Appennino, la montagna (ancora) per pochi
di Emi Sanna
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com il 25 marzo 2023)
La sveglia suona impietosa e inesorabile nell’unico giorno in cui potresti dormire più a lungo. Fuori è ancora buio. Sarebbe così facile allungare la mano, silenziare il telefono, e restare al caldo sotto le coperte per ancora qualche ora di sonno. In fondo perché alzarsi? Sono solo pochi secondi. Ai piedi del letto c’è già lo zaino pronto, sulla piccola poltroncina di velluto i vestiti piegati che attendono di essere messi, al piano di sotto, vicino alla porta, la busta con l’attrezzatura. È un attimo e i dubbi svaniscono, il caffè è già bevuto, e sei subito in macchina su un’autostrada che viaggia verso est, verso l’alba, verso le montagne.Per raggiungere l’Appennino dalla Capitale ci vuole tempo, un’ora e mezzo minimo, anche due, o tre se vuoi scoprirlo tutto.
Per chi, come me, ha iniziato la sua vita montana nelle Alpi o in Dolomiti, può essere un trauma. Dislivelli importanti, sentieri che erano e non sono più, segnaletica inesistente o confusa, ferrate per le quale più che un kit di sicurezza serve un kit per l’antitetanica. Certo non ovunque, certo le cose stanno cambiando, ma resta il fatto che in Appennino si cammina ancora come nel secolo scorso. Non ci sono rifugi dove rifocillarsi o trovare un piatto caldo, tutt’al più qualche bivacco sporco e mal tenuto e non sempre. Non ci sono persone lungo i sentieri a cui chiedere informazioni. Non ci sono corrimano in acciaio per proteggerti sulle cenge esposte o cartelli che indichino da che parte andare, solo pochi, solo nei luoghi più frequentati. Il cellulare non prende quasi mai, il Garmin si scarica quasi sempre, bussola e cartina restano gli amici di sempre, infallibili e affidabili.
Non è per tutti l’Appennino. Non è per chi si improvvisa camminatore, preso dalle mode degli ultimi anni. Bastano solo le distanze a fare selezione. Qui siamo tutti correttamente attrezzati, vestiti, equipaggiati. 261 vette oltre i 2000 metri, da collezionare, ma soprattutto da scoprire grazie a un Club di appenninisti, molto attivo nel promuovere queste montagne e nel fare rete tra chi le frequenta. Qualche ferrata e moltissime pareti da scalare, soprattutto sul Gran Sasso.
È selvaggio l’Appennino, rude e ostile con il caldo torrido dell’estate, le tempeste di neve a Campo Imperatore d’inverno, le bufere di vento sui Sibillini, i -18 di Campo Felice. È magico soprattutto in autunno, quando al nord la montagna è già nuda e qui si colora del giallo dorato dei faggi e del rosso degli aceri, in boschi senza fine dove sali accompagnato dal bramito dei cervi. È magico d’inverno dove non sono arrivati gli impianti a deturpare il paesaggio, quando si sale sulla neve ancora vergine o quando i ramponi scricchiolano felici sul ghiaccio nei canali del Terminillo o del Corno Grande.
È magico in primavera con la neve che dura anche fino a maggio inoltrato ed è facilissimo incrociare i camosci o avvistare l’orso. È magico con i suoi paesini arroccati, fatti di case in pietra, simili a tanti presepi, una chiesa, una piazza, pochi negozi. Nel sud della Francia li chiamano “villages perchés” borghi di un fascino senza tempo, con fitti reticoli di viuzze e un superbo panorama che li circonda, sono citati in tutte le guide e noti per l’accoglienza e la bellezza con cui sono stati restaurati e saputi valorizzare con quella delicatezza e attenzione tipicamente provenzale. I nostri borghi “perchés” dell’Appennino sono altrettanto belli se non di più, ma nessuno li restaura, li valorizza, li promuove. Sepolti dalla neve in inverno, spesso spopolati, poveri di turismo d’estate. Meta fugace di qualche appenninista che in partenza o di rientro da un’escursione si ferma per la colazione o per un caffè prima di tornare a casa. Sempre che riesca a trovare un bar aperto.
Un mondo ancora protetto, nascosto, sconosciuto. Un mondo che resta fermo al passato, dove i pochi rifugi sono veri e propri rifugi, con le camerate, l’acqua razionata, un piatto caldo e tanta fatica e passione per chi li gestisce. Ancora per poco. La moda degli ultimi anni, dove l’esperienza all’aria aperta fa parte del bagaglio da postare sui social che ognuno deve avere, sta arrivando anche qui. Grazie alle centinaia di associazioni sorte come funghi, gruppi sempre più numerosi invadono i sentieri.
