Ricalcolare la Matematica Climatica

Ricalcolare la Matematica Climatica
I dati sul riscaldamento globale sono ancora più spaventosi di quanto pensassimo
di William Ernest Bill McKibben
(pubblicato su https://newrepublic.com/article/136987/recalculating-climate-math?u il 22 settembre 2016)
Traduzione di Giorgio Braschi

Il futuro dell’umanità dipende dalla matematica. E i numeri in un nuovo studio del settembre 2016 sono ancora più inquietanti.
Questi numeri, in semplice aritmetica, precisano la quantità di combustibili fossili nelle miniere di carbone e nei pozzi di petrolio esistenti al mondo che si potrà ancora bruciare se vogliamo evitare che il riscaldamento globale porti alla cottura del pianeta.

In altre parole, se il nostro obiettivo è quello di evitare che la temperatura della Terra salga più di due gradi Celsius – il limite massimo individuato dalle nazioni del mondo – quanto potremo scavare e perforare di più? Ecco la risposta: zero.

Proprio così: se vogliamo prevenire sul serio un riscaldamento catastrofico, il nuovo studio mostra che non possiamo più scavare nuove miniere di carbone, coltivare nuovi campi petroliferi, non possiamo più costruire altri oleodotti. Neanche uno solo. Abbiamo finito con l’espansione della frontiera dei combustibili fossili. La nostra unica speranza è un rapido, organizzato declino della produzione di tutta l’energia basata sul carbonio, dai campi che abbiamo già in produzione.

Bill McKibben. Foto: Nancie Battaglia
Portrait of Bill McKibben, author and activist. photo ©Nancie Battaglia

I nuovi dati sono sorprendenti. Solo quattro anni fa, ho scritto un saggio intitolato La Nuova Terrificante Matematica del Global Warming. Nel lavoro, ho descritto la ricerca di un think tank (Gruppo di esperti impegnato nell’analisi e nella soluzione di problemi complessi, specie in campo economico, politico o militare, NdR) con sede a Londra, il Tracker Initiative Carbon. La ricerca ha dimostrato che le riserve non utilizzate di carbone, petrolio e gas individuate dall’industria mondiale dei combustibili fossili contengono cinque volte più carbonio di quanto si possa bruciare, se vogliamo evitare un aumento della temperatura del pianeta di più di due gradi Celsius. Cioè, se le società energetiche alla fine avranno scavato e bruciato tutto quello che rivendicano, il pianeta sarà cotto cinque volte di più. Questi numeri hanno dato il via a una diffusa campagna di disinvestimento azionario dai titoli dei combustibili fossili da parte delle università, chiese e fondazioni. Da allora questa è diventata consueta prudenza: molti banchieri centrali e leader del mondo ora concordano sul fatto che abbiamo bisogno di mantenere la maggior parte delle riserve di combustibili fossili nel sottosuolo.

Ma la nuova “nuova matematica” è ancora più esplosiva. Essa si basa su un rapporto di OCI (Oil Change International), un think tank con sede a Washington, che ha utilizzato i dati della società di consulenza energetica norvegese Rystad, costati 54.000 $. Rystad non venderà più a nessuno i suoi numeri sulle fonti fossili esistenti al mondo. La maggior parte dei suoi clienti sono compagnie petrolifere, banche d’investimento e agenzie governative. Ma OCI ha voluto i numeri per un motivo diverso: per capire come siamo già arrivati vicino all’orlo di una catastrofe.

Gli scienziati dicono che per avere anche solo due terzi di possibilità di restare al di sotto di un aumento globale di due gradi Celsius, possiamo rilasciare ancora 800 gigatonnellate di CO2 nell’atmosfera. Ma i dati della Rystad indicano che le miniere di carbone e i pozzi di petrolio e di gas attualmente in funzione in tutto il mondo, contengono 942 gigatonnellate di CO2. Quindi il problema matematicamente è semplice, ed è questo:

942 > 800

Quello che abbiamo scoperto è che se si consuma tutto il carbonio che è nelle miniere e nei campi petroliferi attualmente operativi, si è già sopra di due gradi“, dice Stephen Kretzmann, direttore esecutivo di OCI. Come dire: non è che se continueremo a mangiare in questo modo ancora per pochi decenni saremo patologicamente obesi; è che se si mangia ciò che è già in frigorifero saremo patologicamente obesi.

