Randonnée-Alpinisme

Randonnée Alpinisme: sempre in itinere
di Carlo Crovella

Ho approfittato del lockdown della primavera 2020 anche per rimettere ordine in una massa informe di documentazione “di montagna”.

A parte i libri e le riviste, che sono organizzati con una certa sistematicità, nel mio studio vi è una cassapanca piena di un’indescrivibile quantità di depliant, pubblicità, bollettini, appunti, informative varie. Tutto accumulato alla rinfusa. Si tratta di documenti che ho preso qua e là, attirato dalla curiosità del momento e poi li ho accumulati su quella scrivania, decennio dopo decennio. Nonostante la datazione di molti documenti, sono restio a liberarmene, ne sono geloso e possessivo. Per evitare di imbattermi in scelte, emotivamente dolorose, del tipo “questo lo tengo o lo butto?”, finora ho sistematicamente evitato di mettere le mani su tale matassa. Alla fine però è prevalsa la curiosità, cioè tornare ad avere fra le mani documenti che esprimono visioni e parametri di altri periodi storici.

Fruga fruga, mi sono imbattuto un numero speciale (estate 1987) di La Montagne & Alpinisme, la celebre rivista del CAF.

La Montagne & Alpinisme: copertina numero speciale Estate 1987

Il numero raccoglie tutte le iniziative che erano in calendario per quell’estate su iniziativa delle sezioni del CAF (tra l’altro mi ha colpito quanto fosse una fucina di idee la Sezione parigina, considerata che si trova a quasi 1000 km dalle Alpi!).

Nel documento i singoli programmi sono stati raggruppati in diversi capitoli, identificati dalle principali attività che si possono svolgere in montagna: alpinismo, arrampicata, escursionismo…

Tra queste attività ha assunto una propria individualità, con tanto di articolo introduttivo, quella che i francesi hanno chiamato Randonnée-Alpinisme. E’ un’attività con caratteristiche concettualmente ben marcate, ma difficili da delimitare in modo univoco: non è ancora alpinismo, ma non è già più un semplice escursionismo. Si svolge (specie nel periodo estivo) a quote relativamente elevate, con tutte le incognite del caso (specie meteorologiche e di orientamento), e prevede il superamento di punti delicati e pericolosi, dove i singoli individui debbono sapersela cavare con le tecniche alpinistiche.

Haute Route Ailefroide-Barre des Écrins: il Pelvoux visto dal Glacier Blanc. Foto: Pierre Roule.

L’articolo ha immediatamente attirato la mia curiosità, perché questa attività è una fra le mie preferite. Mi affretto a precisare: ho vissuto ripetute fasi di passione per l’arrampicata in senso stretto, sia in media che in alta montagna (molto raramente per le falesie a monotiri, più spiccatamente invece per le vie di più tiri). Ma nella Randonée-Alpinisme è in gioco un’altra variabile: quella di sentirsi sempre in itinere, cioè sempre in movimento.

In effetti nei mie decenni di attività, è l’esplorazione la vera molla che mi smuove. Esplorare, oggi come oggi, non significa addentrarsi in un luogo per la prima volta della storia dell’umanità. Orami in Europa, e nelle Alpi in modo specifico, non c’è quasi più nulla che potrebbe rispondere a questi parametri.

Esplorare significa “vedere per la prima volta a titolo personale”, cioè non esserci stato prima. E poi “esplorare” significa, almeno per la mia mentalità, condividere, attraverso la stesura di articoli e altri documenti, cime e valloni evidentemente un po’ fuori mano (altrimenti li conoscerebbero tutti a menadito).

Tour del Valgaudemar: vetta del Sirac e il Lago di Vallonpierre. Foto: Pierre Roule.

Alla ricerca di luoghi che possano offrirmi queste caratteristiche mi sento sempre in cammino. Lo sono anche a tavolino, perché stendo l’articolo sul luogo appena visitato oppure analizzo cartine e libri per la prossima uscita, il tutto inserito in un “dai e vai” che rilancia attività sul terreno con attività di studio. Come sosteneva Massimo Mila, l’alpinismo – termine che io intendo come l’andar in montagna, nelle sue diverse sfaccettature – è una delle poche attività umane in cui si fondono insieme pensiero e azione.

