Rifugista imprenditore o volontario?
di Alessandro Gogna e Roberto Serafin
Il rifugio Rosalba 1730 m (tel. 0341-202383) è posto in posizione molto panoramica su un dosso naturale (Colle Pertusio) alla base della famosa Cresta Segantini in Grignetta. Vi si arriva partendo dai Piani dei Resinelli, sia per la Via delle Foppe (segnavia 9 – poco più di 2 h), sia per la Direttissima (segnavia 8 e 8/a, circa 3 h), più impegnativa e selvaggia, passando per il rifugio Carlo Porta.
La gestione del mandellese Mauro Cariboni (cell. 339-1344559, m.cariboni@alice.it), durava con ottimo successo da ventitré anni (dal gennaio 1994) senza alcun tipo di contrasto con la Sezione proprietaria, il CAI Milano. In regime di contratto triennale, il Cariboni riceveva la disdetta, una pratica normale che aveva sempre richiesto la successiva formulazione, da parte del gestore, di un progetto triennale che specificasse modalità di apertura al pubblico, di gestione e un eventuale ritocco all’affitto annuale, oltre alla definizione dei lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria. Mauro però non era tanto sicuro che il suo rinnovo sarebbe stato così scontato, specialmente perché aveva capito che il nuovo presidente sezionale, Massimo Minotti, era molto propenso a vedere il CAI come imprenditore e dunque desideroso di perseguire una maggiore progettualità in termini di sviluppo al riguardo dei numerosi rifugi di proprietà della sezione.
Mauro Cariboni (a destra) a braccetto con Lucio Marimonti, figlio di quella Rosalba Valsecchi in Marimonti cui è dedicato il rifugio Rosalba
Una tendenza comune, mentre si affacciano nuove forme di gestione. La Società Escursionisti Milanesi (CAI SEM) ha avviato un’indagine per la selezione di Persone e/o Enti, interessati all’acquisizione, per un periodo di 15/20 anni, con la formula del “diritto di superficie” del rifugio Omio e relative pertinenze, situato nel Comune di Val Màsino (SO). “Si rende ora necessario cercare nuove persone e/o enti interessati a riceverne il testimone tramite acquisizione di diritto di superficie”, spiegano dalla Sem. “Il diritto di superficie rappresenta sicuramente un maggior impegno per chi voglia farsi carico della gestione del rifugio, ma permetterà alle realtà interessate un maggior spazio d’impresa e migliori garanzie di operatività e continuità nella gestione stessa del rifugio”.
Il 10 novembre 2016 il quotidiano online Valsassinanews.it pubblicava un articolo dove si comonciava a delineare con chiarezza il contrasto tra le due diverse visioni di cosa dev’essere un rifugio, con particolare riguardo ai rifugi di Grignetta e Grignone.
La gestione dei rifugi del CAI è sempre stata un argomento travagliato. Ma negli ultimi anni i contrasti si sono acuiti, anche per via delle necessità in continuo aumento, dagli obblighi di legge alla sicurezza, dalla continua maggiorazione dei costi alla sempre più emergente volontà imprenditoriale in contrasto con un servizio perennemente in pareggio se non in perdita.
Sembra che si pretenda sempre più spesso che il custode del rifugio sia al tempo stesso un volontario (pronto a immolarsi per la causa della montagna) e un imprenditore che porti a profitto l’impresa.
Per questo motivo Cariboni ha presentato nell’ottobre 2016, malauguratamente un po’ in ritardo sui termini previsti, un suo progetto per il 2017 che prevedeva un aumento dei giorni di apertura del rifugio e un affitto che passava dagli 8.000 euro annuali ai 15.000.
Questo progetto non è stato accettato, in quanto il CAI Milano altri ne aveva sollecitati ricevendo, alla giusta scadenza, uno a suo giudizio migliore (si parla di 22.000 euro annuali) da parte Alex Torricini, attuale custode del rifugio Brioschi in vetta al Grignone.
Per Mauro Cariboni questo sfratto è davvero inaccettabile: 54 anni, due figli, quasi una vita dedicata al Rosalba. In quel rifugio ha subito un infarto, per approvvigionare quel rifugio si è seriamente infortunato per ben due volte sul ripido sentiero, carico com’era di bottiglie e di viveri.
La vicenda è andata a finire su facebook e, naturalmente, si è creata molta vicinanza morale a Mauro Cariboni: ed è in questo clima che, in un incontro a Milano del 12 dicembre 2016, il CAI Milano ha protratto la validità del contratto fino all’ottobre 2017 (10.000 euro di affitto), data alla quale Cariboni dovrà lasciare il rifugio Rosalba definitivamente.
