Non chiamiamoli ‘parchi’ eolici: basta sminuire la montagna, non tutti i territori si prestano.
Non chiamiamoli parchi eolici
di Mountain Wilderness Italia
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 19 luglio 2023)
In provincia di Arezzo, al confine con l’Emilia-Romagna e le Marche, come ad un segnale convenuto si sono moltiplicate le richieste di installazione di impianti eolici industriali (non chiamiamoli parchi!). Dopo la realizzazione a Montemignaio del primo impianto toscano nel lontano 2001 con tre pale eoliche alte circa 60 metri, vent’anni dopo viene approvata dalla Regione la realizzazione di una pala eolica alta circa cento metri in località Poggio dei Prati a Badia Tedalda; ultimata nel 2022, a parecchi mesi di distanza, a quanto ci risulta non è ancora entrata in funzione. Poi, nel giro di pochi mesi, nel 2023 ben nove progetti sono stati presentati nell’area compresa tra l’alta Valtiberina e la Valmarecchia, territorio corrispondente allo storico Montefeltro.
Tre pale sono già state approvate a Poggio dell’Aquila ma sono in fase di progetto altri 48 aerogeneratori: due impianti a Poggio delle Campane (uno da sei e uno da otto pale), uno a Poggio Tre Vescovi da 11 pale, il progetto “Badia del vento” da sette turbine, altre sette al Passo del Frassineto, le ultime nove – come la maggior parte delle altre – sui crinali del territorio di Badia Tedalda, comprese in un progetto denominato “Badia wind”. Un fuoco incrociato di aerogeneratori con altezze comprese tra i 180 e i 200 metri di altezza, in molti casi in interferenza l’uno con l’altro, dove il vento non è affatto garantito.
Negli anni precedenti altri progetti erano stati presentati, tutti bocciati per le conseguenze non mitigabili sulla sicurezza del territorio (siamo in un’area sismica e ad altissima fragilità idrogeologica, ciò che determina continue frane e dissesti), sul paesaggio di grande pregio, nonché sull’avifauna, per la presenza di diverse specie protette o in via di estinzione. Ora, evidentemente, qualcuno ha spalancato le porte ed è la transizione ecologica, bellezza. Il sindaco di Badia Tedalda dice: “le ditte portano avanti questi nuovi progetti concertandoli insieme all’amministrazione comunale. Questo è un punto a favore, perché anziché subire imposizioni dall’esterno possiamo confrontarci e valutare pro e contro, posizionamenti, criticità geologiche, zone a vincolo, arrivando a un progetto condiviso”.
Lo stesso sindaco illustra le ricadute positive: “Con opere come queste è vero che modificheremo dei crinali, ma ci sarà per alcuni anni un indotto di lavori di tutti i generi che, come già successo per il metanodotto, ripopoleranno e faranno lavorare le varie attività, e poi continueranno anche dopo con le costanti manutenzioni di queste opere. Si avrà un effetto rivitalizzante”. In regioni come il Molise e la Basilicata, invase dalle pale eoliche, questo effetto rivitalizzante purtroppo non si è visto.
Torri eoliche alte come un grattacielo di oltre 60 piani poste sui crinali sono evidentemente visibili da lontano e incidono sul paesaggio. Non tutti apprezzano lo skyline di quelle che qualche ambientalista buontempone ha definito “le nuove cattedrali”, dove il nuovo culto è il progresso whatever it takes. Il sindaco di Casteldelci, comune confinante in territorio romagnolo, si è così espresso: “Per noi è inaccettabile, sarebbe devastante per l’economia del nostro territorio (…) Fare impianti di questa portata in quelle aree causerà dei danni enormi sia al mio comune, ma anche all’intera Valmarecchia (…) oltre a non essere condiviso dal territorio, è proprio in aree che danneggiano ampiamente i nostri centri storici e soprattutto gli investitori che in questi anni hanno acquistato strutture per farne alberghi”.
Se è vero che esistono questioni a carattere nazionale come la produzione energetica, la riduzione dell’utilizzo di fonti fossili e lo sviluppo delle energie alternative, è altrettanto vero che non tutti i territori si prestano a uno sfruttamento delle risorse naturali con un rapporto costi/benefici favorevole. Se vogliamo dare all’ambiente naturale un valore, se vogliamo trasformare questo valore in una risorsa economica concreta legata alla valorizzazione delle ricchezze già presenti sul territorio, dobbiamo riconoscere queste ricchezze senza cancellarle, ma anzi mettendole in evidenza.
