Arrampicata ieri e oggi

Dal 23 marzo 2023 è on-line sui canali YouTube e Spotify dei Ragni di Lecco il secondo episodio del podcast Parole Verticali, dedicato al tema Arrampicata ieri e oggi.
Parole Verticali è un podcast condotto da Matteo De Zaiacomo e prodotto dai Ragni di Lecco, con il supporto di Scarpa, Rock Experience e CAMP.
In questa seconda puntata sono Marco Ballerini, Simone Pedeferri e Beatrice Colli, tre protagonisti della scalata di ieri e di oggi: tre storie e tre epoche diverse a confronto, per raccontare l’evoluzione dell’arrampicata sportiva.
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Arrampicata ieri e oggi
di Fabio Palma

Avendo iniziato a scalare a metà degli anni ’90 e ignorando del tutto cosa fosse l’arrampicata prima che io iniziassi, non penso di essere la persona giusta a presentare questo fantastico documento visivo e audio.

Non ho vissuto la Golden Age dell’arrampicata, quella europea da Ron Fawcett ad Action Direct, tanto meno quella esplosiva americana di Henry Barber e Ron Kauk. Quando nel 1978 già Manolo faceva il 7c in Europa, unico con Fawcett a salire certe difficoltà, neppure si pensava che si potesse andare sopra il settimo grado e io avevo 13 anni e Maradona era stato ingiustamente escluso dal mondiale perché minorenne.

Febbraio 2023. Da sinistra, Marco Ballerini, Beatrice Colli, Matteo De Zaiacomi, Simone Pedeferri.

Ecco perché ho visto e imparato molto, da questo podcast. Senza prepararsi, Marco Ballerini dice ciò che anche Simone Pedeferri ignorava, Matteo Giga De Zaiacomo interroga e chiede; e Beatrice Colli fulmina tutti con una dichiarazione lapidaria di cui non faccio spoiler (1) ma che suona “non c’è paragone fra l’impegno che esige l’allenamento per le gare e quello compiuto da Jacopo Larcher per l’8c trad”! Da cui si evince quanto l’arrampicata sia cambiata brutalmente e totalmente pur rimanendo comunque meravigliosa ma in modi diversi, che a volte non si toccano neppure. Giga e Simone a quella dichiarazione sono quasi saltati sulla sedia… e lei è stata irremovibile. E attenzione (e continuo a non fare spoiler), per me Bea ha ragione, e non sminuisce assolutamente il valore enorme, che lei applaude in piedi, di personaggi estranei al suo mondo.

L’arrampicata, il più grande business sportivo in crescita fuori da NBA, calcio e NFL, che ha avuto dei momenti rivoluzionari e dopo quelli di Manolo, Patrick Edlinger, Wolfgang Güllich, Alex Huber e Adam Ondra (figure che hanno stravolto, non solo cambiato o innovato), è stata ribaltata da una notizia epocale: è entrata nell’Olimpiade!

Sono due prestazioni enormi vincere una gara mondiale e salire un 8c trad o un 9b, ma l’arrampicata sportiva di oggi con l’Olimpiade non è più come era solo dieci anni fa. C’è una competizione tecnica e fisica infinitamente superiore, ci sono nazioni che reclutano 100 Under 20 per 5 anni con scuola vicino al centro federale e 5 ore al giorno di allenamento (Giappone) e altre per cui l’oro olimpico pesa a livello di prestigio nazionale (Polonia, Indonesia, Cina… e anche Francia, con Parigi 2024). Non puoi permetterti di sbagliare quel giorno lì, perdere l’Olimpiade non è perdere la Coppa del Mondo.

Nel 2000 scrissi dopo mesi e mesi di ricerca una storia dell’arrampicata, recuperai testi e notizie da tutto il mondo. Scoprii che Pete Cleveland aveva raggiunto il 7c nel 1967, che Patrick Berhault aveva iniziato a scalare in libera guardando Henry Barber. Conclusi dicendo che sarebbe arrivato qualcuno a fare più di un 9a. 

La ricerca era nel giusto, solo ora sono arrivate delle modifiche: Om di Alex Huber fu il primo 9a+ al mondo, parola di Ondra, e Terminator di Manolo il primo 8b, parola di Marco Zanone (Beppe Dallona lo aveva già fatto notare 30 anni fa). Non sono numeri, sono pietre miliari. 

