L’America, come noi abbiamo sempre chiamato gli USA, fa parte ormai del nostro immaginario collettivo, una multiforme quantità di immagini, parole e pregiudizi che nel loro insieme dipingono la grande ricchezza di espressione di quel grande paese. L’America è tanto odiata quanto amata, anche se non ci si è mai stati, perché rappresenta ciò che noi vorremmo essere e non vorremmo mai essere.
Ma questo non deve meravigliare se si pensa ai grandi cambiamenti che da anni attraversano la cultura americana e di fronte alle contrapposizioni a volte dolorose che osserviamo da lontano, sottolineate spesso dai paesaggi più antitetici, come i grandi spazi dei deserti assieme al Bronx.
La notte degli Oscar, il consumismo, lo spreco immane di energia planetaria, le teleprediche agli ingenui assieme alla scienza da premi Nobel, alla NASA, al National Geographic. Jack Kerouac, William S. Burroughs e Allen Ginsberg contro l’establishment. Una cultura da fast lane, agitata, un po’ schizoide ma assolutamente viva e geniale, tipica di un paese “che non è per vecchi”.
Anche nella Yosemite Valley, California, sede del parco nazionale più famoso del mondo in mezzo a gigantesche foreste e pareti di granito, è stata giocata una grande partita di rivalità, avventura e ribellione nell’arco della seconda metà del secolo XX. Tutto è iniziato nell’America dei tardi anni ’50, quando i poeti beatnik, dal profondo dei jazz club di San Francisco, davano pesanti scrolloni al conformismo. Nello stesso tempo alcuni giovani barbuti cercavano ostinatamente di togliersi la muffa di dosso nel loro coraggioso viaggio attraverso le montagne della Sierra Nevada.
Nello spirito di John Muir e Jack Kerouac un gruppo di beatnik disse addio alle convenzioni della buona società per vivere arrampicando su queste straordinarie pareti di granito. E riuscirono nell’impresa incredibile, diventando perciò leggenda, di scalare le pareti di quasi mille metri dello Yosemite. Nei campeggi che si stabilirono nel fondovalle, prese forma uno stile di vita che, molto presto, venne a cozzare con lo spirito conservatore del National Park Service, mentre sulle pareti si sfidavano senza esclusione di colpi intere generazioni di climber.
Valley Uprising è il racconto in film di questa storia affascinante e indimenticabile, di questa fortissima tradizione che vede ancora oggi in Yosemite il cuore di una lotta contro la gravità che dura da oltre 50 anni.
Alla testa di quei cenciosi pionieri erano due grandi rivali: Royal Robbins, imperioso come già il suo nome suggerisce, idolatrava John Muir e paragonava le scalate di questi alle sinfonie di Beethoven; e Warren Harding, un impetuoso operaio di strada, forte bevitore, che si era piazzato in Valle con un codazzo di donne e alcolici. I due avevano ben poco in comune: solo l’ambizione di essere IL re dello Yosemite.
Quando Robbins fece la prima ascensione dell’Half Dome, Harding rispose subito con il suo viaggione di 30 giorni sul Nose del Capitan. Questi sono stati i primi due colpacci in una partita che presto avrebbe spinto di molto avanti i limiti dell’umanamente possibile nel regno della verticale
Ma la rivalità Harding-Robbins è stata solo l’inizio. Nelle decadi seguenti, molti altri giovani avrebbero sputato sulle comodità per darsi interamente alle pareti e compiere imprese sempre più stupefacenti nell’arco della loro vita. Possiamo chiamarli gli Stone Master.
The Stonemasters è lo special edit del film Valley Uprising che il tour italiano del BMFF ha scelto di inserire in programma. Il segmento racconta in particolare gli anni ‘70 a Yosemite e i protagonisti di quell’epoca.
Gli anni ‘60, la cosiddetta “Golden Age”, sono caratterizzati dalla rivalità tra Royal Robbins e Warren Harding che culminò con la controversa scalata della Dawn Wall (su El Capitan) da parte di quest’ultimo. L’impresa, che vide Harding trascorrere quasi un mese in parete, e Robbins cercare successivamente di schiodare la via di Harding, finì in qualche modo per segnare entrambi e segnò la fine di un’epoca.
All’inizio degli anni ‘70, una nuova generazione guidata dal “gigante hippie” Jim Bridwell andava emergendo. Ispirandosi ai loro predecessori, ma ben determinati a impossessarsi della loro eredità, i climber degli anni ‘70 si dimostrarono arrampicatori visionari, dotati di grande personalità, che sfruttarono la loro abilità tecnica per salire le grandi pareti senza l’aiuto di mezzi artificiali.
I cambiamenti che vediamo in questi anni percorrere la valle di Yosemite riflettono quelli di un’intera nazione: mentre vacilla sempre più l’idealismo degli anni ‘60, prende vita una nuova era in cui predominano il sesso e le feste più sfrenate, mentre si inasprisce lo scontro con le autorità del parco, e i cosiddetti “Stone Masters” iniziano a guadagnarsi una certa fama in TV negli spot pubblicitari dei rasoi Schick. E poi accade che un aeroplano designato al trasporto droga si schianti nella valle, dando il via a una “corsa al contrabbando” tra i climber, che vivevano normalmente in povertà. Nel frattempo, storie oscure come quella di John Yablonski, arrampicatore di straordinario talento che ingannò la morte più e più volte sulle pareti prima di procurarsela con un fucile, lasciarono chiaramente intendere che non tutte le leggende di Yosemite potevano adattarsi bene alla vita al di fuori dell’arrampicata. Amicizie leggendarie si sgretolarono in banali risse nei parcheggi e la stella di alcuni degli Stone Master finì per consumarsi tra droghe, suicidi e sogni spezzati.
