I cambiamenti climatici nel piatto

I cambiamenti climatici nel piatto
(Intervista a Giulia Innocenzi, conduttrice televisiva, giornalista investigativa e scrittrice)
di Karl-Ludwig Schibel
(pubblicato su toblachconference.wordpress.com)

Bisogna avere lo stomaco per leggere Tritacarne. I tuoi racconti molto diretti, molto personali fanno accapponare la pelle. Le scrofe non si possono girare, i pulcini maschi attendono il trituratore o il gas, le castrazioni, il cannibalismo tra i maiali… Però è giusta l’impressione – il libro è uscito nel 2016 – che negli ultimi anni poco è cambiato, troppo poco?

Assolutamente, nulla è cambiato, anzi, continuano a essere autorizzati nuovi allevamenti intensivi. In Italia, nonostante ci siano più denunce del passato, dunque cittadini e amministrazioni ormai sanno come vengono allevati gli animali all’interno degli allevamenti intensivi, continuiamo a portare avanti lo stesso modello. Ci sono piccole riforme che vengono adottate dalla Commissione Europea, ad esempio entro il 2027 le scrofe non dovranno più essere allevate in gabbia, oppure si cerca di incentivare le gabbie arricchite per le galline ovaiole, vale a dire che all’interno della gabbia ci deve essere la sabbietta per permettere alle galline di vivere una vita leggermente meno sofferente. Nessuna di queste misure è nemmeno lontanamente sufficiente a garantire agli animali il benessere che è citato in ogni legge che regolamenta il tipo di allevamento. Più c’è scritto “benessere animale”, meno è.

Giulia Innocenzi

Quali sarebbero le tue priorità per cambiare le modalità di allevamento, trasporto, macellazione degli animali da carne? Rendere la vita delle mucche da latte più supportabile, quella dei maiali, dei polli, dei conigli? Dove si comincia?

Purtroppo si comincia dove finisce questo modello. Non ci può essere una vita dignitosa di un animale in un allevamento intensivo. Questo modello dobbiamo lasciarcelo alle spalle. L’Italia dovrebbe fare una moratoria contro gli allevamenti intensivi. Soprattutto oggi, quando stiamo parlando di abbassare le temperature nelle case a 20-19°C e spegnere il riscaldamento negli uffici pubblici. Nessuno sta menzionando gli allevamenti intensivi, dove si utilizzano risorse alimentari che potrebbero essere destinate agli umani, invece di essere convertiti dagli animali in modo molto inefficiente in proteine per la nostra alimentazione. Si tratta di una dispersione enorme. Pensiamo, per esempio alla siccità che abbiamo sofferto quest’estate, gli allevamenti intensivi sono tra i più grandi utilizzatori di acqua e nessuno dice qualcosa. In Olanda il governo ha deciso per la riduzione del 25% degli allevamenti intensivi. Questo, ovviamente, ha scatenato proteste enormi da parte degli allevatori, ma è questo che va fatto e dobbiamo cominciare a raccontarlo ai cittadini. Invece continuiamo a elargire fondi pubblici agli allevatori che oggi sono in crisi. Purtroppo, questo modello non può andare avanti e bisogna cominciare a raccontare la realtà – sia per il bene degli animali, ma poi per il nostro bene e il bene del pianeta.

Potrebbe essere un momento favorevole, visto che, partendo dalla questione energia, tutto il nostro stile di vita è in discussione? In Germania il ministro all’economia, Robert Habeck, dice che, forse, il nostro benessere attuale non è capace di futuro e potrebbe nascere una situazione dove dobbiamo fare con meno. Fino all’altro giorno era impensabile che in Europa un politico di importanza nazionale parlasse di “meno”. È immaginabile un dibattito, che attualmente si concentra sull’energia, possa estendersi ad esempio anche alla questione di come trattiamo gli animali?

