Anna Torretta, la più famosa delle guide italiane, ci aggiorna e ci spiega cosa significa e potrebbe significare essere donna e guida nel belpaese.
Guida alpina donna
(intervista ad Anna Torretta)
a cura della redazione di Pareti)
(pubblicata su Pareti n. 132, 2020)
Donne guide Alpine: quante siete e quante prevedete di essere in Italia nei prossimi anni? E’ diverso in Europa oppure la sproporzione è la medesima?
Siamo 16 donne Guide Alpine e 5 Aspiranti Guide, in totale 21. Su un totale di 1.056 guide alpine e 135 aspiranti, siamo sotto al 2%. In Europa la percentuale si aggira attorno al 2%, sono un po’ di più in Francia, un po’ meno in Svizzera, Austria anche. La proporzione non cambia.
La percentuale delle donne che lavorano è alta, direi pari al 90-95%. Le donne che intraprendono questo mestiere è perché lo vogliono fare realmente, non è un distintivo da tenere nel cassetto, alcune di loro sono Guida e atlete professioniste, altre lavorano come guida per mantenere una famiglia.

Qual è il cliente tipo che richiede una donna guida alpina? C’è differenza rispetto al cliente che richiede invece un maschio?
lo girerei la domanda: chi è il cliente che chiede una guida donna, rispetto a un uomo? Come mi formuli tu la domanda, ti posso dire da un punto di vista generale, che entrambi desideriamo un cliente allenato con cui passare una giornata divertendosi. Invece direi che sono più le famiglie che richiedono delle donne per accompagnare le escursioni, piuttosto che le ciaspolate. Siamo poche, e se ci vogliono veniamo richieste direttamente. Questa estate ho avuto una situazione particolare, una famiglia musulmana richiedeva una donna guida per una breve escursione della famiglia formata da padre, madre, cinque figli, di cui tre femmine. Ovviamente, se la guida fosse stata un uomo, non avrebbe potuto passeggiare da solo con la moglie e tanto meno aiutare una figlia disabile, tenendola sotto braccio, a fare l’escursione. Ma questo è un caso particolare.
Abbattiamo gli stereotipi sulla fragilità e sulla forza: quali sono secondo te i punti forti di una guida alpina femminile rispetto a un maschio?
In generale noi donne siamo più pazienti e capaci di ascoltare i bisogni dei clienti, siamo più disposte al dialogo. Nel lavoro con la tecnica sopperiamo alle carenze fisiche. Per questo motivo sappiamo anche trasmettere in modo più naturale, l’utilizzo della tecnica in arrampicata su roccia come su ghiaccio, perché la utilizziamo prima della forza fisica. La percezione del rischio e del pericolo è diversa, sicuramente noi donne siamo più prudenti.
C’è la guida alpina creativa e la guida alpina operaia, nel senso che ci sono quelle che seguono i desideri dei clienti e magari ne stimolano di nuovi e quelle che invece percorrono gli stessi percorsi per essere sicuri che nessuno si faccia male. Qual è secondo te la strada corretta?
Non c’è nessuna strada corretta, si seguono i desideri e gli obbiettivi dei clienti, oltre che l’indole della Guida Alpina. Sicuramente in futuro la Guida deve inventarsi forme di lavoro diverso se vuole ampliare la sua attività e andare di pari passo con una montagna che sta invecchiando e cambiando a vista d’occhio.

Diversi tuoi colleghi non sono stati dei campioni di conservazione del territorio, alcuni si sono addirittura consorziati per scavare prese e creare pareti comode d’accesso che prima non c’erano per portarci i clienti. Quale pensi che sia la corretta bilanciatura del rapporto tra professione e territorio?
Oggi la Guida Alpina deve insegnare al Cliente prima di tutto rispetto del territorio. Quindi bisogna passare senza lasciare segni in montagna, magari anche portandoci via la cacca in un sacchetto di plastica. Le falesie facilmente accessibili, non pericolose per i bambini, con un terreno antropizzato, hanno contribuito ad avvicinare la massa all’arrampicata al di fuori delle palestre indoor, hanno portato a scalare ” fuori” quelle persone che in posti impervi non sarebbero mai andati. Hanno contribuito all’idea che l’outdoor aiuta a vivere meglio. Non sono quindi contro l’urbanizzazione controllata delle falesie facilmente accessibili. Ti riferisci alla spittatura incontrollata di itinerari facili? Qual è la chiodatura di itinerari che ha senso? Non credo che siano più giustificate le vie spittate di alto livello, rispetto a quelle facili, accessibili ai più. Oggi la componente “rischio=son figo” è passata in secondo piano. La maggior parte della gente, stanca e stressata dalla settimana lavorativa vuole godersi un rilassante weekend in montagna, anche a scalare sulle vie facili, con gli spit vicini, da soli, in compagnia di amici o portati dalle Guide Alpine. Sicuramente un convegno su questa tematica tra Guide e chiodatori sarebbe molto interessante.
