“Siamo i primi ambientalisti”, dice il presidente di Pila Spa che sta per avviare i lavori per una nuova funivia fino a 2730 metri di altitudine.
Prendono pure in giro, i gestori degli impianti: ci considerano tutti dei gonzi, con l’anello al naso. Il Presidente di Pila Spa afferma che loro sono i primi (?!?) a preoccuparsi dell’ambiente. Qualcosa non quadra. Un vero ambientalista punta a evitare i nuovi impianti e a smantellare quelli esistenti, al massimo sostituendoli con impianti leggeri (skilift), il tutto con l’obiettivo di alleggerire il peso antropico sulla montagna (specie in uno scenario sempre meno “nevoso”). In sintesi: meno gente, meno danni per l’ambiente.
Invece il Presidente, per giustificare il “nuovo” impianto, dichiara: “La nostra ambizione è quella di permettere a molti più turisti di godere di quel panorama, sciatori o no, un po’ come succede con la Skyway”.
Altro che “attenti all’ambiente”: questo è antiambientalismo elevato a sistema! (Carlo Crovella)
Sempre meno neve
(ma le località sciistiche investono ancora)
di Francesca Venturi
(pubblicato su agi.it il 24 febbraio 2023)
Il futuro delle località sciistiche è messo in discussione dal cambiamento climatico, e gli operatori fanno a gara per cercare di adattare l’offerta turistica e rendere la montagna attraente anche con poca o nessuna neve.
Anche i più ottimisti ammettono che come minimo la stagione dello sci è destinata ad accorciarsi rispetto ai tradizionali 5 mesi (dicembre-aprile) della tradizione della seconda metà del Novecento.
E’ stato calcolato che solo nell’improbabile caso che si riescano a ridurre le emissioni inquinanti per restare sotto i 2 gradi di aumento della temperatura entro la fine del secolo la stagione della neve conterrà la riduzione sotto a un quinto, il 17% circa.
Ogni grado in più di temperatura globale, secondo il Wwf, equivale a un mese in meno di neve. Come si può vedere dalle impressionanti immagini satellitari invernali, dove ormai il colore marrone scuro prevale sul bianco quasi ovunque, il fenomeno interessa tutte le montagne del mondo, e le Alpi non fanno ovviamente eccezione.
Secondo le stime degli scienziati, i ghiacciai alpini dimezzeranno il loro volume di qui al 2050 e il 95% sparirà entro il successivo mezzo secolo.
Le stazioni sciistiche più basse, fondate negli anni ’60 del secolo scorso, cominciano a chiudere i battenti e a puntare su altre attività. Quelle che restano aperte sono costrette ad aumentare i prezzi, rendendo lo sci uno sport sempre più di élite.
In compenso, la pandemia ha fatto aumentare la richiesta di soggiorni primaverili ed estivi in montagna, e i prezzi delle case nelle località alpine sono in forte crescita.
La politica locale prova quindi a cambiare ottica, per trovare un senso ai nuovi investimenti destinati alla costruzione di nuovi impianti ed infrastrutture senza danneggiare l’ambiente e ampliando la platea degli appassionati di montagna.
E’ in questo contesto che si inserisce, per esempio, la decisione di realizzare una nuova funivia che collegherà Pila, la panoramica località sciistica che si affaccia sull’intera valle d’Aosta raggiungibile in funivia dal centro di Aosta, e la Cima Couis, a 2730 metri di altezza, a piombo sulla valle di Cogne e il parco del Gran Paradiso.
Il progetto che ha vinto comincerà ad essere realizzato a breve e sarà completato nel 2024; a regime, in poco più di mezz’ora si potrà arrivare con due impianti dal parcheggio di Aosta alla cima, che gode della vista delle montagne più alte di tutto l’arco alpino, dal Monte Bianco al Rosa, dal Cervino al Gran Paradiso.
A chi storce il naso per l’impatto ambientale del nuovo impianto, risponde il presidente della Pila Spa, la società che gestisce gli impianti di risalita del comprensorio valdostano.
“Siamo i primi a voler rispettare l’ambiente – spiega all’Agi Davide Vuillermoz Curiat – Viviamo di questo, sarebbe autolesionista non proteggere la natura: per noi è una vocazione e anche una devozione. Al momento, meno del 3% di tutti quelli che accedono agli impianti di Pila prende anche l’ultima seggiovia per arrivare in vetta al Couis. La nostra ambizione è quella di permettere a molti più turisti di godere di quel panorama, sciatori o no, un po’ come succede con la Skyway, che da Courmayeur porta a 3.466 metri sul Monte Bianco ed era inizialmente considerata solo un servizio per alpinisti e sciatori ma ora viene utilizzata da tutti, anche i neofiti della montagna”.
Vuillermoz ricorda che Pila come le altre località sciistiche valdostane sono in alta quota e per loro gli effetti della inevitabile catastrofe climatica sono quindi rinviati.
“I ricavi di quest’anno superano quelli del livello del 2018, ma non hanno ancora raggiunto il record della stagione 2019-2020, quando l’interruzione dovuta al Covid è comunque arrivata quando i giochi erano fatti”. In ogni caso, nessun abitante delle montagne alpine può ignorare la portata del riscaldamento e del calo della neve.
“Dobbiamo comunque spostare verso l’alto il baricentro delle attività invernali, e al tempo stesso non fermarci a pensare solo al turismo legato alla neve. Non è nemmeno escluso che in futuro si progetti anche il collegamento verso la valle di Cogne: siamo alla fase degli studi di fattibilità”.
All’arrivo della funivia, è previsto che ci sarà un rifugio, aperto tutto l’anno per accogliere chi arriva con un punto panoramico e di ristoro che rispetterà la bellezza dell’ambiente. “Noi montanari siamo i primi ambientalisti: il progetto prevede che l’energia utilizzata per far funzionare il nuovo impianto derivi al 100% da fonti rinnovabili”, ha spiegato ancora Vuillermoz.
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Vedi Stefano: ho spiegato la mia tesi almeno 35 volte, come hai rimarcato tu, e al 195 mi si pone ancora una volta la domanda, in più rinfacciandomi che NON rispondo ai messaggi indirizzati a me… Non gli risponderò, ovviamente, ma se per caso dovessi rispondere per spiegare ancora una volta la stessa cosa, altri protesterebbero perché mi “ripeto”… è un bel groviglio…
Ops, dove è costruita la Konkordiahutte…
Crovella, cosa c’entro io con i crolli delle montagne, con i ghiacciai impercorribili, la neve che manca? Sai che il primo grosso crollo nella zone del Bianco è degli anni’20 del secolo scorso? Sai che alla sua costruzione, a metà dell’Ottocento, la neve dell Aletsch lambiva la roccia dove è costruita e che dagli anni intorno al 1960/70 hanno cominciato a mettere le scale di ferro? Tu confondi i danni del cambiamento climatico con quelli prodotti dalle persone… Ha ragione Stefano (mi pare): parli solo perché ti diamo spunti. E quasi sempre non rispondi ai messaggi indirizzati a te…
Scusa per l’imprecisazione nei tuoi confronti, come hai riportato al punto 1.
Grazie per la precisazione al punto 2
Chiaro sugli argomenti di finanza. Ovviamente in questo contesto erano fuori luogo, non centrano con il topic. Quando li avevo messi a suo tempo c’era cmq una connessione.
Spunto interessante, mi permetto solo due piccoli appunti (anzi tre).
1) Non sono in pensione. Lavoro come free lance, il che significa che non ho orari (anche oggi, sabato, sono in ufficio fino a sera), ma significa anche che posso prendermi una pausa ogni tanto per scrivere un intervento.
2) Quando affermo che le “montagne crollano” non intendo che si appiattiscono del tutto, spianandosi. Intendo che registreremo sempre più spesso episodi come grandi crolli di pareti, altri fatti come Marmolada 2022, ghiacciai sempre più impercorribili, possibili restrizioni giuridiche in qualche modo collegate alla siccità (per non sparare neve artificiale, per non danneggiare le sorgenti, per non disturbare la vita degli animali)… Per cui se ci teniamo oltre a batterci sui tavoli primari (quelli del riscaldamento climatico) io sono convinto che dovremmo farlo anche in prima persona, nella spicciola quotidianità. Sarà una goccia nel mare magnum generale, ma è una questione di principio: se ci teniamo dovremmo scendere in campo, accettando anche i piccoli prezzi sulla nostra pelle. Vedi ben, invece, che resistenze esistono nella comunità alpinistica…
3) Aggiungo: sicuramente fondate le tue considerazioni su guerra-mercati finanziari ecc. ma questo è un blog di montagna, non uno spazio generalista, stile bar dello sport… ecco perché, tra l’altro, io cerco di tenere il dibattito centrato sul tema principale, evitando di far prendere il sopravvento a risvolti che se ne allontanano (e, dopo tale sforzo, vengo addirittura tacciato di “svicolare”… mah).
Buona domenica!
Comunque complimenti a tutti, state facendo diventare il blog uno schifo.
Siete persone adulte non bambini. Crovella dice cose non giuste. Benissimo glielo fate presente una volta due e poi basta. Perchè lui è fatto così. Piu’ lo chiami in ballo piu’ scrive, piu’ RISCRIVE le stesse cose (che a voi danno fastidio) e quindi fate il suo gioco e vi date la zappa sui piedi.
Emblematico un post in cui vi era l’Ingegnera Alessandra, Crovella le risponde, lei non lo caga di striscio, poi interviene lei verso altri, lui senza essere chiamato in causa risponde e lei non lo caga di striscio. Poi pero’ la cosa è finita lì… tanto lei non lo badava.
Non vi piace quello che scrive? bene o interviene il MASTER oppure se vuoi continuate ad attaccare Crovella lui vi risponde enne volte tanto è in pensione e tempo da perdere ce l’ha.
D’altronde Crovella se forse un essere dotato di intelligenza dovrebbe avere il buon gusto di capire che non puo’ inzaccherare un blog per altro non suo con i medesimi commenti. Su quest’articolo ci saranno 35 commenti tutti uguali.
Questo non è essere come dici te come la gomma che rimbalza tutto, questo significa essere MALEDUCATI MA ANCHE TANTO.
E’ giusto che se sei chiamato in causa tu risponda ma una volta che hai risposto all’interlocutore basta. Se questo continua lo lasci ciarlare che nel torto ci va lui a quel punto.
Per quanto riguarda poi le argomentazioni sono stra convinto che Crovella sia nel giusto. Ha capito alla perfezione quello che accadra’ lato montagna ovvero i divieti, l’affollamento, la misura di deantropizzare la montagna rendendola difficile da frequentare (ma vi ho gia’ detto che con il nuovo sistema di locomozione l’auto elettrica saranno ben pochi che se la potranno permettere tra 10 anni con i blocchi di approvvigionamento che si creeranno).
