Turismo incontrollato e cambiamento climatico mettono a rischio l’ecosistema montano. Sempre meno neve, anche nei siti olimpici. Inutile e nociva la “monocultura dello sci”, secondo Legambiente e Mountain Wilderness.
Turismo incontrollato e cambiamento climatico – 2
di Lara Cantiani e Sandy Fiabane
(pubblicato su agenda17.it il 2 agosto 2022)
continua da Turismo incontrollato e cambiamento climatico – 1
“Gli ambientalisti e la stessa scienza sostengono da tempo che sotto i 1.800 – 2mila metri di altitudine è assurdo aggiungere nuove strutture per il turismo invernale in quanto la neve andrà diminuendo, fino a scomparire, sotto tale quota” afferma ad Agenda17 Vanda Bonardo, presidente del Comitato internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra) e responsabile nazionale Alpi di Legambiente.
Mentre è in corso la sesta crisi idrica degli ultimi vent’anni, che colpisce anche ad alte quote, si continua a progettare nuove infrastrutture per il turismo in montagna. Da quindici anni, il dossier Nevediversa di Legambiente cerca invece di portare l’attenzione su una visione alternativa alla “monocultura dello sci in pista”, messa sempre più in difficoltà dalla carenza di neve.
La cosiddetta Linea di affidabilità della neve (Lan), infatti, calcolata sull’innevamento per 100 giorni l’anno con uno spessore di almeno trenta centimetri, sta salendo sempre più di quota. Perciò non conviene fare investimenti in località che sono destinate ad andare in perdita per questo motivo, ma i progetti continuano a crescere numerosi.
Non c’è più neve per le Olimpiadi, ma si progettano nuovi impianti Dall’ultimo rapporto di Legambiente emergono 234 impianti dismessi, 134 strutture temporaneamente chiuse e 149 impianti che richiedono costanti sostegni per continuare a operare. Nonostante questi dati, però, i finanziamenti approvati per nuove infrastrutture sono tanti, molti dei quali indifferenti anche alle aree protette.
D’altronde anche i luoghi votati alle Olimpiadi invernali lamentano la mancanza di neve e le ultime tre edizioni dei Giochi si sono distinte per l’utilizzo massivo o esclusivo dell’innevamento artificiale. Ma la prospettiva indicata dagli scienziati per la fine del secolo è preoccupante: delle ventuno località che finora hanno ospitato i Giochi, solo Sapporo, in Giappone, riuscirebbe a organizzarli nel 2080.
“Continuare a costruire impianti a 1500 metri o fare resort ovunque – afferma ad Agenda17 Alessandro Gogna, alpinista e guida alpina, tra i fondatori di Mountain Wilderness – è un’assurdità che va contro ogni buon senso. Queste situazioni, come il caso della pianificazione nell’Appennino marchigiano, vicino ai monti Sibillini, vengono denunciate, ma le attività vanno avanti. Il problema è che i soldi sono spesi con un occhio politico che mira ad accontentare gli elettori, senza considerare quello di cui il territorio avrebbe davvero bisogno. In questo modo, i finanziamenti ricevuti sono completamente buttati via, perché non sono effettivamente impiegati per la costruzione di un turismo sano e sostenibile che vada avanti nel tempo e non favoriscono il ripopolamento della montagna”.
Questa tendenza al “divertimentificio” in montagna non cambia anche nel resto del Mondo. In Tanzania, ad esempio, è stata recentemente approvata la costruzione di una funivia sul Kilimangiaro, che permetterà di salire da quota 2000 a 3700 metri in circa venti minuti. I lavori, il cui inizio è previsto per fine 2022, distruggeranno parte della vegetazione e modificheranno le attività di portatori e guide locali che oggi accompagnano i clienti a piedi verso la cima.
Anche il K2 ha conosciuto un record durante la scorsa stagione primaverile: per scalare la seconda vetta più alta della Terra, sono stati rilasciati oltre 400 permessi, a fronte dei 377 alpinisti che hanno scalato la montagna dagli anni Cinquanta ad oggi.
Una Disneyland nel Parco dei Monti Sibillini con i fondi del terremoto e del Pnrr Tornando alla situazione del nostro Paese, un caso particolarmente emblematico è quello marchigiano, citato da Gogna. La Regione ha infatti destinato all’ampliamento degli impianti sciistici dei Monti Sibillini oltre 65milioni di euro di fondi pubblici, di cui circa 30milioni provengono dal Fondo complementare aree sisma 2009/2016.