Claudio Trentani, custode del rifugio Porta dal 2012
A nostro parere è indubbio che i rifugi debbano “rendere” (nessuno lo ha mai negato) e si deve rigettare ogni forma di assistenzialismo. Ma crediamo debba essere respinta anche qualunque volontà di dimenticare che il bene-rifugio è prima di tutto un bene morale. Non sappiamo quanto è vero che i custodi siano ora spronati dalle varie sezioni del CAI a trasformare il loro rifugi in banali ristoranti-alberghi, anche se qualche esempio lo fa sospettare. Vero è che sulla conduzione esistono da parte del CAI norme precise, ivi compreso un tariffario considerato ineludibile. Ma va accettato che il turismo alpino stia cambiando di anno in anno. Si moltiplicano i sentieri del gusto che riannodano rifugi, malghe, agriturismi. Nelle cucine entrano sempre più, per decisione di custodi lungimiranti, chef diplomati che elaborano ricette del posto. Ed è dimostrabile come sempre più si dimostrino di grande richiamo iniziative come quelle del rifugio Brioschi che in cima al Grignone ha organizzato nell’estate 2016 una stagione concertistica e artistica ospitata in una cupola geodetica. O come quella del rifugio Quinto Alpini in Val Zebrù che dall’8 al 16 agosto ha offerto tutte le sere sul grande schermo, tempo permettendo, film sugli sport estremi. Due ore di pura adrenalina che hanno fatto centro consentendo a questa struttura del CAI Milano di vincere l’ambito concorso del “Rifugio del cuore” organizzato da Meridiani Montagne. Iniziative sospettabili di banalizzazione o da ritenere al passo con i tempi e con un’utenza giovanile sensibile ai richiami provenienti dallo smartphone prima di mettersi in marcia per le alte quote?
Su facebook
Mauro Cariboni (13 dicembre 2016, ore 12.06)
A tutti i miei amici giusto x chiarire
Ieri sera sono stato al CAI Milano x capire il mio futuro. Lasciamo perdere il perché, bene non l’ho capito, ma il prossimo anno come ci eravamo accordati ad ottobre sono ancora al rifugio.
Un anno di tempo x trovare un’altra attività perché poi non ci sarò più.
Se, amici, sentite di rifugi o comunque strutture analoghe… io devo lavorare.
Un abbraccio a tutti e vi aspetto il prossimo anno.
Mirella Tenderini, dopo aver condiviso il post di Mauro Cariboni, scrive (14 dicembre 2016, ore 10.00):
ALL’ATTENZIONE DI TUTTI GLI AMICI CHE FREQUENTANO RIFUGI:
Recentemente alcune sezioni del CAI vendono o svendono i rifugi di loro proprietà a meno che gli attuali gestori paghino cifre improponibili per continuare a rimanere nei rifugi dove per anni hanno lavorato non solo accogliendo alpinisti ed escursionisti ma anche riparando, rifacendo, sistemando e mantenendo le strutture. Ma adesso i rifugi devono rendere e i custodi sono spronati a trasformare il loro rifugio in un ristorante-albergo. Spero che non sia così dappertutto, ma qui in Lombardia ahimè succede così.
E se un gestore non può materialmente pagare una cifra spropositata di affitto che si fa? Lo si manda via! E se lui dopo una lunga vita in un rifugio non trova più un lavoro – nessun lavoro! – cosa può fare? Ma cosa importa al CAI! Ma a noi sì, dovrebbe importare. Questo qua sotto è uno dei casi di cui ho parlato. Mauro Cariboni, gestore del Rifugio Rosalba, Grigna meridionale da… anni – non so quanti, deve dircelo Mauro e dirci quanti quintali di provviste e altro ha portato in spalla al rifugio.
Seguono altri interventi (selezione):
Morracagna Dumbattini Sfanosan: Mamma CAI dovrebbe andare in perdita per mantenere un lavoro a un singolo? Anche no!… Cmq… per me datelo a chi è’ capace di portare i conti in positivo a bilancio di fine anno…. il resto è piagnucoleria tipica di chi ha la tendenza a dare la colpa agli altri delle sue mancanze!
Mirella Tenderini: Il CAI non va in perdita, perché il singolo (che a volte è una famiglia) gli paga regolarmente un affitto da anni e anni e ovviamente continua a pagarlo. Il CAI (qualche sezione almeno, spero poche pochissime…) butta via i soldi per altre cose ma il problema è soprattutto la smania capitalistica di trasformare i rifugi in redditizie attività commerciali.
Stephane Saintleger: Nessuna sorpresa ahimè, la tendenza a trasformare lentamente i rifugi in S.p.a. o almeno in locali di tendenza in alta quota, è iniziata da tempo tra l’indifferenza dei più o, peggio ancora, con la complicità di molti che per tanti anni ci hanno fatto credere di proteggere la montagna e l’ambiente nel suo insieme da ogni tentativo di lucro speculativo… a Mauro, con il mio vero nome, ho dato a suo tempo alcune banali indicazioni sul come definire il “business plan” da illustrare a chi di dovere per convincere i suoi interlocutori della bontà del suo operato e della volontà di proseguire la sua attività con passione e determinazione… ma mentre lo facevo era come assistere ad un film visto e rivisto decine di volte del quale si conosce benissimo il finale… di questo passo la montagna e il modo di viverla nel pieno rispetto della sua integrità e bellezza, la potremo gustare solo nei racconti del passato… ciao Mauro, il fratello di Brian63.