Io li incontro solo al ritorno. Salgo presto, l’aria è più fredda e non c’è nessuno in giro. Salgo tanto dove chi non è allenato non arriva. Mi arrampico per creste e roccette che non fanno per tutti. La montagna quella vera, per fortuna è ancora per pochi. Ci si incrocia ogni tanto, un sorriso, un saluto, noi fratelli ci si riconosce e qui non servono tante parole.
Emi Sanna è giornalista, si occupa di comunicazione politica, ufficio stampa, spin doctor e similari. Scrive per lavoro, legge per diletto e va in montagna per passione.
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Le strade sarebbero andate a scatafascio anche con le sbarre…e non sono affatto sicuro che i pedaggi sarebbero stati messi da parte per ricostruirle ora. Italia, bel paese…. forse troppo per averne cura
Rispondo al commento 4 di INES. Nel 2010, ben prima del Terremoto, proposi al Sindaco di Amatrice di mettere una sbarra sulle 3 strade che salgono a Macchie Piane, alla Macera della Morte e al Sacro cuore, sulla falsariga di quanto accade già da molti anni per salire in Alta Val Bondasca, lato nord del Badile e del Cengalo. L’idea sarebbe quella di mettere un pedaggio, anche piccolo, per i foresti lasciando passare i locali che vanno a custodire il bestiame. Con quegli introiti si sarebbe potuta, alemno in parte, finanziare la manutenzione….Pubblicammo anche la lettera su Matrù, periodico locale adesso scomparso….Risultato ? zero risposta, zero dibattito, zero interesse…anche da parte dei “montanari” locali…poi il Terremoto ci ha messo del suo…ora è diventato molto difficle se non impossibile percorrere quelle strade…peccato,
La bellezza dell’appennino si conserva proprio per la sua inaccessibilità, la mancanza di strutture ricettive e di pubblicità; quello che sembra un punto debole in realtà é il punto di forza e la sua salvezza. Grazie alla scarsa frequentazione conserva ancora autenticità e fascino. Onestamente spero che resti ancora così per molto tempo. Sarebbe un peccato trasformare anche queste montagne in una luna park.
Francesco
@24
Il servizio su Airone è del luglio del 1986… Quasi quarant’anni!
Me lo andrò a riguardare.
Gino (e sua moglie) sono delle belle persone. Ma con lui mi son permesso di “riprenderlo” per un paio di descrizioni un pò così (una elle Giulie e una sulla Cresta Signal al Rosa).
Il grimaldello sono sì le guide, ma ancor peggio le riviste patinate. Credo che nessuno o quasi (a parte i locals e intimi amici) si era cagato la Val di Mello fino al (magnifico) servizio fotografico su Airone, anni e anni fa. Fotografie scattate da un locale molto famoso e conosciuto, prese da in cima alle pareti o anche sulle pareti… Non so se sia stato un buon “servizio” anche se sicuramente in buona fede…
Per via di guide e abbandono. Al taumandirf di Merano, nella sezione museale dedicata al turismo vi è una copia di un giornale del 1870 (milleottocentosettanta) con un articolo che recita:
OCCHIO ALLA GUIDA
Chi per una volta si affida al libro dalla copertina rossa può dare addio ad ogni pretesa di autonomia. Un libro terribile, sempre più perfetto ad ogni nuova edizione, che tuttavia ci ruba ogni volta un pezzetto della nostra libertà
Di guide ne ho veramente tante. Mi piace averle.
Precisione va bene. Ma non è che devono prenderti per mano. Soprattutto non dovrebbero essere solo un semplice e sterile resoconto tecnico.
Tasti,argomenti e piega del ragionamento molto belli rispettabili e attuali…
Le guide alpinistiche ed escursionistiche mi appassionano da sempre. Però, oltre che precise, devono essere redatte in modo da suscitare entusiasmo e educare il lettore a salire sui monti con rispetto, se non con amore. Per intenderci, ho nostalgia di quelle di Gino Buscaini e di tanti altri autori della Guida dei Monti d’Italia.
È stato anche grazie a loro che ho potuto vivere molti tra i piú bei giorni della mia vita, andando in montagna in punta di piedi e col cappello in mano.
Detto con piú lirismo, come un pellegrino nel tempio.
