Precursori del VI grado nel gruppo del Catinaccio

Precursori del VI grado nel gruppo del Catinaccio
di Antonio Bernard (da Annuario CAAI 2007-2008 per gentile concessione)

1910, 3 ottobre: di buon mattino, due persone salgono verso la base della Torre Delago, con l’intenzione di vincere quella slanciata e inviolata parete nord-ovest che tante volte hanno ammirato dai prati di Plafètch, prossimi al loro paese natale. Sono due guide di Tires, localmente molto stimate, anche se non facenti parte dell’élite alpinistica di quegli anni: i loro nomi sono Franz Wenter e Franz Schroffenegger. Nel tardo pomeriggio, i 450 metri di quel verticale precipizio che sovrasta la conca di Pra Catinaccio sono ormai quasi del tutto sotto i loro piedi. Solo un lungo tiro di corda li separa dalla vetta. Potrebbero proseguire diritti, come faranno poi i rari ripetitori, e uscire più agevolmente per la fessura Pichl, in quegli anni celebre e a loro ben nota, ma preferiscono trovare un percorso che sia autonomo dall’inizio alla fine. Così, provano a esplorare verso destra un’esile cengia che li porta, dopo aver aggirato un aereo spigolo, sul versante ovest. Qui si presenta loro una fessura-diedro, chiusa da strapiombanti strozzature. Senza esitazioni l’attaccano e per essa giungono in cima, forse senza usare alcuna forma di protezione.

1959, 30 agosto: allo spuntar della luce, Dietrich Hasse e Sepp Schrott hanno appena terminato il loro bivacco su una cengia della parete nord-ovest della Torre Delago, poco sotto la vetta. Sono due alpinisti fortissimi: specialmente il primo è famoso per aver vinto l’anno prima sia gli strapiombi della Ovest della Roda di Vaél che quelli della parete nord della Cima Grande di Lavaredo. Fra il posto del loro bivacco e la vetta incombe un muro giallo, friabile e strapiombante. Così decidono di percorrere per alcuni metri verso destra la cengia sulla quale hanno bivaccato: al suo termine trovano un punto vulnerabile e, con l’ausilio di 6 chiodi di protezione, vincono gli ultimi 40 metri, superando difficoltà che giudicano di sesto grado.

L’immagine ritrae il gruppo delle guide alpine di Tires (circa 1910): Franz Wenter è seduto, Franz Schroffenegger è in prima fila, secondo da destra
Precursori-VI-Catinaccio-schroffenegger-geschichte-und-tradition

1994, luglio: nel tardo pomeriggio, il sottoscritto si trova assieme a un amico, nel corso di una ripetizione della “Hasse-Schrott”, sulla stessa cengia dove bivaccarono i primi salitori. È un giorno che si rivelerà poi tristissimo, poiché al ritorno in valle sapremo che, alla stessa ora in cui ci trovavamo su quella cengia, l’amico Graziano Maffei cessava di vivere sulla Marmolada, tradito da un invisibile crepaccio. Ma noi questo ancora non lo sappiamo, sereni e soddisfatti della salita che sta per concludersi.

“Dove porterà questa cengia verso sinistra?”.

Il tempo per assecondare la curiosità c’è tutto, per cui mi sposto in quella direzione per una rapida esplorazione. La sottile cengia porta al di sotto della fessura Pichl e giunge alla sosta della “Schroffenegger-Wenter”. Quindi ritorno a destra, notando che non vi sono altre uscite possibili verso la vetta. Raggiungiamo allora la cima per l’unico punto percorribile: quello della via “Hasse-Schrott”. In conclusione: nel 1910, Wenter e Schroffenegger non possono che aver percorso il medesimo tratto di parete successivamente salito da Hasse e Schrott, superando difficoltà giudicate poi da tutti di sesto grado!