Come donna hai mai avuto problemi di molestie, dovendo passare tempo da sola con la stessa persona di sesso maschile?
Bella domanda, tutti la pensano, ma non me l’ha mai fatta ancora nessuno! Molestie no, non ne ho mai subite, saprei difendermi! Tengo sempre la piccozza nello zaino! Anche se ci sono state delle volte che ho avuto paura, paura di dormire in stanza con un cliente, paura di essere sola con lui in quel momento, perché magari ti guarda in modo strano, ma son sempre scivolata fuori dalle situazioni imbarazzanti. Alcuni clienti che mi hanno fatto dei regali interessati ci sono stati. Sicuramente per alcuni fare un’uscita con una donna Guida, vuole anche dire vivere dei momenti particolari e unici con lei, che a livello di feeling sarebbero diversi se passati con un uomo. Ma questo avviene anche dall’altro lato. E’ il rapporto umano tra uomo e donna. Ho dei clienti innamorati “platonicamente” di me, questo sì! Ovviamente la professionalità sempre davanti a tutto.
Usi approcci diversi alla montagna con uomini e donne?
Non utilizzo approcci diversi a seconda del sesso dei clienti, perché si tratta di andare in montagna, poi le difficoltà che affronto sono diverse, perché il livello medio di una donna che richiede una guida è più basso di quello di un uomo. Le donne preferiscono fare moulinette, ad esempio, ed essere corrette durante la scalata, sono più interessate a imparare, mentre gli uomini sono più interessati a fare delle vie lunghe, a faticare, a ottenere un risultato. L’approccio uomo-donna è ancora più evidenziato per le cascate di ghiaccio. Su terreno alpinistico è diverso, lì si va al passo del cliente.
Sei una guida che insegna o una guida che porta?
Le guide accompagnano i clienti dove loro lo desiderano, non farei differenza tra Guide che insegnano e Guide che portano, ma invece differenzierei la predisposizione del cliente a voler imparare o a farsi portare, come ti dicevo prima. E quindi senza generalizzare troppo, c’è più predisposizione per l’uomo a farsi portare e fare dei gradi più duri, che non è in grado di fare, e c’è più attenzione della donna a volere imparare. Io ho imparato con gli anni a insegnare il movimento della scalata su roccia e ghiaccio e a farlo capire con semplici parole ai clienti. La più grande soddisfazione per me come Guida è vedere un cliente che applica le mie spiegazioni!
Ci sono stati diversi incidenti che hanno coinvolto gruppi guidati da professionisti. E’ sempre sfortuna?
Sicuramente la sfortuna non c’entra, gli incidenti però possono capitare a chiunque, come al miglior pilota di formula 1. Esiste la magistratura per condannare o prosciogliere, io non esprimo giudizi in merito.
Come sei stata accettata all’interno dei gruppi guida?
Io sono stata la prima e unica fino alla scorsa selezione a tentare il corso istruttori, non una delle prime a fare il corso Guide. E fra poco ci sarà, dopo 4 anni, la prossima selezione istruttori. Posso dirti che quando sei brava in generale gli uomini ti fanno i complimenti, ma se poi diventi così brava da essere in concorrenza con i più bravi, allora un certo tipo di uomini ti guarda con sospetto, prende le distanze e cerca di metterti i bastoni tra le ruote. Sul lavoro non ho mai avuto problemi, perché facilmente dimostri le tue qualità e in genere lavori con chi ti stima e spesso lavori da solo. Anche se in Società Guide di Courmayeur non è mai stato tutto cosi semplice.

Avete organizzato un incontro di arrampicata al femminile. Quali pensi che possono essere i valori aggiunti che le donne possono portare alla verticale?
