Metadiario – 136 – Tra Gwendal e Naziaque c’era Bourbon (AG 1986-002)
La nostra casa editrice Melograno Edizioni ci occupa quasi tutto il tempo lavorativo, ormai. Dire a tempo pieno non basta, perché ci sono dei periodi in cui si lavora a ritmo forsennato, dominati dalla speranza che presto le cose si metteranno a girare nel famoso “circolo virtuoso”.
Dopo aver pubblicato nel 1985 Il Fortissimo di Giusto Gervasutti, per il 1986 prepariamo i due libri di Tita Piaz, Mezzo secolo di Alpinismo e A tu per tu con le Crode: d’accordo con la famiglia Piaz, li riuniamo in un unico volume che intitoliamo Mezzo secolo di Alpinismo. Ancora non sappiamo che questa purtroppo sarà l’ultima uscita della nostra piccola collana “letteraria” iniziata con E’ Buio sul Ghiacciaio di Hermann Buhl.
Abbiamo anche compreso che alpinismo e arrampicata non bastano, le nostre collane tecniche, sia quella di piccolo formato, sia quella di medio formato, necessitano di qualche titolo che investa in campo dell’escursionismo.
Così accanto a La Pietra di Bismantova, uscita nel febbraio 1986 grazie agli autori Giorgio Aimi e Stefano Righetti, monografia estremamente locale imperniata sulla bella struttura che domina Castelnuovo ne’ Monti, mettiamo in cantiere Escursioni in Valle di Susa, un prezioso lavoro del Gruppo Ricerche Cultura Montana. E’ la prima volta che pubblichiamo un titolo “sponsorizzato” da qualcuno, in questo caso dalla Comunità Montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia. Allegato al volumetto, di medio formato, è una bellissima cartina dei luoghi descritti: sul retro di questa sono tutte le informazioni tecnico-pratiche per poter percorrere gli itinerari presentati. La caratteristica di Escursioni in Valle di Susa è principalmente quella di descrivere i percorsi arricchendoli con approfonditi excursus storico-culturali-artistici.
Racconto questo perché a quel tempo tutto ciò non era d’uso. O si facevano guide dove si parlava solo dell’escursione e del percorso, o si facevano trattati d’arte e storia svincolati dai percorsi. Con quest’opera Melograno Edizioni si arroga giustamente il diritto di aver introdotto quest’innovazione. Ma anche questa volta siamo troppo in anticipo sui tempi e le vendite non sono così fulminee come si sperava.
Da metà aprile fino a dopo metà maggio 1986 c’è poco da raccontare al riguardo della mia attività arrampicatoria. Come ormai di consueto, la presento con questi due specchietti.
L’annuale visita al Verdon questa volta è con Nella, Davide Marnetto, Giovanni Crosta e Luca Crepaldi. Non ricordo più per quale motivo i compagni storici Giovanni e Paolo Rosti non siano della partita. I programmi sono abbastanza bellicosi, ma s’infrangono già il primo giorno, 23 maggio 1986, quando con Davide ci caliamo sul Jardin des Bananes con l’intenzione di salire Chrysalis, un itinerario di 80 metri aperto nel 1979 da Christiane Charrière, Frédérique Plumel, Gérard Gzegner e Claude Vigier. Io non sono così convinto, perché la seconda lunghezza è data di 7c e francamente sono lì solo per accondiscendere alle aspirazioni di Davide. Infatti, salito il primo tiro di 6c, la nostra cordata vede un onesto sforzo per negoziare il tiro duro, ma questa volta non c’è trippa per i gatti. Non solo ci arrendiamo, ma perfino decidiamo di non tentare altro e di scendere sul Sentiero Martel a doppie, con il conseguente giro necessario a tornare a La Palud… Le imprecazioni terminano solo con davanti un boccale di birra.
Il giorno dopo non osiamo tanto di meno e ci ritroviamo all’attacco di Gwendal (il nome corretto è Les Rideaux de Gwendal). Ci buttiamo giù per Ticket-Danger, nel settore Carelle, e in breve arriviamo all’attacco della via, aperta da Bénédicte Raynaud, Jean-Patrick Moron, Christian Rudolf e il mitico Jacques Perrier, detto Pscitt.
Anche Gwendal fa parte dei sogni di mezzo inverno, per l’eleganza suprema del suo vuoto e per la linea perfetta. Sono nove lunghezze, in media sul 6c, con una puntata di 7b al terzo tiro (che Denier Garnier aveva liberato nel 1983). Arrampichiamo in alternata e inizio io, in modo che la terza lunghezza tocchi a Davide. E questa volta, con grande soddisfazione, riesce nel suo intento, “chiudendo” il tiro (e quindi anche la via).
Il 25 maggio preferiamo vie più brevi anche se, per una banale somma di metri, alla fine arrampichiamo tanto uguale… Sempre con Davide saliamo Abraxas, un tiro di 6b, e subito dopo il vicino ed equivalente Brin de Soleil.
Nel pomeriggio cambio compagno e con Giovanni Crosta, dopo essere scesi per le doppie di Massacre à la Tronçonneuse, c’impegniamo sulle due lunghezze di Baiser sanglant, breve ma cattivella, aperta il 7 maggio 1982 da Michel Fauquet e Alain Jamin.
Il 26 maggio con Giovanni ci “scaldiamo” in top rope sulla seconda lunghezza di Arabe souriant; poi, scesi per Suscepé, dopo un tratto di A tout coeur, risaliamo Coeur de Verre fino all’orlo dell’altopiano.
Il 27 è di nuovo impegnativo: con Giovanni scendiamo e risaliamo le otto lunghezze di Ticket Danger, una via di 6a con due tratti di 6c, attrezzata dall’alto da Michel Suhubiette. La sera arrivano gli amici bolognesi.