Sì, deve assolutamente estendersi. Mi viene in mente come qualche anno fa, quando Greta Thunberg è salita agli onori delle cronache, il fatto che era vegana venne raccontato come una presa in giro, mentre venne preso sul serio il fatto che lei non saliva sull’aereo, ma attraversava l’oceano con una barca a vela, oppure passava giorni sul treno per andare da una parte all’altra, mentre il fatto che non si nutriva di animali era una sorta di barzelletta. Tra tutte le cose mi sembra invece quella più seria e soprattutto la più fattibile per chiunque di noi.

Mettere in discussione quello che è sui nostri piatti è la cosa più difficile, perché il cibo è legato alle tradizioni, alle famiglie, a una cosa che si fa per anni e anni e al posto in cui siamo.

Ma noi dobbiamo guardare anche alle cose positive che sono in arrivo come il fatto che la cosiddetta “carne coltivata”, la carne da laboratorio tra poco sarà autorizzata nei paesi occidentali – attualmente viene utilizzata soltanto a Singapore, ma a breve sarà autorizzata negli Stati Uniti e poi in Europa – è un fatto positivo. Ma ciò non significa che poi tutti noi dobbiamo mangiare carne coltivata, io ad esempio non potrei mangiarla; già oggi mi nutro di hamburger fatti di piselli e mi piacciono tantissimo e non sento il bisogno di un hamburger preso da cellule animali.

Tutte queste novità devono essere prese in senso positivo per agevolare un cambiamento che è assolutamente non necessario, ma obbligatorio.

L’esempio della Greta vegana dimostra molto bene uno dei temi dei Colloqui di Dobbiaco 2022 e cioè la grande distanza tra il movimento animalista e quello ambientalista. Greta per molti è una portatrice di luce per la sua lotta contro il caos climatico, come mangia interessa a pochi. Come mai il tema di che cosa abbiamo sul piatto è così poco presente anche per quelli di buona volontà ecologica?

L’ONU ha detto chiaramente che per salvare il pianeta dobbiamo passare a una dieta vegetale, mentre un autore del calibro di Safran Foer ha dedicato due libri al tema di legare i cambiamenti climatici a quello che mangiamo. Il problema è che nei media, e anche nella politica, i cambiamenti climatici sono legati soltanto ai combustibili fossili e ai trasporti. Guardiamo per esempio nell’attuale campagna elettorale il dibattito sull’abolizione dei jet privati; potrei anche trovarmi d’accordo su questo come misura di giustizia climatica, ma non come contributo per risolvere il problema dei cambiamenti climatici poiché i jet privati contribuiscono l’1% alle emissioni di CO2 del traffico aereo. Se poi pensiamo che gli allevamenti intensivi contribuiscono di più del complessivo settore dei trasporti, l’abolizione dei jet privati è decisamente un tema secondario. Qualcuno mi dovrebbe spiegare, invece, perché continuiamo a finanziare con soldi pubblici gli allevamenti intensivi. Eppure, quest’argomento è stato assente in questa campagna elettorale, come non è esistito quando l’Unione Europea ha approvato la nuova Politica Agraria Comune continuando a finanziare gli allevamenti intensivi malgrado ci fosse una proposta al parlamento europeo per togliere questi finanziamenti.

Questi fatti non trovano nessuno spazio nei media, e un motivo c’è. Al di là della cultura e la ritrosia di mettere in discussione quello che mangiamo, il problema è anche il potere che gli inserzionisti pubblicitari hanno nei confronti dei media. Far passare nei media un’inchiesta legata alle industrie alimentari è una delle cose più difficili che ci siano perché la ditta in questione – ma in realtà tutto il comparto, dato che si tratta di un settore che si muove unito ed è in grado di esercitare pressione – minaccia l’editore di togliere i suoi milioni di euro di finanziamento pubblicitario. Ovviamente a quel punto l’editore, il giornale o la televisione sono disincentivati a pubblicare questo tipo di inchieste. Quindi ne escono molto poche e quando escono si tratta di una sorta di miracolo.

