Pellegrinaggio in Sardegna 2024
(aspettando Alaerru)
di Gian Piero Porcheddu
Lentamente il grande portellone si abbassa, comincia a intravedersi una lingua di cielo, poi le infrastrutture del porto, infine la luce del sole inonda il grande garage della nave.
I motori delle auto si risvegliano, qualche pirla ha anticipato l’accensione di qualche minuto come se questo potesse accelerare la discesa, ma ottiene, diversamente, il solo risultato di ricevere male parole di chi in Sardegna è già venuto e conosce i tempi per essere vomitati da questo piccolo inferno di rumori, voci, stridii di gomme, odori nauseanti e facce provate da una notte di mare mosso.
La strada per uscire dal porto cambia ogni anno ma le indicazioni sono precise, guido tranquillo e mi godo il lento scorrere del territorio che mi è familiare. Quando usciamo dalla superstrada in direzione Dorgali, dopo qualche minuto, ecco il Supramonte di Oliena. Ecco, adesso siamo in Sardegna.
Sono al mio sessantesimo, o poco più, viaggio in Sardegna, quante volte ho fatto questo pellegrinaggio per rivitalizzare le mie radici?
Da piccolo mio padre mi portava al porto di Genova, dopo un viaggio in treno eterno perché non aveva ancora acquistato l’agognata Fiat 850 che avrebbe permesso, qualche anno dopo, di portare in un colpo solo tutta la famiglia al Paese.
Portavo il biglietto nella tasca del giubbotto, legato a un cordino sottile per non perderlo, intanto mio padre scrutava i passeggeri sul molo, di solito, se non era un parente o un suo cugino che si prestava a “custodirmi” nel viaggio sulla nave, era un amico fidato.
A Porto Torres Ciabatta, fratello di mio padre ed unico ad avere la macchina allora, mi aspettava per prendermi e portarmi in Paese.
Il viaggio durava un’ora e mi depositava davanti alla casa dei nonni paterni.
Sull’uscio nonna Serafina mi aspettava e appena scendevo dall’auto allargava le braccia per poi stringermi forte, forte!
Mi vedeva solo una volta all’anno e quindi doveva condensare in tre mesi il suo affetto per me e per mio padre (ero pur sempre il figlio maschio del primogenito della famiglia! Cose che, da queste parti, contavano ancora).
Dopo questa accoglienza entravo in casa e, come ogni anno, nonna aveva preparato il mio piatto preferito, non aveva importanza a che ora della giornata fossi arrivato: in tavola apparivano due uova fritte nel lardo e affogate in un mare di cipolle, le avrei mangiate così per almeno un paio di volte alla settimana per tre mesi.
Le mie vacanze erano fantastiche: dalla fine della scuola alla prima settimana di ottobre, la mia vita trascorreva in Paese, facevo il pastore, il barista, il venditore di acque minerali… e vivevo, vivevo l’infanzia più bella che potessi desiderare.
Andavo anche al mare, un mare ancora più bello e selvaggio di quello di oggi, vivevo a casa dei nonni, sapevo tutto quello che occorreva sapere sull’ovile, gli asini e i cavalli, perché quello era il mondo che sognavo, ma sapevo anche fare la “bicicletta” (gazzosa e birra insieme) al Bar di Ciabatta e alla sera, prima di chiudere il bar, mangiavo di nascosto le ciliegie sotto-spirito sino quasi ad ubriacarmi. Al mattino alle 5 partivo per l’ovile con il mio zio preferito, Bannela, in Lambretta, sellavo Chipudda (cipolla), l’asino di nonno, e tutta la mattina andavo in lungo e in largo per l’ovile spostando le pecore da un pascolo all’altro, andando a prendere l’acqua alla fonte, o a chiudere un passaggio della “tanca” del vicino.
Ci siamo fermati a pisciare.
Non abbiamo fretta e la pausa diventa più lunga, mi piace guardarmi intorno, riconosco i colori della campagna, i profumi della macchia, guardo un gregge lontano, mi arrivano i ricordi di quando ero bambino: mi vedo servo-pastore per gioco, sento le voci dei miei che mi chiamano, le urla del vento che passa nella pineta, rammento i rumori terrificanti degli animali la sera che sono rimasto da solo all’ovile.
Chiedo al Diretur (al secolo Claudio Battezzati, NdR) se, secondo lui, anche io mi posso considerare un migrante, non mi risponde sta sfogliando la guida per capire che via fare appena saremo arrivati. Me lo chiedo da tanto tempo, se sono un migrante anche io, io che sono nato in questa terra ma a due anni ero già un continentale.
