Selfie in vetta

Selfie in vetta
di Gian Luca Gasca

Scalare una montagna, arrivare in vetta, estrarre lo smartphone e scattarsi una foto. A questo punto inizia una rapida discesa verso un punto dove arriva il segnale internet. Qui si sosta, si caricano le foto sui social con una banale scritta, tipo “Io sulla cima Tizia”, e sotto una valanga di foto.

Quando si rientra a casa si va a controllare che siano arrivati i “like” a contornare la grande impresa, perché senza quelli allora la salita non vale nulla. Ogni mi piace è un apprezzamento alla tua impresa di alpinista, al tuo successo. Una foto per dire “Io ci sono stato” e se non le hai allora non puoi aver realmente salito una montagna. Devi portare le prove fotografiche sia di un successo che di un fallimento.

Perché devo dimostrare per forza di esserci stato? Perché devo rendere tutte le mie salite una pubblicazione su di un social network che permetta alle persone di dire “si, lui è bravo”. La scalata di una montagna può essere un’esperienza intima e privata, fatta di sentimenti ed emozioni che non trovo quando vedo un uomo stanco ed ansimante guardare in un obiettivo. Trovo invece quei sentimenti, la tensione, la paura, la soddisfazione quando ascolto il racconto di una vetta ma, oggi, se non si portano le foto allora non si è mai andati in vetta.

Se la valutazione della salita ad una vetta si dovesse basare esclusivamente sul materiale fotografico che supporta il testo o sulla testimonianza di un osservatore esterno che ha seguito la salita allora, ad oggi, non possiamo realmente approvare orari e date di “conquista” o ripetizione su molte cime. Molte delle vette realizzate prima che gli alpinisti iniziassero a portare con se apparecchiature fotografiche non sarebbero valide. In molti casi non ci sono che le parole di un gruppo di persone facenti parte della spedizione. Mi chiedo allora se è realmente vero che Bonifacio Rotario d’Asti ha raggiunto la cima del Rocciamelone il primo settembre 1358. Esistono invece prove che si possono lasciare, come la realizzazione di un ometto in vetta, è stato fatto in passato, ma oggi andrebbe bene al mondo esigente di prove inconfutabili della tua presenza in vetta?

Poniamo ora il caso che durante la salita l’apparecchio fotografico è volato nel vuoto o, più semplicemente si sono scaricate le batterie per il freddo, magari durante la realizzazione di una prima via. Cosa devo fare in questo caso, tornare giù a riprenderla sperando di trovarla intatta? O rinunciare definitivamente a questo tentativo per riprovarci quando avrò una fotocamera con cui dimostrare al mondo di aver realizzato la mia salita?

Per concludere mi domando se realmente oggi la salita di una montagna deve essere testimoniata al mondo con una foto sulla vetta. Sono ormai passati i tempi dell’alpinismo nazionalista per identificare il possesso delle vette, tanto a lungo professato nell’Italia ottocentesca e nei primi anni del novecento. Ora si scala per passione, per divertimento e, in alcuni casi, per ritrovare quel contatto con la natura primitiva che l’uomo ha perso per strada nel corso degli anni. Allora perché devo avere foto su foto? Perché devo fotografarmi nei passaggi più difficili e poi in vetta? Non c’è più nulla da conquistare e l’essere lassù, su quel pezzo di terra è del tutto inutile per l’umanità, quindi lasciatemi libero di non fotografarmi in vetta e di godermi invece la valle che si stende ai miei piedi.

Foto: skiforum.it
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Selfie in vetta ultima modifica: 2015-12-24T05:46:07+01:00 da GognaBlog

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19 pensieri su “Selfie in vetta”

  1. Marcello, diciamo che l’ articolo si squalifica da solo nel momento in cui usa una foto estrapolandola dal contesto, anche perché non ho mai visto quella persona pubblicare un selfie in tempo reale, semmai alcune ore o anche giorni dopo il termine dell’ uscita.

    Per quanto riguarda la mia firma, potrei anche firmarmi con nome e cognome, ma paradossalmente sarebbe il modo migliore per garantirmi l’ anonimato… Io non sono un professionista, son solo uno qualsiasi a cui piace godersi la montagna (solitamente in solitaria) senza patemi né moralizzatori, e proprio firmandomi con questo nick do la possibilità a chi legge di trovare su skiforum e su vieferrate (dove paradossalmente le ferrate sono il 10% delle discussioni) un po’ di trip-report dove poter vedere come vivo la montagna e le emozioni che regala