Non sono minimamente d’accordo invece sul clima che impatta sulla montagna causa antropismo. Costui millanta che le montagne crolleranno.. ma per piacere non sono crollate dopo miliardi di anni figurati se crollano adesso. Ci sono di certo crolli ma nell’ordinario, al massimo un po’ accentuati per lo scioglimento dei ghiacci, ma figurati se vien giu’ la Marmolanda intera.. .robe da manicomio. Queste sono favolette da dire a bambini dell’asilo non ha persone adulte.
Certe sue proposte sono provocatorie? glielo dite poi basta.. .è inutile che continuate con tutta questa caciara. Il blog fa schifo. E’ un’indecenza per chi passa qui la prima volta. Potete vergognarvi tutti.
E vi invito invece l’ho detto 5-6 volte in 6 mesi e non nello stesso post, ad avere gli occhi ben aperti, a stare attenti alle vostre ricchezze perchè sono tempi molto brutti. C’è una guerra che non vogliono apposta finirla per attribuirle tutte le colpe del reset che chi comanda vuol fare.
Buona giornata e meditateci su.
Fantastico Crovella. Capace anche di autoincensarsi per una serata ai Cappuccini (oltre a farvi capire che “lui può”… Quanti sono gli escursionisti in Italia? 700.000? Le sole Alpi si sviluppano per quasi 1200 km, per quasi 52.000 km quadrati. Fatevi due conti, e quattro quinti delle Alpi sono praticamente frequentate a zero. Che ci siano una decina di poli che attraggono, si sa dalla notte dei tempi. Cortina, per dire, dalla metà del 1800.. Mi son fatto un giro sulle Giulie qualche anno fa: due sloveni, tre austriaci, zero italiani. Il custode del Corsi non vedeva nessuno da 15 giorni (inizio agosto!). Non è che rinunciando io, o uno dieci cento mille ad andare a Cervinia cambia nulla, lo capisci Crovella? E’ la rinuncia a livelli più alti che serve. L’Auronzo che diventi privato (ma il CAI di Padova perderebbe un sacco di soldi), così come Guide della Val d’Ayas, il Vittorio Emanuele al Gran Paradiso… Se comincia il CAI a chiudere i rifugi (per tre anni come il Soccorso alpino?) vedi come si riduce la frequentazione, altro che un Vegetti che da Milano a piedi va giusto sulla Montagnetta di San Siro… O in treno a Lecco, che ci vuole di più che andare poi sul Pizzo d’Erna… E poi manderemo te, Crovella, a dire alla gente che lavora con i turisti che non ce n’è più e che devono rinunciare… Ho paura che quelli, come noi, non parlino tanto… Ti convincerebbero altrimenti…
Non mi faccio invischiare sul tema della considerazione di cui godo o meno in area torinese, perché chi c’era ai Cappuccini l’altro giorno sa che si tratta di malignità prive di fondamento. Ma non è rilevante e distrae, per cui salto a pié pari.
In questo specifico frangente NON stiamo parlando di salvare il pianeta intero, l’ho specificato a chiare lettere, ma di evitare lo sfacelo diretto sulle montagne (poi c’è l’intero tema dell’inquinamento globale, ma quello va affrontato su altri tavoli, l’ho scritto esplicitamente).
Iniziative come questi nuovi impianti di Pila o come il villaggio sugli alberi dell’articolo odierno sono espressione di una mentalità smaccatamente business oriented (non parliamo della questione Cime Bianche… più un’infinità di altre, fra cui il Villaggio olimpico dell’articolo dell’altro giorno). Occorre fermare queste iniziative, ma ciò presuppone la riduzione/annullamento del reddito dei valligiani. Per chiedere questa “rinuncia” ai valligiani, per primi dobbiamo cambiare noi, noi alpinisti intendo, dimostrandoci disponibili ad accettare le nostre “rinunce”, altrimenti non siamo credibili e non otteniamo nulla sul tema ambientale (sempre specificamente riferito alle montagne).
Le vischiosità ideologiche costituite da posizioni come la tua (fra le molte altre) sono un ostacolo al lavoro per risanare le montagne, non un sostengo. Finché ci sono ostacoli di questo genere, la battaglia ambientalista ha dei nemici interni alla comunità alpinistica, quando invece dovremmo essere tutti schierati a favore del risanamento delle montagne.
no Crovella, il punto è sempre e uno solo: il fatto che spari una cazzata, priva di alcun fondamento, e poi la ripeti come un mantra credendo che sia vera.
Chiunque si contrapponga è di volta in volta un pusillanime privo di orgoglio sabaudo, un pericolosissimo no vax e oggi uno stronzo che non ha aa cuore il futuro della montagna.
Gervasutti Teodulo e dintorni sono solo sfumature che danno la misura della tua incoerenza e paraculaggine, temi sui quali dimostri di cambiare versione ogni tre secondi, da alpinista duro e crudo cper il quale va ucciso il soccorso a morbido critico dei rifugi della tua sezione, la cui degenerazione va attribuita agli impianti e ai gestori (sic).
Probabilmente ha ragione Vegetti, non ti caga nessuno neanche nella tua sezione e quindi qui sopra hai trovato il tuo momento di notorietà , semplicemente millantando (che se pii uno cerca in rodine alla tua d’attività di divulgatore, scrittore, conferenziere studios, età, trova tre romanzetti e quattro articoli sul notiziario caiano e qualche rivista alpina sparita da un pò, per dire…)
Il punto è e resta uno solo, sul quale continui a non rispondere: la teoria che la rinuncia e il ravvedimento degli alpinisti che devono partire a piedi da casa e raggiungere solo la collina dietro casa salveranno l’ambiente montano è una solenne e incredibile scemenza.
Ripensare l’andare in montagna servirà ad evitare ulteriori sfregi ma non c’entra un belino con il salvare il pianeta (e la montagna) dallo sfacelo ambientale, perché l’incidenza delle attività singole e financo collettive (ad esempio la coibentazione case, che serve solo a ingenerare un interessante indotto economico per alcuni ma una incidenza meno che marginale su emissioni, risparmi e inquinamenti)) incide per lo o,ooo1 per mile su tali profili che potranno essere toccati solo da cambiamenti sostanziali nell’assetto socio economico e produttivo (robe che di solito avvengono con qualche rivoluzione sanguinosa, non con metodi democratici).
Pensa che mentre il povero Vegetti va per tuo invito sula collinaetta dietro casa a piedi che altrimenti le Alpi finiscono in culo, qualche milione di indiani cinesi, africani inquinano come se non ci fosse un domani fottendosene di qualunque emissione e degenerazione. (e qualcuno lo fa per d’operazione molti altri perché producono per te che puoi andare con i tuoi scietti che probabilmente hanno solette cinesi a farti il tuo giro Green sui pendii della val di Susa)
Se hai studi che dimostrino il contrario, riportali. se vuoi che io ti linki un pò di studi su quello che affermo non hai che da dirlo e te ne posto un paio di pagine.
Che io, tu o l’intera comunità caiana prendano o meno la funivia o vadano a piedi in bicicletta in monopattino o con l’auto elettrica non inciderà minimamente sui fenomeni che pare stiano stravolgendo il pianeta.
Tutto il resto è fuffa. o crovelleria (che è peggio, perché è fuffa arrogante).
Il rischio di questi dibattiti è la facilità di allontanarsi del tema centrale e di perderne contatto. Anche quello cui accenni tu non rientra nel tema dell’articolo, ma ti garantisco che partecipo con una certa sistematicità a veri dibattiti dal vivo e so gestire le situazioni a puntino.
Se apparentemente ho svicolato (apparentemente, perché fra le righe e con l’indiretto coinvolgimento di Pasini le risposte ci sono) è perché i risvolti non sono centrali sul punto dell’articolo e si rischia di allontanarsi e di distrarsi: si finisce a parlare del bivacco Gervasutti, se è bello se è brutto, cosa si poteva fare cosa non si poteva fare… non è quello in centro della riflessione, ora. Capita spesso che subentrino argomenti che allontanano dal tema centrale. Es: qui non c’entra il discorso specifico “soccorso si o no”. Ne ho fatto un accenno en passant e la cosa è stata subito strumentalizzata per distogliere l’attenzione dal tema centrale, che NON è il soccorso. Qui il tema è se vogliamo salvare o no la montagna, poi valuteremo come e perché e su quell’altro piano si valuteranno tutte le ipotesi operative, fra le quali eventuali interventi in merito al soccorso. Ma se diamo la stura ai temi collaterali, prendono la scena e ci si allontana definitivamente dal punto dell’articolo del giorno.
Lo stesso dicasi per i rifugi cui sono stati fatti dei riferimenti. In realtà ho però risposto fra le righe (i lettori attenti lo hanno colto) e ho detto apertamente che le gestione di un rifugio è di competenza del gestore e non della sezione proprietaria dei muri. E lì scattano inoltre le considerazioni che ha esposto Pasini sul concetto costi-ricavi (non ho tempo per andare a controllare il numero del suo commento, lo trovate facilmente). Ho anche detto esplicitamente che i rifugi cui si accede, direttamente o quasi, con gli impianti sono più portati a scivolare verso stili “briatoreschi” (cioè consumistici ed edonistici), ma è sbagliato pretendere che sia la Sezione proprietaria ad imporre lo stile di gestione (allora tanto varrebbe gestirlo direttamente, ma evidentemente non è possibile, per tanti motivi troppo lunghi da citare qui, sennò lo si farebbe già). La soluzione più efficace, come ho già scritto, è chiudere gli impianti. Se al Teodulo come al Torino non arriva più la massa consumistica/edonistica, si alleggerirà anche la richiesta di apericena ecc e si estinguerà la relativa abitudine. Circa il Gervasutti, il problema non sussiste proprio: viene citato a sproposito perché la sua “strana” forma esteriore fa scalpore. Le soluzioni tecniche interne sono state un “balin” (come si dice in piemontese) dia alcuni amici, i quali hanno voluto sperimentarle, anche in funzione di eventuali utilizzi futuri, meno inquinanti dello status quo, per la generalità dei rifugi. Il test è in corso, vedremo che risposte arriveranno nel medio termine. In ogni caso, data la posizione del bivacco (che sostituisce quello precedente e NON si aggiunge alla lista), il numero dei pernottamenti è complessivamente stazionario (rispetto agli anni di attività del vecchio manufatto) e non si va oltre a pochi individui per ogni estate. C’è un po’ più di accesso antropico in giornata, questo sì, nel senso che la notorietà mediatica nel bivacco ne ha fatto una meta per un’escursione in giornata (so che anche alcune guide l’hanno messa in catalogo), ma restiamo sempre entro numeri che non costituiscono certo “il” problema antropico in montagna. Parliamo forse di qualche centinaio di persone a stagione, non tutte insieme, ma diluite nei mesi estivi. I problemi sono ben altri.