Mio padre sicuramente sì, lui era un migrante, ha sempre sognato di ritornare in Paese, se il tumore lo avesse lasciato vivere qualche anno in più lo avrebbe fatto. Sì, lui si sentiva migrante e lo è stato ancora di più quando si è fatto promettere che voleva essere seppellito in Paese e me lo ha chiesto mentre stava morendo in un letto di ospedale. Tornare nella terra che ti ha partorito è un desiderio che puoi avere solo se rimani migrante.
Siamo sbarcati da due ore ma vogliamo scalare perché le gambe, a forza di stare ferme, si sono persino intorpidite.
Il nostro programma prevede la via L’Alchimista alla scogliera di Biddiriscottai, scelta perché è facile arrivarci con una strada che taglia la costa proprio sopra le grandi grotte. Con la macchina – ma forse è fatto divieto – arriviamo sino alla fine della strada: parcheggiamo con discrezione in uno spiazzo che altro non è che una stupenda balconata sul golfo increspato da una lieve brezza marina.
Trovare il sentierino per la discesa non è difficile, un pochino di più trovare la prima sosta di calata.
Ma il Diretur ha letto parecchie relazioni e commenti su Gulliver, e dopo un breve girovagare troviamo la sosta giusta e scendiamo.
Scendo da secondo e la scusa è sempre la stessa: il Diretur ha lo shunt che non attorciglia le corde, io sono rimasto allo stato primitivo con il nodo Machard, scendendo mi godo il panorama: il mare calmo e il suo blu intenso, le rocce di calcare grigio scuro, gli scogli e la sabbia del fondo marino che distribuiscono colori, più o meno intensi, a seconda del fondale.
Arriviamo a pochi metri dagli scogli che si buttano in mare, ora ci tocca risalire.
La roccia è DOC, i resinati sono posti alla distanza giusta e lasciano l’ingaggio necessario senza banalizzare l’arrampicata, la linea è di quelle belle, fatte con buon senso e sfruttando le rughe della roccia che comincia a rosicchiarci i polpastrelli.
Arriviamo all’ultima sosta con ancora il sole alto nel cielo terso. Si risale il sentiero che ovviamente è nella macchia mediterranea e ci distrugge pantaloni e maglietta, ma in poco tempo siamo alla macchina.
La balconata ci permette di ammirare tutto il golfo di Orosei, in lontananza Cala di Luna e le altre calette, il mare è increspato dal vento e qualche onda comincia a crescere. E’ ora di andare a preparare cena.
Mi sveglio alle 6, tanto di più non riesco a dormire, i miei soliti esercizi alla spalla e via a preparare la colazione. Oggi si va a Baunei alla Punta Su Mulone a tentare la via Happiness.
I 50 km che separano Cala Gonone da Baunei sono tanti, ma la strada è perfetta (infatti è diventata una pista motociclistica!!!) e il panorama di tutto rispetto.
Per tutto il viaggio non facciamo altro che guardarci intorno e immaginare quante vie verrebbero fuori se avessimo il tempo di stare due/tre mesi. Ho portato il trapano, gli spit e una decina di soste, se abbiamo tempo magari ci facciamo un pensiero.
Dal parcheggio di Pedra Longa all’attacco della via predestinata ci mettiamo un pochino, ma ne vale la pena, lo sguardo è incollato alla parete alla nostra sinistra, dove sono state chiodate parecchie vie, e davanti abbiamo la Giradili, non potremmo chiedere di più.
Parto per il primo tiro, arrivo in sosta e recupero, i tiri si susseguono regolari ma da metà in poi arriva un vento patagonico mentre il nostro amico apritore – che Dio lo conservi a lungo e gli dia tanti spit! – aveva cominciato a “chiodare con la fionda”.
Certo, la roccia qui supera ampiamente l’Alchimista, roba che se la sognano anche a Kalymnos (sì, sono di parte… lo ammetto!). Il settimo tiro è una placca stupenda, una roccia che ha dell’incredibile ma gli spit sono eterni, la placca è il mio genere, non la temo ma questa mi fa riempire le mutande.
Raggiungo uno spit, mi fermo, guardo dove è piazzato l’altro… porco demonio, è lontanissimo!
Va beh, provo: ecco una tacchetta a sinistra, poi uno spalmo con il piede destro, spingo con il palmo della mano al centro e poi di nuovo a destra per prendere una piccola pinzata verticale, vado avanti zigzagando come un ubriaco per seguire il codice segreto che la roccia mi svela poco per volta.