Modeste Alture: Si inizia ad averne le scatole piene di questi bocconiani da quattro soldi. Se l’anno prossimo occupate il Rosalba io ci vengo. (Socio Cai dal 1979, ma non so ancora per quanto).
Marco Nofri: Purtroppo è un andazzo comune… invece di investire o almeno accantonare per le riparazioni e varie gli affitti dei rifugi sono andati in spedizioni, spese pazze, qualche volta sedi faraoniche… ora i rifugi non più a norma o vengono trasformati in capanne sociali o venduti (di sicuro non svenduti)… i rifugi sono paragonati ad alberghi sulla costa con le conseguenti tasse e spese creando oneri per i gestori non indifferenti… ma il CAI a livello nazionale ha un sacco di parlamentari sparsi tra tutti i “partiti”, possibile che non riescano ad organizzarsi per fare una legge che salvaguardi rifugi e rifugisti dalle avide brame dello stato? Sarebbe già un punto di partenza.
Mirella Tenderini: Sì, sto cercando soci del CAI che come me amano i rifugi che siano veri rifugi e non banalissimi ristoranti di lusso discutibile – dobbiamo fare qualcosa per tutte le persone che per anni, anni e anni hanno contribuito a tenere in piedi le sezioni che adesso si sono trasformate in attività commerciali vergognose.
Massimo Minotti, presidente del CAI Milano
Francesco Jerry Colombo: Come scritto a commento di Mauro (rifugio Rosalba), io ho abbandonato anni fa la mia sezione per situazione simile e per essermi accorto di clientelismi, favoritismi e schifezze varie… alla faccia della deontologia del CAI.
Marco Nofri: Convocare un’assemblea dei rifugisti del CAI?
Mirella Tenderini: E’ un’idea – ma ci vuole qualcosa di più ampio – intanto fare conoscere questa situazione a più gente possibile… e fare una bella indagine sull’argomento.
Morracagna Dumbattini Sfanosan: Io vedo che in Austria e in Svizzera i rifugi o sono in attivo oppure si cambia strategia! La strategia di avere perennemente rifugi in perdita è tutta itaGliana… tanto poi paga pantalone… Insomma un po’ come stato, regioni, provincie, comuni e comunità montane…. se il rifugista non ottenesse le annuali sovvenzioni da mamma CAI, un altro lavoro se lo cercherebbe da solo.
Marco Nofri: Ad esempio in Francia i rifugisti (e i rifugi francesi son rifugi veri) sono dipendenti del CAF e credo anche in Svizzera ma non ne son sicuro, con in più una percentuale sui guadagni, ma non è questo il punto… fatti un giro per sapere a quanto ammontano gli affitti nei vari rifugi … e sei mai stato al Rosalba ad esempio? Sai quanta fatica per portare cibo lassù, i costi anche solo per l’ordinaria manutenzione? Non solo troppi rifugi diventano spa ma anche troppi soci CAI son diventati dei turisti che starebbero meglio a Rimini piuttosto che in montagna e, credimi, te lo dice uno che fa questo mestiere tutto l’anno da anni.
Mirella Tenderini: Grazie Marco, mi informerò e vi informerò. So quanta fatica si fa a portar la roba su in un rifugio dove si arriva solo a piedi. Ho fatto la rifugista per 12 anni, tanto tempo fa e conosco la fatica e l’impegno, ma anche la gioia di ricevere la gente in un modo semplice e caloroso, e la gioia di chi arriva di trovarsi come a casa con tutti gli altri. NON CI DEBBONO DISTRUGGERE I RIFUGI!!!
Alberto Raineri: Trovare i piatti tipici del posto anziché la pasta rosso pomodoro o la minestrina lo considero un servizio tutt’oggi obbligatorio. Come pure docce… per fortuna alcuni CAI lo hanno capito e ora qualche rifugio è migliorato, a me dell’affitto del rifugista non me ne frega niente.
Marco Nofri: Da me li trovi (e anche non solo) i piatti tipici di qui ma anche quelli tipici di altre montagne… dell’affitto non te ne frega niente? Lo capisco, ma poi non lamentarti se magari trovi i prezzi un pochino più alti che in una bettola in città… e spera di non aver bisogno di tutti gli altri servizi che il rifugista dà gratuitamente… ti ricordo che il rifugista è spesso il primo che offre il primo soccorso e allerta il soccorso alpino ad esempio, poi continua pure a fregartene.