La possibilità di valicare colli e creste, specie per più giorni consecutivamente, è quindi strumentale al driver dell’esplorazione. Non a caso è una caratteristica che ha spesso determinato le mie preferenze, sia con gli sci durante la stagione innevata che con le pedule o gli scarponi negli altri mesi dell’anno.

Ma perché chiamare questa attività proprio Randonnée-Alpinisme? Non basterebbe la semplice definizione di escursionismo?

Tour de la Meije: il Col du Replat. Foto: Pierre Roule.

In effetti non mi sento per nulla sminuito quando mi capita di camminare su percorsi tecnicamente molto facili, per esempio seguendo le ondulazioni collinari o i tratti di costa poco antropizzati. In piena estate, però, se riesco ad aggiungerci un po’ di “pepe” alpinistico, il risultato certo non ne esce ridimensionato, anzi. Crestine rocciose oppure innevate, colli impervi, attraversamento di ghiacciai, il tutto a quote complessivamente elevate, con annessi problemi di orientamento, possibile tempo avverso, isolamento e relativa autonomia logistica e di assistenza.

Non si tratta certo di un’attività inedita. L’articolo del 1987 si propone di suscitare curiosità nei lettori di allora, esprimendo considerazioni e valutazioni che oggi possono apparire un po’ ingenue, ma occorre contestualizzarle, appunto, alla realtà del 1987.

Resta un concetto di fondo: a parte tutto il resto, questa attività è un gran bel modo di vivere la montagna. Inoltre sapersi organizzare su percorsi plurigiornalieri è, logisticamente parlando, a volte più complicato che salire una via di roccia, tecnicamente difficile, ma fattibile in giornata grazie agli impianti o ad altre agevolazioni antropiche. Negli itinerari molto battuti, poi, si è inseriti in una processione umana che da un lato offre una rete di sicurezza in caso di incidente, ma dall’altro annulla completamente il senso della montagna. Quest’ultimo invece è il vero elemento che contraddistingue la Randonnée-Alpinisme.

Dove svolgere questa attività? Evidentemente non ci sono limiti. Grazie alla sete di conoscenza, nella mia esperienza personale mi sono anche spinto verso oriente fino alle Alpi austriache, pur avendo battuto a dovere il nord ovest alpino per evidenti questioni di prossimità geografica.

Tour del Monviso: i couloir della Nord del Viso visti dalle Cadreghe. Foto: Pierre Roule.

La recente esperienza dell’epidemia conferma il carattere d’attualità di questa attività: a seconda dell’indole personale, la si può affrontare addirittura in solitaria (con i connessi rischi in caso di incidenti) o in piccolissimi gruppi: l’ipotesi ottimale è 3-4 persone. Oppure si possono formare comitive anche più consistenti: in ogni caso occorre rispettare sempre le distante previste e tutte le norme comportamentali, sia durante la marcia che nelle soste diurne o serali.

Un’ultima osservazione, sempre conseguente alla recente esperienza del virus. Come prevedere i pernottamenti? In rifugio o totalmente al di fuori del relativo circuito? Molto dipenderà dall’evoluzione della situazione generale. Potersi appoggiare ai rifugi “di montagna” (cioè non agli anonimi hotel stellati che orami sono, purtroppo, così numerosi) è di per sé una bella esperienza e inoltre permette di muoversi con carichi relativamente contenuti.

Parallelamente però chi desidera vivere fino in fondo l’immersione nell’ambiente naturale non può esimersi dal provare, almeno una volta nella vita, un trekking in quota con pernottamenti in tenda, dormendo lontano da ogni punto d’appoggio. Per esempio dormire in riva a un lago a 2500 m, sentire gli animali di notte, svegliarsi con il primo sole: beata solitudo, sola beatitudine.

Per tutte queste esigenze possono tornare utili i suggerimenti operativi che venivano segnalati già nel lontano 1987. Il documento francese si concentra sulle possibilità offerte dalle Alpi transalpine e dai Pirenei. Con le dovute verifiche sullo stato dei luoghi (considerato che sono trascorsi quasi 35 anni), si tratta di proposte “evergreen” capaci di regalare ampie soddisfazioni a chiunque.

Quanta strada in questi 50 anni… Archivio: Carlo Crovella.

Tali proposte possono incuriosire soprattutto chi non ha ancora messo piede nelle Alpi del Sud, cioè in quella porzione alpina e prealpina che va dal massiccio del Delfinato (compreso) in giù. Nonostante le quote a volte elevate e i passaggi obbligati tutt’altro che semplici, le vallate che dal Delfinato scendono verso il mare offrono un mix di componenti (clima, sole, luce, profumi, eno-grastronomia…) che si arricchisce sempre più do un sapore provenzale. Un vero must per una vacanza estiva.

