Cermiskyline
Lettura: spessore-weight(1), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Siamo di fronte all’ennesima opera inutile e invasiva spacciata per grande attrattiva turistica: il marketing che c’è dietro approfitta della generale voglia di adrenalina per svendere posti in funivia e visite toccata e fuga a una natura che non sarà mai più la stessa.
Questa volta siamo nella catena del Lagorai (Valle di Fiemme), dove l’orrendo nome di Cermiskyline va all’arrembaggio dell’orizzonte disegnato contro il cielo, conquistato grazie alla Ferrata dei Tre Laghi che, “emozionante, spettacolare, attraversa selvaggi e inaspettati panorami sopra i 2000 m”.
Il nuovo impianto sarà inaugurato il 14 luglio 2018. I lavori sono quasi terminati, un piccolo ritardo dovuto alla grande quantità di neve caduta fino a primavera inoltrata. Progetto e realizzazione sono della guida alpina Elio Orlandi e del comunicatore Franco Gionco, gli stessi responsabili della tanto discussa Ferrata delle Aquile alla Paganella (vedi https://gognablog.sherpa-gate.com/la-via-ferrata-delle-aquile-in-paganella/).
La nuova via attrezzata fa già parte dell’offerta turistica fiemmese e in particolare delle Funivie Alpe Cermis spa. Gli impianti di risalita del Cermis apriranno il 17 e 20 giugno, poi dal 24 giugno al 16 settembre.
Si arriva in funivia sulla Cima Paion del Cermis, a 2229 m. Qui si trova subito un pannello informativo con tutte le informazioni riguardo la ferrata e il percorso da seguire. In quaranta minuti con l’ampio sentiero L03/353 e passando per la Forcella di Bombasel 2180 m, si arriva nei pressi dei Laghi di Bombasel 2268 m, allo start point.
Stiano tranquilli gli appassionati anglofoni, start point non è certo l’unico inutile inglesismo nel quale ci imbatteremo…
L’anello inizia dunque con la risalita per sentiero L03/353 alla Forcella del Macaco 2278 m, così chiamata per via di un curioso monolito proprio sopra all’intaglio. Siamo così sulla rocciosa cresta nord-est del Castel di Bombasel, all’inizio della Bombasel Vertigo, l’ultima terra promessa di emozioni epidermiche. A dispetto di una via originaria che percorre la cresta nord-est con difficoltà EE (Escursionisti Esperti, max II-), la Bombasel Vertigo, come suggerisce il nome, offre ai ferratisti alcune varianti più difficili (facoltative, si staccano e si ricongiungono con la principale via di salita) dove, sempre in tutta sicurezza, si potranno “superare passaggi magicamente sospesi sul cielo del Lagorai”. Uno di questi è stato battezzato Icarus flight, ma il più ossessivo nella ricerca dell’adrenalina è la Staiway to heaven, una scala sospesa che ha copiato quella famigerata del Volo dell’Aquila della Paganella.
Raggiunta la croce di vetta la discesa si effettua lungo la Bombasel Highway, il percorso attrezzato sulla cresta nord-ovest fino alla Standing Stone, un singolare torrioncino di porfido che avrebbe meritato tutt’altro nome (ammesso e non concesso che ne fosse sprovvisto…). Da qui, lungo il sentiero L04, si torna ai Laghi di Bombasel e poi ancora alla funivia.
Il primo a sollevare dei dubbi sull’iter realizzativo e a chiedere spiegazioni all’amministrazione di Cavalese, al Distretto forestale, al Servizio Foreste e fauna della Provincia, è stato il 6 novembre 2017 il presidente onorario di Mountain Wilderness, Luigi Casanova.
Casanova, che si è mosso dopo alcune segnalazioni, aveva scritto che la nuova via ferrata è in area SIC/ZPS (Sito di interesse comunitario/Zona di protezione speciale): «L’area SIC/ZPS presenta notevoli fragilità e, ad avviso dello scrivente, presidente onorario di Mountain Wilderness Italia, da tempo è venuto il momento di sospendere ogni realizzazione di nuove vie ferrate. Quando poi queste interessano ambiti a particolare tutela paesaggistica e naturalistica le attenzioni, cioè i dinieghi, non possono che essere moltiplicati».