“Si tratta di una situazione terribile – aggiunge Bonardo – nella quale sono usati soprattutto i fondi per la ricostruzione post terremoto, oltre poi a quelli del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il tutto è finalizzato a una sorta di Disneyland, un enorme parco giochi per la montagna estiva e diverse proposte per l’inverno, con nuove piste e seggiovie. Siamo oltretutto in una zona molto vicina, e in alcune parti vi rientra pienamente, al Parco dei Monti Sibillini”.
Purtroppo, questa tendenza colpisce molte aree protette Rete Natura 2000. In particolare sono i Paesi mediterranei ad avere una più marcata tendenza a intaccare le zone ad alto valore naturalistico. “Parlando con amici che lavorano in Commissione europea ambiente – commenta Bonardo – si è compreso come in Italia non ci si ponga alcun freno nel fare proposte che coinvolgono le aree di Rete Natura 2000.
Questa tendenza non si riscontra invece in molti altri Paesi europei, non perché siano più bravi ma semplicemente perché, se si parla di un’area protetta, il progetto è spostato altrove: c’è, in qualche modo, un maggiore senso di rispetto.”
Le normative in tal senso esistono. L’Italia ha recepito nel 1997 la normativa europea Habitat per il mantenimento degli habitat naturali e delle specie minacciate ma, sottolinea Legambiente, le norme nazionali rimangono poco esplicite.
Per quanto riguarda i siti di Rete natura 2000, ci sono invece chiare limitazioni alla realizzazione di nuovi impianti e piste da sci, come il Decreto del ministero per l’ambiente del 17 ottobre 2007, che ha previsto criteri minimi per la loro realizzazione nelle zone protette.
A ciò si aggiungono i Decreti istitutivi degli Enti parco nazionali, che prevedono la possibilità solo di ammodernare e mettere in sicurezza gli impianti esistenti, e i recenti provvedimenti europei per il Green Deal, che prevedranno un’estensione delle aree protette italiane dal 22% al 30%.
Nonostante un quadro europeo molto chiaro, però, sono oltre 150 gli interventi di ampliamento e potenziamento delle strutture sciistiche nei siti di Rete Natura 2000, ai quali si aggiungono controlli insufficienti sulla destinazione dei fondi europei in arrivo. Non a caso l’Italia è già sottoposta a una procedura di Eu pilot a causa del mancato rispetto della Direttiva Habitat sul divieto di realizzare nelle aree protette progetti non finalizzati alla gestione delle stesse.
“È importante – continua Bonardo – che le normative siano di origine europea, perché la natura non ha confini e lo stesso deve valere per l’applicazione delle regole. Il fatto che in Italia capiti questo credo sia dovuto soprattutto a un atteggiamento culturale di minore sensibilità e attenzione per i valori insiti nella natura, su cui occorre lavorare. Dobbiamo realizzare che noi stessi abbiamo bisogno di una natura sana: è un ragionamento egoistico, però va nella giusta direzione”.
Troppa facilità spinge a sottovalutare i rischi e aumentano le richieste di soccorso
Infine, questa maggiore accessibilità alla montagna rende più evidente l’esigenza di essere assistiti, dai punti di ristoro all’organizzazione e soccorso durante le competizioni. “La montagna è bella però rimane pericolosa – riflette Gogna – e in molti non si sentono in grado di affrontarla se non sono assistiti.
In questo modo si instaura un meccanismo di esibizione, che ho osservato in tante persone, e una logica per cui il sentiero è qualcosa di banale, riservato a chi vale meno rispetto alla pretesa superiorità delle persone che fanno, ad esempio, le vie ferrate. Questa convinzione va smantellata e su di essa bisogna agire”.
Tutto ciò ha però fatto segnare un record di interventi da parte del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (Cnsas). Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2020 sono stati infatti oltre 10mila (10.279), di cui il 46,9% dovuti a cadute e il 28,4% a “incapacità” (seguiti da malori e cattive condizioni meteorologiche).
Auspicare un repentino cambio di mentalità, dallo sfruttamento e consumo del luogo, alla ricerca di un altro tipo di conoscenza e di esperienza, che si trova anche nelle piccole cose, non è facile né scontato da perseguire.
“La montagna viene vissuta come qualcosa di meraviglioso – conclude Gogna – ma inavvicinabile se non a determinate condizioni. Manca la volontà di fare uno sforzo individuale per adeguarsi, evitando le occasioni in cui viene ‘addomesticata’. L’educazione dovrebbe passare attraverso il principio per cui una cosa è più desiderabile e importante se guadagnata con la fatica, l’impegno e la giusta preparazione. Ovvero, un’esperienza completamente diversa da quella in cui vai e compri”.