  2. Boh, avrò capito male io ma mi sembra che l’articolo dica un’altra cosa rispetto ai commenti.
    Non mi sembra ci sia una critica a chi si fa foto ma a chi richiede documentazione fotografica per dimostrare una salita e agli alpinisti che si fanno foto per dimostrare di esserci stati…sono cose molto diverse.
    A me non interessa anche se non giudico positivamente chi lo fa o meglio penso che chi ha bisogno di dimostrare agli altri una propria passione forse è più appassionato di popolarità, insomma sono abbastanza d’accordo con l’autore dell’articolo

  3. Manuele, grazie del “complimento” perche’ io SONO una vera testa di cazzo ma se scatto una foto di vetta con autoscatto (il termine selfie mi sa di sega e in vetta non me ne sono mai fatte, abbi pazienza) non mi sogno neppure di metterla immediatamente sui social.
    E’ questo il punto di questa discussione non il farsi una foto in cima che non ha nulla di male. E’ l’ansia di comunicarlo al mondo che trovo di una superficialita’ esagerata.
    Io sono un alpinista professionista, ho degli sponsor ma a nessun di loro darei mai questa soddisfazione e glielo dico in anticipo!!
    Le spedizioni con collegamento satellitare per comunicare in tempo reale cosa succede le lascio agli sfigati che lo fanno e a coloro che li seguono.
    Ho un blog dove scrivo una montagna di cazzate e non ho attivato la modalita’ “commenta” proprio perche’ non sono democratico in questo senso. Se vuoi mi leggi se no, no. Punto.
    Il senso dell’articolo e’ il SELFIE come lo si intende oggi: una cosa per teste di cazzo! Bukoswski docet, leggitene un po’. Ciao.

    PS poi se vuoi dare un senso alle tue parole firma con nome e cognome, ti farebbe onore.

  4. Comunque la seconda foto non è molto azzeccata visto che è di una persona che ha una enorme passione per la montagna, e oltre a farsi i selfie fa delle splendide foto di montagna, pubblicate su parecchi libri (anche in copertina) e addirittura sui quotidiani di mezzo nordest grazie ad un suo spettacolare book sulle Dolomiti viste da Venezia…

    Sinceramente questo articolo e certi commenti mi sembrano un superammasso di qualunquismo degno di Grillo & Salvini messi assieme

  5. C’è una differenza infinita,
    tra farsi un selfie in (cima ad una) montagna,
    o fare una foto alla montagna che guardi.
    E’ la differenza che c’è tra guardarsi allo specchio
    e vedere oltre lo specchio.

  6. Non condivido questa volta. La foto in vetta si fa da quando è stata inventata la fotografia, prima ancora c’erano gli schizzi per il disegno…ora è cambiato il modo, ma questo non cambierà la sostanza
    Riccardo Di Zitti, da facebook 26 dicembre 2015 ore 15.30

  7. Criticare chi si fa una foto in montagna mi sembra inutile e un po’ stupido. Quello poi che da addirittura della “testa di cazzo” a chi fa autoscatti dimostra solo quanto lo e’ lui una gran testa di cazzo… Per usare parole sue.

  8. “Temo il giorno in cui la tecnologia supererà la nostra umanità. Il mondo avrà una generazione di idioti” Albert Einstein

  9. Ma qualìè il problema?
    Che ognuno faccia in vetta quello che gli pare!
    Mettersi anche a sindacare sul chi si fa un innocuo autoscatto in vetta e lo pubblica su un social network per condividere o ridere o testimoniare o per quello che gli pare è assurdo.
    Non fa male a nessuno ed è comunque salito, ha faticato e ha goduto della salita.
    Ben altri sono i temi che dovrebbero impegnare la nostra materia grigia nella riflessione!

  10. Cominetti, facendo una chiara e precisa sintesi, ha detto tutto… se si ha bisogno delle conferme altrui per sapere o meno se è fatto una grande salita o almeno che ci abbia dato buone emozioni, dell’ andar per Monti non si è capito proprio nulla.

  11. Chiedete a Cesare Maestri della macchina fotografica (una Leica!) di Toni Egger, a proposito di foto di vetta.
    Ma voglio dirla alla Bukowski: penso che chi si fa i selfie in vetta a una montagna sia una gran testa di cazzo!
    Buon Natale.

  12. Premesso che detesto il selfie, perche’ il piu’ delle volte se ne esce con una faccia da puntura, la foto in se’ per se’ non e’ ne’ buona ne’ cattiva mentre l’uso che se ne fa evidenzia molte cose relativamente alla personalita’ del soggetto.
    Questo genere di condivisione non mi appartiene (sul mio profilo Facebook ci sono pochissime foto) pero’ non posso che prendere atto di una delle tante mode del momento. Per quanto concerne la foto come strumento di prova non so che dire, non sono un alpinista di punta e, pertanto, non so come funzionino le cose in certi ambienti ma credo che per attestare una salita ci voglia qualcosa in piu’ di una foto (che peraltro potrebbe pure essere ritoccata).