Francesco Jerry Colombo: Certo: docce, tv, camera singola, spa, cambio lenzuola in camera… forse hai sbagliato posto dove andare. Rifugio si chiama così perché così deve essere e la differenza la fanno i gestori che con passione, tempo, denaro proprio, cordialità, gentilezza, educazione, simpatia, bravura ci accolgono nonostante le difficoltà. Eccheccazzo…
Marco Nofri: In realtà poi non è vero che tutti i CAI sian così, dipende molto dal presidente, se è legato al rifugio e ne capisce l’importanza come ulteriore punto di aggregazione della sezione e quindi di quanto lui e il consiglio direttivo lavorino per agevolare la vita del rifugio e dei rifugisti, alcuni, spero tanti rifugi hanno un rapporto ottimo con il CAI d’appartenenza…
Marco Pizzi: Ogni tanto cerco di ricordarmi il motivo per cui tanti anni fa, malgrado fossi nel pieno della mia attività alpinistica, abbandonai il CAI… poi leggo questi post e il motivo mi torna in mente subito…
Morracagna Dumbattini Sfanosan: Io ho smesso di essere socio quando ho capito che i soldi venivano usati in beneficienza politicamente orientata.
Marco Nofri: E potrebbe pure essere vero… troppi rifugi sono stati assegnati non in base alle capacità e curriculum del gestore ma in base alle conoscenze dei concorrenti. Ma chi abbandona un sodalizio invece di rimanere per cambiarlo non ha poi diritto a far grandi critiche… il CAI è un’istituzione, nel corso dei suoi quasi 160 oramai anni di vita, ha contribuito alla conoscenza della montagna e della vita che in essa si svolgeva e che ancor oggi, seppur a fatica, si continua a svolgere. E’ un’associazione importante non solo per l’attività sportiva ma per il contesto culturale nel quale opera, e in questo contesto i rifugi sono essenziali. una volta in montagna se non trovavi un rifugio c’era comunque un baitello, un pastore che ti dava indicazioni e magari un pezzo di cacio e una fetta di pane… oggi siamo rimasti solo noi.. e credetemi: a gestire un rifugio non si diventa ricchi.
Claudio Getto: Non conosco Mauro Cariboni, ma a lui va tutto il mio appoggio. Anche mio fratello, dopo 25 anni, qualche settimana fa ha terminato con il rifugio che ha gestito fin dall’inaugurazione nel lontano 1992. La dinamica è un po’ diversa, ma alla base ci sta sempre la volontà di una sezione proprietaria di un rifugio di mettere il gestore nelle condizioni di doversene andare.
Gigi Anghileri: Non dimentichiamo che se c’è un rifugista che fa le valige, ce n’è uno che subentra… e bisognerebbe capire cosa abbia fatto per scalzare chi per 23 anni ha portato zainate di materiale , dava continuità con il figlio… ha sempre pagato regolarmente…
Mario Faoro: Per anni ho fatto richiesta di gestire rifugi situati sulle Dolomiti di proprietà dei vari CAI della zona. E’ stata un’esperienza interessante, ho trovato poche sedi CAI con presidente e consiglio seri e corretti, molto spesso gestioni (oggi sono buono) “clientelari”.
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E no allora!!!!
e anche il Cai ha le sue belle responsabilità se un gestore storico deve cercarsi un altro rifugio!
Ciao bella gente.
(…….scusate mi ero ripromesso di mollare il blog……ma il commento di cimax girava anche a me nella testa da un po……..sorry)
Parlo semplicemente da utente, perciò dico liberamente che a me sembra proprio che un cambiamento al rifugio rosalba doveva essere fatto. Insomma dico, è un rifugio importante e l’attuale gestione non mi sembra all’altezza. Un rifugio spartano non è detto che non possa essere pulito; piatti semplici non significa immangiabili. Ci ho passato una notte con amici e altri amici ci sono andati in diverse occasioni; per ritornarci aspetteremo la nuova gestione.
A me pare che il Cai Milano non abbia nulla da rimproverarsi.
Al gestore del Rosalba mi sembra che abbia fatto le scarpe il collega del Brioschi. Un comportamento moralmente censurabile: tra colleghi ……
d’altra parte 2000 anni fa un certo Giuda non si comportò meglio …..
Il resto è, a parer mio, aria fritta.
cosa dovrebbe avere un rifugio, se proprio, proprio… pulizia, un buon letto e un buon materasso, una doccia, magari anche tiepida, ma che funzioni e in ambiente igienico e pulito, una “cucina” essenziale ma se si può non preconfezionata, riscaldamento sufficiente, un bar e simpatia da parte del gestore. tutto il resto lo fa l’ambiente.
Matteo, la situazione è stata spiegata in modo chiaro e cristallino, anche nei dettagli con il Mauro. Io credo che adesso si possa fare un po’ di sano silenzio…a proposito, hai scritto dall’altra parte che la gestione del Brioschi non è migliorata? A parte che siamo stati il rifugio più amato d’italia nel 2013 e quest’anno secondi, a parte che abbiamo attestati di stima da tutti, autorità e autorevoli compresi, a parte che il “modello gestione Brioschi” sia stato sul tavolo dei lavori al festival di Unimont a Milano…a parte tutto, c’è sempre da migliorare, nel rispetto della specificità del rifugio; questa è una promessa. Ora mi taccio. Un abbraccio
Le mie scuse sincere, Alex, per le mie illazioni (non mi ero accorto del numero di telefono).