Detto questo, a nome dei Mountain Wilderness Italia, Casanova aveva chiesto di avere copia delle autorizzazioni e licenze rilasciate per la realizzazione dei manufatti, dei voli in elicottero effettuati e di sapere quali valutazioni di incidenza siano state fatte sui siti protetti prima dell’intervento; questo «qualora i lavori eseguiti non siano abusivi: in tal caso ogni ente e servizio ha pieni poteri, e specialmente doveri, di intervenire affinché le normative urbanistiche e della provincia autonoma di Trento, evidentemente violate, siano perseguite a norma di legge».
I comuni interessati in questa vicenda sono Tesero e, in minima parte, Cavalese. Quest’ultimo è coinvolto solo per un brevissimo tratto, una trentina di metri di sentiero facilitato nei pressi della Forcella di Bombasel per i quali l’autorizzazione provinciale si è avvalsa delle diciture “manutenzione straordinaria” e “ripristino sentiero”.
Il Servizio Tecnico del Comune di Tesero, sia pur con tempi assai diluiti, si è messo in moto dopo la segnalazione per approfondire la questione. I terreni su cui sono stati effettuati i lavori sono di proprietà della Magnifica Comunità di Fiemme, che li ha concessi alle Funivie Alpe Cermis il 5 aprile 2017. Il Comune non ha rilasciato alcun titolo abilitativo sostenendo che le opere fatte non erano soggette.
Viene infatti spiegato che la Legge provinciale 15/2015 «per il governo del territorio», all’articolo 78, prevede una serie di interventi di «attività edilizia libera». Per l’ufficio, tra questi rientrerebbero anche sentieri e ferrate.
In realtà, però, l’articolo 78 della legge prevede sì alla lettera q) come «non soggetti a preventivo titolo abilitativo» «gli interventi riguardanti sentieri alpini e sentieri alpini attrezzati, vie ferrate e vie alpinistiche, nel rispetto della legge provinciale 15 marzo 1993, n. 8 (Legge provinciale sui rifugi e sui sentieri alpini)». Ma dice anche che gli interventi liberi riguardano percorsi «già esistenti», dunque non nuovi.
In ogni caso il comune ha presentato la “Scia”, cioè la procedura urbanistica di infrastrutturazione semplificata che in seguito è stata autorizzata dall’Ufficio Tutela del Paesaggio della Provincia Autonoma di Trento.
Nessun altro documento è necessario in quanto è stato appurato che l’opera non è sita in area SIC/ZPS, sia pur per soli 600 metri.
In vetta al Castel di Bombasel 2535 m
Insomma, tutto in regola…
«Tutto a posto dal punto di vista autorizzativo – commenta Casanova – ma resta il problema della concezione della montagna: una volta fatto un intervento in alta quota, quell’intervento richiama e impone altri interventi. È una catena: se potenzio l’area sciabile, poi devo fare la ferrata, il rifugio, il parco giochi, i tracciati per le mountain bike».
E’ questa una spirale negativa destinata ad antropizzare sempre di più luoghi intatti (come finora era l’area di Bombasel) con strutture che non servono «a garantire la sicurezza, ma solo quella concezione estrema dello sport che interdice fisicamente e culturalmente, a chi vuole avvicinarsi in modo naturale alla montagna, la possibilità di arrampicare o la ricerca del sentiero di accesso naturale. Siamo in piena logica del turismo di massa, ma anche in piena logica di una montagna sempre più artificiale e fonte di contributi.
Il Castel di Bombasel da nord. Foto: Alessandro Ghezzer
Inoltre il previsto incremento delle presenze turistiche avrà un duro impatto sui camosci e sui rapaci che nidificano nella zona.
