossimità del rifugio agghindata in quel modo.
E poi le infradito sono unisex.
In ogni caso una signora in infradito su un sentiero dell’Adamello l’ho beccata anch’io all’inizio degli anni novanta. Sia chiaro, non si trattava di un sentiero alpinistico ma nemmeno di una passeggiata da fare in ciabatte.
Per quanto concerne la responsabilità a tutto dev’esserci un limite, retribuzione alta o bassa che sia. Un funzionario pubblico non può essere chiamato in causa anche quando non c’entra una mazza perchè a qualcuno tira il fondoschiena di farsi risarcire, anche perchè, ragione o torto, il funzionario deve poi farsi assistere da un avvocato che deve pagare.
Io non sono funzionario pubblico ma garantisco che se lo fossi i divieti li metterei e il ciabattaro pagherebbe! Poi che mi faccia causa se ritiene che io abbia applicata una norma incostituzionale ma meglio quel genere di causa che quella per lesioni/omicidio colposo.
Illusione! La massa si può dirigere, non si può educare. Difatti ora ci sono i telefonini, i vari personal computer e la società è consumistica.
Un conto è andare in ciabatte e scarpe da ginnastica su un ghiacciaio , altro è sui sentieri delle 5 Terre.
Che poi chi lo dice che è meglio la scarpa alta rispetto a quella bassa ? Chi non è abituato a camminare con le pedule , che sono alte e più rigide delle scarpe basse, non so se è più facilitato e sicuro nella camminata.
Sul fatto della responsabilità, se fai pagare o se decidi di ricoprire degli incarichi pubblici, ai quali nessuno ti obbliga, è anche doveroso che ti assuma delle responsabilità. E’ troppo facile scaricarsi con divieti e ordinanze varie.
Troppo facile lasciare andare tutto in malora e poi scaricarsi di responsablità mettendo cartelli di divieto.
Non è mettendo divieti che si fa cultura, che si fa prevenzione. La cultura va fatta veramente. I divieti sono spesso e volentieri solo modi molto semplici per pararsi il culo andando in culo alle responsabilità per le quali magari sei anche ben pagato.
questa poi mi fa abbastanza ridere. Allore le scarpette d’arrampicata che sono super strette, fanno bene alla salute dei piedi? Vogliamo ritonare all’uso dei rigidones?
Giandomenico, ti dò ragione, purtroppo ormai bisogna proteggersi da tutti gli incapaci e ignoranti che girano dovunque (questo è il mio problema per la mia sicurezza/incolumità).Molti portatori da Pokhara fino al campo base nord dell’Annapurna, salendo al Thulo Bugin e traversando sotto i Nilgiri, con carichi da 20 a 40 Kg, ma anche da 60, camminano con gli infradito, ma con suola molto alta.Forse perché loro sanno ancora camminare.Approvo il vaffa.
Per me queste infradito o i tacchi a spillo sul ghiacciaio sanno invece di leggenda, se non di sessimo.
Ci sono cose che non comprendo. Ok sulla legittimità del divieto, non sono un tecnico e ne prendo atto. Ok sull’antiscivolosità della suola vibram. Ok sull’altezza delle calzature. Però, dopo anni di citazione come esempio negativo dell’andar per monti della signora con le infradito, esempio che, detto come va detto, aveva già cominciato ad andarmi su per una braga vent’anni fa, una volta tanto che qualcuno cerca di mettere un freno, con le buone prima (come detto) e con le cattive poi, ad una pessima abitudine, tutti a dar contro.
Io francamente non vi capisco, non vi va mai bene niente. Ogni volta che sentite la parola “divieto” vi prude il naso.
Per me non è la solita questione di fare cassa, semmai è il solito problema che chi non ha incarichi di responsabilità legalmente perseguibili con grande facilità non può capire.
Va là che se io fossi un funzionario pubblico o misto pubblico/privato i divieti li metterei eccome, e vaffanculo, perchè non sarei assolutamente disposto a farmi prendere per i fondelli da quattro sfigati che in nome della libertà personale fanno i cavoli loro e poi mi denunciano perchè hanno avuto un infortunio che ritengono imputabile a mancanze mie.
