Colao meravigliao
di Ugo Mattei
Nella relazione nota col nome “Piano Colao”, la task force a guida del dirigente d’azienda bresciano non si spende in contenuti copiosi, ma limita il proprio operato a sole cinquantatré, misere, pagine. Una manciata di righe: un risultato povero, nella forma e nei contenuti.
Petizioni di principio grossolane e composte di pressappochismo compongono i tasselli della ripresa, secondo gli esperti lautamente compensati dall’Erario e voluti dal Governo.
La forma linguistica e’ imbarazzantemente zeppa di inglese neoliberal, dunque pateticamente provinciale (del resto i soli professori coinvolti nella task force sono expatriates italiani che nel nostro paese non hanno mai vinto una cattedra!). Essa e’ inoltre tronfia e degna del Volo dei primi libretti (in termini, si nota un uso smodato – in così poche pagine – del vocabolo resilienza, che il citato Autore, in effetti, ebbe a far rivivere); non meno, v’è da notare che obiettivi e scopi del piano di rilancio risultano soltanto tratteggiati. Tutti, eccetto uno: le telecomunicazioni, che nella visione della task force sono sineddoche delle infrastrutture tout court! Altro che il desiderabile grande piano di piccole opere per la messa in sicurezza del territorio…
Era lecito attendersi, da un organismo privato cha ha soppiantato la funzione costituzionale del CNEL (che pure gli Italiani avevano difeso nel 2016 bocciando la riforma costituzionale Renzi) almeno una dettagliata messa a punto degli interventi, delle strategie e dei meccanismi di ripresa suggeriti, non un superfluo documento, del tutto inidoneo a giustificare la nomina dei commissari e a render conto del lavoro svolto (?).
In ogni caso, già nella loro individuazione, gli scopi indicati nel documento appaiono allarmanti.
Tralasciando il paragrafo dedicato all’inclusione sociale, senza dubbio il più povero e preoccupante, con riguardo al tema ambiente, che in questa sede ci occupa, va dato conto che in tutta la relazione, se si eccettuano titolo e sommario, è dato leggere tre sole volte il termine ambiente: singolare!
Per un Paese che fa del territorio la propria forza più magnificente, che ricava dall’investimento ambientale e turistico, in senso lato, lo sbocco più imponente in chiave economica; un Paese dalle coste meravigliose (già violentate) e delle terre alte, in cui la tutela ambientale si intreccia in un nodo stringente con le produzioni più rilevanti (alimentari, gastronomiche, culinarie), vera ricchezza dell’Italia. Per questo Paese non una parola è spesa a sostegno di politiche di incentivo e cura, ovvero di concreto supporto all’ambiente.
Per franchezza, è dato leggere che la crisi “offre un’opportunità storica per affrontare le fragilità esistenti, rafforzare la resilienza del sistema socioeconomico, e favorirne l’evoluzione verso una maggiore sostenibilità” anche ambientale. Ma poi basta.
Non appare sufficiente il richiamo alla Comunicazione della Commissione Europea dello scorso 27 maggio 2020, di cui condivide la natura: un coacervo di petizioni di principio!
Ma cosa c’è dietro, allora, a questi programmi vaghi e a spettro ampio, ma sprovvisti di dettaglio, in quei pochi ambiti in cui esso consente una valutazione estrinseca sui contenuti? Questo, appunto: la vaghezza sottrae il programma, il documento, al controllo.
Sosteneva Norberto Bobbio, del resto, che il potere oscuro è autoritario, con ciò intendendo anche quello che non è visibile, verificabile, nella sua attuazione.
E certo non servono 2.000,00 Euro al giorno, questa la somma pagata secondo i giornali del professionismo dell’informazione sedicente, per sapere che l’ambiente va tutelato e che le risorse devono essere impiegate nell’implementazione di strutture serventi alla popolazione, affinché si muova nel senso del miglioramento sociale.
Nihil novi sub sole; c’è la Costituzione a far da monito. Da oltre sessanta anni, tuttavia, inascoltata e inattuata. Sgòmita, infatti, con i propri principi – e qui sì, irrinunciabili! – tra le norme positive che non Le danno attuazione, ma anzi la biecano, la violentano quotidianamente senza che nemmeno più ci si faccia caso.
Tutto è normale, doveroso in ragione d’altro, ma che cosa, di altro, consente la frustrazione e il pregiudizio dei diritti fondamentali degli uomini delle donne, della natura e delle generazioni future? Forse interessi particolari, come quelli nemmeno troppo nascosti del dirigente ex Vodafone, oggi Verizon, il quale – guarda caso – occupandosi per mestiere di forniture di banda larga, esprime nel suo piano solo una soluzione a chiare lettere da adottare: implementare la diffusione delle reti 5G.
Epperò, del 5G, a dire il vero, la comunità scientifica oggi tanto in voga ci sa spiegare ben poco; esattamente come accadeva qualche decina di anni or sono con l’eternite e con le altre sostanze tossiche, che venivano sversate in aria e acqua tra la ignara popolazione, in ragione e sempre ancora del profitto. Non si sa per certo della pericolosità o meno per l’ambiente; non si sa della pericolosità o meno per la salute.
Ma la formulazione semplicistica dei piani di intervento conforta proprio gli interessi settoriali, che viaggiano incuranti del mondo, illo tempore.