Illustrazione di Neil Webb
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Quel che è peggio è che la definizione di “patologico” è cambiata negli ultimi quattro anni. Due gradi Celsius era la linea rossa da non superare, ma ora gli scienziati ritengono che il limite sia molto più basso. Abbiamo già alzato la temperatura del mondo di un grado, sufficiente a sciogliere quasi la metà del ghiaccio nell’Artico, uccidere enormi aree delle barriere coralline del mondo, e scatenare inondazioni letali e siccità. Luglio e agosto hanno coinciso con i mesi più caldi mai registrati sul nostro pianeta, e gli scienziati pensano che quasi certamente sono stati i più caldi nella storia della civiltà umana. Luoghi come Bassora, Iraq – ai margini di ciò che gli studiosi pensano fosse il giardino biblico dell’Eden – hanno avuto quest’anno 54 gradi Celsius, valore che si avvicina al punto in cui gli esseri umani non possono sopravvivere all’aperto. Così l’anno scorso, quando i leader mondiali si sono incontrati a Parigi, hanno deciso un nuovo limite: ogni sforzo, hanno detto, sarebbe stato fatto per mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 gradi. E per avere ancora una possibilità 50-50 di raggiungere questo obiettivo, possiamo solo rilasciare circa 353 gigatonnellate in più di CO2.

Allora, facciamo ancora una volta il calcolo:

942 > 353

Molto maggiore. Per avere anche solo una possibilità di rimanere entro l’obiettivo di 1,5 gradi solennemente deciso a Parigi, avremo bisogno di chiudere tutte le miniere di carbone e alcuni dei campi petroliferi e di gas attualmente operativi prima che siano esauriti.

In assenza di alcune inverosimili soluzioni come il mitico unicorno succhia-carbonio, i numeri ci dicono che abbiamo finito con l’espansione del settore dei combustibili fossili“, dice Kretzmann. “Vivere rispettando l’accordo di Parigi significa che dobbiamo immediatamente iniziare il declino del settore dei combustibili fossili e gestire tale declino il più presto possibile.” “Declino gestito” significa che non c’è bisogno di fermare tutto dall’oggi al domani; possiamo mantenere l’estrazione dei combustibili dai pozzi di petrolio, dai giacimenti di gas e dalle miniere di carbone esistenti. Ma non possiamo andare a esplorarne di nuovi. Non possiamo nemmeno sviluppare quelli che già conosciamo, neanche quelli con progetti già in corso.

Nei soli Stati Uniti, le miniere esistenti, i pozzi di petrolio e i giacimenti di gas contengono 86 miliardi di tonnellate di carbonio, abbastanza per percorrere il 25 per cento della strada verso l’aumento di 1,5 gradi della temperatura globale. Ma se l’industria energetica degli Stati Uniti continua per la sua strada e sfrutta tutti i pozzi di petrolio e i siti fracking (fracking è un’abbreviazione di “hydraulic fracturing”, che significa fratturazione idraulica: frantumare la roccia usando fluidi saturi di sostanze chimiche e iniettati nel sottosuolo ad alta pressione, NdR) attualmente previsti, si aggiungerebbero altri 51 miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica. E se lasciamo che questo accada, l’America consumerebbe da sola quasi il 40 per cento del bilancio del carbonio del mondo.

Questa nuova matematica è una cattiva notizia per un sacco di potenti investitori. L’industria dei combustibili fossili ha basato tutto il suo modello di business sull’idea che possa all’infinito “ricostituire”, il petrolio e il gas estratti ogni anno; le sue squadre di geologi sono costantemente alla ricerca di nuovi giacimenti da perforare. Nel mese di settembre, Apache Corporation ha annunciato di aver individuato giacimenti nel West Texas da tre miliardi di barili di petrolio. Lasciando il petrolio sottoterra – come la nuova matematica suggerisce di fare se vogliamo raggiungere gli obiettivi fissati a Parigi – costerebbe all’industria decine di miliardi di dollari.

