Ferrate=vie a spit?
C’è chi sostiene (e non del tutto a torto) che, dal punto di vista etico, una via ferrata con fittoni, cavi d’acciaio, scalette e quant’altro la ricerca dell’adrenalina a buon mercato possa partorire per stupire (ponti tibetani, scalette a spirale, pendoli su catene, ecc.) sia sostanzialmente da porre sullo stesso piano di una via d’arrampicata attrezzata a spit, non importa quanto lunga (monotiro o multipitch).
Secondo questo punto di vista le due tipologie offrono al “fruitore” oggetti di difficoltà assai diverse, richiedenti capacità, abilità ed esperienza che si pongono su piani non paragonabili: ma questo rimane l’unico fattore di differenziazione, perché i due manufatti presentano lo stesso “peccato originale”: l’infissione di ferraglia e l’uso di strumentazione di sicurezza.
Siamo d’accordo: difficoltà ben più forti e la necessità di esperienze ben diverse non giustificano quella valenza più “nobile” invocata dai sostenitori delle vie di arrampicata sportiva. Dice giustamente Giuseppe Penotti: “Attenzione alle nostre contraddizioni, per cui ciò che piace a noi o facciamo noi è permesso, mentre tutto il resto è censurabile…”.
Aggiungerei che non è nemmeno valido il criterio di fare una graduatoria di valore etico tra le due discipline in base ai chilogrammi di ferro infissi, perché in tal caso sarebbe evidente un’ulteriore differenza che va a contrastare la famosa “linea di principio”. I due ordini fisici di grandezza sono incomparabili, ma qui vogliamo discutere solo sulle questioni “etiche”.
Detto tutto ciò, a mio avviso possiamo riscontrare infatti altri fattori, non numerici ma qualitativi, che, se vogliamo discutere in campo di questione etica, emergono da un’analisi un po’ più dettagliata come importanti.
Prima di iniziare, ribadisco in altre parole che per me, in campo etico, più di quelli fisici e facilmente misurabili sono importanti gli ordini di grandezza qualitativi.
Una via ferrata viene pensata e realizzata allo scopo di portare il maggior numero di persone possibile in un luogo che prima non accettava la presenza umana e ora, dopo l’attrezzatura, sì; una via di arrampicata non ha questo scopo turistico e si limita piuttosto a proporre la bellezza di una parete rocciosa arrampicabile solo ed esclusivamente a chi ne ha le capacità. Il luogo continua davvero a non accettare la presenza umana se non per poche ore e per pochi individui selezionati. Più in breve: una via ferrata si rivolge a tutti indistintamente senza richiedere null’altro che un equipaggiamento standard e capacità e volontà di usarlo secondo i crismi del ferratismo; una via di arrampicata sportiva si rivolge a un tipo di persona diverso, qualcuno che in qualche modo abbia già superato uno o più “esami di ammissione”.
Salire le vie ferrate è diventato di moda perché c’è stato un periodo storico nel quale salire le vie normali era considerato assai poco, anzi svilito, e perché, da sempre, si è giocato con quell’esposizione al vuoto che epidermicamente “surclassa” il “semplice” camminare e che quindi attrae la curiosità del “fruitore”. Come ho già avuto occasione di dire, per me il camminare è e rimane la forma più “pura” di amore per la montagna, senza giocattoli che s’infrappongono e senza acquisizione di alcuna gloria.
Trovo infine singolare che, nel paragonare le due discipline, non si faccia quasi mai accenno alla fantasia. Chi percorre una ferrata “deve” comportarsi in modo preciso, produrre il suo sforzo atletico senza impegnare mai la propria fantasia: che, anzi, deve essere tenuta a bada, caso mai qualcuno potesse ancora disporne di propria, proprio perché su questo genere di itinerario la fantasia coincide con l’imprudenza e con il dispregio di coloro che seguono. Fantasia in ferrata vorrebbe dire interpretazione diversa dei passaggi che la compongono, dunque un’eresia grave, non accettabile (soprattutto perché effettuare varianti al percorso è davvero pericoloso per sé e per gli altri). Il “fruitore” deve solo eseguire e si differenzia dai suoi simili tramite tempi d’orologio migliori o con minore stanchezza alla fine.