L’ideale sarebbe sapersi spingere a piedi fin sulle spiagge mediterranee, magari quelle di qualche località vip della Costa Azzurra. Il mio sogno nel cassetto è arrivare a piedi a Montecarlo e passeggiare per le vie à la page ancora con gli scarponi impolverati, lo zaino in spalla, la camicia sudata e la pelle del viso bruciata da giornate e giornate di traversata fuori dal mondo.

Pensate se mi imbattessi in Briatore: che faccia farebbe nel vedermi conciato così? Ma io non sarò mai interessato a fare cambio.

Intestazione articolo sulla Randonnée-Alpinisme a firma Pierre Roule

Randonnée alpine de Haute Route o Randonnée-Alpinisme
di Pierre Roule
(pubblicato su La Montagne e l’Alpinisme, numero speciale estate 1987)

Il tipo di escursionismo, che ha iniziato a emergere circa venti anni fa (rispetto al 1987, NdR), è ormai ben consolidato nelle scelte di molti frequentatori delle montagne e dei vari club.

È praticato nella tarda primavera, o più frequentemente in estate e in autunno, da un numero crescente di appassionati che si sono affezionati in conseguenza di diversi fattori, di cui i principali risultano essere:

– Eccessivo affollamento dei circuiti escursionistici al di sotto dei 2300 m, contrapposto al desiderio di riscoprire una natura più selvaggia, meno antropizzata e meno inquinata.

– Eccessiva proliferazione di tacche e cartelli segnalatici e in particolare dei sentieri GR (Grande Randonnée, ampia rete di sentieri di lunga percorrenza, caratterizzati da sistematiche tacche bianche e rosse, NdR), alcuni dei quali a volte raggiungono e superano i 2800 m, cui si contrappone invece il desiderio di riguadagnare un certo senso dell’avventura e della scoperta, alla ricerca del percorso migliore, utilizzando, come soli strumenti, le cartine, la bussola, l’altimetro o il “senso” della montagna.

Tour del Queyras. Archivio: Carlo Crovella.

– Infine, ricerca di itinerari poco battuti, sulla spinta del desiderio di scalare vette poco conosciute e poco frequentate perché al di fuori delle regioni “alla moda” e lontane da qualsiasi agglomerato o parcheggio di auto.

Quali sono le caratteristiche salienti della Randonnée alpine de Haute Route?

Si tratta di un’attività che si sviluppa, per lo più, sopra i 2500 m, con il superamento di colli che possono oltrepassare anche i 3000 m, che comporta l’attraversamento di ampi nevai e anche di ghiacciai, salendo o scendendo canaloni con pendenze comprese da 30 a 45 gradi, e che infine prevede anche ostacoli quali barre rocciose o creste con passaggi quotati di II grado e a volte anche di III grado.

Alla fine, questo tipo di escursionismo comporta la salita di vette comprese tra i 3000 e i 3500 m, classificate nelle guide di alpinismo con il grado F o PD, e che richiedono la normale attrezzatura da alpinismo: corda, piccozza, imbracatura, ramponi. Pare quindi ragionevole dare a questa attività la definizione di Randonnée-Alpinisme (escursionismo-alpinismo).

Tour della Vanoise. Archivio: Carlo Crovella.

Tale attività in genere si svolge su un arco temporale di una settimana, senza che questa tendenza sia un obbligo. E’ semplicemente un’unità di riferimento, tenendo conto del tempo mediamente a disposizione dei partecipanti, ma anche della fatica massima che può essere imposta a un gruppo, in considerazione della normale resistenza fisica e dell’abituale tenuta psicologica.

È ovvio che, a seconda delle capacità della comitiva e delle difficoltà del percorso, la durata di un’escursione alpinistica può variare da 4/5 giorni, nell’opzione più breve, a 15/10 giorni nell’opzione più lunga.

In quest’ultimo caso, è consuetudine includere, verso la metà dell’escursione, una giornata senza un programma specifico, che può fungere da giornata “a disposizione”, in particolare per il riposo dei partecipanti più stanchi.