Arrivo allo spit che avevo visto dal basso, respiro profondamente, grido al socio, che non mi sente perché il vento copre tutte le voci, che è un tiro fantastico e ricomincio il gioco.
Il successivo tiro è del Diretur, anche questo roba da 10 e lode, solo un pochino più “sporcato” dai cespugli di ginepro ma sempre con una roccia pazzesca.
Arriviamo in punta con il vento che ci ricorda che bisogna darsi una mossa se non vogliamo tornare con le frontali, sono pur sempre 9 doppie da scendere, pregando che non si debba risalire per recuperarne qualcuna.
Oggi Monte Oddeu.
Un posto che conserva la sua magia, vero che oramai tra il bar, il parcheggio per Tiscali e i fuori strada che vanno alle Gole di Gorropu, ci sta un discreto casino, ma appena si è sotto la parete tutto diventa secondario e si pensa solo ad arrampicare.
Abbiamo scelto Klettern Musik, una via recente che pare esigente il giusto.
A parte la solita partenza con il primo spit a dieci metri, il resto non è da meno: placche su placche e poi ancora placche con spit belli lunghi. Tiriamo fuori tutti i trucchi del mestiere per spalmarci come il burro sul pane tostato, gli alluci gridano il loro dolore ma sopportiamo come eroici guerrieri spartani votati al martirio.
I tiri sono lunghi come si usava una volta e va bene, così possiamo riposarci e guardare il socio che sale e soffre in silenzio – il Diretur – o io che salgo citando frasi celebri: “mi sbuccio ma non mi sfondo, chi vola vale, chi non vola è un vile, la placca è intelligenza motoria, la placca ti spacca”… sino all’urletto liberatorio alla Ondra.
Saranno solo 6 tiri, ma ci impieghiamo quasi mezza giornata per salire e ora ci tocca anche scendere non sulle doppie (troppo casino con piante e arbusti sulla via), ma a piedi.
La ricorderemo a lungo questa discesa con le scarpette di arrampicata ai piedi (le pedule non le avevamo portate dietro‼!), ed anche i nostri piedi se la ricorderanno a lungo ma, soprattutto, ce la faranno pagare.
Terzo giorno: oggi si va a Pedra Longa.
Arriviamo al parcheggio che è già un brulicare di arrampicatori ed escursionisti che, ognuno per gli affari suoi, si prepara, inoltre sembra di essere sulla torre di Babele, tante sono le lingue che si sentono.
Ci prepariamo anche noi, anche se io sono rapito da uno splendido lato B di una fanciulla spagnola che cerca di infilarsi l’imbrago con molta difficoltà, mi avvicino per aiutarla ma sono preceduto da un energumeno iperpalestrato che la prende di peso e la infila nell’imbrago come un sacco di patate. E niente… non c’è più l’attenzione di una volta, fossi arrivato prima del giovane ganzo, le avrei insegnato il modo elegante di infilarsi l’imbrago, l’avrei abbracciata per simulare i movimenti corretti per sfilarlo, sarei stato così gentile da mostrale il nodo a 8 con la filastrocca… e tanto altro ancora, ma il tempo della gentilezza è oramai passato di moda… peccato!
Il Diretur mi risveglia dalla delusione post-romantica che stava attanagliandomi e sparisce in un sentierino che risale la dorsale della parete per poi scendere a picco sulla scogliera.
Trovata la doppia che ci deposita sugli scogli in riva al mare, ecco la nostra via, Il richiamo del Mare, che parte con un bello e lungo traverso che finisce sullo spigolo della parete.
Si susseguono 7 tiri uno più bello dell’altro, con una roccia pazzesca che taglia i polpastrelli, con i piedi che dove li metti stanno, tanto è lavorato l’appoggio, si arrampica con vista mare e con il vento che si incazza come è suo solito. Ma siamo preparati, abbiamo l’abbigliamento supertecnico e questa volta non battiamo i denti.
Quarto giorno, oggi giochiamo in casa, si decide di rimanere a Cala Gonone, direzione la scogliera di Biddiriscottai per andare a ripetere la mitica Zanahoira.
Questa via volevo ripeterla parecchi anni fa, ma quando avevamo chiesto ai tipi che arrampicavano nel grottone dove si trovasse l’attacco ci avevano mandato dalla parte opposta.
