E’ stata una giornata stupenda che ha permesso di realizzare la tanto agognata prima salita in libera della cresta sud-est del Cerro Torre (senza l’utilizzo dei chiodi a pressione di Cesare Maestri).
Cerro Torre in libera
di David Lama
(pubblicato su The American Alpine Journal, 2012)
Traduzione di Luca Gasparini
Sono tornato a El Chalten il 12 gennaio 2012. Il mio obiettivo di scalare in libera la cresta sud-est del Cerro Torre non era cambiato, ma negli ultimi anni ero cambiato io parecchio, così come il modo con il quale guardavo al mio progetto.
Ad essere sincero, non avevo idea di cosa mi aspettasse quando, nel 2008, ho ideato il piano. Ero seduto nella cilena Valle di Cochamó, guardavo una foto della parete sommitale del Cerro Torre e pensavo: “Voglio scalare questa cima in libera”. Non è che non sapessi nulla di arrampicata. Avevo vinto diverse gare di Coppa del Mondo e salito vie di 8b+. Tutto questo non significava non avessi idea dell’arrampicata alpina. Avevo aperto nuove vie sulle Alpi e partecipato ad alcune spedizioni. Ma avevo ancora molto da imparare prima di realizzare il mio sogno di scalare il Torre in libera.
Il mio primo tentativo risaliva al 2010. Era stato un anno difficile. Dopo che i venti impetuosi della Patagonia mi avevano scaraventato giù dal Torre, prima che potessi raggiungerne la vetta, ho dovuto affrontare molte critiche. La troupe che era con me aveva piazzato degli spit e le loro corde fisse non potevano essere rimosse a causa del maltempo. Mi ci è voluto un po’ di tempo per avere una mia opinione, ma la discussione mi era già sfuggita di mano. Di solito non sono il tipo di persona che ascolta molto quello che gli altri dicono al proprio riguardo, ma sentivo di aver commesso un errore.
Un anno dopo ero di nuovo a El Chalten. Nonostante le critiche, non volevo rinunciare al mio sogno di scalare in libera la cresta sud-est. La troupe era di nuovo con me, ma questa volta senza spit o corde fisse. Abbiamo ripulito tutto quello che avevamo lasciato l’anno precedente oltre a tanta atttrezzatura lasciata da altri prima di noi (nel 2010 gli argentini avevano rimosso la maggior parte dell’attrezzatura, mentre Rolo Garibotti aveva tolto la gran parte degli spit aggiunti). Il mio compagno Peter Ortner ed io abbiamo scalato tre cime: Aguja de la S, Cerro Poincenot e, alla fine del nostro viaggio, la via del Compressore sul Cerro Torre aiutandoci con l’attrezzatura che trovavamo.
Arrivammo in Patagonia nel gennaio 2012 e trovammo l’esatto opposto di quanto avevamo vissuto durante le esperienze precedenti: sole, niente vento, niente pioggia e niente neve. Era un po’ surreale. Se non avessi controllato costantemente le mappe meteorologiche prima di arrivare, sarei rimasto scioccato.
Peter, il mio caro amico e compagno dell’anno precedente, mi raggiunse. Mentre camminavamo lungo la strada, parlando dell’arrampicata libera sul Torre, sapevo che era fiducioso quanto me nella nostra impresa. Questa volta nulla ci avrebbe fermato.
Qualche giorno prima di iniziare il nostro tentativo, abbiamo saputo che Hayden Kennedy e Jason Kruk avevano rimosso la maggior parte degli spit di Maestri dalla parete sommitale della via del Compressore. Questo non avrebbe reso più facile l’arrampicata in libera, ma eravamo comunque fiduciosi. Abbiamo portato un po’ di nut e chiodi in più, ma la notizia non ci indusse ad aggiungere altro alle nostre imbragature. La novità però ci impose di rivedere la nostra strategia. Il nostro piano originale prevedeva di salire da Niponino, il primo campo, al Colle della Pazienza, bivaccare lì e scalare la via il giorno successivo in un’unico tentativo. Invece, per garantirci maggior sicurezza, abbiamo deciso di salire al Colle il primo giorno, riposare per qualche ora, proseguire fino all’inizio delle torri di ghiaccio, bivaccare lì e salire in vetta il mattino successivo.
Alle 3 del mattino del 20 gennaio siamo partiti da Niponino. Abbiamo fatto buoni progressi e abbiamo raggiunto il Colle della Pazienza alle 7.30. Lì ci siamo riposati. Peter e io eravamo già saliti dal Colle al traverso a chiodi a pressione numerose volte. In un tentativo dell’anno scorso le condizioni erano così cattive che per i primi due tiri impiegammo quasi due ore per poi rinunciare dopo sette ore. Questa volta le condizioni erano ottime e ci sono volute solo tre ore per raggiungere la traversata di Maestri, una linea di chiodi a pressione che attraversa una parete di granito bianca per ben tre tiri. Non c’è modo di salire in libera questo tratto, quindi ho dovuto trovare una variante a sinistra, sul filo di cresta sud-est. Dopo un paio di grossi voli sulla sottile cresta a sinistra della fessura di Salvaterra, ho cominciato a dubitare che questa sezione potesse essere salita in libera. Ma ci ho riprovato: cos’altro potevo fare? Non c’è altra via di salita. Dopo altri due tentativi (e voli), ho capito la sequenza e ho salito il tiro dalla sosta. Qualche tiro più in alto abbiamo raggiunto le torri di ghiaccio, dove abbiamo scelto una piccola cengia su un nevaioo per bivaccare.