Conclude Casanova: «La Provincia ci dice che dobbiamo togliere il lupo dalle aree antropizzate, ma noi stiamo sempre più antropizzando la montagna senza la capacità di convivere coi suoi naturali abitanti. Se questa è la cultura della montagna che la Provincia vuole salvaguardare, non ci siamo».
Altra cosa che stride è che la SAT di Tesero non sia stata neppure interpellata. Ciò che fa arrabbiare i conoscitori e i frequentatori del Lagorai non è tanto la costruzione di una ferrata nel loro amato gruppo montuoso, quanto l’acquiescenza alla mania sportiva del gesto atletico nel vuoto fine a se stesso senza alcun allacciamento con le caratteristiche storico-geografiche del luogo.
Una ferrata nel Lagorai forse ci starebbe pure bene, se fatta in un contesto dove ci si può abbinare un bel trekking ragionato e propositivo e non soltanto come attrattiva turistica (a mo’ di parco giochi) dove gli unici a guadagnarci sono quelli degli impianti del Cermis.
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Oggi ho incontrato un “commerciante” colombiano che vive ad Amsterdam.
Fotografava di tutto, monti e valli, e mi ha detto che deve trovare un nuovo “terreno” di investimento! Spediva subito tutto alla “casa madre”.
Però non analizzava le pareti!!! 🙂 Fiiiuuu, rimarrà un po’ di spazio.
a proposito di applicazione del buon senso, credo che si possa fare un turismo sostenibile ed economicamente valido per chi ci vive, comunque in sintonia con l’ambiente naturale (che è un capitale) e con la cultura dei luoghi.
Basta volerlo e basta mettere da parte i personali egoismi speculativi.
Hai detto nulla… !!!
forse l’esempio della val di fassa e fiemme non va bene, in quanto sono realmente infestate da cemento, metallo, smog e asfalto. ma ci sono posti di montagna dove hanno respinto ferrate, chiodi, mtb e parchi avventura. per preservare l’autenticità della montagna, dicevano. ora si ritrovano una bella fabbricona inquinante nel fondo valle (non essendoci alternative occupazionali) e credetemi che in tanti dei duri e puri di ieri, oggi firmerebbero col sangue un le delibere per costruire ferrate, impianti di risalita, ecc. ecc.
equilibrio e buon senso, questi sconosciuti
Ormai sono in molti ad avere una visione completamente distorta dell’andar per monti, operatori turistici e professionisti della montagna a cui non interessa la salvaguardia, l’etica ma solo il vil denaro. Questi scempi sono in aumento e creare dei Lunapark sta diventando una moda. Non c’è una legge che dice come bisogna andare in montagna ma basterebbe un minimo di buon senso, che credo manchi totalmente agli operatori della montagna come hai turisti della domenica e anche l’idea che bisogna far arrivare tutti in alto mi fa pensare sempre che ci si vuole solo riempire le tasche. Di questo passo non resterà più nulla di integro stiamo imbrigliando ogni cosa che sfugge alle nostre capacità.
Fosse per me questi mariuoli che costruiscono nuove ferrate andrebbero presi a calci dove non batte il sole.
A Briançon sta succedendo nel piccolo quello che accade nella grande Italia. Nell’ospedale ci sono settanta medici trenta sono Italiani, hanno fatto studi ed esperienza in Italia e la esportano gratuitamente qui, cosi’ é negli altri mestieri e professioni. Poi la Torino-Lione passa almeno a 50km. di qua ed é destinata a collegare l’Ovest Europa con L’Est.
Saluti, LUIGI
Gally, tu evidenzi le differenze e quindi il problema della cultura e della civiltà sociale di un popolo, nonché del tipo di stato, quindi l’attuale sviluppo dell’intelligenza sociale di una popolazione.
AHI, AHI, AHI !!! 🙂
la montagna per quello che si è CAPACI di fare.
Siccome voglio la Ferrari ,ma non me la posso permettere, che faccio vado a rubare per comprarla?