In arrampicata sportiva invece molta fantasia è ancora permessa, con grande spazio d’interpretazione. La “fruizione” è solo a metà o, se volete, è assai limitata. Certo, l’alpinismo o l’arrampicata d’avventura sono un’altra cosa: ma, ciò nonostante, c’è ancora spazio di libertà. Sì, perché fantasia vuole soprattutto dire libertà.
E come tante altre volte si è cercato di spiegare, libertà comporta autoresponsabilità, oggi merce davvero sempre più rara, e quindi crescita interiore.
Nel camminare senza segnaletica eccessiva né tempistiche misurate, in alpinismo (anche facile o facilissimo) e nell’arrampicata d’avventura non esiste “fruizione”, e al posto di questa ci sono esperienza e “viaggio”.
Non esiste un’etica “assoluta”, ma nel significato di “etica” è portante la valenza sulla crescita interiore di un individuo. Dove manca la fantasia, si alza il rischio che non ci sia alcuna crescita.
Ecco perché le ferrate non sono uguali eticamente alle vie a spit.
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Matteo con il suo commento nr.14 ha perfettamente inquadrato l’argomento. L’autore dell’articolo invece malcela il suo essere evidentemente di parte pro arrampicata, relegando i ferratisti ad una manica di turisti vogliosi di una cima facile. Premesso che vorrei proprio vedere come se la cava sulla Piazzetta il turista della domenica (farebbe facilmente la fine della coppia sulle Taccole dell’altro giorno), la cima facile è da additare direi più agli impianti di risalita che alle ferrate, che sono semplicemente altra cosa rispetto alle vie di arrampicata.
Buongiorno, mi è parsa un po’ aggressiva e fuori luogo la risposta di #2, ma forse era brillo…! Fuori tema tantissimi altri interventi, ma la calura estiva di certo accentua le turbe dei frustrati..! Mi pare un tantino esagerato paragonare una via a spit ad una ferrata, ma sono certo che sia lo stesso discorso della “volpe con l’uva”. Comunque se qualcuno volesse continuare ad affermare che lo spit rende tutto possibile, sarò lieto di legarmi dietro di lui per percorrere itinerari come per es. “Solo per vecchi guerrieri” o più modestamente “Gente di mare” o ancora scendendo di grado, “Gancetto Felice” ecc..! Sono ancora molto combattuto sul fatto se sia ” meglio dire niente che stronzate”!
Regattin. Mi scuso e mi cospargo il capo di cenere. Non volevo inquinare, anche se sempre di ferro di parla. Ero di fretta e coinvolto emotivamente da questo vicenda che ho trovato pemosa. Spero che Gogna sposti la collocazione impropria dei miei post.
Il ferro (o l’acciaio) degli spit e’ identico a quello di una ferrata. E fin qui nulla da dire. Ls differenza estetica, fisica, sportiva, tra salire una via protetta a spit e salire una ferrata è’ evidente. Se non lo è’, di certo non mi metto a spiegarla a chi non la capisce: se non la coglie intuitivamente tanto meno la può capire.
Mi permetto di bacchettare Pasini (con moderazione): con tutti i post che ci sono sulle croci di vetta, perché “inquinare” questo che non c’entra nulla con l’argomento?
A scanso di equivoci. Io ho espresso insieme a qualche centinaia di persone su FB il mio dispiacere a Montani e Lacasella, anche se vale ben poco.
Parmeggiani. Guarda la sua pagina FB. Ha preannunciato la sua ricostruzione. Urge un Dagospia alpinistico. Nulla ci sarà risparmiato. Pensavamo che in montagna l’aria fosse diversa….no …..gli uomini ci portano anche lì le loro scorie di vario genere.
Sarebbe interessante sapere il racconto dal punto di vista di Marco Albino Ferrari… O si è inventato che il suo parere è condiviso, o Montani si è rimangiato quanto detto.
