Dermatologica, parete nord-ovest del Pizzo Cavregasco
(dell’importanza del “socio” e della pazienza)
di Paolo Serralunga
(pubblicato su FALC 1920-2020)
Giugno 2015. Salgo per la prima volta al rinnovato bivacco del Notar per un festante addio al celibato con amici… e noto il pilastro. E’ una sberla che ti sveglia di soprassalto.
Abbiamo materiale per arrampicare, anche martello e chiodi, ma intuiamo che non è abbastanza, come non è abbastanza il tempo a disposizione.
Prosegue la vita, ma quel pilastro rimane impresso nella mia mente, cerco qualche informazione. A parte una via di Gogna (Alessandro Gogna e Roberto Crotta, via dei Brividi rovesci, 29 giugno 1986, 470 m, ED, NdR), con parecchia arrampicata artificiale sul margine destro del pilastro e un tentativo a sinistra (Paolo Cogliati e Nicola Noe, via del Cuore, 8 luglio 1991, 200 m, fino al VI+, NdR), non mi risulta altro.
2016. È per me un anno arrampicatoriamente buono: salgo monotiri – sportivi e tradizionali – per me duri; vivo l’esperienza del tentativo (non lontano dalla riuscita) di salita a vista di una sostenuta via alpina. Forse la cosa più importante è che per la prima volta da quando ho iniziato ad arrampicare, mi lego con Luigi Berio. Ci si conosce (poco) e ci si saluta da qualche anno, ma a parte essersi allenati insieme qualche volta nella palestra sociale Acciaieria ZAM, non abbiamo ancora salito vie insieme. Il primo insieme è al ritorno dalle vacanze con la famiglia al mare, all’Ancesieu. Poi seguono nella stessa estate due belle vie sul Petit Clocher du Portalet (tra cui l’estetica État de choc), nel massiccio del Bianco svizzero. Poi a settembre è la volta de La spada nella roccia in Qualido, nel Masino a noi caro. In ottobre lo tiro in mezzo a dare una mano nel corso AR1 che organizzo in FALC. Mi sembra che ci troviamo bene in cordata, per alcuni aspetti ci assomigliamo: una certa riservatezza e pacatezza, il gusto di vivere e assaporare l’immersione nell’ambiente montano anche al di fuori dell’arrampicata stessa, quando cucini e dormi su una cengia a metà parete sotto le stelle, attraversi un bosco o fai un bagno rigenerante in un gelido torrente. Ma abbiamo anche differenze; differenze che però sono più complementari, sinergiche, che ostacolanti. E credo sia questa la ricchezza dell’essere “soci”, compagni di cordata con affiatamento. Le vite e le persone sono diverse e disgiunte, ma si converge su salite e progetti comuni, c’è comunanza di intenti, fiducia, sulla base di un ritmo e aspirazioni simili. Ci si riunisce per seguire piccoli sogni comuni.

2017-2018. Non riesco a ricavare che poche giornate per vie in ambiente. Ma tra soci si cercano le possibili coincidenze, con pazienza. E si parte. In gennaio tentiamo con condizioni rigide una via di ghiaccio. Dopo un bel volo fuggiamo come il vento gelido che ci sferza e ripieghiamo godendoci una facile cascata. Poi viviamo due freschi e intensi giorni d’inizio primavera su Futura, sul Poncione d’Alnasca. Con l’estate torniamo nell’amato Masino-Bregaglia, sul Manduino e sull’Averta di Zocca. E così via.
Sulla parete sud della Marmolada accidentalmente siamo coinvolti nella sfiorata tragedia di cascate di grandine che quasi ci strappa via Roberto Zagolin… Esperienza forte e riflessioni che facciamo insieme.