Lara Cantiani è laureata in Biotecnologie Industriali e ha conseguito il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara.
Sandy Fiabane è laureata in Filosofia e in Scienze e tecnologie della comunicazione e ha conseguito il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara
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8# bel commento!
Scrivo qui questo commento perché mi è stato inspiegabilmente “rifiutato” da tutti gli articoli del blog che parlavano di Pista da Bob di Cortina. Il tema non mi sembra distante da quello dell’articolo.
Commento:
L’estate scorsa un amico ampezzano bobbista mi diceva che lui la pista nuova la voleva eccome ma si rendeva conto della spesa sproporzionata che richiede il costruirla.
La paventata ipotesi di far correre i partecipanti ai giochi olimpici del 2026 sulla pista di Innsbruck, distante 2 ore d’auto contro le 4/5 di Milano o di Bormio, non sarebbe stata male anche dal punto mediatico.
Il mondo intero l’avrebbe notato e avrebbe detto: che fighi questi italiani che pur di non rovinare un pezzo della bellissima Cortina, fanno correre Bob e slittino addirittura all’estero. Che esempio di vera sostenibilità e sensibilità ecologica che danno al mondo. Ma niente, l’avidità e la cecità politiche vanno per la strada del tutto e subito, instupidendo le folle rese idiote da orgoglio superficiale e ingordigia.
Un’occasione mancata, e a costo zero, per fare bene le cose facendo bella figura col mondo intero che ne avrebbe parlato molto trasformando la cosa in un boomerang mediatico che a Cortina e non solo avrebbe dato lustro, lungimiranza e saggezza. Per questo lo si evita. Siamo italiani.
Povere anime belle. Qui nel Trentino felix la Provincia ha finanziato con diverse milionate di euro (sei, finora) la stazione sciistica di Bolbeno… a 570 metri di quota. Avete letto bene, cinquecentosettanta metri! Contro ogni logica, contro ogni buon senso. Ma la valle è la stessa del munifico assessore al Turismo e quindi…. acnhe le assurdità più demenziali vanno bene per ramazzare voti ed essere rieletti. E pregate iddio che la startup trentina NeveXn, che ha già ottenuto finanziamenti pubblici, non riesca a sviluppare compiutamente la neve artificiale sopra i zero gradi altrimenti è la fine
Il turismo in casa nostra mi sembra tutt’altro che incontrollato.
È forse il più totale controllo e organizzazione che può semmai portare ai danni ambientali che ne rappresentano un serio effetto collaterale.
Mi sa che è il cambiamento climatico incontrollato piu che il turismo, gigantesco affare che investe tutto il pianeta e solo la futura miseria potrà contribuire a contenere(controllare?).
Signori, ecco ciò che ci attende!
https://www.viaggiareadubai.com/ski-dubai-pista-da-sci-dubai/
P.S. O no?
Marcello, tu quindi temi che, quando sulle Alpi saranno registrate temperature da Arabia Saudita, si pretenderà di sciare ancora?
E sarà davvero possibile? Tipo Ski Dubai?
Tutto è abbastanza condivisibile dal punto di vista ideologico ma, secondo me ci sono dei punti poco chiari.
A parte i progetti scellerati che prevedono la pretesa di fare sciare la gente a quote basse partendo da zero, dove zero significa: mancanza di infrastrutture, gli impianti saranno costruiti comunque laddove si dovranno raggiungere le quote a cui si troverà la neve.
L’altro punto che agli ambientalisti sembra essere poco o nulla conosciuto è che la neve naturale allo sci non serve, anzi, in molti casi da fastidio creando problemi tecnici. Lo sci di oggi si fa esclusivamente su neve artificiale prodotta con i cannoni perché regge decisamente meglio il passaggio di molti sciatori. Quindi ben vengano inverni secchi purché siano freddi. La produzione di neve artificiale abbisogna di temperature basse.
Certamente il tutto è altamente energivoro e quindi il problema si ingrandisce. Però noto che questa situazione favorisce l’ulteriore impiego di sempre più diavolerie tecnologiche dando lavoro e facendo girare soldi e quindi economie e interessi. La vedo dura.
Purtroppo è così. Dall’Europa agli stati, dagli stati alle regioni e poi fino ai comuni, anche minuscoli, i finanziamenti del pnrr si disperdono in mille rivoli. Una sorta di tangente che lo stato deve pagare alle clientele locali per avere il consenso degli elettori. Anche il comune di Rocca Cannuccia o di Vattelappesca vuole la sua parte, sia una pista da sci sia una strada purché sia un beneficio. Anche superfluo o dannoso.