E i miei ringraziamenti per la tua risposta, finalmente abbastanza articolata e anche apprezzabile (quella precedente non lo era affatto e da li il mio appunto).
Resta il problema del Mauro e di come (pare) sia stato trattato, che comunque, non mi pare affatto secondario.
Mi fa anche piacere, come socio del Cai Milano, che tu non ti sia mai sentito sfruttato, ma immagino saprai che non è così per tutti e dovunque.
E anche questo è un problema.
Come ho scritto dall’altra parte, trovo anche insufficiente il comunicato del Presidente del Cai Milano e spero voglia (e possa) spiegare lui, qui su questo blog, tutto l’accaduto. Come socio, inoltre, ho sempre pensato che la gestione dei rifugi fosse come minimo poco chiara; e tante ne ho sentite negli anni.
Mi piacerebbe che tutto ciò, e magari un intervento del Presidente, potesse essere di spunto per una gestione migliore, più chiara e condivisa dei contratti di gestione dei rifugi.
Infine, non metto il cognome perché sono un povero schiavo salariato e sono sul lavoro…compatiscimi, non accusarmi: alla prima occasione mi faccio riconoscere e ti pago da bere!
E come volevasi dimostrare…..più siete lontani dalle nostre realtà e più ci volete mettere il becco!
Te lo ripeto amico mio anche se conosci la grammatica tedesca meglio di me stai lontano da cose di cui non conosci il capo della coda, non hai, non avete,minimamente
Idea si cosa state parlando , e ,peggio ancora giudichi!
Non puoi conoscermi e io non conosco te ma non mi permetterei mai di venire a giudicare o a sindacare sul tuo lavoro qualunque esso sia, ma tu lo fai con me, e non con il mio operato verso gli utenti, ma cerchi di fare il portinaio che sa tutto di tutti.
Non continuerò a rispondere a tuoi o altri post,non è così che passo il mio tempo ,non ne ho neanche la possibilità.
Ma ogni volta che mi arriverà un avviso dal blog troverò il tempo di………mettermi gli sci e farmi un bel giro in compagnia del mio fedele cane e sulle mie bellissime montagne.
Ciao Matteo il tempo dira se il rifugio che è anche un Po tuo sarà ancora custodito con passione e capacità è potrai trovare accoglienza e cordialità come tu dici…….
BUON NATALE A TUTTI
e speriamo di rivederci !
ciao Matteo, dai fai il bravo, ho anche lasciato il mio numero di telefono qualche commento più sotto, non sono certo uno che si nasconde dietro un “gunter” qualsiasi (anzi gunter, si può sapere chi rappresenti?).
Ora che il presidente del CAI Milano ha fatto il suo comunicato posso esprimermi , anche alle tue domante “matteo” (io ho messo anche il cognome, e lo hanno fatto anche altri perchè tu no?)
La trattativa affrontata con il cai in questi lunghi mesi ha portato degli ottimi frutti, ovvero, finalmente, credo per la prima volta, si possono firmare contratti di affitto di 7 anni. Ovviamente le cose positive sono tantissime altrimenti avrei rifiutato il mandato della conduzione del rifugio Brioschi.
In soldoni il CAI Milano mi ha detto: ti offro il rifugio in gestione per 7 anni, e ti lascio una parte di canone in mano tua da investire in opere; tu cosa hai intenzione di fare in questi sette anni?
Ecco dove sta il concetto di progettualità. Tanto semplice quanto impegnativo perchè ti mette di fronte ad una responsabilità enorme di fronte a tutti i soci della sezione ma soprattutto a tutti i frequentatori della montagna.
Personalmente non ho mai avuto la sensazione che il cai mi stesse sfruttando, anzi, a maggior ragione adesso che i nuovi contratti che siamo riusciti a stipulare con il CAI Milano porteranno solo benefici ai rifugi e anche a noi gestori. Certo bisogna essere un po’ più attenti e darsi un po’ più da fare rispetto a prima, ma questo in generale, non come “imprenditori assetati di soldi” ma come responsabile di un presidio alpino fondamentale e importante.
Noi soci CAI (sono socio anch’io) possiamo sostenere i rifugi in primo luogo frequentandoli. Non è necessario consumare un pasto, ma anche solo entrarci, respirarne l’aria.
Un abbraccio a tutti
Egregio Guhuntherh (d’accordo non firmarsi, ma almeno scegliti un nick che sai scrivere), il tuo intervento è esattamente quanto di più inutile e pernicioso ci possa essere.
Praticamente hai citato Razzi/Crozza: “amici, fatevi li cazzi vostra”.