Pure Lacasella. E così sono stati di fatto costretti a dimettersi due validi professionisti. Per cosa? Per una crisi di panico e per incapacità di gestire in modo professionale una crisi montata sul nulla a scopo propagandistico. È nelle difficoltà che emergono le capacità di leadership. Qui la ricostruzione degli eventi a cura di Stefano Ardito. Che brutto spettacolo.
https://www.montagna.tv/222996/nessuno-vuol-togliere-le-croci-di-vetta/
Albino Ferrari, fatto fuori.
Ps. Quel comunicato poteva comunque essere scritto in modo molto diverso anche in una prospettiva “diplomatica”. Come abbiamo anche qui molte volte notato su altri temi, ma chi gira oggi nei giornali e negli uffici stampa delle istituzioni? E non penso si tratti di stagisti pagati 5 € al pezzo.
Lo metto qui per comodità. Come prevedibile Albino Ferrari ha dato le dimissioni da Direttore editoriale del Cai. Peccato. Era stato scaricato dal Presidente nelle sue scuse accorate alla signora Garnero. D’altra parte senza i 9 milioni di appannaggio di fatto erogati dal governo in carica il Cai non sta in piedi. Se vuoi essere libero deve mantenerti da solo. Non ci sono pasti gratis.
Una verità assoluta, un dato di fatto! Come è giusto che sia.
Ma allo stesso tempo, si potrà avere il diritto di esprimere un parere, un pensiero diverso, una critica, la propria opinione?
Oppure tutti allineati, coperti, mutismo e rassegnazione…?!?!?!?
Una smitragliata di ferraglia: spit o cavi/fittoni/ scalette, scritte sulla roccia, che siano, non fa differenza, è la rappresentazione di un delirio. Il problema non è tanto il cosa, ma il come lo si fa.
Non sono un amante delle ferrate, ne ho salite alcune, ma preferisco l alpinismo classico. Ciò detto non capisco però la continua diatriba quasi rabbiosa nei confronti di queste strutture. Nelle Alpi Orobie, dove vivo, le ferrate che si possano definire tali, sono pochissime, 3/4 ma le vette orobiche sono qualche centinaio…… Di spazio ce n’è per tutti, anzi per gli amanti del classico ce n’è moltissimo di più. E salvo nel lecchese o sulle Dolomiti, dove le ferrate sono parecchie, non mi pare di vedere quest’ alta concentrazione di vie atrezzate. Sicuramente son di più quelle a spit o a chiodi…, Ma il posto per tutti c e’!
E allora perché questo continuo risentimento , oggi verso le ferrate, domani le croci o i simboli di vetta, anni fa erano gli spit e prima ancora i chiodi e chi più ne ha……?!
Provate a non sentirvi gli unici custodi della verità, perché vedete, la strada alla massificazione dell alpinismo e stata tracciata in primis da coloro che hanno raccontato le loro imprese pensando che quello fosse l unico modo possibile per avvicinare la montagna.
No! Non e la verità assoluta.
Cambiano le generazioni e il modo di vedere il mondo.
L importante nell’ usufruire della natura è di non sporcarla, come con l acqua.
E non mi pare che una ferrata sporchi così tanto una montagna.
Un po’ di tolleranza non fa mai male……. Divertitevi senza risentimenti che il mondo e grande!
BAH
Così, giusto la prima che mi viene in mente:
https://www.planetmountain.com/rock/vie/itinerari/scheda.php?lang=ita&id_itinerario=838&id_tipologia=38
Dai, fammi vedere…
Senza quello spit tu da lì non ti muovi. Senza quel gradino tu da lì non ti muovi.
Alimentare Uozzzon, alimentare!
Riva Guido, ma va?
Quindi vuoi dire che una via a spit è la stessa cosa di una ferrata?
Ma poi quanti spit? Sono tutte uguali le vie a spit?
Io dico che la differenza sta nel fine dell’attrezzatura, “se è fatta con l’intento di assicurare o se obbligatoria per la progressione.” e che comunque esistono sia belle ferrate e che brutte vie a spit, apprezzabili le une e non le altre.