Ci siamo infilati nei sacchipiuma e ci siamo seduti. Dopo una lunga notte, siamo ripartiti alle 6 del mattino, oltrepassando le torri di ghiaccio. Alle 9 ci siamo ritrovati all’inizio della parete sommitale. Ho indossato le scarpette da arrampicata e ho iniziato il primo tiro. Non molto difficile, ma impegnativo a causa dei fiocchi di neve che sciogliendosi rendevano l’attrito non ideale. Per altri due tiri abbiamo seguito la linea di Maestri. Poi ho deviato su terreno vergine, questa deviazione ci ha portato all’ultimo tiro, probabilmente il più difficile da proteggere. All’inizio sono salito per cinque metri. Lì ho potuto piazzare dei buoni cam e traversare a destra. Dopo 10 metri ho piazzato un altro solido cam e ho ripreso a salire dritto, su un terreno molto ripido. Di tanto in tanto ho provato a piazzare qualche protezione, ma mi fidavo poco. Dieci metri sotto il fungo di ghiaccio sommitale ho piazzato un chiodo (è ancora lì), due dadi e un cam, che ho collegato tra loro con una fettuccia. Questo ancoraggio avrebbe potuto reggere in caso di caduta, in ogni caso non era assolutamente mia intenzione verificare la sua solidità. Salendo su blocchi instabili ho raggiunto le fessure che portavano al tratto di ghiaccio caratteristico della cima. Peter e io abbiamo scalato il fungo fino alla cima. Dopo 24 ore di arrampicata, abbiamo iniziato a scendere in corda doppia.
Mi è stato chiesto spesso di valutare la via, ma una salita in libera della cresta sud-est del Cerro Torre va ben oltre i gradi. Chiunque ci sia stato sa cosa intendo, e credo che non ci sia altro da dire. Per me questo progetto è stato una pietra miliare personale e un’avventura emozionante. Le esperienze e i ricordi che mi porto dietro dal Cerro Torre sono più preziosi di tutte le altre cose che sono successe finora nella mia vita alpinistica.
Sommario
Area: Massiccio del Chalten, Patagonia argentina.
Ascensione: prima salita in libera della cresta sud-est del Cerro Torre, da parte di David Lama e Peter Ortner, in vetta il 20 gennaio 2012. Hanno seguito la maggior parte delle varianti della via del Compressore percorsa da Kennedy-Kruk (12 gennaio 2012), con due nuovi tiri sulla parete sommitale. Lama ritiene che una via come questa non sia classificabile, ma altrove ha stimato un 5.13b.
Note sull’autore
David Lama, 22 anni, è nato da madre austriaca e padre nepalese. Il suo talento di arrampicatore, già evidente all’età di 5 anni, impressionò Peter Habeler, che da quel momento lo prese sotto la sua ala. Qualche anno dopo ha iniziato ad arrampicare a livello agonistico, vincendo gare di Coppa del Mondo. Si è poi dedicato all’alpinismo, compiendo grandi prime ascensioni sulle Alpi e sull’Himalaya. Nato il 4 agosto 1990 a Innsbruck, dopo aver compiuto la prima ripetizione della via M16, è morto il 16 aprile 2019 sotto all’Howse Peak (Canada), travolto da una valanga assieme al connazionale Hansjörg Auer e all’alpinista statunitense Jess Roskelley.
Marcello, la toccata di palle rientra fra le “manovre” fondamentali alla base di una via. Bisognerebbe insegnarla in ogni corso di alpinismo.
E poi – porca puttana – Alessandro, quando potremo riavere le nostre amate faccine che sghignazzano? Se non ce le ridai, il forum rischia di diventare solo un campo di battaglia tra filopalestinesi e filoisraeliani, crovelliani (pochi) e anticrovelliani (molti). Anzi, Crovella contro tutti.
????????????
non c’è versi le faccine da ride non le piglia
???????? ottimo consiglio
Bertoncelli, toccati le palle, va’.
Quanti di questi racconti si concludono con la notizia della morte dell’alpinista in un incidente di montagna?
Grandissima prestazione offuscata dal kan kan fatto per la schiodatura quasi contemporanea di Kennedy e Kruk.
Comunque il team Red Bull che filmava si è macchiato di grandi porcherie di cui Lama fa menzione, pentendosene, nel suo racconto.
Per fortuna ci ha pensato Garibotti a minacciarli di fargli sequestrare l’elicottero se non avessero ripulito tutto. Cosa che infatti è stata fatta. Ripulendo anche di tutto il cordame lasciato nel decenni sulla cresta sudest del Torre.
Lavoro occasionalmente per Red Bull film e ho notato (non solo in questi casi) che avere tanti soldi, puntando solo alla spettacolarizzazione, e nessuna cultura di montagna, è un mix pericoloso che non può che richiamare a certi scempi noti.
Nell’ultimo lavoro che ho fatto per loro li ho praticamente obbligati a inserire in un loro filmato un aspetto storico legato al luogo dove avremmo operato. E ha funzionato perché l’hanno apprezzato. Almeno così mi è sembrato.
“Non è che non sapessi nulla di arrampicata… Avevo aperto nuove vie sulle Alpi e partecipato ad alcune spedizioni. Ma avevo ancora molto da imparare prima di realizzare il mio sogno di scalare il Torre in libera.”
“Mi è stato chiesto spesso di valutare la via, ma una salita in libera della cresta sud-est del Cerro Torre va ben oltre i gradi. Chiunque ci sia stato sa cosa intendo, e credo che non ci sia altro da dire. “
Cosa si può dire di uno così?
Si può solo rimanere ammirati a bocca aperta e ringraziarlo.