In generale la montagna italiana soffre non solo di spopolamento, ma di sottovalutazione; dare un valore al paesaggio identitario, ai musei a cielo aperto, ai percorsi escursionistici di qualità significa dire “venite a vedere cosa si può fare in questo territorio” e gettare le basi per una progettazione del domani. Questo vorremmo per le nostre montagne e per chi le abita.
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Non vedo impatti significativi nel posizionare questi impianti “off shore”, ovvero in mezzo al mare. Ovviamente lontani dalle coste. Al massimo si potranno lamentare i diportisti per i quali si può utilizzare il concetto di “male minore”.
il tutto in attesa che la fusione nucleare funzioni, ovvero produca più energia di quanta ne consuma. E poi … gavuma tüt !
Purtroppo non esistono dei criteri semplici per rendere evidente la miopia di chi non vuole questo tipo di investimenti. Chariaramente devono essere investimenti redditizi e sicuri, gli altri criteri sono valutati in maniera spropositatamente locale. I campi eolici servono a generare energia pulita, l’energia pulita serve a migliorare la qualità dell’aria e a rallentare il cambiamento climatico. Questi due fattori miglioreranno la flora e la fauna a partire dalle località dove si consuma più energia. Inoltre si dà per scontato che il paesaggio venga percepito come deturpato, cosa non scontata e dettata principalmente dall’emotività dell’autore, perché questo tipo di infrastrutture sono meno impattanti dell’idroelettrico a livelli di utilizzo di risorse e portano un contributo positivo su diversi aspetti. Purtroppo l’articolo non approfondisce molto, è solo la condivisione di una paura e l’occasione di mettere in mostra una superiore sensibilità sulla montagna rispetto al resto del mondo. Non mi pare che si faccia uno sforzo per trovare un criterio utile a valutare i cambiamenti che dovremo intraprendere e finisce per risolvere tutto come l’ennesima battaglia retorica. Staremo a vedere…
Nuovo episodio del disastro ambientale e paesaggistico in corso in Italia in maniera indiscriminata dal dopoguerra a oggi…La crescita economica nel nostro paese è direttamente proporzionale alla devastazione della qualità ambientale, degli ambienti urbani e naturali.
Il passaggio a fonti energetiche alternative al fossile è indispensabile, ma non è detto che si debbano usare alternative altrettanto dannose per i territori. Per quanto mi è dato sapere, ci sono impianti che deturpano l’ambiente e rendono poco in termini di produzione di energia. Vengono costruiti semplicemente per l’interesse dell’imprenditoria delle grandi opere e per la remunerazione garantita dagli incentivi statali. I no a certe soluzioni sono sempre ben motivati da chi a queste opere si oppone non per il piacere di dire no, sia chiaro. C’è un elevato giro di interessi economici e d’altro tipo per cui ogni criticità viene bypassata, talvolta senza Vinca o Via con la scusa del PNRR o dell’emergenza, così da favorire gli amici di turno.
@3:da cent’anni in montagna si innalzano dighe, ognuna con una massa di calcestruzzo superiore ai basamenti di 100 pale eoliche e anche in questo caso infissa in profondità nelle montagne: rinunciamo anche all’idroelettrico?
Credo che l’installazione di pale eoliche sui crinali delle montagne non sia solo la pur rilevante e inaccettabile alterazione del paesaggio. Non ho competenze specifiche in merito, ma ho letto che queste pale poggiano su basamenti in cemento molto voluminosi che sarebbero delle grosse ferite del suolo, tanto per citare una delle numerose controindicazioni alla loro costruzione in montagna.
Galeotti tatuati, ovviamente.
Dunque le dighe, ben più alte delle turbine eoliche sì, l’eolico in mare ni per questioni “di panorama ” no all’eolico sui crinali, do per scontato il no al fossile, al nucleare e al solare che sottrae terreno all’agricoltura… no all’uso di “biomasse” (legna) per i problemi di PM XX… credo restino solo le cyclette collegate a grosse dinamo e mosse dai (futuri) nuovi galeotti, non più ai remi ma ai pedali.