@ Matteo al 14 e @ Matteo al 17. Lo spit oltre ad assicurare permette anche di progredire perchè in caso di caduta, rispetto a un chiodo tradizionale o a una protezione mobile, le conseguenze sono quasi o del tutto prevedibili. Senza quello spit ci penseresti due volte prima di proseguire. Lo spit lo pianti dove e quando vuoi e per natura garantisce la massima affidabilità e, secondo me, questo è determinante per la progressione. Cambia tipologia di aiuto, ma sempre aiuto è.
@19 …”dislessia portami via” =) Grazie per la segnalazione, ho dovuto mettere gli occhiali per trovare il refuso. Il testo – senza errore – è tratto da un libro di Reinhold Messner, “Vertical – 100 anni di arrampicata su roccia”. Il Messner che preferisco è quello con tutte le dita, quello che è emerso dopo mi è spesso di difficile comprensione. E’ piuttosto indicativo dei nostri tempi il fatto che uno come lui, dapprima un gigante nell’arrampicata e successivamente il più famoso Himalaysta della storia (nonché inarrivabile campione di marketing), abbia sulle ferrate un’approccio ambiguo: prima le critica, poi le pubblicizza con un libro nel 1979 salvo poi ritrattare tutto nel 2018 («Senza infrastrutture è la montagna a stabilire chi può accedere o meno. Non serve un numero chiuso»).
@21 scusa Matteo se ho condotto una tale bruttezza nella tua vita, ma ho intravisto che “giacomino” mi cercava e così ho buttato l’occhio…
birillo, per puro spirito masochistico sono andato a cercare “le quattro ferrate più difficili”…quello che mostra il video (pure bruttarello…) sta all’alpinismo come Moana Pozzi all’illibatezza o Berlusconi alla morigeratezza.
@ 19
Ma non è vero!
Il nome completo è “Bus du Cul du Géant”.
“Dal Cul du Géant”
giornata di refusi, oggi!!
Un’altra montagna chiave è il Dente del Gigante, sullo spartiacque del massiccio. Si tratta in effetti di una torre di altezza modesta, ma inavvicinabile. Nel 1871 Edward E. Whitwell e le guide alpine Christian e Ulrich Lauener di Lauterbrunnen intraprendono un primo tentativo. “Impraticabile!” è il loro verdetto. Il tentativo successivo è di Jean Charlet-Straton con un gruppo italiano. Con l’ausilio di un razzo pensano di lanciare una corda sulla cresta sommitale del Dente del Gigante, ma non ci riescono. Nel 1880 ci provano Mummery e Burgener. Dal Cul du Géant raggiungono il caratteristico nevaio basale ai piedi della guglia rocciosa, da dove attaccano la parete nordovest; salgono di 50 metri fino all’inizio di una placca che sbarra la salita. “Absolutely inaccessible by fair means”, sentenzia Mummery; “Assolutamente inaccessibile con mezzi leali”, la frase chiave dell’intera storia dell’arrampicata.
Albert Frederick Mummery ha 35 anni quando diventa una pietra miliare dell’alpinismo. Al contrario del “conquistatore del Cervino” Whymper, egli sa anche guidare una cordata; la sua opera è completa, dal pianificare le prime assolute al portarle a termine. Dalla conquista del Cervino e dell’Aiguille Verte sono passati solo 15 anni. L’approccio di Mummery è radicalmente cambiato. Ormai per lui non contano più tanto il “dove” o il “verso dove”, quanto piuttosto il “come”. La meta è un’idea che gradualmente si trasforma in visione. Non gli interessa fornire un contributo scientifico o topografico, e nemmeno pensa di avere qualcosa da insegnare: il suo alpinismo vuole essere puro gioco.
Il Cervino lo scala dall’impegnativa cresta di Zmutt, mentre sul Monte Bianco fa marcia indietro perchè non gli piace stare troppo a lungo impantanato nella neve: “Un’occupazione che mi ricorda il ruotare della macina, quell’arnese a cui gli ergastolani inglesi sono costretti a lavorare senza tregua”. La sua guida, la migliore del Vallese, Alexander Burgener, cede spesso il comando al suo cliente.