“Valley Uprising è la più grande storia che abbiamo raccontato fino a oggi”, dice uno dei registi Peter Mortimer. “In passato abbiamo raccontato storie di singoli personaggi (ndr: i registi sono gli autori di The Swiss Machine (2010) dedicato a Ueli Steck e Honnold 3.0 (2012) dedicato ad Alex Honnold), ma questo film ci ha permesso di documentare come è nato e si è evoluto uno stile di arrampicata che ha finito col diventare uno stile di vita”.
Valley uprising – The Stonemasters
(USA, 2014, 30 min)
Regista: Nick Rosen, Peter Mortimer, Josh Lowell
Produttore: Zachary Barr
Casa di produzione: Sender Films
Tommy Caldwell nella preparazione della prima in arrampicata libera della Dawn Wall, El Capitan
Jim Bridwell (Sant’Antonio, 29 luglio 1944)
Per quasi trent’anni Jim “The Bird” Bridwell è stato il più forte climber in America, e tra i migliori del mondo. Le sue capacità coprono tutte le discipline alpinistiche, dall’arrampicata su vie estreme alle cime dell’Himalaya.
Bridwell realizzò più di 100 prime ascensioni nella Yosemite Valley, oltre a compiere la prima ascensione in giornata della via The Nose su El Capitan il 26 maggio 1975 con John Long e Billy Westbay. Fondò il servizio di soccorso, lo Yosemite National Park’s Search and Rescue Team (YOSAR), e guidò molte operazioni di ricerca che divennero esemplari per le operazioni di soccorso in montagna. Fu un promotore del cambiamento nelle tecniche d’arrampicata e un grande innovatore/inventore di attrezzature.
Bridwell ha anche partecipato ad alcune spedizioni che hanno attraversato il Borneo, circumnavigato l’Everest, esplorato il pack e la wilderness della Cina Occidentale. La sua esperienza, unita alle capacità tecniche, l’ha portato a un continuo impegno nell’industria del cinema come consulente ed esperto costruttore di scene acrobatiche.
Vive a Palm Desert, non lontano da Los Angeles in California. Di recente è stata fondata l’associazione Help Jim Bridwell, per aiutare l’alpinista trovatosi in cattive condizioni di salute (a causa di un incidente) ed economiche.
Fonte: http://www.versantesud.it/shop/the-bird/
Dale Bard è stato un punto di riferimento per l’arrampicata in Yosemite negli anni ‘70; si è dedicato al free climbing, all’arrampicata in fessura e alle big wall. Dale ha avuto un ruolo di grande importanza nell’apertura della via del Nose, dedicando a quest’impresa moltissimo tempo. Dale Bard era famoso anche per il suo stile di vita estremamente frugale. Viveva in un furgone e si nutriva prevalentemente di patate e burro d’arachidi a quel tempo e Climbing Magazine lo definì il perfetto rappresentate di quello stile di vita detto “dirtbag” che si andava delineando. Con le sue prime salite su Bushido sull’Half Dome e Sea of Dreams e Sunkist sul Capitan, il nome di Dale Bard è entrato di diritto nella storia dell’arrampicata.
Nel gennaio 1976 con Nadim Melkonian intraprese un percorso scialpinistico lungo il John Muir Trail decisamente avventuroso: il loro piano di effettuare una traversata veloce confidando nel bel tempo si scontrò con condizioni climatiche avverse e le previste tre settimane di viaggio diventarono quasi il doppio, tra tempeste, valanghe e scarsità di viveri.
Fonte: http://www.cs.colorado.edu/~jrblack/famous.html
Lynn Hill (Detroit, 1 marzo 1961)
Lynn Hill è famosa in tutto il mondo per la sua prima ascensione in libera e in giornata del Nose su El Capitan nella valle di Yosemite.
Lynn Hill racconta così il suo arrivo a Yosemite: “Avevo solo 17 anni allora, arrivavo da un sobborgo di Orange County, in California. Avevo imparato ad arrampicare pochi anni prima insieme a mia sorella, al suo ragazzo e a mio fratello, ma sapevo molto poco della storia dell’arrampicata. Fu solo con John Long che conobbi personaggi come Mari Gingery, Mike Lechlinski, Dean Fidelman, John Yablonsky e John Bachar, quelli che io considero i veri StoneMaster. Il nostro stile di free climbing era basato su un codice di regole non scritte, che rispettava la purezza della roccia e del nostro stile di salita. Puntavamo ad affidarci il meno possibile sull’attrezzatura e cercavamo le vie più belle e più difficili. Arrampicare ci permetteva di fuggire le trappole del materialismo e da tutte le sovrastrutture artificiali della società moderna. Quegli anni tra il 1978 e il 1982 furono tra i più belli della mia vita!”
Fonte: http://lynnhillclimbing.com/?page_id=662
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