Qual è il numero ideale di partecipanti in un gruppo? Molto variabile, può oscillare da tre a dodici. Tre è il minimo per garantire una certa soglia di sicurezza. Dodici è un numero oltre il quale un gruppo diventa troppo lento, poco flessibile e difficilmente gestibile.

Anche in quest’ultimo caso, molti accompagnatori nell’affrontare un tratto particolarmente delicato hanno preferito dividere il loro gruppo in due squadre da sei, facendole operare in modo autonomo a circa mezz’ora di distanza l’una dall’altra.

Più grande è un gruppo, più dovrebbe beneficiare del supporto con le qualifiche necessarie, incluso quello di un accompagnatore accreditato ogni tre partecipanti.

Haute Route delle Alpi Marittime: il rifugio Remondino. Archivio: Carlo Crovella.

Il titolo F.F.M. (Fédération Française de la Montagne, NdR) di accompagnatore non professionista per le escursioni in montagna, arricchito con la qualifica di alta montagna a partire dal 1986, è una buona garanzia; ma tale titolo si limita ad accertare le capacità tecniche, per cui deve essere integrato da una profonda esperienza acquisita sul campo.

Inoltre, un capogruppo non dovrebbe “vergognarsi” – come invece si è visto abbastanza frequentemente – di ricorrere a una guida professionista per alcune tappe che considera particolarmente delicate.

Ma la principale difficoltà per un responsabile delle uscite di Randonnée-Alpinisme è determinare il percorso e scegliere le varie tappe. Si possono utilizzare le cartine, fra le quali quelle dell’I.G.N. a 1.25.000 sono le migliori, e poi libri o “topos-guide”, purtroppo però in numero limitato (considerazione riferita al 1987, quando non si immaginava neppure la proliferazione di internet, NdR)

Pochi libri affrontano davvero questo tipo di escursionismo alpino: i principali testi sono: Haute randonnée alpine, Haute randonnée pirénéenne e Randonnée alpine dans les Dolomites. Questi testi forniscono valide indicazioni, ognuno per uno specifico massiccio.

Arrivo in vetta al Râteau de la Meije, Delfinato, primi anni ’80. Archivio: Carlo Crovella.

È quindi necessario ricorrere alla documentazione ad hoc, che deve essere raccolta in loco presso società delle guide, uffici turistici, gestori di ostelli o rifugi (oggi si possono fare appropriate ricerche su internet, NdR).

Questi programmi devono essere elaborati con un anticipo sufficiente, perchè richiedono viaggi, sopralluoghi ecc, con un grande investimento di tempo.

Ma un’organizzazione efficace ha un prezzo da pagare. Però in qualsiasi club di grandi dimensioni, gli organizzatori beneficiano generosamente dell’esperienza dei loro predecessori, dai quali possono conoscere molti dettagli.

Quali montagne possono essere utilizzate per l’attività di Randonnée-Alpinisme?

Per i massicci francesi o i massicci di confine, si può prevedere il seguente elenco:

ALPI
Confine franco-svizzero
– Da Saint-Gingolph a Chamonix: 6, 7 o 8 giorni a seconda delle tappe e dei vette scelte
 – Tour des Dents Blanches, che può essere combinato con un Tour des Dents du Midi: da 4 a 8 giorni

Alta Savoia
– Tour del massiccio Bornes-Aravis, periodo dal 15 giugno al 15 luglio per beneficiare della copertura nevosa: da 6 a 7 giorni

Savoia
– Haute Tarentaise da La Thuile a Bonneval: 4 a 5 giorni
– Haute Maurienne da Bonneval a Modane: 6, 7 o 8 giorni
– Tour della Vanoise: 8, 10 o 12 giorni a seconda dell’itinerario scelto
– Tour dell’Haute Maurienne: da 8 a 10 giorni

Refuge du Pavé, Delfinato: atmosfera d’altri tempi. Archivio: Carlo Crovella.

Delfinato-Oisans
Ci sono molte possibilità, si possono citare citare:
– Traversata Nord-Sud da La Grave a Embrun: da 8 a 10 giorni
– Tour de la Meije: da 5 a 7 giorni a seconda delle tappe
 – Tour Ailefroide-Barre des Écrins: da 4 a 5 giorni
– Tour del Valgaudemar: 6, 7 o 8 giorni a seconda dell’itinerario
– Tour degli Oisans meridionali: 4, 5 o 6 giorni, a seconda delle vette scelte

Queyras-Ubaye
 – Da Abries a Larche: circa 6 giorni
– Tour del Viso: 4, 5 o 6 giorni a seconda del punto di partenza scelto (possibile salita in cima al Monviso).