Sottesa alla tanto trasversalmente invocata semplificazione riposa, invero, una ratio ancipite, a doppia faccia: l’efficientamento, bramato dai tecnocrati, che individuano nella burocrazia (“lacci e lacciuoli”, siamo di nuovo a Guido Carli) il male magno della società, come se non vi fossero questioni di primaria importanza eccetto quelle, è il contraltare retorico e anche demagogico, dello svuotamento delle tutele.
Semplificare non sempre significa sveltire positivamente, talvolta è un impoverire, spesso è rendere il maneggio immune dalla giurisdizione. Ciò implica sbrigliare il potere e il dilagare degli eccessi e degli abusi. Il potere invece va controllato, con regole e principii, per esempio inserendo la tutela dei beni comuni e delle generazioni future direttamente nel Codice Civile, come richiesto da 51.700 firmatari della Legge di Iniziativa Popolare del Comitato Rodotà.
In controtendenza con la regolamentazione che, quando non ottusa, dà prova di buon andamento e cura concreta ed efficace degli interessi generali, l’autoritarismo del potere è pronto a imperversare laddove non arginato da una normativa stringente, di procedimentalizzazione, che accompagna l’esercizio del potere in ogni sua fase, rendendolo trasparente e chiaro, dunque controllabile.
Ecco come, sapientemente, si manovra il linguaggio, compiendo una retorica sorprendente: si fissa lo scopo di tutela dell’ambiente e lo si annienta, al contempo, mentre nessuno può vederlo, poiché niente di come lo si intende raggiungere v’è d’espresso.
Un ambiente messo al bando, mercificato, distrutto nonostante si professi il contrario. Del resto, è la stessa task force a dichiarare apertamente di scorgere nell’esperienza CoViD-19 “un’occasione unica per trasformare in profondità il nostro Paese”. Ma l’occasione è ghiotta per chi, verrebbe da chiedersi, per la popolazione o per la compagnia di comunicazione che dirige e a cui rende un grosso servigio questo piano?
Pare, piuttosto, doveroso si sia noi, cittadini e uomini, a non perderla questa occasione di risveglio coscienziale!
Scarica qui il documento integrale in pdf del Piano Colao.
4
La burocrazia ha un doppio valore, culturale e sociale. Da un lato è l’espressione di uno stato non ordinato, bensì diffidente: è così dall’unità d’Italia e non ha fatto altro che ridursi a sistema, soprattutto dove la tassazione (anche minima ma presente) ne giustifica presenza ed eccessi.
In secondo luogo è la ragione stessa del lavoro di migliaia di dipendenti pubblici, che sarebbe spesso altrimenti problematico ricollocare.
Scusate ma qualcuno ricorda la genesi della Commissione Colao (voluta da Mattarella ndr) ,di come dovesse essere un think tank snello costruito da Colao ed invece il buon Conte lo ha infarcito di burocrati, psicologi, sociologi e ogni altra sorta di inutili ciarpami per sabotarne il risultato ? Dai commenti direi che il Premier ha centrato l’obiettivo !
Non entro nel merito delle varie osservazioni, alcune quantomeno discutibili, ma mi limito a far notare che la semplificazione tanto auspicata è quella che applica le norme che europee che in tutti gli altri paesi vengono trasformate in legge senza ulteriori complicazioni burocratiche, o che garantisce il cittadino davanti alle inadempienze della PA per cui se c’è un obbligo di risposta in 45 gg, il richiedente non viene comunque obbligato ad attendere silentemente magari per 18 mesi; insomma, nulla a che vedere con i paventati assalti tecnocratici alle tutele ma solo un po’ più di rispetto per noi cittadini/sudditi.
se non verrano diminuiti e semplificati gli adempimenti, hai voglia te di informatizzare e digitalizzare…
La sera alla televisione i soliti annunci di semplificazione. Al mattino un’altro adempimento, che poi ogni ente lo vuole a modo suo.
Siamo un paese di burocrati. L’informatizzazione migliorerà sicuramente ma resteremo dei burocrati incalliti a schiantare davanti allo schermo del PC.
ho letto alcuni paragrafi del piano Colao ,il 23 -semplificazione PA- e il 64 -piano digitalizzazione PA. Manca completamente un paragrafo dedicato alla digitalizzazione dei privati.Come si ritiene di eliminare la burocratizzazione,di incentivare il processo di trasformazione digitale,promuovere l’uso generalizzato di PagoPA,SPID,app-IO,CIE se prima non si pensa all’informatizzazione dei cittadini, dotando gli stessi di strumenti idonei a sostenere il rapporto diretto con la PA.Prendiamo ad esempio le multe,che dal 2018 devono essere notificate al privato tramite PEC.Vai a spiegare al pensionato settantenne che guida l’auto che deve dotarsi di una PEC,quando forse non sa nemmeno usare un pc.E che può inoltrare una domanda amministrativa in via telematica alla quale può seguire un silenzio-assenso,se prima non gli si fornisce un’adeguata istruzione informatica?.Si pensa solo alla PA,ed ai cittadini chi pensa? In ogni caso le azioni specifiche del Piano Colao potevano anche essere stilate da un qualsiasi diligente funzionario ministeriale: sembrano idee che un qualsiasi studente universitario poteva inserire nella sua tesi di laurea sul miglioramento della P.A. Se per formare questo elenco di buoni propositi hanno chiamato un nucleo di esperti strapagati,potevano dirigere i soldi pubblici diversamente: per esempio pagare tutti gli arretrati della cassa integrazione.