Benassi. Antico dilemma mai risolto, anche con le antiche ed enciclopediche guide Cai. Ho presente la guida della Mesolcina di cui si è parlato in un recente post. Esaustiva e dettagliata, che per anni ho spulciato io come altri ma che tuttavia non ha modificato il carattere selvatico dei luoghi. Ci sono elementi diciamo “strutturali” che proteggono di più alcuni luoghi rispetto ad altri. Per fortuna le tirature sono quello che sono. Anche se internet modifica le regole del gioco,
Utili… le guide ma contribuiscono ad eliminare le “sorprese”.
E come dice Gallese:
Le guide sono il primo grimaldello per aprire le porte agli invasori.
Mi permetto di segnalare per la parte escursionistica questo sito curato da Andrea Ferrando, un giovane e appassionato geologo genovese, cooautore insieme ad Andrea Parodi di una guida dell’Appennino Ligure. Sempre l’instancabile Parodi ha prodotto una nuova edizione della sua guida delle Alpi Liguri che sarà presto nelle librerie. Altro luogo che riserva sorprese. Bisogna però ormai andarsele a cercare queste sorprese.
https://www.appenninista.it/
Purtroppo non è un mondo protetto e nascosto. È un mondo assediato.
Molti articoli ne hanno scritto qui, nel blog.
È un mondo fragilissimo, basta niente per alterarlo.
Sono egoista, io ci sono cresciuto e vorrei che fosse dimenticato.
Lo sci, indubbiamente, ha portato ricchezza alla montagna, ma essendo un fenomeno di massa (e di moda) i danni collaterali sono tanti. La montagna non e’ solo ” neve”, ma ben di piu’. Quindi sarebbe ora di rendere ” di moda” la montagna per le sue caratteristiche ludico/sportive, ma anche rigeneranti e culturali. Certo! Chi frequenta la montagna difficilmente ama la caciara degli stadi dove c’e’ pochissimo spirito sportivo e molti interessi a spese dello Stato. Ma si sa il potere ama rivolgersi alle masse e finanzia tutto cio’ che raggruppa nel recinto ! La montagna secondo “quelli” disperde ( e non e’ vero) per cui non degna degli stessi immorali finanzianenti dati per il mondo degli stadi. Petche’ in realta’ il calcio ( degnissimo sport) e’ mantenuto a forza di sovvenzioni piu’ o meno occulte … come all’epoca della roma decadente! Chi frequenta la montagna non e’ asociale, ma ama il branco non il gregge !
D’accordissimo per la val Mezdi’ e le Odle, soprattutto se si ha la capacità di camminare quasi completamente fuori pista. Un altro posto pochissimo frequentato è tutto il Lagorai.
Scrisse Gigi Mario, “uscendo alba da certi paesini d’Abruzzo, che solo noi di Roma sappiamo cosa sono…” Avendo cominciato ad andare in montagna appunto in Appennino (Lazio e Abruzzo) nei primi anni ’60 (che da quelle parti erano davvero un’altra epoca geologica), ho trovato l’articolo godibilissimo. E trovo che le cose siano cambiate, si, ma forse non in modo così eclatante è per certi aspetti drammatico come sulle Alpi e soprattutto in Dolomiti. C’è molta più gente in giro, certo, ma rifugi e bivacchi sono rimasti sostanzialmente gli stessi di mezzo secolo fa, anzi sono di meno: il nostro bivacco “Lubrano’ al Prena, che contribuii a costruire, venne distrutto da un ciclone, e gli sforzi per ricostruirlo (ad opera di un’altra associazione) sembrano essersi arenati. Con il che, non c’è più nessun punto d’appoggio o di ricovero d’emergenza in tutta l’enorme estensione di Campo Imperatore, ed essere sorpresi dal brutto tempo potrebbe rivelarsi “molto” spiacevole. E certi “rifugi” con sauna, chef pluristellati ecc da queste parti sono inconcepibili. Ed è ancora perfettamente possibile stare in giro per un’intera giornata senza incontrare nessuno, anche senza volersi cercare apposta dei percorsi “strani” (almeno, a me capita: sarà che la vista si è abbassata)…
Il genero canadese, che ovviamente è abituato a spazi ben diversi, dice che in tanti posti che ha visto sulle nostre montagne solo Campo Imperatore gli ha dato veramente la sensazione di essere “outdoor”… Avrebbe dovuto vederlo come lo conobbi io prima che costruissero la strada asfaltata, quando bisognava arrivarci scendendo da Castel del Monte…
Per l’Appennino, un posto magico, al netto che sono di Pistoia, é Monte Gennaio, 1800 metri e qualcosa sopra Orsigna ( il paese dove ha vissuto gli ultimi anni Terzani ).