Ma poi è arrivato Ondra, che da minorenne ne ha saliti decine, di 9a, e negli ultimi anni le gare hanno visto l’avvento dei grandi volumi così che le “tacche” sono quasi diventate secondarie e i nuovi garisti sono fortissimi non solo nelle dita ma proprio in tutto, sono atleti clamorosi e super allenati perfino nelle gambe, così i tredicenni che alleno e preparo, lontanissimi ovviamente dal meglio del mondo, hanno salito l’8b in pochi mesi, partendo da zero!! Poche settimane fa Manolo ha visto una Coppa Italia Boulder e come vedete dalla foto, ride! Lui e Roberto Bassi avevano tracciato alla prima gara di boulder italiana e forse del Mondo, e l’ultima gara che aveva visto era di 15 anni fa. Oggi è tutto diverso, anche se Johnny Dawes, per me il più visionario climber di tutti i tempi, correva e saltava proprio come i migliori di oggi. Oggi chi sale il 9a non è detto sia fra i migliori 500 al mondo, praticamente nessuno direbbe di essere il migliore al mondo, neppure in una specificità, fessura, placca, strapiombo. Passerebbe per fesso, alle orecchie di chi sa.

E poi c’è la speed, che ha portato l’allenamento più preciso e meditato ma anche lo spettacolo più serrato, con folle paganti ad ammirare atleti assurdi, e una globalizzazione positiva, perché i giapponesi nel boulder dominano e in lead e speed vincono e partecipano proprio tutti. Sia Severino Scassa che Gabriele Moroni mi hanno detto che gli atleti veri in arrampicata per ora sono solo quelli della speed… sono quelli che sbattono la testa contro il muro alla ricerca della perfezione per 1000 volte al mese.

E l’alpinismo? 
I garisti che vanno in montagna sono alieni, va detto. Lo aveva già fatto capire Stephan Glowacz, e in questo millennio chi mai poteva fare quello che faceva David Lama? Anche su misto hanno portato un livello mostruoso. E chi si allena nelle palestre può oggi permettersi vie incredibili, ad ogni livello e ovunque. Nel podcast Giga e Simone dicono cose incisive. 

Poi ovviamente ci sono le distorsioni moderne, e la più severa è Bea verso coetanei o poco più. Anche questo è sorprendente. Ballerini è molto meno critico di lei, forse perché le distorsioni ci sono sempre state.

La mitica domanda perché scali non ha ancora una risposta, ma da questo podcast, è sicuro, ne saprete parecchio di più. D’altronde, quattro generazioni chiuse in una stanza per oltre novanta minuti a parlarne senza preconcetti… forse è la prima volta.

(1) Fare spoiler=rivelare, in rete o anche in altri contesti, come nel corso di una conversazione o di un programma televisivo, dettagli rilevanti della trama di un libro, un film, una serie televisiva, ecc., rovinando l’effetto sorpresa.

Il commento
della Redazione
L’ascolto di questa conversazione via podcast e, meglio ancora, la visione del video, superano di poco i 90 minuti. Ma, possiamo garantire, è tempo impiegato bene. Perché con meraviglia (almeno da parte di chi chiacchierate del genere ne ha fatte o seguite, a volte subite, tante) si scopre che qui non c’è mai neppure un momento di noia o di indecisione sulla prosecuzione di un filo logico che tra queste quattro persone di età ed esperienze così diverse si è instaurato già dal primo momento e procede spedito, sicuro, come l’acqua che invade mille canalini ma che comunque procede nell’unica direzione che le è possibile. La caratteristica più nobile di questi quattro grandi protagonisti è quella di usare la parola “io” il minimo indispensabile, condizione che generalmente permette l’ascolto reciproco, suscita e soddisfa curiosità, permette all’ascoltatore di fantasticare tra le mille informazioni senza avere la sensazione di essere rinchiusi tra le mura dei preconcetti altrui. La bellezza di scoprire che anche altri hanno le tue stesse emozioni eguaglia la gioia di scoprire punti di vista nuovi che mai ti saresti aspettato.