Il problema centrale dei ragionamenti che porto avanti, invece, è proprio quello della necessità che cambi la mentalità della comunità degli alpinisti. Se non cambiamo il modo di pensare dal nostro interno, buona notte che si rivolve il problema ambientale da solo. Tocca a noi alpinisti iniziare a cambiare il modo di ragionare: come pensate che sia possibile chiedere ai valligiani di rinunciare/ridurre il proprio reddito, se i primi a non saper concretizzare piccole rinunce siamo proprio noi, noi “alpinisti”?
Marco guarda, penso che la maggior parte dei lettori ormai consideri Crovella come una caratteristica folkloristica del blog.
In tanti gli hanno sottolineato l’ipocrisia e la maestria nello svicolamento quando messo alle strette da domande precise, ma lui fedele a se stesso e all’assunto “tanti nemici tanto onore” procede imperterrito ignorando da bravo paraculo tali precisazioni.
Comodo su una piattaforma online, sarebbe interessante vedere come si comporterebbe ad un dibattito dal vivo, dove non è così facile sviare 😇
Io sono abituato a parlate in modo schietto e diretto.
Il punto chiave è che il quadro in montagna è drasticamente cambiato rispetto al passato. I motivi sono tanti e a volte si giocano sopra le nostre teste: per questi si agirà su altri tavoli.
Ma altri motivi dipendono da noi, dalle nostre piccole scelte. Chi oggi sente di provare amore per la montagna, antepone ciò anche alle sue esigenze personali. Altrimenti non è amore per la montagna, bensì egoismo. Cioè si mette davanti a tutto il proprio presunto “diritto” (?!?) ad andare in montagna, sempre e comunque, senza contenimento e senza rinunce.
Per un 30enne scalpitante le rinunce possono esprimersi in termini di sapersi contenere in termini di numero annuo di uscite. Per uno come te e me, esse si esprimono in termini di sapersi accontentare di vette minori, rinunciando a quelle prestigiose per le quali non potremmo fare a meno delle funivie, elemento di appesantimento antropico, ecc ecc ecc.
Questo è il passo chiave cui siamo chiamati in questo specifico frangente storico. Se la comunità degli alpinisti non trova la disponibilità a cambiare il paradigma ideologico di riferimento, il problema ambientale in montagna non si risolverà. Se ti interessa dare una mano, puoi per es agire come già segnalato (no funivie ecc ecc ecc). Se non sei disponibile a nessuna rinuncia, significa che non ti interessa davvero la “salute” delle montagne. Ma se tutti ragionassero cosi, non avremmo altro destino che assistere al continuo degrado delle montagne.
182. Il punto è che una frangia di lettori forse è stufa del tuo tono “so tutto io, voi non capite niente, siete retrogradi, finti ambientalisti, perbenisti”. La tua aggressività nascosta dal fiume di parole, il tuo non cercare un confronto ma “imporre” Verità Assolute. Il tuo continuo e sottile tentativo di far sentire gli altri inferiori alla tua sabauda maestà. Leggiti, rileggiti e fallo ancora. Forse, con un pochetto di umiltà, capisci quello che dico (e non equivoco)…
182, Non sono caduto in nessun equivoco. Il tono che usi parla da solo. Sbagliatissimo, egoista, dovresti rinunciare. Ma forse neppure te ne accorgi.
Quindi hai usato le funivie ma nessuno deve più usarle visto dove siamo arrivati. E’ come quando il mondo occidentale accusa la Cina di inquinare dopo averlo fatto per duecento anni fregandosene allegramente (e dimenticando che la Cina produce per noi ma da solo 20 anni…). ma i “peccati” precedenti vengono cancellati…
Caro Crovella, forse non ti sei accorto che sei tu con il tuo modo “divino” e giudicante gli (altri) esseri umani a non fare una piega a chi ti legge, se non un certo disgusto per il tuo giudicare continuo, il tuo trattare gli altri come poveri deficienti che non capiscono, il tuo modo di sentirti superiore per intelligenza lungimiranza moralità eticità. Personalmente non ti ho insultato, ti ho solo detto chi cazzo credi di essere per venire a giudicare giusti o sbagliati i miei comportamenti e chi credi di essere per venire a dettare la giusta via con i tuoi toni da so tutto io” “sono meglio di voi, finti, perbenisti e snob”. Personalmente (e lo ha fatto qualcun altro) ti ho detto che svicoli allegramente, ometti o non rispondi quando tirato in mezzo. A me personalmente fa pure un po’ ridere il tuo “mi apprezzano qui a Torino e fuori di qui”. Potevi aggiungere “sono famoso” “ho scritto libri e articoli”, “voi chi credete di essere?”: avresti raggiunto il top!
Non mi sono intestato un articolo di MW: ho semplicemente messo un link che lo rilancia. È interessante e ne suggerisco la lettura.
Vegetti: ripeto: sei caduto in un equivoco, io non ti sto “ordinando”, ti sto suggerendo modalità diverse di ragionare e di approcciare la montagna. Se non siamo disposti a cambiare, il problema non si risolverà da solo.
Certo che in passato ho usato anche io quelle funivie da e segnalate in VdA. Ma il quadro è drasticamente cambiato (in peggio). Continuare a ragionare e comportarsi come se fossimo ancora negli anni ’80 e’ tanto grave come piantare nuovi tralicci. Se non cambiamo mentalità, il problema da solo non si risolve.
Il punto è che una certa frangia di lettori si rifiuta di voler cambiare mentalità e la causa delle incazzature sta nel fatto che vi trovate di fronte prese di posizione nette e realmente ambientaliste. Ma cosa vi aspettate di trovare? Un testo scritto da Gogna in persona che incita a sfruttare al massimo la montagna, tanto…”del doman non v’e’ certezza”…?????
Boh…
È stata utilizzata tutta la terminologia disponibile all’uopo:
strategica, rilancio, proattivo, sostenibilità, salvaguardia, sviluppo, opportunità, ricadute positive, destagionalizzazione. Poi ci sono le chicche: imperdibile “Sotto le cabine di Skyway pascolano camosci e stambecchi.” Premio ambientalista dell’anno.
E “masochisti chic da salotto” riferita a chi ha a cuore l’integrità dell’ambiente, la frase più utilizzata dai cementificatori montani.
Premesso che non mi fate una piega, data la mia natura inossidabile, mi domando se pensiate di risolvere il problrma ambientale solo attraverso gli insulti a Crovella. Forse immaginate che i signori di Pila, vedi articolo principale, fermino il loro progetto demenziale solo perché si accorgono che voi mi insultate??? Mah…
PS: per pura combinazione alcuni miei conoscenti mi hanno spedito poco fa la foto di un volantino appeso agli alberi (fuoripista) in valli vicino a Sestriere. In sintesi il volantino invita skialper, ciaspolatori e merdaioli (testuale) a non frequentare più la zona perché danno fastidio e sporcano. Vedete che il meccanismo si sta muovendo, forse qualche contributo lo apporta anche lo scuotere le coscienze.
Altro che Crovella. Leggete le motivazioni a favore degli impianti del Vallone Cime Bianche. E stiamo qui a discutere di rinuncia.
https://www.consiglio.vda.it/app/comunicatistampa/dettaglio?id=129485
Sottoscrivo la proposta di Luciano Regattin. E consiglio la SkyWay di Courmayeur come inizio, inverno primavera estate autunno. Daresti un bel piccolo esempio, rinunci alla gita ma aiuti la causa, caro Crovella.
Domanda per Crovella: sei stato sul Breithorn? Quando? Hai preso la funivia? Hai fatto la traversata Helbronner-Aiguille du Midi? Senza usare funivie? Hai salito il Dente del Gigante senza funivie partendo da Courmayeur (o più in basso come dicevi di Cervinia)? Io credo che tu le abbia prese come tutti noi, come tantissimi anche tra gli alpinisti moderni più forti che arrampicano nella zona del Bianco… Per non parlare di quegli alpinisti (veri e famosi) degli Ottomila che usano gli elicotteri per i concatenamenti o solo arrivare al CB…
165. Crovella. Da una parte mi dici che il mio modo di fare montagna è sbagliatissimo e sono egoista e non amo davvero la montagna. Dall’altro mi dici TU coome dovrei fare e come… Ripeto, ma tu non ci senti: chi cazzo sei per dirmi come e cosa fare? Dio? Un prete? Certo che al Breithorn ci sono stato tanti anni fa, con la funivia e qualche anno fa sempre con la funivia. E allora? C’era, l’ho usata. E gli sciatori di tante nazionali di sci, Italia compresa, che si allenano sul Plateau Rosa? Eliminiamo anche le gare di sci?
166. Sarò molto breve perché trovo assurdo sprecare tempo, come fanno alcuni, per confutare le abominevoli visioni di Crovella.
Ripeto, invece di rompere i coglioni qui, piazzati davanti ad un impianto di risalita e comincia a distribuire volantini, da quando apre a quando chiude. Comincia con il dare l’esempio.
Passo e chiudo.
Mg. Hai ragione. E’ che cerco di alzare un po’ la palla o di fare qualche tiro laterale perché trovo questo palleggio sotto rete, continuo, senza mai una variazione francamente noioso. Mi annoio io che ho un sacco di tempo qui al centro di riabilitazione immagino gli altri. Però capisco che la ripetizione ossessiva possa avere un fascino perverso. Per fortuna guardo fuori e vedo punta Chiappa.,ciao
Celeste per quanto ancora??
Senza polemiche per carità, ma qualcosa….qualche cambiamento….lo si dovrà pur fare…o no???
Noi, loro, tutti, anche chi colpe non ha, anche chi sviluppo non ha, ma, credo, si sia giunti al punto di onorare il nome di sapiens che ci siamo assegnati. Perseguiamo il progresso e non più lo sviluppo
PAsini, non è necessario ammantare sempre tutto di filosofia e speculatività, tantomeno in questa arena in cui il martellatore sabaudo agisce con munizioni shrapnel, falcidiando qualunque confronto.
Mi pare semplicemente aberrante veicolare la rinuncia come motivo di soluzione per i problemi ambientali del pianeta, poiché basta attingere a fonti neanche tanto elaborate o di barricata per verificare che le due primarie fonti di inquinamento e devastazione sono l’industria e gli allevamenti intesivi.