Il 28 con Davide, Mirko Giorgi e Mauro Zanichelli saliamo un altro gioiello, Douce Sublimation: il suo autore è Jean-Claude Droyer (assieme a Françoise Quintin, 3-4 novembre 1973). Dei sette tiri, soltanto il primo, quello di 7a+, non mi riesce: ma la via è troppo bella e storica perché la cosa mi spiaccia.
Il 30 maggio, dopo un giorno di riposo probabilmente dovuto alla pioggia, vado con Nella su Arabe dément, una via aperta da Robert Balestra, Michel Fouquet, Pierre Guiraud e Alain Jamin nell’agosto 1979. Le sue difficoltà di 6a, per tre tiri, ne fanno una delle vie più classiche, adattissima alle capacità di Nella. Che, dopo un’attesa di una settimana, finalmente ha modo di divertirsi anche lei! Ma naturalmente per quella giornata non mi basta di certo, pertanto eccomi con Davide Marnetto nella combinazione di Kaboub e Six fois Zette. La prima è una via di tre lunghezze fino al 6b+ aperta da Bernard e Daniel Gorgeon nel maggio 1979; la seconda (6a+) è un monotiro attrezzato dall’alto da Bernard Gorgeon.
Il 31 maggio è la volta di Afin que Nul ne Meure, 4 lunghezze fino al 6a, con Nella e Luca Crepaldi.
Nel cercare di ricordare qualcosa di più delle scarne note sulle arrampicate fatte, mi rivedo assieme a Nella e agli amici un po’ ciondolante tra i due bar di La Palud-sur-Verdon e il mitico campeggio Bourbon. Questo era tenuto da un ruvido ma simpatico omone, probabilmente il Bourbon del nome. Nel 1978, visto l’afflusso di centinaia di ragazzi da tutta Europa, Bourbon deve aver pensato che il suo ettaro di prato praticamente nel centro del paese potesse essere loro utile. La simpatia e la riservatezza di quell’uomo facevano superare la scarsità dei servizi, assai approssimativi, almeno ai primissimi tempi. Da quel campeggio sono passati tutti, ma proprio tutti, gli arrampicatori che hanno fatto la storia del Verdon. Lui sembrava non riconoscere nessuno, ma di certo non era vero. Il suo essere grezzo e trasandato nascondeva una gentilezza insolita. Alla fine, quei ragazzi un po’ matti che andavano a pericolare nelle gole gli erano simpatici. I prezzi erano di conseguenza. Ovviamente non so nulla di come sia oggi, al di là di quello che dice il sito internet: l’ultima mia visita risale al 2005 e in quell’occasione non ebbi occasione di passare dal campeggio a vedere se Bourbon era ancora là. Ma quando una figura è nei nostri ricordi è come se la persona fisica ci fosse ancora, bonaria giudice del nostro essere in vacanza spensierata, piccolo crogiuolo di società europea, così francese, così adorabile.
Il mio grande amore per la Provenza lo devo anche a lui, una specie di discreto e poco appariscente genius loci.
La prima giornata di giugno 1986 rappresenta il clou della permanenza di quell’anno in Verdon: con Davide troviamo il coraggio di affrontare Naziaque, altra via da sogno aperta da Bernard Gorgeon, Pierre Gras, Jacques Keller e Jacques Nosley nell’aprile 1977. Sono 14 lunghezze di difficoltà variabile in libera fino al 6b e in artificiale fino all’A2: un vione, insomma. Abbiamo rimandato fino all’ultimo soprattutto perché Davide non era tanto convinto di tale impegno, una via un po’ mista e davvero lunga e complicata.
Mi piacerebbe sapere l’origine del nome “naziaque”…
Il 2 giugno dobbiamo proprio tornare. C’è da dire che siamo abbastanza stanchi… Con Nella ci regaliamo un’altra chicca: Frimes et Châtiment (Claude Vigier, 1981) con uscita Minette express. Nella è felice di essere sopravvissuta con dignità al 6b…
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A integrazione di quello che dice Regattin al #3, suggerisco la lettura del capitolo “Virilimité e Buon Umore” di “Quei pazzi del Verdon” di Bernard Vaucher.
Aggiungo che fra gli arrampicatori Francesi a mio parere è (tuttora) diffuso un certo gusto per i giochi di parole a volte un po’ adolescenziali, come nel caso di “Saut d’homme”, altra via del Verdon il cui nome alla lettera non significa niente (salto d’uomo?!?), ma si pronuncia esattamente come “Sodome” (Sodoma).
Gli esempi potrebbero continuare.
Il Nasalis larvatus è una scimmia che vive nelle foreste tropicali del Borneo, in francese il nome volgare è “nasique”. Alcune forme rocciose dell’Escales ricordavano a Gorgeon il naso di questi primati, da cui l’origine del nome che era anche un modo di scherzare sui loro propri nasi.
Burbon è andato in pensione all’inizio del 2015 ed il suo campeggio è stato chiuso poiché c’erano problemi normativi per la riapertura, almeno questo ha detto a me e Flaviano Bessone estremamente dispiaciuti di trovare questa sorpresa.Ora il campeggio è nuovamente attivo ed i salici striminziti degli anni 80 regalano un’ombra invidiabile. I servizi sono rimasti sempre quelli,pochi e spartani.
Peccato che il gestore, nipote di Burbon , non è certo un mostro di simpatia,a detta mia e di molti altri.
Lalla Pampaloni!!!
Il pitone di suo fratello, le notti di Varazze, il pianoforte di Baccini in un locale malfamato sopra la stazione Principe, la Golondrina di Gaspy… tutte cose che avevo dimenticato e che una foto mi ha istantaneamente ricordato.
Grazie.