Il 5 Agosto 1881 Mummery, Burgener e Venetz conquistano il Grépon. Il passaggio chiave è una fessura liscia di 15 metri, che ancor oggi porta il nome di Mummery, anche se è stato Venetz il primo a superarla. Alternando la presa delle mani e del piede sinistro nella fessura, e sfruttando la porosità della roccia sul lato destro, l’aiuto-guida dà prova di grande maestria nell’arrampicata.
Nel 1892 Mummery guida i suoi amici John N. Collie, Norman Hasting e William C. Slingsby sulla vetta del Grèpon, ma stavolta è lui a superare per primo il leggendario passaggio chiave. E così Mummery si è definitivamente emancipato dalle sue guide, diventando il portavoce di una schiera di alpinisti “senza guida”.
Il 18 luglio 1882 le guide Marquignaz e alcuni alpinisti italiani raggiungono al Dente del Gigante il punto dove Mummery fece marcia indietro. Decidono di rinunciare al “by fair means” di Mummery, scavano gradini nella roccia, piantano chiodi e fissano corde. Il 28 Luglio i tre Marquignaz raggiungono la vetta, il mattino successivo vi mettono piede i quattro Sella e pochi anni dopo quella via sul Dente del Gigante sarà attrezzata con corda di canapa, tanto che con il bel tempo la può percorrere qualsiasi scalatore della domenica. La cosa ovviamente si scontra con il malcontento dei “senza guida”. Nel regno sopra le nuvole ha inizio così il dibattito sui valori.
…saluti a Giacomino Comanda che, 150 dopo Mummery, ci offre lezioni di alpinismo su you tube con “Le 4 ferrate + difficili d’italia in 3 days”…
Piuttosto d’accordo con Giovanni Massari: “l’unica vera forma dell’andare in montagna è senza attrezzature fisse e segnaletiche (quindi arrampicata in free solo ed escursionismo senza cartellonista)”
Purtroppo non rientra quasi mai nel novero del possibile senza andare in capo al mondo…
D’accordo anche con il mio selvatico omonimo: la vera differenza etica (posto che esista) è il fine intrinseco di una qualsiasi attrezzatura, ovvero se è fatta con l’intento di assicurare o se obbligatoria per la progressione.
Detto ciò trovo artificioso e forzato basare la discussione su queste basi e quindi impossibile trovare reali distinzioni (e come corollario assolutamente imbecilli le prese di posizione estreme!)
Credo, forse al contrario dell’estensore dell’articolo, che un possibile metro di valutazione sia da ricercare proprio nella grandezza di fattori misurabili, ben consci però che il mondo non può né deve essere descritto come bianco o nero e che qualunque attività ha in se’ i medesimi fattori positivi e negativi, ma in quantità differenti.
Penso che sia sentire comune che l’inquinamento è male, però vivere significa inquinare e avere un impatto ecologico. Questo non significa però che quindi tutte le attività di un vivente sono uguali perché tutte inquinano: versare olio esausto in una roggia non è come conferirlo allo smaltitore, anche se il meglio sarebbe non doverne smaltire affatto perché non lo si usa.
Trovo che esistono vie a spit forzate, che intersecano o trascurano linee logiche o fatte solo per fare qualcosa che sono inutili, stupide e deprecabili come le peggiori ferrate “sportive”.
E attrezzature ferrate di itinerari intelligenti, ben fatte e godibilissime.
Interessante. Soprattutto l’accenno alla fantasia come veicolo di libertà e crescita personale.
Tuttavia, ritengo che l’etica (qualunque cosa essa sia) vada ricercata (eventualmente) dentro alle persone (ad esempio nei motivi che le muovono)piuttosto che nel tipo di percorsi da esse frequentati.
Ogni genere di percorso, se affrontato con consapevolezza, può essere occasione di crescita.
Comunque sia, a mio irrilevante parere, nuove ferrate anche basta (così come nuove vie a spit, nuove croci di vetta, nuovi impianti di risalita…).
P.S. L’orrida scaletta della ferrata Schuster al Sassopiatto visibile in foto, è stata posta, se non erro, dopo un crollo. La versione precedente della via presentava tracce di ferro minimali.