Allora continuare a rompere i coglioni con l’andare sul breihtorn a piedi o con la piccola rinuncina che salverà tre metri cubi di mer de glace dallo scioglimento, quando non è psichiatria è semplicemente una presa per il culo.
Io continuerò ad andare in Apuane finché Iddio me ne darà la forza, ci dovessi andare anche con la locomotiva a carbone, perché non sarà la mia gita a mortificare né il pianeta né quella catena montuosa.
Detto poi da uno che abita a Torino, una delle città più inquinate d’Italia e che appesta l’intero arco alpino circostante, ma che rompe le palle al poveraccio che vuole andarsi a fare un giro sino in cima al’UIa di mondrone. Un pò come rompere i coglioni ad un malato terminale perché si metta l’antizanzara…
Poi sono io il primo a dire che l’approccio alla montagna va cambiato, che certi rifugi gridano vendetta, che le orde di cannibali (in buona parte caiani) che sciamano a miriadi da bus che li depositano troppo in alto fanno senso (certi luoghi dolomitici in estate sono emblematici).
Il problema è il consumo.
Che nel momento in cui non diventerà più l’unica fole modalità di approccio a tutto, magari salverà qualche vallata, non perché non si sciolgano i ghiacciai e non crolli il dru, che quello dipende da altro, ma semplicemente perché chi viene dopo di noi la possa trovare ancora un terreno di gioco decente, intervenendo perché certi equilibri (penso al collegamento cime bianche, ad esempio) vengano salvaguardati, in nome di un patrimonio che è di tutti noi e di chi ci seguirà.
MA certo è questione che ha poco a che fare con la salvezza del pianeta quanto piuttosto con una fruizione illuminata dell’ambiente montano che lo preservi (quel poco che rimane) per le generazioni future.
Mutatis mutandis sono ragionamenti che possono essere fatti per il mare e per la nautica, perché certe scelte scellerate riguardano anche le coste e non solo i monti.
Sono stato tre giorni a sciare al Plan (dove non andavo da dieci anni) e ho visto la barbarie allo stato puro (rifugi che vomitano musica orripilante a volumi stratosferici e che traboccano di maleducati assai spesso alticci che danzano), e questa è una deriva culturale e mentale, non certo un problema ambientale per il pianeta.
Finché non la smetteremo con questo equivoco e continueremo a paventare divieti chiusure e recinti per la salvezza del genere umano dando una verniciata Green a tutto (che ora va di moda) non faremo altro che il gioco di chi quei divieti e chiuse e recinti li vuole perché sono funzionali alla sua sopravvivenza, non a quella del pianeta.
Carlo. Eh si i cultori dello sviluppo attraverso l’Armonia e la prevalenza del Collettivo sull’individuo eredi del Celeste Impero al centro del mondo nelle cartine che studiano i bsmbini a scuola, non aspettano altro che noi gli insegnamo come si gestisce e di salva il mondo, soprattutto noi italiani, noti nel mondo per il nostro rigore gestionale.
La rinuncia è una scelta volontaria. Ha presa su certe configurazioni di personalità un po’ “anoressiche” ma non su tutti. Molti la vivono come una “perdita” inaccettabile e noi siamo molto più sensibili alle perdite che ai guadagni. Kaneman ci ha vinto il premio Nobel studiando questo fenomeno. Si può attenuare il senso della perdita argomentando i vantaggi ma è dura, soprattutto in una società dove la ricerca di gratificazioni è continua e ossessionante, viviamo nel mondo dei like. Delfini che si aspettano di essere rinforzati continuamente con il pesciolino. Il discorso è complicato e non da blog. Io ci vedo la necessità di politiche articolate su varie direzioni, con una forte attenzione alla comunicazione e al confezionamento dei messaggi. Questo richiederebbe una regia che non c’è. L’unica strada per me è quella locale. Almeno così ho deciso io di fare e di investire le mie energie, ma è già abbastanza dura. Si beccano un sacco di tranvate.
ma il generale dell’assietta green Crovella al 148 s’è pure sic et simpliciter intestato una faccenda di MW? non mi pare di aver letto il suo nome e la sua paternità in quella pagina.
Quanto alle rinunce e ai consigli a Vegetti (nei quali manca semplicemente la decenza, perché non lo consoci, non sai quale sia la sua vita, il suo sentire , il suo problema fisico, la sua dimensione spirituale in montagna, quindi non si comprende a che titolo ti permetti con tanta sicumera e prosopopea di consigliargli di andare a piedi sui montarozzi intorno a casa), te ne consiglio una analoga di rinuncia. Fai il bagno solo ai murazzi, che non c’è bisogno che vieni in Liguria a inquinare, a cagare sui sentieri (mica solo sul Cervino c’è quel problema li) a rompere le palle con i tuoi rifiuti, a sguazzare nelle acque dove le povere orate rifuggono inorridite a fronte delle orde bianchicce e galleggianti sabaude …
MA siccome sei un ciarlatano che quando non sa cosa rispondere svicola (vedi Gervasutti o teodulo, su cui la tua risposta in sintesi è da bambino frignone, ossia però il Torino puzza e sporca di più) o offendi, tirerai fuori un’altra delle tue amenità, oggi travestite di verde e ieri di dovere per la salute pubblica (a proposito come vanno i tuoi studi di diritto costituzionale volti ad un nuovo ordine?).
A Crove’, e taci qualche volta. che ci fai più bella figura (tu, e pure il blog),
Rinuncia.
(se ci fosse un premio per il più prolisso schiacciatore di tasti e produttore di minchiate virtuali, credo tu godresti di un premio honoris causa vitalizio).
164. Non sono colto né titolato, ma qualcuno dovrà cominciare a spiegarlo al confuciano cinese, se non altro per gli elevati livelli del suo paese
Mi vien da citare lo scempio che hanno provato a fare in Val di Mello facendola passare come un’opera di bene a favore disabili.
nonostante la petizione dei frequentatori della valle che aveva sollevato un bel polverone e impedito l’inizio dei lavori, un anno e mezzo dopo (in pieno Covid se non sbaglio) sperando di passare inosservati ci hanno provato lo stesso, venendo meno alle loro stesse promesse.
Bloccati subito e sputtanati pubblicamente. Questo dimostra che alle persone importa, si battono per preservare i luoghi che amano, persino alcuni disabili sono intervenuti dicendo che nessuno in passato aveva preteso un accesso facilitato alla Val di Mello, e che le persone disabili sanno anche rispettare i limiti della loro condizione (dipende dalla disabilità, ovvio).
Se ci si impegna il cambiamento può avvenire.
@ “Rinuncia”. Sul punto, in questa sede, non ne faccio una questione “morale”, ma proprio pragmatica. Se tutti rinunciassimo a prendere gli impianti, dopo una stagione che girano a vuoto (fatturato zero, solo costi), chiuderebbero. Lo stesso vale per ogni altro risvolto: rifugi edonostici? Se nessuno ci va, chiuderebbero (tra l’altro: il punto non è l’opinione interna alla sezione proprietaria dei muri, ma l’approccio del gestore che lo prende in appalto e qui scattano le considerazione esposte da Pasini).
La sommatoria di “piccoli” (ma infiniti) compartamenti individuali può fare la differenza. Ciao!
@162 Mi sa che il fumo negli occhi ti impedisce di focalizzare lucidamente i concetti. Non ho detto che dovresti (cogli la sfumatura: uso il condizionale e non l’imperativo), ripeto: non ho detto che dovresti rinunciare completamente alla montagna. Ho detto che non dovresti fare una tipo di montagna dove tu forzi la situazione con mezzi artificiali e inquinanti. Puoi benissimo fare della montagna, ma in modo lineare con il tuo attuale fisico e godere della pace e del relax che la montagna regala, in ogni suo risvolto. Banalmente: parti dal paese a piedi e vai sulle vette intorno.
Faccio un esempio pratico e autoesplicativo: se per le tue condizioni di salute non riesce più a fare il Breithorn partendo dal fondovalle (Cervinia o magari anche più basso), io trovo ideologicamente sbagliato che tu “pretenda” che ci sia a tua disposizione un impianto, così, con 900 m di dislivello (calcolati dalla fine dell’impianto), sali in ogni caso in cima al Breithorn. Lo trovo sbagliato: una manifestazione di egoismo, non di amore per la montagna.
Ti invito a riflettere sull’opportunità di elaborare un approccio completamente diverso: parti a piedi dal paese e fai 900 m di dislivello arrivando su una vetta di media montagna. Godrai lo stesso delle bellezza e del relax della montagna, senza portare il tuo contributo inquinante.
Se mi obietti che il tuo “piccolo” contributo inquinante è irrilevante come impatto sul problema generale, nell’immediato devo darti ragione. Ma se non iniziamo a cambiare paradigma di ragionamento, partendo ciascuno dalle nostre piccole rinunce e accettandole, non usciremo mai da questo gran casino ambientalista. E’ questo il punto chiave. Ciao!
Nel supermercato dei modelli mentali per la salvezza il modello della “rinuncia” è sicuramente uno dei più antichi. Ha origini ellenistiche e poi è trapassato nel Cristianesimo trasformandosi anche in una virtù morale cardine, con la pratica ordinaria del @fioretto ma anche con sfumature a volte di estremo masochismo fisico. Di solito acquista sempre nuova forza nelle fasi di decadenza degli imperi ed è al centro delle predicazioni sul ritorno alle antiche virtù come unica via di uscita dalla decadenza moderna. Se parli con un cinese confuciano non capisce neppure di cosa stai parlando.
Qui si parla di montagna quindi lascerei fuori altre “rinunce”. Montagna, dove molti (tutti?) stanno bene, ma per quanto ancora se non si fa nulla per cambiare? Per ridurre??