Vero che la socia di allora era un’avvenente arrampicatrice dell’età di Gesù Cristo e che l’invidia è una brutta cosa, ma non è stato un bel gesto, ancor peggio perché è stato compiuto da gente che arrampicava.
Questa volta andiamo a colpo sicuro. Un’attrezzata e bella discesa ci deposita in riva al mare e poi ecco la via ma, soprattutto, ecco i due tunnel.
Come avrà fatto l’apritore a capire che si poteva passare nei tunnel e tirare una linea così originale, rimane un mistero.
Comincio io, sembra difficile ma poi le tacchette ci sono, la roccia non è proprio super ma l’ambiente eccezionale.
Arriva e riparte il Diretur, si infila nel primo “pertuso” della via, non lo vedo più ma sento la sua voce emettere suoni di cui non capisco, per ora, la ragione.
Le corde scorrono veloci, vuol dire che è arrivato in sosta, mi metto in assetto da guerra e parto anche io.
Ecco, ho capito i mugolii! Praticamente siamo come una sonda rettale in ispezione all’intestino tenue tra il guano dei gabbiani… alla faccia della via mitica!!!
Per fortuna si esce veloci e dopo il primo pertuso saliamo la parete tra cielo e mare, senza problemi di claustrofobia sino al secondo pertuso, leggermente più difficile ma anche decisamente più pulito dai liquami dei pennuti.
L’ultimo tiro me lo puppo io, e devo dire che lo considero anche il più bello della via: una fessura diedro in traverso, senza alcun segno di volatili.
Quinto giorno: si ritorna a Baunei, oramai la macchina va da sola, evitando le manzette che ogni tanto incrociamo sulla strada.
La via di oggi è Tre per tre, ne parlano bene ed è situata in una zona in cui non siamo mai stati, nonostante sia vicinissima alle falesie.
Sono 6 tiri su roccia eccellente e chiodatura alpina. Ci incuriosisce il commento all’ultimo tiro “placca verticale crepitante su roccia entusiasmante”. Confermiamo, soprattutto il termine crepitante, anche se io l’avrei descritta come “placca orgiastica”, tanto è bella e goduriosa!!!! Quasi quasi, scendiamo e la ripetiamo una seconda volta, ma il vento è talmente forte oggi che ci fa desistere.
Sesto giorno: la Direzione è sempre Baunei, ma questa volta saliamo al Golgo e poi prendiamo la sterrata sino all’ovile Deuspiggius. Oggi il vento ha cominciato a cantare presto e uscire dalla macchina e cambiarsi è già arduo. Scendiamo il sentiero sino alla cengia Giradili e arriviamo all’attacco della via. Il vento ora canta l’Aida, sarà anche un bel canto (sono tra le poche persone che amano il vento), ma è talmente forte e anche freddo che dobbiamo abbandonare l’idea di salire la via Parthenia. Oggi ha vinto “Messer Vento” e a noi tocca andare in falesia.
Settimo giorno: siamo di nuovo all’ovile, di nuovo alla cengia e questa volta si sale!
Siamo già in modalità antivento e pertanto non siamo sorpresi se questo soffia ancora con grande impeto. La via è bella, il buon Roberto Vigiani è una garanzia: nulla è scontato e ogni spit una conquista. Ogni tanto guardo alla mia destra le altre cordate sulla Giradili: alcuni sono su Mediterraneo, da questa angolatura sembra dritta come una pertica e lo faccio notare al Diretur. Tre anni fa ci eravamo noi su quella via, direi che ce la caviamo ancora nonostante gli “anta”.
Tra una cosa e l’altra continuiamo a salire e a un certo punto ci troviamo nella nebbia, cosa strana alquanto, ma cosi è! Sembra di stare in Sbarua ai Santi…
Usciti dalla via ricerchiamo il sentiero che ci riporterà all’ovile e, per fortuna, la nebbia sparisce e noi troviamo i primi ometti.
Ottavo giorno, destinazione Surtana. Surtana e il Supramonte, sono i posti che amo sopra tutti.
Non solo per le vie che ci riservano (uno scrigno di preziosi), ma per il carattere che sprigionano. Se dovessi scegliere un posto che mi rappresenti non avrei dubbi, le mie radici sono al Paese, ma la mia anima la vorrei posata su queste rocce, su questi sentieri, su questi boschi, su questi lecci contorti dal vento e bruciati dal sole.
I pilastri di Surtana hanno già alcuni alpinisti attaccati alla sua roccia unica e irripetibile, noi usciamo dal bosco e raggiungiamo il sentierino che corre sotto la parete sino a trovare la scritta, sbiadita, della nostra via: Semper onestu.