Richard Trumka. Foto: Alex Wong/Getty Images
CHARLOTTE, NC - SEPTEMBER 05: President of the American Federation of Labor and Congress of Industrial Organizations (AFL?CIO) Richard Trumka speaks during day two of the Democratic National Convention at Time Warner Cable Arena on September 5, 2012 in Charlotte, North Carolina. The DNC that will run through September 7, will nominate U.S. President Barack Obama as the Democratic presidential candidate. (Photo by Alex Wong/Getty Images)

Per ragioni comprensibili anche i sindacati, i cui lavoratori costruiscono oleodotti e pozzi di perforazione, si oppongono ai tentativi di cambiamento. Si consideri il recente dramma riguardante l’oleodotto Dakota Access. Nel mese di settembre, anche dopo che le guardie di sicurezza dell’oleodotto armate di spray al peperoncino e cani da guardia hanno attaccato i nativi americani che hanno difeso in modo non violento le tombe tribali dai bulldozer, il presidente dell’AFL-CIO, Richard Trumka, ha chiesto all’amministrazione Obama di permettere la continuazione dei lavori. “La costruzione e la manutenzione dell’oleodotto“, ha detto Trumka, “dà occupazione di qualità a decine di migliaia di lavoratori qualificati.” Il capo del sindacato Building Trades Unions è d’accordo: “Gli iscritti dipendono da questi eccellenti posti di lavoro da classe media, con assistenza sanitaria per la famiglia, pensioni, e buon salario“. Un altro funzionario sindacale ha detto in modo più eloquente: “Cerchiamo di non tornare indietro o esagerare, o anche solo dire ‘No, tienilo sotto terra’. Non è così semplice“. Ha ragione, sarebbe più facile per tutti, se non fosse così semplice. Gli operai del sindacato hanno veramente fatto affidamento su quei lavori per costruirsi una vita da classe media, e tutti noi bruciamo quella dannata roba, tutto il giorno, tutti i giorni. Ma il problema è che è così semplice [da risolvere].

Dobbiamo “rifiutarla”, dobbiamo “tenerla sotto terra”. I numeri sono numeri. Noi letteralmente non possiamo continuare a fare quello che stiamo facendo, se vogliamo preservare il nostro pianeta.

“Tenerlo sotto terra” non significa fermare tutta la produzione di combustibili fossili all’istante. “Se si lascia che i campi attuali inizino il loro declino naturale“, dice Kretzmann, “verrà usato il 50 per cento in meno di petrolio dal 2033“. Questo ci darebbe 17 anni di tempo, fino a che i pozzi che abbiamo già perforato gradualmente rimangano a secco, per sostituire tutto il petrolio con l’energia rinnovabile.

Questo tempo è sufficiente, forse, per sostituire con auto elettriche quelle che ingurgitano benzina, per riqualificare i lavoratori degli oleodotti e i minatori di carbone per la costruzione di pannelli solari e turbine eoliche; per seguire l’esempio di città come Portland, chiusa a qualsiasi nuova infrastruttura di combustibili fossili, e paesi come la Cina che ha vietato nuove miniere di carbone. Questi sono piccoli passi, ma sono importanti.

Sean Sweeney
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Anche alcuni grandi sindacati stanno iniziando a rendersi conto che il passaggio alle energie rinnovabili potrebbe aggiungere un milione di nuovi posti di lavoro ben retribuiti entro il 2030. Tutti, dagli operatori sanitari ai lavoratori dei trasporti si oppongono all’oleodotto Dakota; altri sindacati sono usciti contro le esportazioni di carbone e contro il fracking. “Questo è praticamente senza precedenti“, dice Sean Sweeney, un veterano del lavoro e attivista per il clima. “L’aumento del ‘sindacalismo climatico’ offre una nuova direzione al movimento operaio“. E se si diffonde, darà ai politici democratici più spazio di manovra contro il riscaldamento globale.

Ma per convincere i leader di tutto il mondo a obbedire alla matematica, per fermare eventuali nuove miniere o pozzi o condutture di essere costruito, avremo bisogno di un movimento come quello che ha bloccato l’oleodotto Keystone, il fracking a New York e la perforazione nell’Artico. E avremo bisogno di approvare il “Keep It in the Ground Act“, la legislazione che farebbe smettere nuove estrazioni e perforazioni per combustibili fossili sul suolo pubblico. E’ stata chiamata “non realistica” o “naïve” da tutti, da ExxonMobil al Segretario degli Interni. Ma, come chiarisce la nuova matematica, mantenere i combustibili fossili sotto terra è l’unico approccio realistico. Non realistico è immaginare di poter in qualche modo sfuggire al calcolo inesorabile del cambiamento climatico. Come afferma la relazione OCI, “Una delle più potenti leve per la politica climatica è anche la più semplice: smettere di scavare.” Questa è, dopo tutto, la prima regola per uscire dai guai, e noi siamo nel più grande che si sia mai avuto.