E sai perché io non rinuncio alla montagna? Semplicemente perché è l’unico posto dove sto bene…
Carlo. Non si rinuncia all’automobile, non si rinuncia al frigorifero, non si rinuncia al riscaldamento, non si rinuncia all’ascensore, non si rinuncia allo smartphone, non si rinuncia ecc ecc
I rifugi gestiti sono anche entita’ economiche che hanno a fare col problema “triste” dei Costi e Ricavi. Un’influenza determinante sulle scelte dei gestori, oltre all’aumento costante dei costi che si verifica in ogni settore del business “alberghiero”, è data dalle politiche adottate dalla proprietà che di solito è delle sezioni locali Cai. Se aumentano le pretese c’è poco da fare: o lavori sui costi o lavori sui ricavi, o su entrambi. Oggi vediamo che sul fronte costi si verificano concentrazioni ed economie di scala. Sempre più i gestori singoli vengono sostituiti da realtà societarie che prendono in gestione più rifugi. Ho la sensazione che questa tendenza si accentuerà con il “pensionamento”della vecchia guardia a tradizione alpinistico/familiare. Sul fronte dei ricavi si cerca di introdurre opzioni fuori tariffa che aumentino il ricavo medio. È inutile farsi illusioni: quando raggiungono certe dimensioni i rifugi non hanno più nulla a che fare con la dimensione “romantica”. Nell’ultima edizione del Tor nella quale ho fatto il volontario il Bonatti chiese una modifica del percorso costringendo ad una dura risalita per evitare di disturbare il suo business del “popolo di Dio” in cammino che fa il giro del Bianco. Non so se siete mai stati su quel percorso d’estate. Per quanto riguarda il Gervasutti, può non piacere, capisco, però non è così assurdo che il Cai Torino abbia voluto sperimentare soluzioni impiantistiche innovative, poi sulla sperimentazione estetica si può discutere. Altre sezioni hanno scelto altre strade, magari meno scioccanti rispetto ai canono tradizionali. In ogni caso ci sta che ogni sezione accanto alla conservadione sviluppi una linea di Ricerca e Sviluppo. Il mondo va avanti. Io poi sono per un “progresso senza avventure” perché sono notoriamente un democristiano 😀
Nel 154 il Sign. Crovella centra, a mio giudizio, la questione clou della lotta al degrado montano, ovvero la RINUNCIA. Sono ben pochi quelli che rinunciano, non si rinuncia per raggiunta età (a 77 anni sull’Everest) , non di rinuncia per problemi di salute, non si rinuncia a costruir strade per prendere voti politici, non si rinuncia a dare lusso sfrenato a turisti in valle e in quota, non si rinuncia a facili guadagni …si sale il Cervino sulla merda del cliente dello scorso anno, non si rinuncia ad un soccorso garantito sempre, non di rinuncia a portare amici che da soli non andrebbero….non si rinuncia
Per finire: chi cazzo sei tu (o chi credi di essere) per dirmi che le mie scelte sono sbagliatissime e frutto di egoismo? E perché noi (in tanti qui) non possiamo dire lo stesso delle tue?
Ed ecco signori un altro esempio magistrale di come Crovella non risponde alle domande dirette glissando sugli argomenti che dimostrano la sua ipocrisia 👏🏻👏🏻👏🏻
Quello che scrivo sul CAI non c’entra nulla con la personale esperienza. Ma è più facile parlare di Marco Vegetti (e volendo della sua malattia) piuttosto che ammettere che neppure nella tua sezione ascoltano le tue drastiche soluzioni. Ovvio, non una parola sul vecchio Gervasutti né sul Teodulo e le sue offerte enogastronomiche. Il problema, Carlo, è che sei talmente pieni d ite che non vedi nulla d’altro intorno. E gli altri, ovviamente, non amano la montagna come te, non la vogliono proteggere come te… Tutti coglioni evidentemente… O quanto meno parolai, finti ambientalisti, snob… E tu, il detentore della Verità, non fai però nulla (limiti le uscite? ahahahah) se non parlare parlare parlare e, ripeto, neppure nella tua sezione i tuoi discorsi fanno presa… E poi, last but not least. lì a incensarti di come ti vogliano bene e ti apprezzino da te e nel mondo… Evidentemente qui hai trovato persone diverse da quelle che ti ammirano ecc. ecc. Fattene una ragione…
@149 Il discorso del soccorso in questa sequenza è stato solo citato en pessant, l’ho specificato anche nel 134 (parte finale). E’ una possibile misura da adottare, una delle tantissime. Non c’entra direttamente con il generale problema, multifaccia e complesso, della distruzione delle montagne.
Per quanto riguarda i rifugi “stellati” da riportare a livelli vintage sono tantissimi, c’è solo l’imbarazzo della scelta da dove cominciare. Il rifugio Torino al Bianco è ancora peggio. Ma anche all’estero. Prima però occorre smantellare/chiudere gli impianti, sennò sono discorsi inutili. Se chiudi gli impianti a Courmayeur, per salire al Torino ci vogliono 3 ore, forse anche di più. Basta questo per fare selezione e state tranquilli che lassù, in automatico, non si vedranno più né apericena né champagne.
Trai delle conclusioni del tutto infondate sull’opinione che ha il CAI Torino del sottoscritto, visto che non ricevo altro che manifestazioni di stima (anche da altre sezioni, sia in area torinese che più lontane).
In realtà si comprende benissimo che strumentalizzi la situazione per scaricare tue frustrazioni verso il CAI per vicende che ti hanno visto coinvolto (ho un vago ricordo di qualcosa che avevi raccontato tu tempo fa circa il CAI Milano, tipo tua sensazione di ingratitudine per quello che avevi fatto, per cui te ne sei andato sbattendo la porta o roba del genere…). Ma le riflessioni generali sulla questione ambientale non devono esser inquinate da questioni private “in sospeso”.
Viceversa sul tuo modo di porti verso la montagna io avanzo delle critiche oggettive e del tutto “spersonalizzate”, cioè non ho nulla di personale nei tuoi confronti. Ma il problema di salute che hai nuovamente citato (perché anche in questo caso lo avevi già accennato in passato) ti porta ad assumere un atteggiamento davvero sbagliato, specie nel contesto ambientale in cui ci troviamo ora. Nessuno ti può fare una colpa dei problemi sanitari, ma occorre che ciascuno prenda atto con maturità della propria situazione. Non ha senso che tu dica “prendo gli impianti per compensare il mio problema sanitario”. Nei fati stai dicendo “Esigo che ci siano gli impianti, altrimenti io non potrei fare certi tipi di gite (es in quota, su ghiacciaio, ecc)”.
Ebbene è sbagliatissimo. Il tuo è un atto di egoismo, non di amore verso la montagna. La reazione corretta dovrebbe essere “Peccato non poter più andare sui 4000 perché il mio fisico non mi permette grandi dislivelli dal fondovalle, ma faccio escursioni fra 2000 e 3000 m (di quota, non di dislivello) e godo lo stesso delle bellezze della montagna”.
Viceversa “imponendo” la tua esigenza egoistica, la anteponi al vero amore per la montagna. Se non siamo disposti a pagare dei prezzi (anche nella spicciola realtà individuale come l’esempio della tua situazione), non usciremo mai da questo corto circuito che sta disttuggendo le montagne.
Anche io ho avuto dei seri problemi di salute e questo ora impatta sul mio approccio alla montagna, ma mi sono adeguato con maturità e faccio quello che la natura offre in modo fisiologico a persone come me, non cerco di forzare la situazione, ad esempio prendendo un impianto che mi porta sui ghiacciai, se da solo non riesco più ad arrivare fin lassù dal fondovalle.
Inoltre siccome predico la riduzione, anche individuale, del peso antropico sulla montagna, da diversi anni autolimito il mio numero delle uscite annuali. Le scelgo quando vale davvero la pena (condizioni meteo e della montagna) e così riesco a contenermi entro le 35-max 40 uscite annue. Ovviamente non ho più la verve dei 20 anni, quando facevo 120-130 uscite all’anno, ma questo non esclude che un certo “sacrificio” – per la mia decisione – lo percepisco e mi pesa pure.
Tuttavia il concetto che dobbiamo saper pagare dei prezzi deve partire anche dalle piccolissime scelte individuali. Se non siamo disposti a questi “sacrifici”, inutile imbarcarsi in discorsi ambientalisti. La partita è persa per davvero.
Scusate ho scritto male, la critica era sul rifugio del Teodulo che offre le degustazioni. Mea culpa 😅 ma Il discorso vale uguale.
148, Crovella. Il vecchio Gervasutti crollava a pezzi? E allora? Non volevi la de-civilizzazione delle montagne?
Crovella, non fare il furbetto. Il discorso estetico non c’entra affatto (potrebbe ma non qui). Il problema è Internet, il fornello elettrico, l’essicatoio, l’aerazione computerizzata. Ti rendi conto che tutto ciò è una aberrazione, stando ai tuoi crismi? Certo, il Teodulo, quello della prestigiosa cantina e del cibo raffinato… Se non ci fossero queste offerte culinarie, ancor prima della funivia, in quanti ci andrebbero (anche in funivia) per bere e pranzare a barbera e polenta? E ripeto, con un po’ di cattiveria lo so, neppure nella tua sezione ti cagano, perché dovrebbe farlo il resto del mondo? Più facile spararle ai quattro venti che fare una battaglia vera nella tua sezione? Se non ti capiscono neppure loro, poverino, vattene da quella congenia di futuri possibili cannibali…
@148 guarda che il commento sul Gervasutti sottolinea l’infighettamento di una struttura che ora offre le degustazioni di vini.
non far finta di non aver letto.
Perchè non vai a dargli una strigliata visto che non rispettano l’alpinismo spartano che tanto predichi eh? Eh?
@marco vegetti ah ma Crovella è un maestro dello svicolamento. Duro e intransigente quando si parla in generale, ma appena gli tocchi l’orticello guarda un po’ non risponde o fa il vago…
sul tema ambientale in generale sono quasi d’accordo con lui: basta con ‘ste costruzioni selvagge, basta con ‘ste affermazioni acchiappa consensi “è tutto 100% sostenibile” etc. non si può pretendere di avere in rifugio gli stessi lussi di un hotel a 5 stelle (ma nemmeno di uno a 3) e nemmeno la stessa accessibilità. ben vengano gli avvicinamenti di tre ore e più, ben vengano i bivacchi con le coperte umide e le zuppe pronte cucinate sul fornelletto.
Se non ho voglia di camminare, o non ho la resistenza, non ci vado e fine.
Per favore smettiamola con ‘sto delirio inutile sull’eliminazione del soccorso. Crove’, s’è capito che ti piace fare la figura di quello estremo, ma anche solo aver formulato un pensiero del genere è da vergognarsi.
La bellezza o meno del nuovo Gervasutti non c’entra una beata fava con l’impatto ambientale. C’era già un bivacco, tra l’altro marcio e pericoloso per eventuali utilizzatori. Io avrei preferito rifarlo con impostazione classica, ma il discorso estetico non c’entra nulla con il tema qui trattato. Non è la questione estetica che impatta sulla distruzione della montagna. Circa il Teodulo, come per migliaia di altri rifugi in tutte i massicci (pensa al Rif. Torino!), lo “sbracamento” deriva dagli impianti che arrivano in alto, a due passi o addirittura sulla porta dei rifugi. Proviamo a chiudere gli impianti: la salita va fatta a piedi (per il Teodulo da Cervinia) e ciò renderebbe in automatico il rifugio di nuovo “vintage” (e infatti per questo io mi sto battendo, ovunque).