La montagna per tutti , o la montagna per pochi. La montagna per ” les elittes” alpinistiche o per tutte le famiglie. LUIGI
Come al solito polemiche sterili. In montagna ormai si vive come nel resto del territorio ampliando e instaurando tutte le attività possibili. Prendo a paragone l’alta Val di Susa che conosco bene e il Briançonnais dove risiedo ormai da venti anni. Qui i residenti hanno saputo valorizzare economicamente il territorio instaurando tutte le attività possibili, a partire dall’apinismo, arrampicata sportiva, ogni anno a luglio campionati mondiali; volo a vela centri per l’apprendimento e turismo, attività acquatiche lungo la Ghisane centri di attività turistiche, vie ferrate ne cososco almeno una dozzina; le piste di sci diventano in estate discese per M.B.; circuiti di ghiaccio per auto d’inverno, trasformati in piste di Cart d’estate ecc. ecc.Risultato la montagna si popola, la popolazione residente é in continuo aumento, come il benessere economico. In estate in Valle ci sono cinquantamila turisti permanenti. Molti Italiani abbandonano la monocutura dello sci della Val di Susa per risiedere qui. Guide alpine, architetti, impresari, commercianti, medici ecc. ecc. S aluti, LUIGI
caro Luigi, come giustamente ti ha già risposto Giacomo, ci sono diversi livelli d’intervento.
Purtroppo oggi, certi interventi, non sono proprio “4 ferri” come scrivi te. Vemgono realizzate strutture decisamente invasive che sono dei veri e propri obrobri che rovinano la BELLEZZA ambientale che, chi viene in certi lughi, vorrebbe trovare.
Questa bellezza ambientale è un capitale da difendere, perchè appunto è quello che molti non hanno e vengono in questi luoghi a cercare. Se la distruggiamo, la cambiamo, non verrano più e andranno in altri luoghi dove invece gli viene offerta, forse anche a prezzi più economici.
Quindi, per il futuro, credo che ci sia da riflettere prima di continuare ad incidere sul territorio con infrastrutture turistiche di cui credo se ne possa fare anche a meno, e che non hanno nulla a che fare con le caratteristiche ambientali, storiche e culturali di certi luoghi. Ma sono solamente dei baracconi stile parco divertimenti senza anima.
A certi danni, poi, non ci si potrà più porre rimedio.
Cerchiamo invece di far conoscere quelle che veramente sono le cose interessanti che caratterizzano certi luoghi.
Caro luigi, pienamente d’accordo con il principio che esponi. Pero e’ proprio sulle sfumature che poi si sposta il dibattito. Personalmente trovo che le ferrate, in particolare quelle di nuova generazione dove il percorso e’ tracciato di proposito con grande uso di ferraglia ( scale, ponti tibetani ecc ), hanno un impatto devastante, altro che 4 ferri su un sasso.
Il problema nelle valli di Fassa e Fiemme e’ ormai decennale, si e’ cominciato gia’ negli anni 70 con obbrobri come il Solaria, poi con il boom delle stazioni sciistiche, invasioni di impianti come in Val Giumela sono imperdonabili.
Poi basta vedere i paesi, come erano e come sono ridotti ora…
personalmente credo che tra una montagna che sembra gardaland e “spopolamento si grazie” , ci siano parecchie sfumature intermedie.
ma è triste sentire che gente si compiace dello spopolamento della montagna, nel caso chi è tanto contento potrebbe andare ad abitare in appennino, dalla liguria alla sicilia, così potrebbe godere appieno della carenza di servizi, di lavoro, di ospedali, scuole, poste, negozi di prossimità ecc ecc.
troppo comoda fare i cittadini con ogni agio e poi pretendere di fare i propri comodi da alpinisti radical chic i weekend, decidendo cosa è legittimo e cosa no sulla pelle di chi in montagna ci vive tutto l’anno, anche nei lunedi di novembre mentre voi vi scandalizzate se qualcuno mette giù quattro ferri su un sasso abbandonato da tutti per provare a far venire 10 persone in più.
Personalmente mi sento attratto più dalla wilderness che da una montagna violentata e depredata della sua integrità dove i luoghi stanno purtroppo diventando dei non luoghi. Dove le caratteristiche peculiari vengono sacrificate e fagocitate dalla chiassosa e ingorda fiera del consumismo.