Questo è letteralmente un test di matematica, e non può essere classificato con una curva [a diverse opzioni di risoluzione]. Ha una sola risposta corretta, e se non daremo quella giusta, allora tutti noi – insieme al nostro esperimento di 10.000 anni di civilizzazione umana – falliremo.

Giorgio Braschi
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Considerazioni
di Giorgio Braschi

Dice Antonio Zichichi (http://www.liberoquotidiano.it): “Proibiamo di immettere veleni nell’aria con leggi draconiane ma ricordiamoci che l’effetto serra è un altro paio di maniche, e noi umani c’entriamo poco. Sfido i climatologi a dimostrarmi che tra cento anni la Terrà sarà surriscaldata. La storia del climate change è un’opinione, un modello matematico che pretende di dimostrare l’indimostrabile”.
Antonio Zichichi, 85 anni, in un’intervista a Il Mattino avverte: “Noi studiosi possiamo dire a stento che tempo farà tra quindici giorni, figuriamoci tra cento anni”. E poi si chiede Zichichi: “In nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore climatico sono inconoscibili? Divinazioni”.
E poi ancora: “Per dire che tempo farà tra molti anni, dovremmo potere descrivere l’evoluzione del tempo istante per istante sia nello spazio che nel tempo. Ma questa evoluzione si nutre anche di cambiamenti prodotti dall’evoluzione stessa. È un sistema a tre equazioni che non ha soluzione analitica... Molti scienziati concordano sul riscaldamento globale perché hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna. Ricorrono a troppi parametri liberi, arbitrari. Alterano i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro ragione. Ma il metodo scientifico è un’altra cosa... Occorre distinguere nettamente tra cambio climatico e inquinamento. L’inquinamento esiste, è dannoso, e chiama in causa l’operato dell’uomo. Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale. L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del dieci per cento. Al novanta per cento, il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali a oggi gli scienziati, come dicevo, non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future. Ma io sono ottimista”.
E Carlo Rubbia, fisico italiano, vincitore del premio Nobel per la fisica nel 1984, in un discorso tenuto al Senato nel 2014 ha cercato di smontare la “grande bufala” dei cambiamenti climatici.

 Minimizzare il problema del riscaldamento globale ritarda sempre di più gli interventi di contrasto (riduzione del consumo di combustibili fossili) e quelli di adattamento alle condizioni che avremo tra qualche anno (interventi per la “resilienza”), aggravando sempre di più le situazioni che dovremo andare ad affrontare. In effetti occorrerebbe una grande mobilitazione mondiale immediata, ma tutti sono presi dai problemi contingenti quotidiani e queste problematiche vengono se non ignorate, comunque trascurate. Ecco perché poi hanno buona presa le posizioni “rassicuranti” del tipo “tutto va bene”, “è tutto normale”.

Maria Rita D’Orsogna
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L’articolo qui sopra di Bill McKibben dimostra che la matematica non è una bufala (+ CO2 = + riscaldamento climatico). E’ un’equazione lapalissiana, infatti il 95% degli studiosi del clima sono perfettamente d’accordo. Antonio Zichichi e Carlo Rubbia sono fisici ormai sclerotizzati, Zichichi poi è sul libro-paga dell’ENI… anche Umberto Veronesi alla fine dei suoi anni tre o quattro anni fa propugnava le piccole centrali nucleari comunali (sic!), perché allora aveva tentato di lanciarle la General Electric, che aveva grossi contratti con lui per le macchine della TAC e della Risonanza… gliele forniva gratis in cambio di queste bufale, tanto che Beppe Grillo nel suo blog lo ha sempre chiamato Cancronesi…

E poi, quando si ha qualche dubbio, come nel caso del Referendum Costituzionale, basta vedere chi è che sostiene certe posizioni; allora bastava vedere che chi sosteneva il sì erano i grandi gruppi industriali, i grandi gruppi finanziari italiani ed europei, le Agenzie di Rating, gli speculatori delle Borse e dulcis in fundo, il Ministero del Tesoro per appropriarsi delle aziende dei servizi di Comuni, Province e Regioni… Sono costoro quelli che hanno a cuore la democrazia partecipata, il rispetto dell’ambiente, dei territori e della salute dei cittadini, che mettono in primo piano l’Uomo e dopo il Profitto??