Da sito MW:
https://www.mountainwilderness.it/impianti-di-risalita/basta-nuovi-impianti-manifestazione-nazionale-del-12-marzo-ecco-tutte-le-mobilitazioni/
Tranquillo Penotti, conosco tanti deliziose/i sabaudi e persino torinesi! Ma a volte il nostro duro e puro se le cerca… E, mi pare proprio, è lui il primo di fare di tutta l’erba un fascio… Io non credo di essere un cannibale alla Crovella, ma, come ho già detto anche qui sul GognaBlog, ho 67 anni e una malattia degenerativa (CMT, Charcot Marie Tooth) che intacca i muscoli. Quindi, mi prendo le funivie ogni volta che posso evitarmi il dislivello e non mi sento né un cannibale né un distruttore di montagne… E, a differenza del nostro puro e duro, dopo continue discordanze con il mio CAI, dopo 40 bollini non ho più rinnovato la tessera..
@ Vegetti, @MG
Io però vi inviterei a non fare di tutta l’erba un fascio, che non tutti i sabaudi (intesi come abitanti del Piemonte) sono Crovelliani, o Crovellici.
Saluti Neh! 😉 🙂
Alberto, dimenticati quel profumo (e lo scricchiolio di tutta la struttura).. Se non cambi l’aria un sistema computerizzato lo farà per te… E l’essicatoio ti asciugherà i calzini… Questo è quel che ha prodotto il CAI sabaudo, puri e duri…
Visto come il buon Crovella svicola e ammorbidisce se si parla dei SUOI sabaudi? I suoi rifugiat sono “poco ortodossi” quelli degli apritivi in quota sono dei distruttori dell’ambiente… Ma se persino nella tua Sezione nessuno ti dà retta (potevi creare un comitato contro la aberrazione del Gervasutti e portare dalla tua parte i consiglieri che han votato a favore…) come pensi di arrivare a ribaltare il mondo? Ho sempre creduto che si cominci dal piccolo, si diano esempi (pratici e reali, mica pamphlet) per poi creare un seguito e via via più grande… Altrimenti, se neppure sei riuscito a far breccia nei poco meno di 4000 soci che già ti conoscono, neppure per farti eleggere negli Organi direttivi, qualcosa mi sfugge……
E meno male che mi sono assaporato il profumo delle tavole della vecchia capanna Gervasutti.
Mi domando quale sia il senso del bello di chi ha pensato e poi voluto un’obrobrio del genere.
Vhe ci siano gestioni poco ortodosse in rifugio esistenti dalla notte dei tempi – e quindi murature non rizzate ieri sera (o in versioni rinnovate di precedenti bivacchi) – può starci, difatti i miei consoci sanno perfettamente che non sono completamente allineato a certe scelte, ma non sono le questioni interne del CAI Torino l’unico perno su cui ruota il problema generale della degradazione della montagna.
Mi sempre invece che l’attività complessiva di MW c’entri assai con discorsi come quelli che esprimo, molto di più che certi “liberi tutti” agognati a mani basse, ma non più attuali con i tempi e l’enorme folla che assalta le montagne. L’idea poi che io sia un semplice tracciatore di piccoli recinti in Val di Susa è quanto mai incoerente con la mia storia e la mia conoscenza generale delle montagne, basta informarsi con rapide ricerche bibliografiche. Buona giornata a tutti.
Caro Crovella, perché non cominciare la tua “battaglia” dal CAI Torino e i suoi rifugi? Rifugio del Teodulo: “degustando un bicchiere dei prestigiosi vini che propone la cantina del rifugio” “per chi cerca una cucina genuina e semplice ma al tempo stesso ricercata che si addice alle esigenze di ogni no9stro cliente” Bivacco Gervasutti “moderni fornelli elettrici e computer di bordo con connessione Internet” Quando spariranno queste cose dal tuo sabaudo CAI, ne riparliamo… Come ho detto, comincia da lì la tua battaglia… e vediamo che frutti dà…
Cerchiamo informazione, riflessione, confronto, piacere, dialettica, cazzeggio… a seconda dei momenti.
E invece troviamo spesso uno che si crede l’oracolo di delfi e possessore di ogni verità e che satura con i propri deliri solipsistici ogni atomo.
Cosa c’entri poi il riferimento a Mountain Wilderness con le cazzate che spargi a piene mani resta un mistero.
Continua pure a limitare la tua uscitina in val di susa e a tracciare recinti per tutti, direi che il livello dei tuoi interventi si misura da solo e poco ha a che fare con l’ambientalismo.
Oggi chi non la pensa come te sui tuoi ridicoli progetti è un cattivo ambientalista, ieri chi non si vaccinava o andava a farsi una sana sgambata sul monte della provincia vicina era un cattivo cittadino da emarginare.
Sei quello che Primo Levi nella carne dell’orso definiva uno dei tanti sgherri…, perfetto terreno di coltura per un sistema distorto.
La mia battaglia ambientalista ha radici antiche, ben prima di Greta (che anzi criticavo quando era sugli scudi, perché troppo idealista e quindi col rischio di apparire ipocrita, magari in buona fede, ma superficiale: infatti è praticamente sparita).
Ho già scritto nel commento 106 che il fenomeno del danneggiamento delle montagne è molto complesso, perché non ha un’unica causa, e inoltre è costituito da fenomeni che fra loro sono dei vasi comunicanti, cioè indipendenti, ma “comunicanti”, per cui interagiscono. Ovvio che l’effetto peggiore sulle montagne lo produce il generale cambiamento climatico dovuto a sua volta all’inquinamento a livello planetario, ma su questo agiscono alcuni fenomeni specifici, i cui effetti possono anche essere solo “locali”. Dall’eccesso di salitori annui sul Cervino (di qualsiasi nazionalità essi siano) fino alla costruzione dell’ennesimo impianto, specie se “mega”.
Chi desidera davvero salvare le montagne deve accettare di combattere strenuamente, a qualsiasi livello: ecco perché ci si impegna tanto a livello generale (cambiamenti climatici) quanto sul singolo “piccolo” fenomeno (es: eccesso salitori del Cervino, a puro titolo di esempio).
Per portare avanti una battaglia così complessa è inevitabile mettere in conto dei “prezzi” da pagare: possono essere l’autolimitazione delle uscite individuali, la maggior selezione nell’accesso antropico alla montagna (nelle diverse modalità già illustrate a suo tempo), come la riduzione di business e di reddito sui monti.
Se non siete disposti a pagare questi “prezzi”, non siete veri ambientalisti né amanti delle montagne. Mi domando cosa cerchiate in un sito web inventato e amministrato da uno dei fondatori/garanti di Mountain Wilderness Italia, schierato da molto tempo su posizioni ambientaliste e, proprio pochi mesi fa, coinvolto con altri nel progetto “Montagna Sacra”…
Certo che lo so!!
In quel del comune di Stazzema il sig. Sindaco afferma che l’unica attività economica possibile è quella dell’escavazione.
E con questo ha chiuso la bocca a tutti.
il problema sono sicuramente qui poveri 4 cinesi con la visa che volevano salire sulla gran becca e non i milioni di loro connazionali che se ne strafottono allegramente di qualunque parametro, producendo a quattro palmenti componenti per le nostre macchine elettriche che non inquinano, per i nostri iphonini che sono tanto trendy, per i computer con cui elitari sabaudi scrivono le loro note auliche negli innumerevoli consigli di amministrazione fra i quali si dividono ….
non a caso il gretino Crovella ora si è buttato a testa bassa nella crociata paraambietalista che salverà le alpi limitando i cannibali, senza avvedersi che il 99,98 % della rumenta arriva da non cannibali che con le alpi nulla hanno a che vedere ma che stanno affossando il pianeta per la loro ingordigia.
E chi si fa produrre in Cina batterie da schiavi che inquinano più di quindici milioni di uno diesel del 1980, è lo stesso che vi racconta che comprando le sue auto salverete quel che resta del capolavoro di Hemmings e Robbins sopra a montavers e che vi consente di esprimere i vostri pensierini nei 140 caratteri di twitter, dove decide chi e cosa è utile alle menti.
Non mi stupisce che il sabaudo si sia buttato a testa bassa in questa ennesima declinazione della presa per il culo planetaria.
Un po come quando io mi trovo una multa sul parabrezza perché al parcheggio del procinto han deciso che 20 macchine inquinano ed è bene che paghino la sosta e a 500 metri c’è una cava che si sta mangiando al vallata. ma quella va bene (benassi sa di cosa parlo).
Avanti tutta così.
LA battaglia dell’assietta green. Gran conduttore e stratega, il novello tutore dei ghiacciai in squagliamento generale Crovella.
menzione d’onore a govi per il post 116 e il cesso dell’autogrill
Fai molto bene a esser contento di appartenere a una certa categoria. Ma a maggior ragione non si comprende perché sconfini sempre nell’altra categoria. Lascia perdere, no? Perché ti intestardisci a voler conversare con gentaglia come Crovella?
Nel GognaBlog esistono due categorie di persone: la prima è costituita dal solo Crovella e la seconda da tutti gli altri o quasi.
La prima categoria dice: “Io capisco sempre tutto e voi non capite mai un ca**o. Quando dico A può significare B oppure C o Z, a seconda dei miei ghiribizzi e di come mi conviene”.
La seconda categoria invece sempre piú spesso dice: “Crovella, va’ a caghèr”.
P.S. Io mi onoro di appartenere alla seconda categoria.
@118. Mi sa che quello che accede al blog è il tuo gatto al tuo posto. Infatti ti ho già spiegato il punto almeno dieci volte. Tra l’altro ti segnalo per l’ennesima volta che non hai neppure recepito che sul tema specifico del soccorso (che in questo dibattito c’entra solo indirettamente, come una possibile idea per ridurre gli accessi antropici alla montagna) la mia convinzione è quella di eliminarlo totalmente, non solo per tre anni. Se continui a riportare questa versione, che non collima completamente con la mia posizione, ciò significa che, con elevata probabilità, non hai colto un bel niente. Ma qui non c’entra la fondatezza o meno di quella proposta. Parliamone in dibattiti specifici. Quoi c’entra se vogliamo impegnarci in qualche modo a salvare le montagne oppure no. Poi passeremo al secondo livello di dibattito, ovvero “come” cercare di salvarle e lì tireremo fuori le varie idee.
@129 Vegetti. Ho spiegato a suo tempo il concetto dei vasi comunicanti, concettualmente indipendenti ma appunto comunicanti. Si innestano correlazioni, il comun denominatore è la fame di business. Non mi ripeto nella spiegazione, lascio a te il compito di ricaricarla agli atti. Ciao!