La roccia è perfetta, ogni volta che salgo questi pilastri mi stupisco di quanto il vento e la pioggia abbiano modellato la roccia; nulla di più bello, ruvido e tagliente hanno toccato le nostre mani. Oggi arrampichiamo in silenzio come se fossimo dentro una chiesa.
In punta ci fermiamo un attimo a guardare Tiscali, i boschi della vallata, le sculture di roccia scolpite dagli elementi della natura sull’altipiano. Mi siedo con le spalle alla parete e davanti a me la valle sino alle prime balze del Supramonte.
Anni fa ero in questo stesso luogo e una donna posava il suo capo sulla mia spalla, il ricordo si fa intenso, ma cerco di scacciare i rimpianti e conservare il sapore delle belle storie… è difficile, ma ne vale la pena.
Il Diretur ha pronte già le doppie, lo raggiungo e scendiamo, ma questa volta non ci facciamo mancare una bella corda incastrata su ginepro, però alla fine siamo anche contenti, che risalire su questa roccia è sempre una goduria.
Ultimo giorno: il traghetto parte alle 21 da Olbia, abbiamo ancora tempo per salire una via corta. Con Valerik, l’anno scorso eravamo andati a Cala Fuili per fare delle vie appena dentro la Codula.
Ci ritorniamo e non avendo la guida ci buttiamo su quella che ci ispira di più per il nome: La Pinna dello Squalo.
Alla fine tre doppie ci riportano a terra giusto in tempo per andare in spiaggia alla caletta, prendere un poco di sole e fare pediluvio ai nostri piedi che ora hanno detto “BASTA!!!”.
Il viaggio per Olbia decidiamo di farlo lungo la provinciale per vedere qualche parete e perché mi ricordo di un bellissimo pilastro che avevo tentato qualche anno fa.
Sulla nave, mentre guardiamo il panorama umano dei villeggianti al rientro, chiudiamo i conti su questo Pellegrinaggio in Sardegna anno 2024.
In dieci giorni abbiamo salito nove vie lunghe e trascorso una mezza giornata in falesia, abbiamo salito circa 65 tiri di corda, percorso 1700 Km, consumati 30 litri di Ichnusa e due carrelli della spesa al Supermercato, una pizzata con gli amici di Modena, tre lavatrici a pieno carico, medicinali e cerotti per i piedi distrutti, assenza di vita sociale (aperitivi, feste mondane, ecc.), ma solo birra e patatine alla fine della giornata, crollo fisico post-serale dopo cene rigorosamente di tradizione locale.
Che dire? Non aver tirato fuori il trapano ci manca un poco, ma i giorni erano contati e non potevamo/volevamo rinunciare ad arrampicare. Certo, con più tempo a disposizione si poteva fare anche una bella via nuova, di posti ne avevamo adocchiati parecchi e uno più bello dell’altro.
Ma non abbiamo rinunciato all’idea, ho anche in mente il nome da dargli, spero di convincere il Diretur ad accettarlo: Alaerru.
Perché questo nome? Beh, questa sarà un’altra storia da raccontare.
Relazioni delle vie
di Claudio Battezzati
L’Alchimista
Accesso: Da Cala Gonone sopra il campeggio seguire la strada in direzione Cala Osalla, fino all’uscita dal paese, salire diversi tornanti sino ad una diramazione sterrata sulla destra in direzione della falesia di Margheddie. Lo sterrato che si stacca a destra è chiuso al traffico. Parcheggiare al lato della strada, per chi volesse proseguire lungo la stretta strada sterrata, accertarsi che non vi siano grossi massi che ostacolano la percorrenza. Dal parcheggio proseguire a piedi lungo lo sterrato pianeggiante che passa sopra ai Grottoni di Biddiriscottai. A 30-40 m prima della fine dello sterrato (barriera steccato in legno punto panoramico), scendere a destra in corrispondenza di un ometto che indica il sentiero di discesa (30-40 minuti circa a piedi dalla macchina). Seguire il sentiero che scende in obliquo a sinistra verso la scogliera, dopo qualche minuto di discesa si intravede a destra una calata di discesa attrezzata con cartello in legno e scritta in lingua inglese NO BELAY: è una calata sopra la grotta, dunque NON CALARSI. Da lì continuare a scendere leggermente sul lato sinistro, sempre verso la scogliera, e scendendo un piccolo saltino, individuare a destra una piazzola e la sosta di calata con due resinati in titanio non collegati. I resinati delle soste al titanio sostituiti dopo la richiodatura della via non sono collegati, lasciati scollegati forse per problemi di compatibilità con altri metalli. Consigliamo di prevedere oltre al normale materiale di progressione, per agevolare la discesa e il recupero delle corde, di attrezzare in calata le soste con cordini e moschettoni aggiuntivi che verranno recuperati successivamente in salita.