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Non mi sembra proprio, a me sarebbe bastata questa considerazione per farmi votare no, figurarsi poi quando mi sono documentato e ho scoperto che schifosi interessi c’erano dietro. Nel caso dei cambiamenti climatici chi investe miliardi di dollari per affermare che non esiste? Guarda caso sono le grandi lobby dei combustibili fossili, ExxonMobil in testa seguita a ruota dalla nostra ENI (basta fare un giro nell’interessantissimo blog della Prof. sa Maria Rita D’Orsogna dell’Università di Los Angeles di origini abruzzesi (http://dorsogna.blogspot.it/ ). Guarda caso Donald Trump ha nominato Segretario di Stato Rex Tillerson, CEO della ExxonMobil, che ha un contratto di 5 miliardi di dollari con la Rosneft russa (praticamente della famiglia Putin), bloccato per l’embargo voluto da Obama dopo l’invasione della Crimea.

Leggete questo articolo https://www.theguardian.com/us-news/2016/dec/18/leak-rex-tillerson-director-bahamas-based-us-russian-oil-company e potete ancora pensare che questa gente che avvelena il mondo faccia le cose in buona fede per l’interesse dell’Umanità e dei posti di lavoro dei poveri operai?

Migliaia di scienziati onesti che svolgono le loro ricerche con sacrifici, passione e professionalità non sono appoggiati da nessuno, anzi rischiano di perdere il posto, come quelli della NOAA e della NASA, perché affermano e cercano di divulgare scomode verità che danno tremendamente fastidio a chi vuole continuare a fare profitti distruggendo il clima e l’ambiente, vedi l’esempio dell’ENI e della Total in Val d’Agri (Basilicata), e non hanno dietro grandi gruppi economici che li foraggiano. Noi, che vediamo qui in Basilicata e ogni giorno quello che stanno combinando col petrolio, ci siamo documentati bene e cerchiamo di diffondere i dati rischiando in proprio. Con le minacce sono riusciti a far chiudere la OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista).

Mark Lynas
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I dati climatici scientifici, non inficiati da interessi economico-politici, non sono né di destra, né di sinistra, sono semplicemente dati fisici e matematici; invito tutti coloro che non l’hanno ancora fatto a leggere il libro Sei gradi di Mark Lynas, edito nel 2008 da Fazi Editore: è documentato in modo ineccepibile, ogni affermazione è suffragata dalla pubblicazione scientifica da cui è tratta e fa davvero riflettere, soprattutto considerando che la situazione in questi otto anni è peggiorata in modo spaventoso, diventando molto peggio di quello che allora si pensava per il 2016, perché si cominciano a innescare meccanismi di retroazione positiva che accelerano i cambiamenti e che allora non erano stati individuati. E’ che purtroppo tendiamo sempre ad abbracciare le tesi che ci fanno comodo, che ci rassicurano e che alleviano le nostre paure, scartando come bufale o ciarpame non scientifico le tesi che incrinano le nostre sicurezze su di un mondo naturale che è sempre stato così, le tesi che ci fanno paura… Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà!

Bill McKibben @billmckibben è Schumann Distinguished Scholar al Middlebury College e co-fondatore del gruppo per il clima 350.org.
Questi sono i link (uno parte prima, uno parte seconda e due) ai report originali cui McKibben ha attinto per scrivere il presente articolo
Da leggere pure il suo A world at war (Un Mondo in Guerra), in cui sostiene che siamo sotto l’attacco del cambiamento climatico, e la nostra unica speranza è quella di mobilitarci come abbiamo fatto nella II Guerra Mondiale.

Ricalcolare la Matematica Climatica ultima modifica: 2017-02-03T05:31:04+01:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “Ricalcolare la Matematica Climatica”

  1. Se azzerassimo o quasi in breve tempo il consumo di petrolio e di metano, come potremmo poi sopravvivere?
    Il riscaldamento globale è certo, ma la sua causa no. Vogliamo diminuire la qualità della vita della popolazione terrestre sulla base di congetture? Mi pare eccessivo.
    È però vero che i problemi derivano dalla sovrappopolazione. Perché si tace sull’argomento?

  2. Però grazie allo scioglimento delle calotte ci stiamo organizzando per tenere sempre aperta la rotta navale artica.
    Sarà un bel risparmio!
    Solo una considerazione: quasi nessuno è capace di rinunciare al riscaldamento domestico, all’energia elettrica, all’automobile, ai viaggi in aereo, all’aria condizionata…… nemmeno rinunciarci un poco, ma poco…… siamo schiavi del grande business di questi secoli….. e parliamo di libertà!

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