Io ho adorato la salita al Monte Amaro nella Majella, affolata invece la Vetta Ovest del Corno Grande dove forse é meglio salire la sera.
Come scritto da altri sulle Alpi ancora accade di camminare da soli o quasi. A me é capitato nella Valle di Mezdi salendo da Colfosco al Sella, traversando le Odle dalla Val Gardena alla Val di Funes. Salendo al Colle della Rossa dal Rif. Sella in mezzo agli stambecchi.
“…La montagna quella vera, per fortuna è ancora per pochi. Ci si incrocia ogni tanto, un sorriso, un saluto, noi fratelli ci si riconosce e qui non servono tante parole.”
Magicamente vero!
8. https://www.centrometeoligure.com/lbdrdndc/
Inoltre:
E ad essere pignoli fino in fondo, i 300 cm (circa) di media annua ai 1421 m di Capracotta, pur costituendo un dato ragguardevole, non sono un primato in Italia, in relazione alla quota altimetrica.
Esistono località alpine capaci di sfornare numeri ben più eclatanti.
Mi permetto di aggiungere alle località menzionate i quasi 16 metri di precipitazioni nevose nell’inverno 2013/14 (ben documentati, non col metro del pescatore) al Rif. Gilberti a 1800 mt sopra Sella Nevea (UD), con una media annuale superiore ai 7 metri.
6, concordo con Lei, in fondo nel ‘700 venivano dall’europa per le rovine romane. Avevano uno straordinario fascino, una “nostalgja “russa che ritrovo in qualche paesino in rovina ancora ora….anche se sono rovine degli anni ’60
5, la neve in Appennino latita?? Il comune con più precipitazioni nevose in Europa è Capracotta!!
Incontri pericolosi? ….quelli sono in trentino !!
Last October, after some experience on the alps and dolomites, I went to gran sasso to climb Corno Grande via normale! Waiting for not so impressive landscapes, and just went there because it was really bad weather on the north. My god!!! How I was soooo wrong! It was one of the most beautiful places I have been in my life!!! So gratifying, so beautiful, so impressive!! In love with the appennini!
L’articolo è splendido, condivisibile in tutto. Personalmente ho vissuto tante volte le stesse sensazioni e esperienze. Forse è preferibile che cada tutto nell’oblio più profondo piuttosto che venga profanato da una valanga di ignoranza.
tutto vero e destinato a rimanere così perchè lo spopolamento continua la neve latita e i servizi lasciano molto a desiderare tuttavia questo è il punto la montagna vera è quella addomesticata con sentieristica attrezzata e mantenuta con ristorantini e alberghetti come dice un noto denigratore sui social o piuttosto itinerari naturalistici pressochè indenni e molto faticosi per i più ? io preferisco il secondo aspetto perchè con le dovute cautele (difficoltà obiettive e incontri faunistici pericolosi ) questa montagna premia con una biodiversità unica e panorami di largo respiro
Bello e sincero l’articolo, postato sul mio profilo. Resta un problema: le nostre aree interne in Appennino sono così spopolate che le strade di accesso sono ridotte a colabrodo, ammalorate e abbandonate, se non chiuse. Ci sono a valle, e più in quota, ecomostri e strutture abbandonate che non fanno bene né alla vista né all’ecosistema (forse ricovero di capre?). I pochi abitanti e i cittadini delle località legate alle montagne si lamentano che non c’è lavoro a causa della scarsa frequentazione del turista “mordi e fuggi”. I rifugi al Gran Sasso nella stagione estiva sono presi d’assalto e non reggono più l’impatto. Insomma la dicotomia Montagna per pochi o per molti e Montagna romantica dell’abbandono e della nostalgia è un tema destinato a far discutere. Di una grande complessità…che stiamo a guardare.
Eppure, anche le Alpi e le Dolomiti sono così. Basta uscire un metro dagli itinerari più frequentati. L’altra estate, Passo San Pellegrino, funivia della Costabella. Alla stazione superiore una folla. Sul sentiero che a sinistra porta al Rifugio Passo le Selle una processione ininterrotta. Sul sentiero a destra, in direzione Cima Uomo con le trincee e le fortificazioni, due persone, io e la mia compagna. Camminato per più di tre ore senza incontrare anima viva. E là, a sinistra, la processione era ancora in corso. Non ci vuole tanto. Alla faccia di chi si lamenta della troppa gente. Basta cambiare strada…
L’articolo coglie l’essenza di come è veramente l’Appennino. Le foto rendono omaggio alla sua visibilità
Bellissimo articolo, lo comprenderanno.?