Alba Chiara, un po’ come la canzone di Vasco Rossi

La prima ascensione di Alba chiara al Monte Casale
di Marco Furlani

L’avventura è dentro di noi. Per gli alpinisti il posto dove cercarla è la montagna, e aprire una via nuova su di una grande parete è il massimo dell’avventura.

Con la memoria bisogna tornare molto indietro nel tempo, eppure tutto è così chiaro e nitido, scolpito nella memoria. Allora la sete d’avventura era la benzina per i nostri giovani ma potentissimi motori.
Alla fine degli anni ‘70 inizio ‘80 il nostro terreno di gioco era l’allora quasi inesplorata “Valle della luce”. Ero appena ritornato dalla valle dello Yosemite in California carico come una molla e volevo mettere a frutto la bella esperienza americana.

Marco Furlani su Alba chiara (primo tentativo con Stefano Fruet), Monte Casale
Furlani-AlbaChiara-M. Furlani sul primo tentativo su Alba chiara

 

A quei tempi avevo conosciuto Mauro Degasperi, di Ravina, soprannominato Alcide: assieme a Roberto Bassi e Riccardo Mazzalai si erano distinti come i giovani più promettenti dell’arrampicamento trentino di quel periodo.
Mauro era bel ragazzo colto, alto, magro dal fare gentile e molto paziente, mi entrò subito in simpatia. Alcide era fortissimo in arrampicata libera e formava coppia con Riccardo Mazzalai, soprannominato Tequila, un’autentica forza della natura, alto più o meno come me ma fisicamente più robusto, due braccia forti come querce, una fluidità e scioltezza impressionante. Un po’ avventato forse ma in gamba, in gamba sul serio. Lavorava la terra con suo padre, contadini per vocazione. Avevano una cantina molto ben fornita, dove il più delle volte ci trovavamo a discutere e quando i bicchieri superavano un certo numero e gli animi si scaldavano nascevano feroci discussioni.

Eravamo tipi semplici e come me i due ravinoti vivevano l’alpinismo e l’arrampicata serenamente e liberamente, senza tanti preconcetti etici: si faceva com’ eravamo capaci e meglio che si poteva, con i pochi mezzi che avevamo, ed in breve tempo insieme ripetemmo la maggior parte dei grandi sesti gradi delle Dolomiti.

Noi tre assieme al leggendario Valentino Chini, alpinista più maturo di noi, avevamo già aperto la via del Boomerang sull’immensa placconata del Monte Brento, un viaggio avventuroso e incredibile lungo una parete strana e singolare per quel tempo.

Come si sa, raggiunto un obiettivo quando si è giovani la testa corre verso altri traguardi… Avevo individuato la possibilità di una grande via sulla ciclopica parete del secondo pilastro del Casale, alta 650 metri: era un oceano di placche grigie nella prima parte con in alto un grande diedro chiuso da grandi strapiombi, una vera “big wall”.

Con un altro giovane fenomeno della scalata, Stefano Fruet, avevo già assaggiato alcuni tiri e superato il tetto con gli strapiombi iniziali. La via verso l’oceano di placche era aperta, poi Stefano abbandonò l’idea e smise quasi di arrampicare. Allora ricompattai il quartetto del Boomerang e partimmo armati di tutto punto.

I chiodi ce li facevamo noi, Riccardo poi ne aveva costruiti di tutti i tipi; c’erano quelli grandi con l’anello appositamente fatti per le soste, quelli più piccoli da progressione, qualche lama sottile forgiata appositamente per le fessurine del compatto e inchiodabile calcare del Sarca. Completava il corredo il fedele punteruolo con alcuni chiodi a pressione.

Tutto era pronto: viveri, acqua, e materiale da bivacco quando prestissimo, quella mattina di fine maggio del 1981, arrancavamo carichi sui ghiaioni basali della concava parete del Casale. Ci legammo in due cordate, io con Riccardo, a ruota Alcide e Vale si trascinavano dietro il grande saccone con tutto il necessario per la permanenza in parete: il nostro stile era attaccare e non mollare più l’osso fino in cima.

Il leggendario Valentino Chini su Alba chiara, Monte Casale
Furlani-AlbaChiara-Il leggendario Valentino Chini su Alba Chiara

L’arrampicata lungo la grigia parete si presentò subito ardua e impegnativa, il tempo era magnifico, terso e ventilato e dopo diversi passaggi per allora e ancora adesso molto impegnativi arrivammo alla rampa erbosa che conduce alla cengia alla base del grande diedro.

Dietro Alcide e Vale seguivano molto bene sobbarcandosi il duro lavoro del recupero materiale. Alla cengia mangiammo qualcosa e mentre io e Riccardo attrezzavamo qualche tiro nel diedro loro preparavano il bivacco.

Ricordo una serata bellissima e di come mi emozionò il tramonto verso il Bondone. Dopo aver mangiato si discuteva un po’ di tutto e immancabilmente cademmo sulla politica. Valentino e io avevamo una visione diametralmente opposta; io così rigidamente di sinistra, lui così cocciutamente di centro: i toni si alterarono e Alcide e Tequila ci guardavano esterrefatti…

Riccardo Tequila Mazzalai e Mauro Alcide Degasperi su Alba chiara
Furlani-AlbaChiara-R. Mazzalai e M. Degasperi durante l'apertura di Alba chiara

Una volta placatesi le discussioni, la notte passò tranquilla e alla mattina nella penombra assistemmo al sorgere dell’alba. Ricordo la luce del sole che lentamente scendeva dall’alto incendiando con un color rosso oro tutto il pilastro fino a giungere a noi che pigramente iniziavamo a prepararci. Guardammo gli strapiombi superiori davvero paurosi ma, una volta messe le mani sulla roccia, tutto passò e iniziammo a carburare.

Arrivammo bene sotto l’orlo dei tetti finali, poi Riccardo si armò di tutto punto e partì salendo un po’ in libera e un po’ in artificiale battendo con vigore sui chiodi. Quando toccò a noi scoprimmo un vuoto incredibile, con il vento del Garda che ci accarezzava facendo sbattere le staffe: stavamo bene, eravamo appagati, ci sentivamo liberi. In vetta ci abbracciammo perché avevamo vinto.

La nostra via si sarebbe chiamata Alba Chiara, un po’ come la canzone di Vasco Rossi che era appena uscita, un po’ come l’alba della nostra vita.

Marco Furlani su Alba chiara, Monte Casale, Valle del Sarca
Furlani-AlbaChiara-M.Furlani su Alba chiara

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Alba Chiara, un po’ come la canzone di Vasco Rossi ultima modifica: 2015-03-28T06:25:04+01:00 da GognaBlog

4 pensieri su “Alba Chiara, un po’ come la canzone di Vasco Rossi”

  1. Io ho apprezzato molto quanto ha scritto il Furly. Sono anch’io di quell’epoca… e continuo a sognare i “vecchi tempi”

  2. Si il passato non può più ritornare. Ma il passato si può anche non cancellare perchè fa parte della storia scritta sulle rocce. I giovani possono capire eccome, sono stato giovane anchio. E ho capito! Basta volervo fare. Un modo è anche leggere parole come queste che ha scritto Marco, immedesimarsi in queste persone senza voler cancellare quello che hanno fatto e sopratutto come l’hanno fatto.

  3. Di Marco, che conosco da quei tempi archeologici in cui le cose si facevano per passione e non per Facebook o giù di lì, mi sono sempre piaciute le camicie!!!

  4. Bravissimo/i! I vecchi tempi purtroppo i giovani non potranno mai capirli. Mi spiace… il passato non può ritonare!

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