1910, 5 ottobre: soltanto due giorni dopo, Wenter e Schroffenegger sono ancora impegnati nell’apertura di una via, questa volta sull’imponente parete nord della Croda di Re Laurino. Il loro progetto è quello di vincere una serie di camini e fessure che la tagliano diagonalmente, nella sua parte inferiore, da destra verso sinistra. A circa un terzo della salita pervengono a una grotta quadrangolare, entro la quale un masso incastrato offre possibilità di assicurazione. Uscire diretti dalla grotta non è possibile, ma appena alla sua sinistra si presenta un camino sempre più stretto, che diventa infine una fessura assolutamente liscia. Con grande fatica i due si innalzano, poco alla volta e per pura aderenza, lungo questa fessura di circa 22 metri, che giudicano di “difficoltà eccezionale”. Da qui in poi, la parete non presenta più seri problemi ed essi pervengono in vetta, dopo aver superato in sole quattro ore e mezzo gli oltre 500 metri di dislivello.

Fine anni ’80: l’accademico bolzanino Roberto Rossin si trova sulla stessa fessura di 22 metri, con un amico. Non si hanno notizie precise di ripetizioni, anche se la via dovrebbe essere stata ripresa in precedenza da Erich Abram e, forse, da pochissimi altri. Chi conosce Rossin sa che non è un alpinista abituato a sopravalutare le difficoltà che incontra, tutt’altro. Ebbene, egli racconta di aver incontrato in quella fessura difficoltà tali da fargli dubitare, sul momento, che potesse essere stata già salita in precedenza. Ogni dubbio, però, viene presto dissipato, ormai verso il termine della lunghezza di corda, da un vecchissimo chiodo artigianale, sul tipo di quelli confezionati all’inizio del ‘900: certamente un chiodo delle due guide di Tires. Nessun dubbio, la fessura è da ritenersi di sesto grado (nella guida di Arturo Tanesini Sassolungo, Catinaccio, Làtemar, CAI-TCI, 1942, il passaggio è arbitrariamente valutato di IV+, NdR).

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1911, 30 luglio: un diciottenne è appena giunto per la prima volta nelle Dolomiti, provenendo dalla sua Baviera. Non gli piace perdere tempo: già nello stesso giorno del suo arrivo, il 29 luglio, sale per la prima volta la Torre di Dona. Quindi il 30 luglio, dopo aver pernottato al rifugio d’Antermoia, ultimato in quello stesso anno, apre da solo una via nuova sulla parete sud della Torre del Lago. Non appena disceso riparte, nella medesima giornata, con Hans Kämmerer e vince la gialla parete sud della Croda del Lago, che si specchia nelle acque del lago d’Antermoia. Questo giovanissimo alpinista risponde al nome di Hans Dülfer.

1956, 15 agosto: dopo la ripetizione della via (1943) da parte di due alpinisti tedeschi, la guida Franz Aichner si porta all’attacco della via di Dülfer alla Croda del Lago, assieme ad un cliente tedesco. Al ritorno lascia scritto nel libro del rifugio che la via presenta un tratto di VI grado, nel quale ha lasciato infissi alcuni chiodi; la stessa guida sfida chi non credesse a questa valutazione a ripetere la salita. L’itinerario è in seguito ripreso raramente ma tutti i ripetitori preferiscono seguire una più logica variante diretta in corrispondenza della sezione giudicata di VI. Il tratto originale, quindi, non risulta più percorso dopo Aichner.

La parete sud della Croda del Lago vista dal rifugio Antermoia
Rif. Antermoia e Croda del Lago

2005,14 luglio: durante sopralluoghi per la compilazione della mia Nuova guida del Catinaccio, uscita nel 2008, decido di raccogliere la sfida lanciata da Aichner, visionando l’itinerario originale. Almo Giambisi, noto alpinista himalayano e gestore del rifugio Antermoia, è felice di accompagnarmi sulla gialla parete che vede tutti i giorni sopra il suo rifugio, anche se è privo di ogni allenamento. Partiamo, ci innalziamo con cautela lungo roccia pessima. Giunti al punto in cui la variante tracciata dai ripetitori prosegue diretta, attraversiamo a sinistra a ricercare il percorso originale. Qui si presenta una strapiombante pancia solcata da una fessura-diedro, vinta la quale pare cessare ogni difficoltà. Protetto dai chiodi infissi da Aichner, mi innalzo in spaccata. Ma, oltre la pancia, una sorpresa mi attende: un tetto, non visibile dal basso in quanto nascosto dalla bombatura della parete, mi obbliga alla stessa scelta che fu anche quella di Dülfer: aggirarlo per il muro nerastro di destra oppure tentare di ridiscendere. Avendo a disposizione mezzi tecnici più moderni, decido di proseguire, come fece al tempo Dülfer, probabilmente senza avere messo alcuna protezione. Gli otto metri che seguono non hanno difficoltà inferiori a quelle di vari “6a” incontrati in falesia, solo che qui non ci sono chiodi, né tanto meno spit! Sono comunque più impegnativi del noto passaggio sul diedro Dülfer al Catinaccio d’Antermoia, per il quale qualcuno ha già scomodato il VI grado.