Intanto si sono condivisi anche sogni di salite da ripetere e sogni di vie da creare. Il pilastro nord-ovest del Pizzo Cavregasco è ormai in prima fila tra queste.
Luglio 2018. Lasciamo prestissimo Milano, risaliamo la Val Bodengo e arranchiamo sulle pendici del Cavregasco, in una fitta boscaglia scoscesa. La motivazione ci spinge. Ci innalziamo, poi discendiamo l’alveo di un colatoio da disgelo, traversiamo e risaliamo placche. Insomma ravaniamo, ma alla fine arriviamo alla base della parete. Riusciamo ad aprire i primi 110 metri di via, contenti di avere usato solo uno fix di progressione e due di sosta; siamo soddisfatti di non aver dovuto troppo scalfire la roccia per salire. La parete è sorprendente, ci sono placche proteggibili con chiodi a lama per la presenza di sottili crepe, ma ci pone parecchi interrogativi sulle successive lunghezze da aprire. Vediamo placche compatte e i tetti della parte superiore del pilastro. Ora però c’è solo tempo per scendere, rocambolescamente e a tarda ora. Penseremo nei prossimi giorni ai nuovi tiri, prima di tornare per una nuova tappa dell’intenso processo di apertura.
Agosto 2018. Individuiamo un fine settimana per tornare sulla parete che ci illumina gli occhi quando ne parliamo. Ma… imprevisto! Cercando di rimettermi in forma dopo le vacanze marittime, mi rompo una puleggia dell’anulare. Dico a Luigi che gli farò sicura e lo supporterò con la mano nastrata, ma il socio ha pazienza. Molta pazienza. Preferisce aspettare, sapendo che si salta in avanti di un anno perché la parete è luminosa per i nostri occhi, ma prende il sole solo per poco dopo le 17 e al di fuori dell’estate è troppo fredda.

I soci si gustano insieme il processo, lo sviluppo delle idee. I soci hanno pazienza e si sanno aspettare. Saranno più contenti dopo.
Giugno 2019. Dopo averlo sognato ad occhi aperti per un anno, nonostante il tempo incerto riusciamo a tirar fuori una giornata in cui troviamo un via d’accesso ragionevole per la parete, risaliamo le lunghezze dell’anno precedente e aggiungiamo qualche metro nuovo. Predisponiamo anche una corda fissa per risalire l’impegnativo terzo tiro la prossima volta che torneremo, senza bruciare energie mentali nella scalata. Non siamo andati molto avanti nell’apertura, ma siamo ancor più motivati: abbiamo intravisto nella parte alta un diedro strapiombante che solca i tetti sommitali! Forse c’è speranza di uscire dalla parete senza crivellare la montagna con i fix.

Agosto 2019. Capiamo che c’è una finestra di bel tempo di due giorni e mezzo, vogliamo sfruttarla tutta. Il ritmo è serrato, ma ci godiamo ogni fase. La logistica è studiata, entro sera raggiungiamo l’unica piccola piazzola sul ripido costone che accoglie la nostra tendina da due posti. Arriva la notte sulla parete, di cui siamo poco al di sotto. Domani e dopodomani ci aspettano due giornate di apertura, un po’ fuori dal tempo, con lunghe attese su soste appese, qualche volo e sbucciatura. Ma la parete ci lascia capire dove passare e ci fa scoprire la sua linea di maggiore percorribilità. Anche le nuvole non si affollano troppo e non ostacolano con temporali la nostra lenta ma testarda salita. Superiamo gli strapiombi e siamo in cima al pilastro, percorrendo un diedro lavorato con roccia e movimenti commoventi. Siamo contentissimi. Metodicamente affrontiamo la discesa.
I soci continuano a sognare.
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“..le cascate di grandine e di acqua infarcite di sassi…e rischi conseguenti..”
Quando ci si e’ dentro spesso si fanno propositi (o voto solenne)di abbandono definitivo dell’ amata attivita’ se in cambio si porterà a casa la ghirba ..se ci si scampa comincia il ripensamento e ci si ricasca… Da vecchi si ricordano con una certa nostalgia depurata dallo stress e panico del momento.di chi ce l’ha fatta anche se sono accadute una o due vote.. Si è sperimentata la potenza della natura anche nei suoi risvolti pericolosi,emozione per pochi, immagini terrificanti fissate per sempre nella memoria.. di fotografie e filmatini quasi mai niente, si aveva ben altro da fare al momento.
Addio al celibato con martello e chiodi mi ricorda di gite al mare con petardi.