Mercantour
– Da Isola 2000 a Casterino: 6, 7 o 8 giorni
– Tour dell’Argentera: 5, 6 o 7 giorni a seconda del percorso e delle salite scelte

PIRENEI
– Parco nazionale dei Pirenei, tour franco-spagnolo: 5, 6 o 7 giorni
– Vignemale-Mont Perdu-Néouvielle: da 8 a 10 giorni
– Regione Espingo-Maladetta, tour franco-spagnolo: 5, 6 o 7 giorni
– Tour del Parco Nazionale degli Encantats (Val d’Aran): 6 o 7 giorni
– Dalla Val d’Aran ad Andorra: 10-12 giorni a seconda del percorso scelto

Questo elenco è valido per il periodo in generale compreso dal 15 giugno al 15 settembre, vale a dire per l’intera estate.

Per il periodo primaverile, cioè dal 15 aprile al 15 giugno, è necessario indirizzarsi verso massicci a quote inferiori, cioè tra i 2400 m e i 2800 m: anche in tal caso le possibilità sono molteplici.

Limitandosi alle Alpi del Sud, si possono citare:
– la zona di Trièves-Dévoluy-Gapençais
– l’area di confine franco-italiana del Briançonnais
– le montagne che circondano l’Ubaye
– la zona dell’alta Valle del Var
– l’alta Valle del Verdon.

Rifugio Remondino e vetta dell’Argentera, Alpi Marittime. Archivio: Carlo Crovella.

Alcuni circuiti, in particolare in Svizzera, stanno iniziando a essere attrezzati e ben organizzati: l’esempio fornito dall’Italia è forse contagioso.

In Francia, se si incontrano determinate attrezzature, queste risalgono all’inizio del secolo (si tratta del 1900, NdR), perché un’etica rigorosa aveva proibito qualsiasi sviluppo dopo la guerra.

Tuttavia, sembra che in alcuni massicci le organizzazioni locali stiano di nuovo prendendo in considerazione di attrezzare in molto puntuale alcuni determinati passaggi, principalmente per garantire la sicurezza in condizioni meteorologiche avverse.

Questa iniziativa dà l’idea che possa essere incoraggiata, ma a condizione che non rimuova sistematicamente tutte le difficoltà e che lasci alla Randonnée-Alpinisme il suo carattere peculiare, vale a dire il ricorso alle tecniche alpinistiche per saper attraversare tutti i passaggi delicati.

Randonnée-Alpinisme ultima modifica: 2020-08-11T05:16:00+02:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “Randonnée-Alpinisme”

  1. Se posso permettermi la confidenza, tientele ben strette quelle riviste. Non solo perché acquisteranno valore economico in senso stretto (al riguardo potrebbe essere utile il parere di Leonardo Bizzaro che cura la rubrica Il Collezionista su Montagne 360-Rvista CAI), ma soprattutto per il loro valore intellettuale. Tutte le riviste di montagna sia italiane che francesi degli anni ’70 e soprattutto ’80 hanno un “contenuto” che non ho più riscontrato in seguito. Sono stati anni meravigliosi, una parentesi magica di fermento intellettuale e creativo. Sfogliare quelle riviste è come addentrarsi in un giardino incantato.

  2. Anch’io ho in solaio un archivio di depliant presi ormai in decenni con le stesse motivazioni del signor Crovella e di cui fatico a separarmi. Avevano già una pseudo-organizzazione in buste di plastica secondo la zona per cui sono “scampati” alla riorganizzazione-lockdown.
    Ho ancora le annate della Rivista della Montagna 1980-1984, qualche anno fa sono stato tentato di darle via, poi le ho sfogliate e le ho tenute. E’ interessante vedere come si andava in montagna nel 1980: novità quasi assoluta in Italia la palestra di arrampicata indoor di Torino (seconda solo a Bolzano), si comincia a prendere atto sia che l’arrampicata sportiva si è ormai separata dall’alpinismo sia che per qualcuno (in particolare Casarotto) le Alpi sono ormai una palestra estrema prima dell’avventura himalayana, lo stesso Casarotto ha scritto un articolo secondo me magistrale sulla sua scalata allo Huascaran, poi c’è il famoso articolo “in bianco” di Gian Piero Motti, insomma impossibile separarsene.

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