E’ proprio quello che sta alla base di tutto ciò e che tanti di noi non vogliono e deprecano.
Il punto della questione è: è giusto che il CAI gestisca i suoi rifugi solo su base economica? E’ corretto che i rifugisti subiscano questa politica, diventando di fatto dei lavoratori precari da sfruttare? E’ vero che, di contro, spesso c’è una gestione “paramafiosa” dei contratti di gestione?
Ma soprattutto, noi soci CAI e frequentatori dei rifugi (e cioè in fondo i reali proprietari), cosa ne pensiamo? Cosa possiamo fare?
…e stiamo ancora aspettando una risposta seria da Alex Torricini (anche se un qualche sospetto su un certo nick lo avrei…)
Custode di rifugio Cai da quasi 25 anni.
Chi non conosce da vicino le realtà di questo mondo stia attento a non fomentare ulteriori inutili polemiche sui questi stramaledetti social.
Ci sono associazioni di gestori che stanno lavorando per migliorare questa pessima
situazione di grande difficoltà da entrambe le parti.
Chiaramente chi ci rimette il culo sul serio pero’ siamo noi gestori e abbiate pazienza se proprio perché il culo è il nostro vorremmo evitare che inutili voci corrano a guastare il faticoso traguardo raggiunto in questi mesi o che lunghe discussioni su blog è quantaltro sia a vostra disposizione continui per mesi quando basterebbe una cazzo di telefonata tra i protagonisti della cosa e
basta!!!
Tutti noi abbiamo molto da dire e siamo disposti a raccontarlo a chi voglia ascoltarci per un confronto diretto sincero e onesto.
Agli amici e utenti dei nostri rifugi consiglio di scrivere cose di loro competenza come giudizi sull accoglienza, sul cibo e sulle pulizie dei nostri rifugi lasciando a noi il compito di discutere tutto il resto.
Questo facendoci sempre sentire tutta la vostra solidarietà.
Buone Feste a tutti.
M.
Il CAI ha costruito negli anni i propri rifugi per offrire un servizio di appoggio logistico ai propri associati e a tutti i frequentatori della montagna in generale e questo dovrebbe essere tutt’oggi l’unico spirito che anima e giustifica l’esistenza di queste strutture. Interpretare quindi il patrimonio dei rifugi come una fonte di guadagno per il CAI lo trovo assolutamente abominevole e in netto contrasto con lo spirito che ne ha ispirato l’originaria realizzazione. Fare il rifugista richiede notevole spirito di sacrificio e sopratutto una seria vocazione…qualità queste che non possono e sopratutto non devono rischiare di venir vanificate dalle esigenze di produttività che sempre più spesso vengono avanzate dal CAI…
Troppo spesso si assiste al paradosso per cui i gestori devono addirittura procurarsi la clientela per far fronte alle spese di affitto sempre più alte richieste dalle sezioni proprietarie…ma stiamo scherzando?? Non esiste proprio che per rimpinguare le casse del CAI il gestore si renda responsabile del famoso e deleterio sovraffollamento delle alte quote!! I rifugi tornino ad essere quello che devono essere…: dei luoghi dove chi passa di sua iniziativa (e non spinto da slogan di cattivo gusto commerciale) possa trovare ospitalità e sopratutto delle realtà dove il gestore sia tenuto a dare un contributo necessario al più a coprire le spese di mantenimento dell’edificio. E’ ora di smetterla di ricorrere agli affitti dei rifugi per finanziare la mole spesso eccessiva di attività collaterali di dubbia utilità di cui sempre più spesso il CAI si rende promotore!!
“preservando quei valori che il Cai ha nel suo statuto”…???
Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un’ altra vita;
se c’è, come voi dite, un Dio nell’ infinito, guardatevi nel cuore, l’ avete già tradito
In un mondo dove valgono solo i soldi, speravo che l’ambiente della montagna avesse anticorpi sufficienti per far prevalere altri valori, più umani, più rivolto al rispetto delle persone. Il rispetto di cui sento tanto parlare lo merita per primo Mauro Cariboni quando dice che non vuole lasciare il rifugio (non significa che vuole e che può fare quello che gli pare) . Meriterebbe che TUTTI lo sostenessero e lo aiutassero, anche dai rifugi vicini, che tutti i rifugisti facessero una catena di collaborazione e non di competizione per dare risposte adeguate ad un mondo che sta cambiando , preservando quei valori che il Cai ha nel suo statuto. Spero che chi sta dietro a questa assurda situazione si avveda del male che sta facendo e faccia un passo in dietro per rispetto a Mauro e a tutti…
Dirò banalità, ma anch’io voglio sottolineare che non tutti i CAI sono uguali e hanno questa presunta tendenza che sembra avere la sezione di Milano. Non capisco il nervosismo di Torricini, Alessandro Gogna ha riportato in quest’ottimo articolo solo una certa tendenza e una certa mentalità che ha invaso anche la montagna e la realtà dei rifugi, io non ho letto nulla di sconveniente e disdicevole su Torricini e sul rifugio Brioschi. Ritengo invece assordante il silenzio del CAI Milano sull’intera vicenda. Nessun obbligo, per carità, il CAI Milano è padrone delle sue strutture sui monti del Lecchese, ma credo che un certo confronto con la realtà locale, le sue esigenze, le sue impressioni sia corretto fatta, non sempre comportarsi da soliti “colonizzatori” cittadini verso i “montanari” lecchesi, ed affidarsi ai soli calcoli economico-gestionali. Concludo con il dire che sono molto dispiaciuto del fatto che in futuro Cariboni non possa più essere gestore del Rosalba, il CAI Milano avrà fatto le sue considerazioni e i suoi calcoli, ma io – e molti altri lecchesi come me – abbiamo sempre trovato una gestione impeccabile, un’accoglienza piacevole e un’atmosfera particolare al Rifugio Rosalba. Speriamo bene per il futuro.