Vegetti. Grazie dell’informazione. La giro a Paci che forse non è stato chiarissimo nel libro. Certo che non solo in VdA ti trovi delle belle ostilità. Io sono pessimista anche su come finirà il Devero ed essendo io di famiglia ossolana provo un gran disagio. Però teniamo duro.
Studi recenti (https://www.greenme.it/salute-e-alimentazione/psicologia/patrimonio-genetico-influenza-attivismo-ambientale/) confermerebbero che, almeno in parte, l’orientamento individuale nei confronti dell’ecologia sia influenzato dalla genetica. Ciò significherebbe che possiamo discutere qui all’infinito sui disastri che lasceremo ai nipoti e via andare, ma se agli impulsi genetici ci aggiungiamo anche il dinero, alla fine la realtà è questa. Cioè che una parte se ne sbatte geneticamente, un’altra con l’aiutino. Aggiungiamo che ad una percentuale prossima a 100 non interessano minimamente problemi come quello delle Cime Bianche o similari, mentre i locali sono facilmente manipolabili con argomenti come occupazione, PIL, benessere, ecc. Lo scenario è tutt’altro che favorevole (oggi come ieri) a chi ha a cuore la bellezza e l’integrità dei nostri paesaggi.
126. Pasini. Nel 1944 il fascismo non era caduto in Valle d’Aosta. Le ammirevoli elezioni di cui parli furono tenute in frazione Degioz, controllata dai partigiani della brigata Amilcare Cretier, praticamente di nascosto e i votanti erano solo i capofamiglia maschi, Talmente poco caduto il fascismo che qualche giorno dopo le camice nere pensarono bene di uccidere quattro partigiani e un civile…
96 Crovella. ;ma che c’entrano pareti che crollano, ghiacciai impraticabili e siccità con la sospensione del Soccorso alpino, con la de.civilizzazione delle montagne? Crollano i Drus dove vanno forse 10 persone all’anno, si ritirano i ghiacciai dove forse ne passano cento… Mi sa che hai perso un po’ di vista il tuo obbiettivo e ci ficchi dentro pure il riscaldamento globale… Suvvia… PS – Il CAI Torino è quello che ha voluto l’obbrobrio del Bivacco Gervasutti?
Govi:
Sì e no.
Dipende da chi sono “loro”: sono chi ci guadagna, oppure chi si ritrova un viadotto sopra la testa come a Feglino (tanto per fare un esempio che credo conosciamo tutti), oppure chi vede sparire un bosco per far posto ad un bacino di raccolta dell’acqua per “l’innevamento programmato”?
120 Giacomo, non mi dici nulla di nuovo. In Apuane i primi a non voler limitare l’estrazione del marmo sono gli abitanti di questo territorio, a parte qualche raro caso.
Io non gli voglio imporre nulla. Vorrei però invitarli a riflettere. L’integrità del loro territorio e la laro ricchezza, il loro capitale. Soprattutto sarà la ricchezza delle loro future generazioni. Quindi se fossi in loro ci rifletterei su quello che lasceranno ai loro nipoti. Poi ognuno raccoglierà quello che è stato seminato.
Nel bel libro di Paolo Paci, uscito in occasione del centenario, “L’alfabeto del Paradiso” si racconta che nel 1985 si arrivò addirittura a far saltare un traliccio dell’Enel con la dinamite in Valsavaranche in concomitanza con il contenzioso sui confini del Parco e ad astenersi in massa dalle elezioni comunali. Valsavaranche che era stato il primo comune ad eleggere il consiglio comunale dopo la caduta del fascismo nel settembre 1944 spronato da Federico Chabot. Era dalla notte dei fuochi del 1961 in Alto Adige che non si sentiva lo schianto dinamitardo nelle regioni alpine. Tutto poi fini’ con un bel compromesso italico.
A mio parere è dalle autonomie locali che ci si deve affrancare. Le decisioni imposte dall’alto si son sempre rivelate le migliori. A cominciare dalle dighe che han portato l’Italia tra le sette al mondo, per non parlare dei parchi nazionali (,,non avremmo stambecchi, niente orsi e nemmeno endemismi floreali o magnifiche foreste) . A protestare non sono tutti i locali, ma solo qualche benestante locale.
La controprova è il totale fallimento di parchi regionali o peggio comunali….ce ne fosse uno che funzioni rispettando lo statuto
@123 Capisco quello vuoi dire, ma le funivie ( e forse anche le autostrade ) sono loro stessi a volerle… Forse non le cave – ma nel caso siano loro a farsele non credo nessuno protesti…
Govi:
Sì e no.
E comunque non più di imporre un’autostrada, una cava, una funivia, ecc.
@Pasini Certo, c’e’ da aspettarselo. D’altra parte imporre un Parco ai locali e’ assolutamente discutibile a livello di principio. Ma non se ne esce: per questo io sono pessimista, e dico che fin che’ non nascera’ un moto locale per porre dei paletti, non vedremo alcun cambiamento. E la soluzione non e’ certo quella di dei settarismi inventati dai cittadini, con sparate implausibili e comunque inefficaci…
Govi. Qui da me i comuni del Tigullio (tranne due) stanno facendo una battaglia feroce contro l’estensione a Parco Nazionale del Parco di Portofino voluta da Cingolani. Pensa che perderebbero un sacco di milioni, dico milioni, di dotazione annuale, con i quali si potrebbero fare un sacco di belle cose. Il sindaco del mio paese, uno dei due, è stato sbranato dai cacciatori l’anno scorso.
@119 Alberto, hai colto il punto. E’ tutto in mano ai consiglieri, cioe’ ai rappresentanti delle popolazioni LOCALI nella maggior parte dei casi che qui discutiamo. E hanno un punto di vista diverso. Difficile imporgli il nostro, se non con norme restrittive ad hoc, tipo parchi nazionali. Ma poi saremmo contenti con le norme restrittive? Probabilmente no…
è come gli 11 consiglieri astenuti della Valle d’Aosta.
Perchè siamo una società malata e inviata verso un declino inesorabile.
“Tuttavia mi stupisco dell’avversione così diffusa verso gli articoli e gli interventi di tipo ambientalista.”
No, Carlo. L’avversione non è contro gli articoli e i commenti di tipo ambientalista. L’avversione è contro la sospensione fino a un massimo di tre anni del soccorso alpino, da te propugnata.
Nonostante te lo abbiamo già detto quarantasette volte (o centoquarantasette?), tu non l’hai ancora capito. Oppure semplicemente fingi di non averlo capito.
È per tale motivo che ci si stanca a discutere con te: sei un muro di gomma, o un finto tonto (NON ho detto tonto).
Col mio gatto mi intendo molto meglio: lui capisce quel che può capire (ovvero l’essenziale) e soprattutto non finge di non aver capito ciò che ha capito.
“Inghippo” nel senso che non credo proprio che quelle guide, quelle che aspettano sulla porta del Bureau e portano su a nastro chiunque arrivi anche senza alcuna esperienza preventiva, ci tengano emotivamente a far crescere tali persone innalzandole in vetta alla Gran Becca. La sensazione che danno che che interessa la strisciata della VISA, poi si va, si aspetta che scocchi l’ora contrattuale e si torna velocemente in paese. Non vedranno MAI più questi clienti di giornata, non si ricordano neppure il viso.
Ovviamente ci sono guide e guide: io conosco di persona e apprezzo profondamente una miriade sconfinata di guide alpine che costruiscono (spesso nel tempo) rapporti umani molto profondi con i loro clienti, facendoli crescere sul piano tecnico e anche umano con riferimento alla montagna. Raramente però si tratta delle guide coinvolte nel business a nastro, in genere sono liberi battitori, che si sono creati una loro ammirabile nomea e una belkla clientela di “veri” alpinisti.
Ma il discorso di questo articolo non verte sulle “guide alpine” che sono ovviamente capacissime di muoversi con tutti i crismi (anche ideologici) in montagna. Oltretutto il business aggregato del mondo delle guide non è certo né il più rotondo in termini economici né il più distruttivo dell’ambiente… E’ per descrivere come si sta spolpando una montagna simbolo, riducendola a un immondezzaio: non ci sono solo i nuovi impianti che creano dei problemi alla montagna. Che poi i condomini casermoni di Cervinia (o di qualsiasi altra valle) siano un fattore inquinante molto peggiore è un concetto implicito, non è neppure necessario ricordarlo.
Altra cosa: l’avevo già notato in molti altri, ma approfitto dell’occasione per esprimere una cosa. Non comprendo l’avversione verso i post (articoli e/o commenti) di impostazione ambientalista, con affermazioni del tipo “l’ennesimo post di questo tipo pubblicato sul blog…”.
Premesso che se uno presentasse a Gogna un articolo estremamente “consumistico” (della serie: “Sì! dai! sfruttiamo a fondo la montagna! Proprio perché fra 5 o 10 anni sarà oggettivamente impercorribile per il riscaldamento climatico generale, traiamone il massimo profitto economico nell’immediato, sputtanandola irreversibilmente! Tanto sarà distrutta comunque!”), ebbene io sono convinto che Gogna glielo pubblicherebbe, perché la scelta editoriale di Alessandro è ben chiara sulla funzione del blog come spazio di dibattito e non come organi di stampa di una scelta specifica.
Tuttavia mi stupisco dell’avversione così diffusa verso gli articoli e gli interventi di tipo ambientalista. La riproposizione degli stessi può apparire ossessiva, ma in realtà questa osservazione è solo un pretesto per posizionarsi contro i contenuti. Sono invece io che mi stupisco di tale reazione. Ma come? Accedete al blog fondato e amministrato da quasi 10 anni da uno dei fondatori/garanti di Mountain Wilderness Italia, noto per le sue prese di posizioni ambientaliste, recentemente coinvolto anche nel progetto “Montagna Sacra”, ecc ecc ecc… e poi siete infastiditi da interventi con tale impostazione? Cosa vi aspettereste?