Quindi la lobby dell’alimentare sa muoversi unita, mentre alle forze del cambiamento manca questa coesione?

La lobby alimentare è una delle lobby più potenti. Lo scrive anche il New York Times rispetto al Congresso degli Stati Uniti; si tratta quindi di una costante che riguarda anche l’oltreoceano. Rimane il fatto che l’ambientalismo non si coniuga ancora, come dovrebbe, con l’animalismo, anche per affrontare l’industria alimentare. Prima di Cowspiracy le associazioni ambientaliste non si occupavano affatto di cibo e di carne. Solo dopo la nascita di questo movimento, Greenpeace, per esempio, ha cambiato la sua policy, adesso ha come obiettivo anche di ridurre il consumo di carne, cosa che prima non esisteva. Cowspiracy in un suo documentario spiega molto bene il perché: se i soldi arrivano dai propri sostenitori e questi, rappresentando il campione statistico della popolazione, sono al 92% mangiatori di carne, si potrà difficilmente dire “dammi i soldi e io ti dico di ridurre o abolire il consumo di carne”. Cowspiracy lo spiegava come una sorta di marketing delle donazioni, il che mi convince abbastanza insieme al fatto che il cibo è una delle cose più intime che abbiamo, molto più di come usiamo i trasporti. Nel momento in cui arriva il monopattino, tutti lo vogliono; al contrario quando arrivano gli hamburger vegani, non è che tutti cominciano a mangiarli. Il cibo è una delle cose più difficili da cambiare.

Vegani, vegetariani, carnivori: si può dire che l’industria del latte equivale a quella della carne o faresti una differenza tra la vegetariana che mangia il formaggio e il carnivoro che mangia una cotoletta?

Sia dal punto di vista ambientale che da quello del benessere animale il latte fa danni quanto la carne. Dal punto di vista ambientale, gli allevamenti dei bovini sono i più inquinanti, dal punto di vista animale ricordo un video di una vegana che spiegava le sofferenze che gli animali devono subire. Nel video diceva: preferiresti essere una mucca alla quale viene tolto il vitello appena partorito e viene attaccata costantemente alle macchine in una vita che potrebbe durare 20 anni e che invece dura 4, perché alla fine di quei 4 è talmente spompata, che potrebbe anche cadere a terra, le cosiddette “vacche a terra” e poi viene macellata. Oppure, preferiresti essere un suino all’ingrasso che in Italia deve ingrassare 9 mesi – negli altri paesi europei 6 – soffrendo di cannibalismo e quant’altro, e poi – vita breve – va al macello. Tra queste vite, francamente, non saprei quale tortura sceglierei, ma diciamo che nessuna delle due vite è una vita auspicabile.

Allora come si spiega che anche in questa campagna elettorale chi porta avanti temi legati al risparmio energetico, la necessità di intervenire contro il cambiamento climatico, non sta facendo questo collegamento all’allevamento intensivo? Quindi, come portare l’attenzione politica e pubblica su questo insieme di ambiente e diritti animali?

Per esempio, Eleonora Evi, che è co-portavoce dei Verdi al Parlamento europeo, ha fatto lì tantissime iniziative contro gli allevamenti intensivi. Lei stessa è vegana, ma in questo periodo anche dai Verdi non ho visto alcun tipo di misura proposta contro gli allevamenti intensivi e per la riduzione del consumo di carne. Perché? Perché in campagna elettorale devi prendere voti ed è più facile colpire un grande gruppo energetico che fa extraprofitti e chiederne la ridistribuzione, anziché dire a migliaia di allevatori, ma soprattutto anche a 55 milioni di consumatori: non mangiate più carne. Ovviamente prenderebbero zero voti.

Su che cosa stai lavorando in questo periodo?