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Arrampicata ieri e oggi ultima modifica: 2023-04-13T04:44:00+02:00 da GognaBlog

10 pensieri su “Arrampicata ieri e oggi”

  1. Grazia, solo per completezza di informazione, ammesso che tu abbia almeno provato ad  arrampicare e sappia di cosa si parla, salire un 8c trad significa anche, considerato che si tratta di una difficoltà molto elevata per quello stile, provarlo prima con la corda dall’alto, anche per anni (molti tentativi diluiti nel tempo) fino a quando l’arrampicatore non si sentirà abbastanza sicuro per poterlo provare dal basso ed avendo individuato meticolosamente i punti dove posizionare le protezioni. C’è da aggiungere anche che il trad che si fa in Italia (dove le fessure offrono protezioni abbastanza generose per non schiantarsi a terra) è molto diverso da quello che si pratica in UK, dove questo rischio (di schiantarsi a terra) è abbastanza frequente e motiva la presenza di una doppia gradazione. Ma come infarinatura direi che basta così 🙂 

  2. Per #6 Grazia. Salire un 8c trad significa salirlo senza utilizzare spit per l’assicurazione, bensì protezioni mobili fissate al momento dal salitore.

  3. un mio amico negli anni 80/90 a suon di allenamenti, era arrivato  a fare 10 trazioni su un braccio solo, sia col destro e col sinistro. Aveva dei dorsali che sembrava un pipistrello. La gente si è sempre allenata.
     Ci si costruiva le  tavole di allenamento in legno con listarelle a tacche sottilissime con sopra la carta vetra per facilitare l’aderenza.  Le tendiniti erano assicurate…ahahaha.
    Si facevano traversate fino allo sfinimento sul muro di cinta fatto di sassi dei salesiani.  Questi s’incazzavano, si scappava, poi ci si ritornava….ahahaha…
    Per allenare la paura al volo, ci si legava con doppia corda e ci si buttava giù da un ponte sopra un fosso.
    E via così, tutto molto improvvisato, ma estremamente appassionato.

  4. “Va’ dove ti porta il cuore”  (Susanna Tamaro).
     
    “Scala dove ti porta il cuore”  (Fabio Bertoncelli). ???

  5. Ho ascoltato il video. “Discursci” come si dice dalle mie parti.
    A mio avviso tutto, da un certo punto di vista, è più semplice di quanto sembri.
    Chi ha iniziato come me alla fine degli anni 80 (e quindi tra i 15 e i 20 anni) lo ha fatto da autodidatta, sui muri della città, con la sbarra e poi la trave in casa. I pannelli sono venuti qualche anno dopo. Dal punto di vista atletico abbiamo spinto fino a che abbiamo potuto e 10/15 anni dopo si è arrivati ai margini del 9a. Nel frattempo sono arrivati i figli della mia generazione, portati in culla in falesia perchè non fosse mai che i genitori si perdevano un we a scalare. E cosi dei bimbetti ben sotto i dieci anni hanno iniziato a scalare dimostrando che la scalata premia chi è leggero, flessibile (e, nel caso dei giovanissimi, chi ha mani piccole). Senza contare che imparare a quell’età probabilmente porta ulteriori vantaggi non del tutto oggettivabili, un po’ come quando si dice che imparare a sciare a 4 anni è molto più facile che a 20.
    E cosi ci siamo trovati i “nostri figli” quali veri atleti che, se hanno avuto voglia, hanno raggiunto molto spesso il grado 8 in poco tempo ed i più bravi il grado 9 senza avere ancora raggiunto i 20 anni. L’arrampicata è diventata di conseguenza del tutto disciplina sportiva, come la ginnastica artistica nella quale i più bravi sono giovanissimi.
    Non sono d’accordo sulla pensantezza degli allenamenti. A fine anni 80 e anni 90 ci allenavamo in modo spesso inperfetto se non sbagliato ma assolutamento totale. Io ricordo che avevo difficoltà a fare un giorno di riposo ogni tanto, visa la maniacale ricerca del miglioramento. E quando oggi mostro a qualche super giovanissimo le decine di chili di sovraccarico e le serie che facevamo allora rimane attonito. Ogni generazione ha il suo modo di allenarsi, oggi si è aggiunta importanza alla parte del busto mentre allora eravamo concentrati quasi solo su dita, braccia e schiena. Ma quanto a pesantezza di allenamenti credo ci sarebbe molto da dire. Oggi naturalmente è cresciuta a dismisura l’efficacia dell’allenamento, grazie anche e soprattutto all’esperienza (ed agli errori) della nostra generazione.
    Dopodichè, se oggi un giovane esaurirà la sua esperienza arrampicatoria esistenziale sulla plastica, fosse anche un’olimpiade, senza aver mai buttato giù una doppia dalla ringhiera del Verdon o non sapendo cosa sia Ceuse o semplicemente senza mai essersi Innamorato di una via, beh per me ha perso tutto o quasi della scalata, ma questo attiene ai punti di vista…..
     

  6. Il più citato positivamente (8 volte) è  Manolo…con buona pace dei detrattori
     

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