  13. E quelli che appena arrivano su una vetta abusano del cellulare per sorprenderti con la domanda: “Indovina dove mi trovo adesso?”?

  14. Le foto in montagna sono sempre esistite, quanto meno da quando esistono macchine fotografiche di peso accettabile, postarle appena c’è una connessione disponibile è un di più fornito dalla tecnologia moderna, io per esempio uso il “selfie” di vetta come modo alternativo alla classica telefonata a casa per avvertire che va tutto bene.

  15. ma SELFIE non vuol dire anche….. pugnetta…?

    “Molto più semplicemente lo si fa per condividere con gli amici le nostre giornate.”

    amici…..?

    condividere….??

  16. Che minestrone! Mescolato assieme: vie nuove (e magari difficili), il giro sulla collina davanti casa, gli ottomila…insomma un bel pot-purri…
    Sarebbe da chiedere a Tomo Česen cosa ne pensa delle foto in vetta…
    Viviamo nella società dell’immagine, credo si sia capito da un pezzo ormai. Personalmente non amo i selfies (termine che mi ricorda le pratiche onanistiche…) ma il buon vecchio autoscatto non lo ripudio, è sempre una testimonianza a ricordo, più o meno intimo, ma sempre personale ed ognuno credo sia libero di viverlo ed esprimerlo come meglio crede (certo che certe foto di donne agghindate da Gran Galà e ometti a torso nudo in posa plastica, scattate allo specchio del cesso fanno calare dalle risate… ma non avete un altro posto per fotografarvi?)
    E’, comunque, lo specchio dei tempi anche questa mania di immortalarsi e dimostrare, ma non certo la peggiore, anzi fra tutte a mio avviso è quella con meno spunti da terapia psichiatrica… Dimostra certamente che siamo arrivati ad un punto dove, come esseri umani non contiamo poi molto, al lavoro siamo numeri, per lo Stato siamo voci di spesa, per la società in generale siamo una massa…L’individuo, la personalità individuale, conta ormai ben poco!
    John Smith (non uso Mario Rossi sennò prima o dopo si incazza di essere sempre al centro delle mie attenzioni…) siamo tutti ormai e quindi è logico che ognuno di noi tenti di trovare spazi di emersione da una massificazione degenerante e lesiva dello stato di persona.
    I problemi sono ben altri che qualche scatto di vetta, magari sarebbe da chiedersi come si chiamassero quegli oltre 300 morti in Nigeria la settimana scorsa che si vedevano nei reportages giornalistici e come mai invece abbiamo saputo tutti i nomi dei 129 morti di Francia… perché si sia tentato di dare un’identità ben evidenziata a qualcuno (che fino al giorno prima scattava selfies per farsi notare dagli amici) ed invece si preferisca lasciare anonimo e massificato qualcun altro…?

  17. Sembra che da un po’ di tempo l’importante per la maggioranza delle persone sia DIVERTIRSI.
    Divertirsi, da divergere, continuare a cambiare (ora si dice fare zapping).
    Non capisco se lo fanno per non pensare mai più di qualche minuto a ciò che stanno facendo, o per evitare di pensare. Ma credo che così facendo non riescano mai a gioire di ciò che fanno, mi sembrano sempre infelici, insoddisfatti, quasi astiosi.
    Mah, forse non si rendono conto che la felicità è rara, molto personale e mai superficiale.
    Magari sono solo schiavi ubbidienti del sistema che coltivano con passione, dedicandosi per lo più con impegno a condividerlo, guardando gli altri senza mai cercare di vedere se stessi.
    Non capisco.

  18. Molto più semplicemente lo si fa per condividere con gli amici le nostre giornate.
    Lo facciamo anche con la serata in pizzeria. Insomma, non abbiamo bisogno di confermare quanto siamo belli e forti, ai nostri amici interessa vedere quale faccia da pirla mostrerai alla prossima foto.
    Ci si diverte anche così 🙂

    Buone feste a tutti.

  19. Uno scritto o meglio in pensiero attuale, che tutti noi facciamo… Ma quasi scontato, nel senso che fa parte dei giorni nostri…ne veniamo tutti rapiti e anche il più puro,magari puro non lo e’ perché anche senza pubblicare la propria foto, spulcia nei social per trarre il veloce obbiettivo settimanale…io non ero bravo a giocare a pallone, ma le poche volte che ho fatto goal sono corso a braccia alzate davanti alle tribune … E difficile non autocelebrarsi…ma non fa male se come sta scritto da qualche parte “usare con cura”.. Vantiamoci e fotografiamoci pure…siamo umani, tanto poi la minestra e’ quella…Buon Natale a tutti voi . E che il 2016 sia ricco di foto piene di avventure!

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