Sto lavorando su nuove inchieste nel settore alimentare italiano di cui, per ovvie ragioni, non posso parlare finché non escono. Però, posso dire che sono veramente sconcertanti per i risultati trovati. Sto poi lavorando ormai da quattro anni su questo grande documentario sugli allevamenti intensivi in Europa e i soldi che diamo loro sotto forma di finanziamenti europei. Il fatto che non si parli di questi soldi pubblici che vengono dalle nostre tasche mi ha spinto a dire: ne voglio parlare perché dobbiamo mettere lo stop a questi finanziamenti pubblici. Se venissero tagliati, difficilmente si costruirebbero nuovi stabilimenti di allevamento intensivo.

Giulia Innocenzi è una conduttrice televisiva, una giornalista investigativa e scrittrice. Si è laureata in scienze politiche alla LUISS. Dal 2008 si occupa di Generazione Zero, lo spazio dedicato ai giovani della trasmissione Annozero di Michele Santoro. Nel maggio 2011 pubblica il romanzo Meglio fottere (che farsi comandare da questi) (Editori Internazionali Riuniti). Nel 2012 pubblica il libro-intervista a Margherita Hack La stella più lontana (Transeuropa edizioni). Dal maggio 2014 conduce su LA7, in prima serata, il talk politico Announo. A ottobre 2016 pubblica Tritacarne (Rizzoli). Nel 2017 torna in televisione con il programma Animali come noi, in onda in seconda serata su Rai 2 per 6 puntate. Collabora al programma televisivo Le Iene. Blog di Giulia Innocenzi

2
I cambiamenti climatici nel piatto ultima modifica: 2023-01-26T04:54:00+01:00 da GognaBlog

17 pensieri su “I cambiamenti climatici nel piatto”

  1. Luciano, ti ringrazio. Pero’ c’è un equivoco facile per l’accostamento tra complottisti veri e propri e il sottoscritto. 
    Io non ho mai detto che spargono gas per controllarci, per farci ammalare etc. 
    Ho sempre detto che ho forti dubbi perchè vedo scie che una volta non c’erano (per dirla tutta in tutta la mia vita le ho sempre viste ma si diradavano nel giro di una manciata di minuti).
    Quindi è presumibile che se specie da 6 mesi un anno a questa parte sono presenti scie che si diradano dopo ore puo’ ben essere che facciano queste politiche contro il riscaldamento globale che vanno dicendo e che lo stesso Butac conferma esserci.
    Giovanni Baccolo, mi sembra si chiami così, ha detto che scientificamente non esistono, cioè aerei non emettono scie al di fuori del loro carburante. Questo signore invece ti dice di si. 
    Poi se andiamo ad indagare LO SCOPO allora si questo signore non ha confermato per nulla quello che dicono i complottisti. Ma non l’ho mai detto nemmeno io basta leggere quello che scrivo
    Purtroppo molti qui sul forum traslano quello che dicono i complottisti su di me….io sono avanti 🙂 rispetto ai complottisti :-). 
    ciao
     

  2. https://www.youtube.com/watch?v=lEpsuVyKwGg
    fialmente la prova provata. John Brennan. Geoengineering esiste, lo confermano. Dove è Giovanni che diceva che la scienza non ammetteva le cd scie chimiche. Non parliamo degli altri.. “ah…scie chimiche non esistono”… i Luciani, i Balsami, i Bertoncelli, etc. 
    Poi Pasini sfotte che mi prendo la ragione… 

  3. Pensare di cambiare i comportamenti individuali e collettivi fornendo dati e informazioni fattuali è totalmente illusorio, o almeno può funzionare per una piccolissima minoranza di profili di personalità.  A maggior ragione se si tratta di comportamenti legati a dipendenze di vario genere. A parte la sterminata letteratura in proposito (ultima nata la cosiddetta “economia comportamentale” che studia i processi decisionali in campo economico) basta averci messo le mani una volta sul cambiamento di comportamenti propri o altrui, sia professionalmente che non, per sperimentate l’illusione del “decisore razionale” e sbatterci il muso. 