Oggi 21 dicembre 2016 il quotidiano online ValsassinaNews.it titola:
GUERRA DEI RIFUGI: GOGNA CONTRO CAI MILANO E GESTORE DEL BRIOSCHI. SULLO SFONDO LA “SMANIA CAPITALISTICA”.
Volevo precisare che il titolo è enfatico rispetto ai reali contenuti dell’articolo, che invece condivido. In realtà io non ce l’ho né con il CAI Milano né con il gestore del Brioschi. Proprio per nulla. E colgo l’occasione per ribadire la grande necessità di un dialogo che dovrebbe esserci.
Il mio semplicemente un sostegno morale ad Alessandro Gogna, che in questa “storia” non credo abbia interessi privati ma è stato interpellato e a me sembra abbia fatto solo del suo meglio per dare spazio sul Blog alle notizie e fatti che già erano avviati in altre discussioni. Tengo a precisare che non sono del CAI, non posseggo rifugi o quant’altro e non ho interessi di parte, quando vedo persone che attaccano anche chi cerca di portare un contributo costruttivo solo perché sentono il loro ” orticello” messo in una qualche discussione penso che sarebbe meglio lasciarli nel loro brodo…
Complimenti ancora ad Alessandro Gogna per l’impegno disinteressato.
“Il problema vero è capire se davvero il CAI debba avere comportamenti imprenditoriali.”
Va bene che siamo a Milano, la capitale economica dell’ Italia.
Ma che il presidente Minotti si dia una regolata.
Il livello dei rapporti umani, va alzato. Non abbassato.
Caro Alex Torricini, il tuo commento che sta girando su facebook è stato semplicemente ripreso da me, ovviamente a tuo nome. Come tutti possono vedere è su fondo grigio: il che, su questo blog, significa che è un commento direttamente importato dall’amministratore. Perciò, se vuoi ringraziare, ringrazia pure me…
Detto questo, anche noi siamo apertissimi al dialogo, ma non siamo disposti a soddisfare il tuo desiderio che questo post venga cancellato per poi intavolarne un altro.
Cosa ha di sbagliato questo post? Il tema è il contrasto attuale tra le in qualche caso evidenti ambizioni imprenditoriali delle sezioni del CAI e quella diffusa sensazione che il custode di un rifugio lo faccia soprattutto per passione, dunque non possa essere una piccola azienda a tutti gli effetti. E ci sembra di averlo svolto, questo tema.
Abbiamo cercato lo scoop? No, i più attenti sanno bene che di questo si era già scritto e postato i giorni precedenti, con nomi e cognomi. Anche con cifre. Il “RosalbaGate” era già nato!
Il tuo rifugio Brioschi è stato citato come esempio positivo.
Il tuo nome è stato citato di striscio, senza suggerire alcun giudizio negativo sulla tua figura, cosa che peraltro, posso garantirti, neppure Cariboni e Trentani hanno fatto, da colleghi corretti. La tua persona entra assai marginalmente in questa vicenda, che vede protagonista soprattutto Cariboni.
Il giornalismo è fatto di visione corretta di fondo, di tempi giusti, di dettagli e anche di cifre. Abbiamo sbagliato qualche cifra (non l’abbiamo “inventata” noi) o qualcuno ci ha riferito cose inesatte, fatti “mai accaduti”? Può darsi, per carità. Ma quali? E, nel caso, c’è tutto lo spazio e la voglia per rimediare.
Ci sono aspetti importanti in questa vicenda, di quelli che di solito “non si possono dire”? Beh, non li abbiamo detti… Si possono dire ma finora nessuno ne sapeva niente? Beh, forse è ora che chi sa parli.
Manca il punto di vista del CAI Milano? E’ stato chiesto e ci è stato negato.
Per me rimane illuminante il commento di “Arterio Lupin”: questo è l’esatto spirito che ci ha guidato.