Antonio Bernard (a destra) con Alessandro Gogna in vetta alla Pietra di Bismantova dopo la 1a ascensione della via del GAB, 10 giugno 1968Pietra di Bismantova, 1a asc. via del GAB, 8-10.06.1968. A. Gogna e A. Bernard in vetta

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Precursori del VI grado nel gruppo del Catinaccio ultima modifica: 2015-12-20T05:36:20+01:00 da GognaBlog

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4 pensieri su “Precursori del VI grado nel gruppo del Catinaccio”

  1. Giando, quasi (la certezza non è di questo mondo) sicuramente le stesse cose che fanno gli alpinisti di oggi…
    Che certe scalate siano comunque difficili anche a distanza di anni è un fatto, ma che i livelli si siano esponenzialmente alzati anche…

  2. Alcune curiosità storiche su uno dei gruppi che più ho frequentato e che amo:
    1911- terza ripetizione della Schrofenegger-Wenter da parte delle Guide Tita Piaz e Francesco Jori con tre clienti, seguiti da Paul Preuss slegato che ne compie la quarta.
    Nel 2010 sulle tracce di Preuss, salgo slegato la stessa via e devo dire che la fessura finale ed il tiro successivo sono molto più vicini al sesto grado, che al quinto superiore, mi ha stupito fortemente come nel 1910 questi due fortissimi scalatori di Tires abbiamo saputo uscire da lì, visto che passando a sinistra si raggiunge facilmente una forcellina che permette di spostarsi sul versante ovest, variante che gli stessi aprirono più tardi. Avevo già ripetuto alcune salite della coppia “diabolica” trovandole ben impegnative pensando all’epoca in cui vennero aperte ma quella fessura le supera tutte! (Relazione completa pubblicata su “Emozioni verticali”)
    Della sua ascensione alla Torre Delago che lui stesso giudica la più bella che abbia mai aperto, Franz Hasse scrive: “Tempo fa il 7° grado non c’era solo sulla diretta della parete Nord della Cima Grande (sgradato poi a 6°+) o sulla via degli svizzeri alla Cima Ovest ma anche su altre vie delle Dolomitiche io ho percorso. La prima metà della della lunghezza di corda sotto la grande cengia della parete nord della Torrre Delago dovrebbe ancora oggi essere di 7°/A3” e credetegli…!
    Piccolo appunto in più a questo bell’articolo:
    uno dei massimi esploratori del gruppo a mio avviso, fu Tullio Pederiva papà di Bruno e fratello di Fabio, che salì alcuni dei più bei problemi del gruppo e superò difficoltà che all’epoca facevano rizzare i capelli, senza tanti chiodi o amentià varie, basta salire la sua fessura alla Roda del Diavolo pere rendersene conto…!

  3. La foto che conclude il post mi ha sorpreso ed emozionato. Antonio Bernard è stato il mio primo “maestro di alpinismo” in un corso per istruttori sezionali nel 1977, tenuto alla Pietra di Bismantova. In quegli anni, nella mia ingernuità di principiante, credevo che gli alpinisti forti fossero tutti grandi, grossi e nerboruti. La vista di Antonio Bernard mi stupì, ma ancora di più mi sorpresi nel vederlo arrampicare in una fase dimostrativa di quel corso e capii, senza bisogno di parole, che arrampicare non era solo forza ma soprattutto tecnica. Ad Antonio Bernard sono riconoscente per quanto ha saputo darmi per “orientare” la mia formazione alpinistica.

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