Finché si dovrà fare un po’ di fatica per andarci, la Montagna si salverà.
Se inventassero la cintura antigravitazionale per non faticare e la tuta antitutto per essere in sicurezza, ovviamente a basso costo, allora mi preoccuperei.
E poi in Montagna fa spesso freddo, ci sono tempestate e fulmini e crolli e valanghe… l’uomo non ce la fa a sistemare le cose come al mare… al Coldai però ci provano e spesso si vede gente abbronzarsi in costume e nuotare, o “allegare” fin sulla cima della Zuita.
Alla fine come diventerà la Valle di Fassa? Come Riccione.
Come diventeranno le Dolomiti? Come la Riviera Adriatica.
I valligiani si ritroveranno con un conto corrente traboccante di denaro, ma dovranno abitare in una terra abbruttita.
Non sarebbe meglio vivere con qualche soldo in meno, ma in un paradiso in terra? Forse qualcuno crede ancora di poter portare con sé i suoi milioni di euro dopo la morte.
@lusa siccome dici che settore parlare di spopolamento é una musica soave per le tue orecchie suppongo che tu non frequenti in alcun modo la montagna. Così da partecipare attivamente allo spopolamento da te tanto auspicato. In caso contrario, beh…l’ipocrisia regna sovrana
caro Lusa la W. c’era anche dove vivi tu ora… per cui, ragionando (?) come te, quando ti capiterà che so, un’alluvione, cerca di non frignare…
Wilderness? Si grazie anch’io.
Quando sento parlare di spopolamento continuo è soave musica per le mie orecchie.
E’ ora che la montagna si riappropri di quello che gli è stato rubato.
Wilderness? Si grazie.
da sfigati no !
ma: ” ‘na sc’trunzata…” SI !
Commenti come quelli di Lusa (ma che in fondo traspaiono anche da tanti altri di questa pagina e su orsi e lupi…) mi fanno fare il tifo per quelli del Cermis e della Paganella che un tempo avrei sotterrato di improperi…sarà l’età e il dover mantener tre figli in montagna…altro che lega vincerà ad ottobre è ora di piantarla di pensare che quello che facciam noi è da fighi e quello che non ci piace da sfigati…pace e bene e buone ferrate (ovviamente quelle lontano dagli impianti o fatte dagli amici degli amici…)
Come commento citerò i Trettre:
A mme, me pare ‘na sc’trunzata…
Saluti a tutti
Luca Calvi a.k.a. Arterio Lupin
la Val di Fassa è invasa dal cemento. Alberghi, strade, impianti, traffico, a tutta randa.
Altro che sottosviluppata.
Ragazzi, stiamo parlando della Val di Fiemme e di Fassa, del Trentino! Non di territori turisticamente sottosviluppati. Andatevi a vedere i redditi di quei locali…
@nicola con “elite” intendo che il numero degli alpinisti che arrampica su roccia é ristretto rispetto a tutti quelli che vanno in montagna e non arrampicano, inoltre arrampicare é “molto più complicato” rispetto , ad esempio a sciare .Per sciare , bene o male bastano un paio di sci degli scarponi e qualche lezione con un maestro. Per arrampicare non basta un imbrago un paio di scarpette e qualche lezione con una guida. Tralasciando i costi da sostenere, é evidente che arrampicare, soprattutto in montagna, richiede un esperienza e delle capacità che sono “elitarie” rispetto a quelle possedute dalla maggior parte dei frequentatori della montagna. Per questo ho definito gli alpinisti (di cui faccio parte pure io) come elitari.
Chi si chiede dove sia la “bellezza/benessere” di una ferrata la risposta é abbastanza semplice …una ferrata permette alla “gente comune” di arrivare in luoghi e fare esperienze che altrimenti sarebbero “inaccessibili”, e di farlo soprattutto in (relativa) sicurezza e con capacità e conoscenze tecniche mediamente più basse rispetto a quelle necessarie ad affrontare una via in montagna anche se di II/III °. Ovvio, ad un purista ed esteta del gesto arrampicatori o una ferrata appare come qualcosa di grezzo e obbrobrioso ma queste sono opinioni personali.