  4. Ma quante porcate riesci a dire in tre righe?
    Non ne prendi una!
    Inutile. Ma dannoso.

  5. Sono molti di più gli articoli sulla cucina gourmet che quelli su cibarsi di insetti (animali morti anche loro ma forse così brutti che è meglio ucciderli), bistecche sintetiche e costosi piatti vegani a immagine e somiglianza di quelli carnivori.
     
    Questi articoli (cucina e ambiente) si assomigliano tutti e, pur sollevando problemi o gioie della vita, non arrivano da nessuna parte, secondo me.
    I libri poi….

  6. @3
    Tutti i fumatori avrebbero smesso all’istante
     
    Dipende da quale peso relativo attribuiscono all’informazione razionale “il fumo fa male” rispetto al pensiero magico “tanto non capita a me”.
    L’esperienza (di chi di fumo è morto, e pure MALE) non è trasmissibile.
    E comunque, per molte persone e per diversi fattori (ad.es. la nicotina-dipendenza) smettere (definitivamente) di fumare è molto difficile.
    In questo caso la soluzione migliore è non cominciare affatto.
     
    Insomma, non un buon esempio, a mio parere. Potresti provare con chi crede nella Terra piatta 🙂

  7. Ci sono libri interessanti sul tema, per esempio “possiamo salvare il mondo, prima di cena” di Jonathan Safran Foer, e “capitalismo carnivoro” di Francesca Grazioli. Li ho trovati testi di piacevole lettura, ma dove si possono trovare anche dati statistici. 

  8. E’ vero che per un animale da allevamento una vita dignitosa non è contemplata.
     
    Per di più, quando si pensa alle condizioni che accordiamo a quegli animali – che noi ci ostiniamo a chiamare “mucche”, “polli”, “maiali”, ma sono ben lontani dall’obsoleto modello che propone il nostro immaginario), è bene tenere a mente che sono state e sono ancora vissute da molti umani e il solo fatto che ci siamo assuefatti a certe dinamiche e che, normalmente, le vogliamo tenere ben lontane dai nostri pensieri, non significa che siano giuste.
     
    Non vedo come la carne da laboratorio possa essere considerata un fatto positivo.
     
    Credo che per convincere qualcuno a ridurre il consumo delle carni (incluso il pesce) basterebbe una visita di un quarto d’ora in un allevamento intensivo. 

  9. “Credo che per convincere qualcuno a cambiare stile di vita, occorrano anche dati  di facile interpretazione”.
    Capire non conta nulla.
    Tutti i fumatori avrebbero smesso all’istante.

  10. Gentile Giulia Innocenzi, grazie per l’intervista. Sono un profano, ma abbastanza schierato sulla sua linea e vorrei sapere se esistono dati scientifici sulla percentuale di CO2 a livello globale prodotta dagli allevamenti di carne e latte rispetto a quella complessiva. Credo sia alta, ma non ho idea se un 3% o un 30%.
    Mi rendo conto che è un calcolo complesso, anche una stima occorre, ma su base scientifica.
    Credo che per convincere qualcuno a cambiare stile di vita, occorrano anche dati  di facile interpretazione
     
    grazie, marco
     

  11. Non serve essere vegano per rispettare ogni essere senziente.
    Non serve essere frocio per rispettare chi lo è.
    Il discorso della Innocenti è tutto egocentrico, guaio incommensurabilmente superiore a essere carnivori.
    Come la maggior parte delle persone non ne ha consapevolezza.
    Questo sistema produttivista ha generato gli allevamenti.
    Questo sistema ordoliberista, non rinuncerà al profitto.
    Questo sistema non farà nulla per rispettare gli animali e quello che farà non frenerà di un punto la discesa nell’abisso esistenziale in cui stiamo precipitando.
    Finché gli uomini non recuperano il loro legame con l’assoluto, ogni azione sarà compiuta sotto il dominio del male.
    Per esempi, guardarsi intorno e dentro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.