Happiness
Accesso: dal paese di Baunei proseguire lungo la statale SS125 Orientale Sarda sino ad una deviazione a sinistra per Pedra Longa. Raggiungere Pedra Longa e al termine della strada parcheggiare. Dal parcheggio seguire, appena sopra il ristorante Trattoria Pedra Longa, la prima parte del sentiero Selvaggio Blu, e seguirlo per una decina di minuti sino a raggiungere e superare un cancello (da chiudere dopo il passaggio). Alcuni metri dopo il cancello lasciare il sentiero principale che prosegue in discesa, e prendere a sinistra una traccia di sentiero in salita che conduce sotto la parete e alla falesia Dinopark. Giunti ai piedi della parete costeggiarla verso destra e individuare l’attacco della via accanto a un pilastro staccato: la scritta “Happiness” è alla base. Sulla destra della via iniziano i monotiri della falesia Dinopark, (Il mio primo 8a, L’ho quasi fatta, Ho ragliato, ecc.). Altre tracce di sentiero si possono incontrare proseguendo lungo il sentiero Selvaggio Blu, più o meno agevoli, che salgono a sinistra verso la parete e alla falesia Dinopark.
Klettern Musik
Accesso: per chi proviene da Olbia/Dorgali seguire la SS125 verso sud. Per chi proviene da Cala Gonone dopo la galleria svoltare a sinistra e seguire la SS125. Per entrambe le provenienze, dopo qualche centinaio di metri dalla galleria per Cala Gonone, ad un bivio svoltare a destra in discesa seguendo l’indicazione per Tiscali/Gorropu che scende nella Valle dell’Oddoene. Continuare a scendere lungo la strada stretta e tortuosa seguendo sempre le indicazioni per Gola Gorropu/Tiscali sino ad arrivare ad un punto di ristoro con parcheggio. Dal parcheggio partono le visite guidate per le Gole di Gorropu e Tiscali. A scelta si può parcheggiare oppure proseguire attraversando un ponticello di nuova costruzione sul Rio Flumineddu, seguire la strada sterrata opposta alle indicazioni per le gole Gole di Gorropu verso destra in direzione Tiscali; seguendo sempre la sterrata e la recinzione a sinistra parcheggiare negli spazi presenti al lato della strada. Seguendo le indicazioni per Tiscali si segue il sentiero che entra nel bosco e sale in direzione della parete e costeggiare la recinzione sino al suo termine, dove un varco a sinistra permette di entrare all’interno della recinzione. Una traccia segnalata da ometti, che attraversa prima una pietraia e successivamente si addentra nella vegetazione, permette di costeggiare la base della parete: costeggiarla sino alla evidente grande placca grigia e a destra il diedro della via Alfredo Alfredo. La via attacca dopo il diedro della via Alfredo Alfredo, fra le vie Madame Bovary eCorri Coniglio Corri, 30 minuti dall’inizio del sentiero. Targhetta alla base, scritta illeggibile.
Il Richiamo del Mare
Accesso: L’accesso di questa via originariamente avveniva in corda doppia dall’alto della parete. Successivamente è stata attrezzata una variante fronte mare che parte da una rientranza basale della scogliera, che con un traverso di due tiri verso destra porta alla sosta numero uno della via.
Riportiamo solamente l’accesso a questa via che conduce alla sosta numero uno, tramite la variante di due tiri in traverso.
Dal parcheggio del ristorante Trattoria di Pedra Longa reperire fronte mare una traccia di sentiero in salita tra la vegetazione (non segnato) che conduce ad una cengia/sentiero non molto larga. Seguire questa cengia sempre fronte mare e prendere il sentiero che scende sino ad un caratteristico pilastrino staccato dalla parete. NON PROSEGUIRE a sinistra attraverso la parete e il pilastrino staccato, ma scendere a destra. Poco dopo è presente su una piazzola a sinistra una calata in corda doppia attrezzata, che conduce alla base di una rientranza tra le rocce basali al livello del mare. Salire frontalmente la parete in direzione di un cordone penzolante proteggendosi con gli spit di Cromosomi Corsari. Tralasciare gli spit che proseguono verticalmente e diagonalmente e traversare invece decisamente a destra seguendo gli spit posizionati orizzontalmente sino alla sosta, all’interno di una nicchia non visibile, dietro ad uno spigolo della parete. Proseguire sempre traversando verso destra, sino alla S1 sulla cengia dello spigolo della parete. Da questa sosta si può scendere sino alla Sosta zero a livello mare della via e risalire alla S1.