Inoltre concordo completamente con @luigi b. Quando dice che lo sviluppo armonico é possibile , l’importante é non estremizzare altrimenti ci si ritrova ad un muro-contro-muro sterile, che non porta da nessuna parte e danneggia entrambi . Lo sviluppo delle aree montane é una realtà e per chi vive in quegli ambienti é una ragione di vita. Questo non vuol dire asfaltare tutti i sentieri e mettere impianti di risalita dappertutto ma valutare attentamente ogni scelta e le sue implicazioni .
“Il bene per la montagna è il “sottosviluppo”, .
l’antropizzazione è la sua grande rovina.”
Quindi con questa logica dovremo eliminare ogni segno del passaggio umano in montagna (perché solo in montagna però?). Suppongo quindi che per coerenza con quanto dichiarato chi ha scritto ciò non utilizzi nessun “manufatto” o elemento presente in montagna che possa essere ricondotto all’antropizzazione. Quindi niente rifugi, niente impianti di risalita e nemmeno i sentieri fatti dall’uomo…
Basta una chiaccherata nella pausa caffe’ coi colleghi per avere uno spaccato realistico di quello che la ‘massa’ cerca e perche’. E con un po’ di psicologia spicciola si capisce anche quello che non si condivide. Io non credo centri nulla il consumismo, il controllo delle masse. E’ semplicemente lo stare bene, come noi che qui scriviamo, e la voglia di emozionarsi, ognuno a modo suo, e con le proprie capacita’. A me pare del tutto ovvio. E non c’e’ molto da fare: anche con le migliori intenzioni, l’educazione al bello, al rispetto dell’ambiente, sperare di portare grandi numeri nella natura senza danni e’ irrealistico.
Quindi l’unica salvezza sono i locali, la smettano di vedere la loro terra come una macchina da soldi, da spremere costi quello che costi
vallo a dire ai montanari d’appennino…tagliati fuori dal turismo “che conta” e quindi abbandonati, costretti nel migliore dei casi a un pendolarismo alienante, con tagli ai servizi essenziali, spopolamento continuo, con avvoltoi e avventurieri che approfittano della situazione… personalmente non mi piace il cemento (o il ferro) a tutti i costi, e amo la montagna fuori dai flussi turistici e dalle masse vocianti, ma non è nemmeno giusto considerare le zone di montagna come il giardino zoologico dei weekend per pochi eletti, come tanti invece si ostinano ad imporci. penso che uno sviluppo armonico che tenga conto delle tante esigenze sia ancora possibile, basta usare il buon senso e non estremizzare ogni cosa.
Con riguardo al commento di Rudy O., mi suona strano il significato di alcune parole.
Si parla di “elite” di alpinisti. Gli alpinisti non sono un’elite. L’alpinismo è assolutamente un’attività popolare alla portata di tutti. Mi sembrano molto più d’elite gli sport invernali e i circuiti turistici di massa. In oltre qui stiamo parlando (con riferimento alla via originaria) di passaggi di II grado: roba da elite???!!! Piuttosto l’alpinismo, o il classico escursionismo, invece che elitari li definirei meritocratici: la montagna è aperta a tutti, che siano le capacità individuali a stabilire dove uno può o non può andare.
La gente comune ha sempre potuto usufruire del LAgorai, non è certo un posto per superuomini. Ma è un posto speciale perchè, fino ad ora almeno, un po’ meno mercificato di altre tante montagne nei dintorni.
Sarebbe bello lo rimanesse. E che la gente impari ad apprezzarlo come è.
Conservare non vuole dire imporre la propria visione, vuole dire saper accettare ciò che c’è così come è nella propria natura, che è esattamente il contrario di volersi imporre.