É da anni un piacere fare un salto su al Rosalba e dal Mauro, di ritorno da una via o semplicemente per fare due passi fino a quello splendido nido d’aquila che è il Rosalba. Piatti semplici e tanta simpatia in un rifugio sparrano ma dal sapore vero di rifugio. A cosa servono lassù le docce o una cucina di lusso. Lassù è più che sufficiente ammirare i panorami diversi in tutte le stagioni, lontani dai chiassosi rifugi invasi da turisti irrispettosi nei confronti del silenzio e bellezza della montagna.
Il Torricini è sicuramente un rifugista in gamba e lungimirante, che ha saputo rivalutate al massimo il Brioschi. Mauro é il rifugista del Rosalba…e non c’é bisogno di dire altro.
Ringrazio chi ha pubblicato qui il mio commento che sta girando su facebook. Non credo di essere volgare se dico che questo articolo sia una porcata. Se Alessandro Gogna o Roberto Serafin si possono permettere di gettare all’opinione pubblica nomi e cognomi su fatti mai accaduti e cifre inventate, fate voi…vi piacerebbe essere trattati così? Io sono disposto a discutere civilmente, se i valori civili e morali quali la lealtà e la verità portassero la coppia di “giornalisti” a togliere l’articolo (bocciato sotto ogni forma tranne quella un po’ scandalistica dei settimanali rosa) e ricominciare da capo, magari alzando il telefono e chiamando le persone preposte per informarsi. Un mediocre giornalista farebbe così. Il mio numero è 3288647386 e sono quasi sempre reperibile, potete chiamarmi e chiedermi qualsiasi cosa.
Un abbraccio
Alex Torricini
Scrivo da semplice utente, avventore del Rosalba, che identifico, come spesso accade, con la figura di Mauro Cariboni.
Non credo debba essere posto l’accento su una eventuale “querelle” tra rifugisti…
Il problema vero è capire se davvero il CAI debba avere comportamenti imprenditoriali. Lo capirei su questo portasse con sé copiosi investimenti per lo sviluppo della cultura alpina, per la tutela della wilderness,ecc… Ma non per fini di puro ed esclusivo profitto.
Un Ente come il CAI dovrebbe avere a cuore le figure dei non molti rifugisti rimasti, quelli che si sobbarcano regolarmente le salite fino al rifugio a piedi e che garantiscono una presenza ed un punto di riferimento per escursionisti ed alpinisti. Insomma, figure come quella del Cariboni e certamente del Torricini. Gente che dovrebbe essere invitata a restare, non ad andarsene tout-court.
Non trovo produttivo accentuare una qualche contrapposizione – ammesso che esista – tra il Cariboni ed il Torricini. Sarebbe invece più d’uopo riuscire a mettere di fronte l’ente ed i rifugisti… Comprendere quel che accade.
Ne va della vita dei rifugisti, della credibilità e della figura dell’Ente.
Il buon lavoro di Alessandro e di Roberto, quindi, ha valore come “presentazione della questione”, non di soluzione della medesima. Soluzione che potrà essere data solo ed esclusivamente dai rifugisti e dal CAI.
Sempre ammesso che esista ancora il desiderio di tutelare i pochi veri nidi d’aquila rimasti (come per esempio, il Rosalba, il Brioschi, ma anche il Boccalatte e svariati altri) e chi si dedica anima e corpo agli stessi per passione e per mestiere.
Mi accodo quindi all’invito di Bertoncelli a inotti, Torricini, allo stesso Cariboni a dibattere e discutere tranquillamente.
Credo che giudici super partes migliori di Roberto e di Alessandro siano difficili da trovare.
Auguir di buone Feste a tutti
L’articolo di Alessandro Gogna mi sembra equilibrato.
Manca però la versione di Massimo Minotti, presidente del CAI Milano, che speriamo voglia presentarla qui.
Anche Alex Torricini potrebbe dire la sua, però non con frasi volgari e insinuazioni, ma esponendo fatti, circostanze, documenti, testimonianze e quant’altro. Lo invito a farlo, cosí sentiremo anche un’altra campana. Conoscere la sua opinione sarebbe gradito a tutti.
Scrivo questo non per desiderio di polemica, men che meno con Torricini, ma semplicemente per imparare che cosa sta succedendo.
Saluti a tutti.
Come funziona il giochino che ciascuno scrive una porcata e subito diventa vera? Ma il giornalismo cos’è? Dai Alessandro Gogna ti sei inventato una storiella e 4 cifre assurde senza nemmeno verificare che fossero vere… perché? Qual’è il tuo scopo? Il mio è quello di dire in giro che hai raccontato una serie di frottole. Togli l’articolo.
cai, invece di sederti ad un tavolo col rifugista, per aiutarlo a fare 4 conti, dagli un calcio in culo e chiama all’asta il quatar. l’umanità non è prevista come materia alle facoltà di economia. business, business… la parola d’ordine… tutti vogliono guadagnare, lo stato di più… e i prezzi devono salire, salire… spiegatevi perchè la povertà è sempre più diffusa… sorry per la digressione…