Io il ciabattaro, se la legge me lo consente, in un luogo dove posso essere ritenuto responsabile se qualcuno si fa male non lo faccio proprio entrare e se entra a mia insaputa lo sanziono!
Mors tua vita mea. La libertà personale va bene fino a quando non lede quella altrui.
Che triste fine, dopo un paio di milioni di anni in cui l’uomo si è evoluto nel suo ambiente naturale senza l’uso delle scarpe….
se fossi l’ente gestore obbligherei le persone ad andarci con:
scarponi con la punta di ferro,
casco,
giubettino ad alta visibilità,
poi altimetro, bussola e vai anche il GPS…non si sa mai si dovesse alzare la nebbia.
Questo mondo ogni giorno diventa sempre più ridicolo.
Chissà quando si arriverà a vietare le infradito sui ghiacciai?
Sotto sotto non mi dispiacerebbe. Non per evitare eventuali infortuni ai “cannibali”, ma per non avere “cannibali” che ci disturbano.
Nota: nel lessico spicciolo della mia famiglia, quando chiacchiero con moglie e figli, per “cannibali” intendo quelli che vanno in montagna senza cognizione e soprattutto senza “anima”. Non sono solo i merenderos. Magari sono anche forti, “mangiano” dislivello e passano sul 9c, ma sempre “cannibali” restano.
Se io potessi scegliere, con meno cannibali in giro sarei più felice.
La domanda chiave è: bastano questi divieti (tra l’altro tecnicamente illegittimi, come ben spiegato nell’articolo) a dirottare i cannibali verso altre attività???
Temo di no, occorre un lavoro (lungo e certosino) sulla mentalità, assumendo anche (come faccio io da anni) posizioni molto antipatiche, con l’obiettivo di sfoltire montagne e ambienti outdoor dalla presenza dei “cannibali”.
Sono nato a pochi km dalle 5 Terre e tutte queste norme mi hanno sempre fatto venir voglia di non andarci. Poi un banale sentiero a pagamento proprio non so chi possa attrarre. Anzi lo so. Attrae quei turisti che non sono affatto escursionisti e sono per lo più degli Usa. Qui dove vivo confondono, per via della pronuncia, le 5 Torri con le 5 Terre, e la maggior parte non sa che differenza ci sia.Poi noto una certa ignoranza nel definire le suole Vibram “antiscivolo” perché non è così. E’ come chiamare l’Artva dispositivo antivalanga, un oggetto che può infondere sicurezza perché lo si ha con se e quindi si è al sicuro.Anni fa avevo scritto un “trattato”sulle scarpe da montagna, eccolo:
http://marcellocominetti.blogspot.com/2015/09/leggende-quasi-metropolitane-parte-2.html
Queste CAMPAGNE REPRESSIVE secondo me non hanno lo scopo di garantire la sicurezza dei fruitori ma servono ad attrarre una grande massa ignorante facilmente incanalabile e governabile a tutto vantaggio di chi incassa. Infatti sono certo che un escursionista appassionato mai andrebbe a camminare alle 5 Terre intruppato e a pagamento. Capisco poi e condivido che camminare in infradito sia pericoloso e scomodo ma io faccio la guida alpina e durante i trekking himalayani di più giorni indosso dei sandali perché sto più comodo, ma sto attento a dove metto i piedi, cosa da farsi con qualsiasi tipo di calzatura. Se alle 5 Terre hanno il problema degli incidenti che mettano un alto costo degli eventuali soccorsi. Mi immagino un americano che si torce una caviglia avendo indossato le scarpe con suola antiscivolo, che bloccano la caviglia (!), l’abbigliamento imposto da altre assurde regole e che chieda un risarcimento. Non è assurdità, ma quando fai pagare un percorso e imponi delle regole ne divieni responsabile e poi se da gestore ti capita un buon avvocato newyorkese (come quelli che si vedono nei film), sei spacciato. Mentre invece se quel disgraziato lo soccorri e gli fai pagare un sacco di soldi, li pagherà felice di farlo, se è nato negli Usa. Altrimenti pagherà incazzandosi se è di altra nazionalità.E’ chiaro che si tratta di sistemi per far cassa.