Zanahoria
Accesso: sopra il campeggio di Cala Gonone seguire la strada per Cala Osalla, uscire dal paese e dopo alcuni tornanti, dove una strada sterrata sulla destra chiusa al traffico prosegue dritta, parcheggiare .
Proseguire a piedi sul sentiero sterrato per poco più di 2 km. Poco prima di arrivare alla falesia Margheddie, alcuni ometti a destra segnalano l’inizio del sentiero che scende alla grotta del Millenium (nome scritto sulla roccia).
Seguire il sentiero che conduce alla grotta del Millenium. Non seguire il sentiero a sinistra che porta alla grotta, ma proseguire verso destra sino a superare un tratto ripido con l’ausilio di una piccola ferrata; dopo la ferrata proseguire sempre su sentiero (fronte mare) fino alla scogliera del mare.
L’attacco della via, dopo aver raggiunto gli scogli, si trova ad una ventina di metri a destra: individuare le due evidenti cavità a centro parete che caratterizzano il percorso della salita.
Tre per tre
Accesso: dalla statale SS125 proveniente da Dorgali prendere la deviazione a sinistra per Pedra Longa. Superato il passo continuare a scendere verso la Pedra Longa. Superato il parcheggio normalmente usato per la falesia Villaggio Gallico, arrivati al successivo tornante, si prende la strada sterrata a sinistra che si addentra nella vegetazione alla base delle pareti della Punta Su Mulone con cartello indicativo “Cava Litografica Su Stabilimentu“ edificio oramai abbandonato.
Lungo la strada sterrata che prosegue in piano sotto le pareti vi sono diversi slarghi per parcheggiare, consigliamo di proseguire fino a quello in prossimità di un ovile recintato o appena oltre fino al parcheggio della falesia Campo dei Miracoli, oppure alla Cava Litografica.
Lasciata l’auto si torna indietro di circa 100 m a piedi fino a incontrare una ripida e sconnessa strada sterrata che scende a sinistra, da non affrontare con auto normali. La si segue per alcuni tornanti per poi prendere un sentiero a sinistra lungo il quale si incontrano due cancelletti per gli animali, da chiudere dopo il passaggio.
Il sentiero prosegue fino sotto alle pareti della falesia Gocce di Natale, la via si trova oltre le ultime vie della falesia scendendo leggermente a destra sino ad arrivare alla base della via con scritta sbiadita Tre per Tre e gli spit che indicano la salita.
Sono presenti oltre alla via Tre per Tre due monotiri senza nomi, uno a sinistra e uno a destra della stessa.
Parthenia
Accesso alla Punta Giradili: da Baunei salire sull’altopiano del Golgo per strada asfaltata per 2,5 km circa, arrivati sull’altopiano prima di scendere, in vista dei cartelli indicatori turistici, prendere sulla destra la strada sterrata con cartello indicatore Loc. GennaOLidone Agriturismo Ovile Bertarelli Pta Ginnirco, e dopo altri 700 m prendere il bivio a destra in discesa con indicazione Ginnirco. Un cartello indicatore di attenzione strada percorribile solo con mezzi 4×4 è posto ad inizio della strada. Seguire la sterrata per 2,4 km prima in discesa e poi in salita, poco dopo il secondo tornante prendere a destra e posteggiare dopo 50 m prima del cancello dell’ovile Deuspiggius. Entrare a piedi nell’ovile aprendo e richiudendo il cancello, seguire la strada tenendo la destra fino a 50 m prima della stalla più bassa sotto le rocce; una traccia sulla destra porta ad un cancelletto nella recinzione, superarlo e richiuderlo. A questo punto siete sulla Cengia Giradili, seguirla in discesa per circa 20 minuti fino ad incontrare un altro cancelletto: superarlo e proseguire per circa 70 m e poco prima di un caratteristico passaggio sotto un grosso masso salire a sinistra su una traccia (ometto) per poche decine di metri sin sotto la parete (scritta con il nome dell’itinerario e ometto alla base).