Nicola, a me sembra sempre più che le persone facciano quello che altri dicono di fare, basta che sia “urlato splendidamente”, non usano il loro cervello e nemmeno cercano di farsi una cultura, sono felici così, o almeno pensano di esserlo. Ma forse credono in tutto ciò che viene ben presentato in maniera luccicante (come le allodole), non riescono più a domandarsi il perché e il come di ciò che accade. E vivendo in gruppi che comunicano solo con mezzi elettronici, sono chiusi nei loro gruppi e non sanno più cosa sia il dialogare, forse superano così le loro paure e debolezze, ma restano profondamente ignoranti.
La società del consumismo secondo me sta avendo un grande successo nel controllo delle masse (il calcio, dopo o con la tv è un’esempio primario).
Comunque ci sono delle ferrate che sono vie (es. quelle nel vuoto) e ci sono sempre più delle vie che sono ferrate (es. le vie dei nuovi accademici che hanno voluto imitare il Grill), la differenza è solo la presenza di funi d’acciaio: tutti hanno diritto sia di fare che di usufruire e con questa convinzione tutto diventa uguale e “fangoso”, se brilla, lo fa per pochissimo tempo.
A me spiace.
Quello che onestamente non riesco a capire è dove stia il “benessere” ricercato in una ferrata, dove stia l’esperienza, cosa si portino a casa i frequentatori. È brutta dal punto di vista estetico e lo è pure dal punto di vista del movimento, del gesto atletico. Tutti intenti a tirare quei cavi, senza usare i piedi, l’equilibrio, il cervello.
Ma allora non sarebbe molto meglio (il male minore) fare vie a spit di 2 e 3 grado, accessibili a tutti ma dove almeno devi pensare a dove mettere i piedi? Non sarebbe, oltre che enormemente meno impattante, anche di maggior soddisfazione per chi la percorre?
E’ un po’ come per gli sbarchi dei migranti. Si bloccano le navi, dando un palliativo di temporanea diminuzione dell’invasione, ma poi inesorabilmente la pressione e’ tale per cui quello che rimandiamo indietro ritornera’…
Tra i benestanti del pianeta, c’e’ invece la pressione del turismo, della voglia e della disponibilita’ di sempre piu’ persone a fare vacanze, di stare in posti belli, all’aria aperta, di sentirsi attivi ognuno per quanto puo’ e riesce, pure quella e’ inesorabile e MW fa tenerezza con le sue perplessita’, i cavilli, i permessi, che a malapena quelli che contano si degnano di ascoltare, figurarsi di risponderle. Gli unici che potrebbero fermare questa deriva sono i locali, nel bene e nel male la storia e la legge gli attribuisce il potere di fare grossomodo quello che vogliono della loro terra. Il loro compromesso e’ al ribasso, e’ l’asticella del benessere che conta di piu’.
E chi dice che la montagna abbia bisogno dello sviluppo?
Il bene per la montagna è il “sottosviluppo”, l’antropizzazione è la sua grande rovina.
Non mi meraviglierei più di tanto. Le mode attuali richiedono anche queste realizzazioni. Si continua, per citarne qualcuna, a parlare e insegnare la sicurezza (dei materiali), si buca dappertutto con varie motivazioni, si va con le biciclette motorizzate, si scia dovunque e con qualsiasi condizione (c’è l’arva) e l’elicottero arriva subito con una telefonata.
La responsabilità, il faticoso apprendimento di capacità e conoscenze, la coscienza sicura di se stessi, non fanno guadagnare nessuna di tutte queste persone che propongono divertimento e avventura.
E in più si scrive, ci si associa variamente, si discute, si fanno meetings spettacolari e tanto altro, ma quasi sempre solo per mettersi in mostra, non per decidere qualcosa di positivo e di sociale.
Comincio ad annoiarmi di tutto questo protagonismo spettacolare del nulla; le Montagne non interessano se non come luoghi per divertirsi, distrarsi spendendo poco, peccato per le Montagne, ma loro sanno sempre porre rimedio.