Si cancellate i miei messaggi le cose sono due o mi date nome cognome di birillo così ci penso io a lui oppure cancellate tutti i messaggi non va bene cancellare solo gli ultimi dove faccio capire a birillo Chi è che comanda.
Credo che la differenza sostanziale sia un’altra. Gli spit garantiscono di ridurre i rischi da molti ritenuti inutili e l’ingaggio psicologico secondo una visione più sportiva dell’andare in montagna. Nel caso delle ferrate il cavo e i ferri attengono non soltanto alla sicurezza, ma anche alla progressione. Questo principio è in antitesi con qualsiasi visione climbing fatta eccezione forse per gli scavatori di prese. Oppure sarebbe come se in un tiro uno mungesse tuttii rinvii, che senso avrebbe allora l’arrampicata? Quindi eticamente non può essere uguale mettere uno spit o un ferro per salire una parete che non si è in grado di salire con le proprie forze. È anche sbagliato però per forza vedere solo dei fini turistico-maligni nelle ferrate. È una equazione snob e anacronistica quella tra ferratista e alpinista mancato o poco evoluto come sottende l’autore. Se vogliamo essere sinceri anche l’arrampicata sportiva non è così fantasiosa quando segue una mitragliata di spit. La ferrata è una disciplina diversa e basta. Ricordiamo inoltre che talvolta le vie ferrate sono una porta d’ingresso per arrivare all’arrampicata e l’alpinismo. E poi chi è senza peccato….
Questa discussione mi fa pensare alla cagnara sui simboli religiosi di vetta ri-scoppiata in questi giorni. Si parte da un discordo pacato sulle nuove sensibilità ambientaliste e anche spirituali che portano a rispetto e discrezione prima di “assaltare” le montagne (titolo del libro di Albino Ferrari) con nuovi manufatti: spade, croci, lapidi, fittoni, ponti tibetani, scale acrobatiche. Poi subito il discorso diventa una guerra tra due partiti: i contrari, dipinti dalla controparte come elitari, arroganti e distrittuvi delle tradizioni popolari e i favorevoli, dipinti dalla controparte come ignoranti, volgari, populisti e corrotti. Poi arrivano i politici e i media e ci fanno sopra il loro teatrino. Lasciami che altri facciano il loro sporco lavoro ma non cadiamoci anche noi che amiamo andare per monti, magari pure in modi diversi. Riavvolgiamo il nastro e torniamo a dove si era partiti: le nuove ferrate “acrobatiche” e “spettacolari” fatte per stupire più che per far accedere più persone alla bellezza della montagna.
altro articolo inutile che affronta una discussione inutile
inoltre il commento numero 1 e il commento numero 2 anche no direi
vogliamo passare tt il tempo a discutere di chiodi, spit, catene, cavi di acciaio, pioli, soste attrezzate come se dovesse passare un pulmann ????
ma che problemi avete?
1) nella ferrata il passaggio te lo fanno gli altri, nella via ti devi arrangiare tu. questo lo sai e in base a questo decidi cosa scegliere.2) nella via prendi in mano e pesti la roccia, nella ferrata la ferraglia.3) nella ferrata chi parte non mette mai in conto di volare; nella via a spit il volo è spesso assicurato.4) nella ferrata non ti capiterà mai di non aver più forza per tenerti per rinviare e di dover fare un rapido calcolo della lunghezza del volo con la corda in mano, sentendo il classico brivido lungo la schiena o qualcosa di più un po’ più giù.per tutto ciò le due cose non sono paragonabili.
Mamma mia che noia con queste crociate contro le ferrate. È un discorso davvero patetico solitamente fatto da gente che si sente superiore ai propri simili e pensa che la montagna sia una loro esclusiva
L’Etica non ha nulla a che vedere con la fantasia e la crescita umana senza contare che c’è una moltitudine di gente piena di fantasia che non ha mai visto un chiodo da roccia
Alla fine quello che conta è solo il numero di persone che fa una cosa oppure un altra. Se vogliamo discutere di quanta gente una ferrata possa portare in cima allora iniziamo prima a smantellare tutti gli impianti di risalita esistenti. Tacco 12 o infradito a 3200m sono discutibili, gente che urla invece di parlare normalmente e luoghi ridotti a immondezzaio la dicono lunga.