In più: auspicate maggior contrapposizione fra sostenitori delle due fazioni sul tema “sfruttamento della montagna”? Beh, perché non vi impegnate nella redazione di articoli su tale tema (o temi collegati) visti dall’interpretazione opposta? Sono certo che Gogna darebbe spazio (oddio, magari con una postilla…), ma vi darebbe spazio. Articoli con tale natura non ce ne sono (a memoria non ne ricordo, ma se sono apparsi sono stati davvero pochissimi) sostanzialmente perché nessuno scrive testi di tale tenore. Prendete carta e penna e vediamo…
A costo di scandalizzarvi, vi diro’ che a me pare non ci sia alcun inghippo. La famiglia di alpinisti improbabili ( la nazionalità’ non conta, e’ Crovella che e’ pieno di pregiudizi ) magari arriverà’ in cima e sara’ un risultato ne migliore ne’ peggiore di quello di Crovella che ravana sul quarto in perfetto stile caiano. Semmai tanto di cappello alla Guida che riesce a trascinarceli. La superiorità’ culturale , ideologica e perfino morale di Crovella & seguaci fa semplicemente ridere. Che il Cervino, cosi’ come la Mer de Glace, le Cinque Terre, Venezia e tanto altro sia diventato un posto “che puzza di merda” e’ vero, e non ci si può’ fare praticamente nulla. Basta non andarci.
Ma essere convinti di avere una postura reattiva avendo in mente solo proprio giardinetto della domenica ( gli impianti no, invece i condomini in fondo valle vanno bene?) e’ ben poco utile
Ad ogni modo ci sorbiremo ancora centinaia di post, che non hanno più’ valore di una scritta “abbasso i cannibali” nel cesso di un autogrill
Dal post di Albino Ferrari su FB: Giovedì scorso, il 23 marzo, il Consiglio della Valle d’Aosta ha votato la petizione che chiedeva di bloccare il progetto di collegamento funiviario nel Vallone delle Come Bianche. Risultato: due consiglieri a favore del blocco, 11 astenuti e 15 contrari.
Questa è la regione che molti di noi amano profondamente da una vita, frequentano e sovvenzionano. A volte penso che certe sconsolate considerazioni di Rocco Schiavone sull’ambiente valdostano non siano pregiudizi dell’immigrato capitolino. Lo dico con sincero dispiacere per tutti gli amici valdostani. Ma è proprio necessario, ancora oggi? Con il benessere ormai consolidato da anni. Perché non riescono a fermarsi?
Ma allora perché non si dichiara sacra il Cervino anziché una oscura cima per nulla frequentata??
Per il business si dirà…..allora dobbiamo cambiare modello e smettere di svilupparci o ammazzare metà della popolazione mondiale con preferenza verso quella a più alto impatto ambientale: NOI
L’ultima volta che sono stato a Zermatt (era prima dell’era Covid) fuori dal Bureau des Guides c’era cartello “Cervino All inclusive: 1.300 Chf”. Ai prezzi di oggi sarebbero più o meno 1.300 euro, ma temo che il controvalore in franchi svizzeri sia nettamente aumentato (1500? magari di più…): ti vestono da capo a piedi (puoi anche non aver attrezzatura tua, neppure i guanti…) e da quello che si capiva nel prezzo era compresa anche la mezza pensione alla Capanna Hornli.
Il sottotitolo specificava che l’offerta valeva per tutti, anche se SENZA alcuna precedente esperienza alpinistica (!). Ho visto con i miei occhi una famiglia di turisti cinesi (genitori e due figli sui 25 anni), in evidente status da non montanari-alpinisti, chiedere info e poi estrarre la VISA… una passata e il business era concluso.
Dov’è l’inghippo? Nello stesso avviso, scritto sotto in piccolissimo (come nei contratti di assicurazione…) c’era l’avvertenza che, sottoscrivendo, si accettava automaticamente la clausola per cui se non si arrivava alla Capanna Solvay entro una certa ora (a non ricordo bene quale), in automatico si tornava indietro, senza discussioni e indipendentemente dalle condizioni generali (meteo, roccia asciutta o meno ecc) e dalla volontà individuale del cliente.
In pratica imbarcavano chiunque, sapendo che il 90% dei neofiti non riesce ad arrivare in tempo alla Solvay (forse non riesce neppure ad arrivarci in assoluto…), anche con condizioni perfette di meteo e montagna.
Qualche anno fa Messner scandalizzò il benpensantivo alpinistico affermando pubblicamente che, a fine estate, il Cervino puzza di “m”, per gli inevitabili rifiuti organici (non solo cacca, ma anche vomito, sangue ecc) che, giorno dopo giorno, l’eccesso antropico abbandona in gran quantità lungo le vie di ascensione. Ci vogliono le piogge autunnali e le nevicate invernali per lavarlo. Ora però piove e nevica di meno… Forse l’accumulo di una estate resiste, almeno in parte, fino all’estate successiva e crea un sedimento su cui si posa quello dell’estate successiva, anno dopo anno… Triste destino della Gran Becca: da nobile scoglio a water delle Alpi.
Lo so.
Tutti in fila indiana sulle montagne famose, per poi dire: io ci sono stato.
Benassi. Alberto certe cime dell’arco alpino sono ormai quello che in gergo vengono chiamate BU Business Unit. Ines Millesimi ha fatto la sua tesi di dottorato sulle croci di vetta, Proporro’ad un mio ex compagno di corda che insegna economia in Statale che fece il primo studio di sostenibilità economica di una palestra indoor che doveva sorgere alla montagnetta di San Siro di assegnare una tesi di dottorato sul tema : da cime inviolabili popolate di mostri a Business Unit. Ci sarebbe da divertirsi (dopo aver pianto). Comunque io penso che certe situazioni sono ormai “perse per la causa” come si diceva una volta. In quei contesti si possono solo fare battaglie di testimonianza, di contenimento e di rivendicazione di un minimo di decenza. Meglio concentrare le forze su aree “minori”da difendere con le unghie e con i denti. Per fortuna ce ne sono ancora tante in Italia e forse siamo agevolati dal fatto che eccitano meno la fantasia delle “masse popolari” e del marketing alpino.
Roberto, mi permetto di darti del tu, certo che è una “montagna di soldi” . Lo so benissimo che le mie sono parole al vento. Da una parte si vuole creare una montagna sacra dove nessuno ne calpesti la cima, come bandiera di un senso del limite. Dall’altra si permette, che una montagna bella , elegante e ricca di storia come il Cervino, venga usata come macchinetta stampa soldi.
Ps. La salita dal versante svizzero è a trattativa privata ma penso sia più alta.
Benassi. La tariffa per salire la cresta del Leone è 1300 € a persona + costi vivi. Io in questi giorni non ho tempo ma basterebbe fare un paio di telefonate alla Società delle Guide del Cervino e all’Azienda del Turismo per valutare quanto vale annualmente questo business. Bisogna poi aggiungere quelli che salgono da soli e l’indotto. È una montagna? O una montagna di soldi? Sarebbe curioso fare una mappa delle principali cime alpine dal punto di vista del business, compilando una carta non delle altezze ma del fatturato. Magari qualcuno con curiosità e piglio giornalistico potrebbe farlo. Sarebbe curioso un pezzo tipo “Montagne di soldi”.
@105 parole sante
Ho già detto (non ricordo quanti commenti fa…) che chi punta davvero a “salvare le montagne”, mette in conto che ci sono dei “prezzi” da pagare. A volte saranno piccole cose, come autolimitarsi nelle uscite annue individuali (anche l’alpinista più ligio contribuisce all’impronta umana sulla montagna: se qualche volta rinuncia, alleggerisce tale impronta). A volta saranno scelte più gravose, come rivedere il modello turistico nelle valli, con tutto ciò che tale svolta comporta. Per esempio, tanto per tornare a bomba sull’articolo principale, non ha senso costruire nuovi mega impianti, giusto per arrivare sulle vette sopra la conca di Pila, quando magari, in un futuro molto ravvicinato, la siccità spingerà le autorità a vietare la neve artificiale (come hanno fatto pochi gg fa in Alto Adige) e, inoltre, dal cielo neve naturale non ne scenderà a sufficienza per sciare. Bisogna puntare su altri obiettivi strategici, in un contesto di alleggerimento della presenza umana e di inevitabile rarefazione del business nelle valli (PS: altrettanto ovvio che la montagna è uno dei tanti tasselli del GRANDE problema generale, ma qui ci focalizziamo sulle montagne perché il Blog è principalmente dedicato ad esse: considerazioni analoghe valgono anche per i mille altri ambienti naturali).
Vedi Cervino.
Montagna da tutti definita il simbolo dell’alpinismo, ma poi imbrigliata e umiliata da cordoni da cima a fondo.
Le guide di Cervinia rivendicano la proprietà della Capanna Carrel: fuori a chi non prenota. Perchè, invece, non ripuliscono la montagna, che loro stessi esaltano a simbolo, dal cordame?
@99 che il SSN sia allo sfascio ne sono ben conscia purtroppo. Sto cercando di prenotare una risonanza (discretamente urgente) da un paio di mesi e tra cup e ospedali mi palleggiano manco fossimo ai mondiali di pallavolo.
Guarda che reagirei alla stessa maniera se ci fosse la proposta di eliminare la croce rossa, non è solo il soccorso alpino.
che dici, rimaniamo in tema o tiriamo fuori la teoria complottista di turno? Eddaje su.
@cominetti 😃
MG, hai nominato la Rebecca!!!
Ovvero, una giacca di lana scollata unisex e con tre bottoni sul davanti.
Credo sia un’antica espressione ligure, perché nel resto della penisola è un nome proprio di persona.
Oggi mi piacete :-). Dopo Carlo che ho citato prima, anche Mg sul covid e sul fatto che la montagna è antropicamente satura ma non centra niente la questione del climate change (a cui non credo nel senso non credo da imputare all’uomo e non centra niente con l’affollamento della montagna).
Mg non ha fatto poi la connessione tra cappotto e macchina elettrica che sarebbe curioso da evidenziare. Il cappotto è in materiale tipo polistirolo, le auto elettriche hanno statisticamente una certa propensione ad incendiarsi, casi rari, ma ci sono… lascio a voi collegare le due cose…. Ci divertiremo….
Poi Cla al 99 perfetto, ineccepibile.
In definitiva il pericolo per le montagne deriva dall’affollamento e non da altro. Qui siamo come nelle citta’ negli anni 80 dove tutti si trovavano in centro il sabato con l’auto e poi andavano al bar o in pizzeria. Poi negli anni 90 e 2000 sono fioccate le ZTL. Divieti, obblighi, certificati. Il rischio è proprio questo per la montagna. Come fare? Ovvio sarebbe rendere l’accesso piu’ problematico e quindi andrebbero solo gli appassionati veri. Pero’ non vi nascondo un certo sconforto. Tutto questo costruire di qua e la’ portera’ ad ulteriore saturazione a cui i politici interverranno con la ZTL. Non credo che se ne esca. Dire dobbiamo costruire meno non lo faranno…
Sensibilizzare, manifestare, saremmo sempre 4 gatti … con buone intenzioni ma 4 gatti. Vedi anche la Tav mica la fermano per 4 irriducibili.