Il ritrovo di arrampicata al femminile è nato come un open-day della professione Guida Alpina al femminile, per far conoscere alle ragazze il nostro mestiere, ma anche per farle incontrare per trovare nuove compagne. Il giorno precedente c’è stato il Primo Meeting delle Donne Guide Alpine, con l’obiettivo di aprire una discussione sulla rappresentanza di genere. Oggi la professione Guida Alpina è rimasta uno dei pochi baluardi prettamente maschili, è un fatto culturale che deve cambiare, e può cambiare solo con incontri di questo tipo e corsi specifici per le donne. Noi guide siamo 1.200 in tutta Italia, e politicamente non contiamo niente: che non sia proprio il nostro esiguo numero, 16 donne Guide Alpine e 5 Aspiranti Guide, a fare parlare della Professione più bella del mondo a livello nazionale? Comunque in generale l’uomo ha il difetto di sopravvalutarsi, mentre la donna spesso tende a sottovalutarsi. La donna è più capace di ascoltare. Più donne in montagna porterebbero l’alpinismo a una visione più globale, non esclusivamente legata alla performance. Poi c’è la percezione del rischio, che credo che sia diversa tra uomini e donne, mentre l’uomo in generale tende a fare un passo in più, la donna tende a essere più prudente. E questo deve essere valutato positivamente nell’ambito della formazione delle Guide Alpine.
Dal punto di vista invece dell’influenza sul mondo esterno che gli alpinisti hanno attraverso le imprese e attraverso la pubblicità che riescono a farsi, credi che le immagini delle alpiniste forti siano uscite nel modo corretto finora?
Non ci ho mai pensato, servirebbe più tempo per risponderti. Certo la bellezza della donna viene fatta risaltare, sicuramente, ma non mi sembra che sia stata presentata un’immagine scorretta delle alpiniste “forti”. Direi che è uno stereotipo che sta scomparendo.
Alcuni tuoi colleghi hanno fatto della giusta lotta all’abusivismo un brand per giustificare un monopolio multidisciplinare assoluto che ormai sembra superato. Tu cosa ne pensi?
La lotta all’abusivismo deve essere perseguita, come in qualsiasi altro mestiere. Le Guide costano come qualsiasi altro professionista, e le tariffe sono stabilite dagli albi professionali. Le Guide alpine sono multidisciplinari, e qui si basa la loro forza, per poter lavorare tutto l’anno della professione.
Quanto tempo manca a un presidente delle guide donna?
Direi che per il Primo Presidente delle Guide Alpine donna mancano ancora una decina di anni! E per la Prima Istruttrice Donna delle Guide Alpine? Tuttavia, al meeting di Arco l’attuale Presidente Pietro Giglio ha esortato la nostra candidatura nei vari collegi, quindi… aspettiamo le prossime elezioni!
Il reality Montebianco: che esperienza è stata? Lo rifaresti?
Oh sì, lo rifarei subito, è stato come stare un mese in campeggio con gli amici da ragazzina, senza pensare a niente, solo a scherzare e giocare! Lo rifarei subito! La gente ha cominciato a riconoscermi in funivia alla Sky Way sul Monte Bianco, ma anche in giro per la città e ancora adesso, a distanza di anni, trovo gente che mi chiede, non conoscendomi come alpinista, se son io quella del reality! Ma soprattutto mi ha permesso di diventare una “scrittrice”. E aprire un’altra pagina della mia vita. Mi contattarono dopo il reality per scrivere quello che è diventato La montagna che non c’è, ed. Piemme, nel 2017, e mentre ti scrivo sto rubando del tempo alla stesura del mio secondo libro, Whiteout, che devo consegnare per Natale, e che uscirà in casa Hoepli a febbraio 2020. Stay Tuned!
Mi ha impressionato la domanda sulle molestie. Non mi sarebbe mai neanche venuta in mente e non avrei mai pensato che il problema potesse esistere.
Lo confesso candidamente.
Alcune domande sembrano un po’ tendenziose. Meno male che Anna ha saputo rispondere in maniera intelligente. Non sono d’accordo su proprio tutto, (e che ce ne frega penserete giustamente) ma sono contento che emergano alcune realtà della professione, per fortuna scollegate da quell’inutile poesia che sempre si vuol dare alla montagna, che se dichiarate da una persona nota, hanno un certo peso.
Forse un’intervistatrice avrebbe giovato, chissà.