Ferrata o ferramenta
Sono dello stesso avviso della n 4. Personalmente trovo soddisfazione nel fare una ferrata con rispetto per la montagna il luogo e le persone. Questo mi basta.
Certo che non sono la stessa cosa.
Cosi come fumare una sigaretta vera non è come tirare dai capezzoli vaporosi o elettronici e fare l’amore con una dolly non è come farlo con una donna vera.
Che ognuno fumi o trombi quello che preferisce (o riesce), sono solo esperienze sovrapponibili, surrogati di ben altro.
Partirei da una premessa: l’unica vera forma dell’andare in montagna è senza attrezzature fisse e segnaletiche (quindi arrampicata in free solo ed escursionismo senza cartellonista)
Detto questo ci sono tutte le mediazioni che fanno parte della vita dell’uomo e che, sia al livello esplorativo che sportivo, hanno un valore consolidato.
Personalmente ritengo che dietro a tutto ciò e per affrontare qualsivoglia terreno ci sia il concetto valoriale di “disciplina” cioè di un’attività che sottende alle spalle una forma di preparazione fisica e mentale.
L’arrampicata sportiva multiplich sicuramente ha le caratteristiche di “disciplina” (non mi dilungo sul perché) mentre la ferrata sicuramente no (neanche qui mi dilungo).
Personalmente non adoro le ferrate ma se sono poste in ambienti non alpinistici le trovo anche divertenti ma il resto d’altra parte lo fa il mercato: più saranno frequentate più ne saranno costruite, più attrezzature saranno vendute, più operatori le costruiranno nella solita girandola consumistica…
nonostante io sia della stessa opinione dell’autore, ritengo che l’articolo pecchi in maniera ingenuamente palese di presunzione!
l’autore vuole ergersi a moralizzatore, salvando gli scalatori e condannando i ferratisti, solo perché lui forse si trova in mezzo a quelle due categorie. Ma si potrebbe fare esattamente lo stesso ragionamento tra le due categorie trad & clean e l’arrampicata sportiva. Facciamo lo stesso ragionamento : l’unica forma pura e artistica è scalare senza alcuna protezione infissa. Leggere la parete, zero spit. Gli spit sono serviti per portare più persone in montagna, creare code alle base dei multipitch più famosi, consentire anche a chi non ne ha le capacità di sentirti alpinista.
proprio come le ferrate..
e quindi si ricomincia da capo, cambiando solo il punto di vista
La ferrata non è per tutti. Una gran parte di persone non riesce a camminare su un sentiero minimamente inclinato. Non percepisce il proprio equilibrio e…cade. La ferrata per costoro non è neppure raggiungibile perché prima si dovrebbe percorrere, anche se a volte è breve, il sentiero che la separa dal terreno appiattito da asfalto o cemento.
Le persone perdono sempre più il contatto con la realtà naturale e non stanno in piedi se il terreno non è artificiale, si spaventano a morte se vedono una gallina e via discorrendo. Occorre aprire verso il basso le categorie delle varie incapacità e si vedrà che chi percorre, anche malamente, una via ferrata è posizionato verso un buon 80% di spirito d’avventura e padronanza fisica in generale.
…gne gne gne… “Sono la solita cosa chi usa gli spit o fa le ferrate sono persone che amano la montagna e tutti quelli che sono contro a queste cose che se ne vadi al mare o al centro commerciale con la moglie e figli”. Poco interessa quello che uno stupido ama fare: in realtà la montagna ti disprezza, quando non ti ignora …e spero che tu sia sterile.
Probabilmente più che agli spit ed alla ferraglia siamo contro quelli come te… E per dio, quel “vadi” è più imperdonabile della tua ignoranza a batteria… (speravo che la pandemia sfoltisse, ma ha reso solo esponenziale il problema!)
Sono la solita cosa chi usa gli spit o fa le ferrate sono persone che amano la montagna e tutti quelli che sono contro a queste cose che se ne vadi al mare o al centro commerciale con la moglie e figli.