Non è questione di estremismi. Ormai di ferrate ve ne sono ovunque, qualche spazio lo si potrebbe anche lasciare libero, ad esempio dedicato alla fauna selvatica, ai rapaci, a altro che non sia uomo, o che l’uomo debba ricercare senza ausilio di ferraglia varia. Ormai stiamo ferrando tutto, rocce, boschi, ovunque prolificano piste e nuova viabilità, le moto raggiungono qualunque situazione., Forse, in tale situazione, perlomeno nella montagna dolomitica, l’estremismo riguarda chi non è mai sazio: impiantisti, albergatori, rifugisti privati che trasformano i loro chalet in ristoranti di alta classe per cene notturne, sia invernali che estive. E’ proprio questa la montagna che cerchiamo? E una volta consumata tale montagna, come avvenuto nelle Dolomiti, dove andremo a distruggere ancora, e poi ancora?
Mi sto sempre più disaffezionando alle nostre montagne e, nascessi oggi, credo che di questo passo non mi attirerebbero. Sceglierei, da bambino, altre giostre. E da ragazzo, sentissi il richiamo della natura, andrei altrove. Ah, questa gente che nelle Dolomiti Trentine in particolare ha perduto l’anima!
Tralasciando il fatto che alcune scelte “tecniche”, come la scaletta sospesa, sono essenzialmente trovate pubblicitarie alla moda, questa volta almeno la ferrata é stata fatta,piu o meno “con criterio”. Segue all’incirca fedelmente una “linea logica” di salita senza eccessive variazioni, soprattutto per quanto riguarda il percorso di discesa. Non si può nemmeno opinare quindi che abbia devastato una parete storica o una cima di riconosciuta importanza per l’arrampicata, al contrario della ferrata in Paganella. Non credo che il Castel di Bombasel non sia considerato una cima storica per l’alpinismo, o di particolare bellezza tale da precluderne qualsiasi “modifica”.
Il problema di fondo é tuttavia un altro, a mio avviso, ed é il fatto che qualcuno vuole imporre la sua “concezione della montagna” come dice il sig.Casanova. Da una parte abbiamo chi vuole aprire la montagna a tanti, per motivi anche economici (Consorzi turistici, guide alpine, gestori degli impianti…) e dall’altra abbiamo chi vorrebbe precludere l’accesso alle cime a molti, riservandolo alla sola elite degli alpinisti.
La differenza ideologica di base quindi risulta essere che i primi sono esponenti di un liberismo sfrenato e i secondi di un conservatorismo estremo. Una differenza sostanziale però esiste, mentre i primi liberalizzando l’accesso alla montagna lasciano la possibilità comunque a tutti di salire utilizzando il proprio stile e non negano a nessuno la possibilità di farlo, i secondi vogliono impedire a tutti costi metodi ed etiche di salita che siano difformi dalla loro. In pratica i primi di dicono come puoi andare e gli altri come non puoi andare in montagna.
Nessuno degli schieramenti é portatore di una verità assoluta, soprattutto considerando che non esiste un metodo giusto e “vero” per andare in montagna, non esiste nessuna norma universalmente accetta che imponga uno stile e probabilmente sarebbe anche sbagliato se tale norma esistesse visto che limiterebbe la libertà personale.
Quindi quale delle due fazioni estreme ha ragione? Nessuna.
Come sempre la scelta migliore sarebbe, il compromesso. Se da una parte é giusto che non vengano messe ferrate su ogni singolo pezzo di roccia disponibile (altrimenti probabilmente ci ritroveremmo con un itinerario anche sulla nord della grande di Lavaredo) dall’altra é anche giusto che si dia la possibilità di creare opportunità per il turismo, lo sviluppo delle aree e per dare la possibilità alla “gente comune” di fruire in sicurezza della montagna. Ovviamente senza esagerazioni e senza cadere nel “kitsch”(come personalmente ritengo la scala sospesa), ma facendo le cose con criterio. È ovvio che non si può pensare di mettere una ferrata che taglia a metà e deturpa un parete storica ma se viene fatto un nuovo itinerario su una cima più che secondaria (come il castel di bombasel) e questo viene fatto senza devastare la montagna non dovrebbero esserci particolari problemi .