Semper onestu
Accesso: per chi proviene da Olbia/Dorgali seguire la SS125 verso sud. Per chi proviene da Cala Gonone dopo la galleria svoltare a sinistra e seguire la SS125. Per entrambe le provenienze dopo qualche centinaio di metri dalla galleria per Cala Gonone ad un bivio svoltare a destra in discesa seguendo l’indicazione per Tiscali/Gorropu, che scende nella Valle dell’Oddoene. Continuare a scendere lungo la strada stretta e tortuosa seguendo sempre le indicazioni per Gola Gorropu/Tiscali. Sino ad arrivare ad un punto di ristoro con parcheggio. Dal parcheggio partono le visite guidate per le Gole di Gorropu e Tiscali. A scelta si può parcheggiare oppure proseguire attraversando un ponticello di nuova costruzione sul Rio Flumineddu, seguire la strada sterrata opposta alle indicazioni per le gole Gole di Gorropu verso destra in direzione Tiscali, seguire sempre la strada sterrata sino ad intercettare una deviazione sulla sinistra con cartello indicatore S’Iscala e Surtana, con piazzole di posteggio ai lati. Proseguire per il sentiero in ripida salita che con vari tornanti conduce nella vallata del Doloverre di Surtana, in una località denominata Palas de Puntale 295 m. All’inizio del vallone boschivo vi è una madonna all’interno di una nicchia votiva. Proseguire in piano e superare a sinistra una zona picnic, prima che il sentiero inizi a scendere in corrispondenza di un grosso ometto sulla destra; seguire la traccia che entra nella vegetazione in direzione della parete. Costeggiare la parete e oltrepassare la via sul VII pilastro The Sound of Silence, continuare brevemente ancora a sinistra sino a raggiungere il pilastro VIII dove inizia la via a pochi metri a sinistra della via Cervo di Piazza. In prossimità di alcuni alberi, un ometto su una piazzola e una sigla “SO” sulla parete indicano la via di salita.
La Pinna dello Squalo
Accesso: Dalla rotonda di Cala Gonone seguire la strada che verso sud porta per Cala Fuili e seguirla fino al termine. Non parcheggiare nello slargo dove questa finisce, perché la rotonda serve per l’inversione di marcia delle autovetture e la multa è assicurata. Parcheggiare lungo la strada all’interno della striscia. Al termine della strada un sentiero scalinato porta alla spiaggia. Alla base della scalinata svoltando a sinistra/est si arriva a Cala Fuili e al mare. Girare a destra/ovest su sentiero ben segnalato, che entra nella zona conosciuta come Codula Fuili. Un breve avvicinamento di 10 minuti porta sulla destra (lato nord/ovest del canyon) al Pilastro del Cannonau.
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Il y a toujours un petit plus dans l’ambiance, quand on grimpe au-dessus de la mer
Vero che c’era una via di Marampon che nella parte alta ha dei chiodi a pressione. Ce n’era anche una mia che saliva il torrione appoggiato alla Pedralonga, lato mare (est), nella parte interna, ovvero tra il torrione e la Pedralonga, lungo il lato leggermente strapiombante. Nella parte alta seguiva dei diedri fessurati (max V grado, credo)e vegetati. L’avevo aperta da solo nel 1982 e poi ripetuta come guida con due anziane signore, nel 1990. Ricordo che c’era il mare molto agitato e che usammo un piccolo canotto in cui mettemmo gli zaini chiusi dentro a un sacchetto per immondizie condominiali. Sbarcare sugli scogli a nuoto fu molto avventuroso. Così come lo fu la nuotata durante la quale le sue signore mi si avvinghiarono spaventate facendomi convincere che saremmo affogati sicuramente tutti e tre. La via la salimmo piacevolmente e io avevo il canotto opportunamente sgonfiato nello zaino. Una delle signore fece cadere un blocco di roccia grande come un Ford Transit che sfiorò la sua amica sottostante e che si disgregò esplodendo sugli scogli basali. C’era vento fortissimo e i gabbiani urlavano come lupi. A me la situazione piaceva.
Domanda: ma sullo spigolo della Pedra Longa non c’era una via a chiodi di Marampon?
Dopodiché lo sviluppo della parte verticale tutta diritta (tralasciando il traverso) mi sembra esagerato: 190 mt per una cima quotata 128 mt!
Fatte quasi tutte nello stesso periodo di quest’anno… Sardegna <3
Dunque il pellegrinaggio nei luoghi della bellezza evita la profanazione della montagna o della natura in generale senza ricorrere ai divieti del modello Monveso.
Mannaggia! Pare la pubblicità dei rotoloni Regina.