Il prestigio del Premio Marcello Meroni
Per la premiazione di un premio prestigioso era necessaria una sede altrettanto di prestigio. E, in occasione dell’VIII edizione del premio Meroni, questa sede si è finalmente trovata: la Sala Galeazzo Alessi di Palazzo Marino, proprio di fronte al Teatro della Scala di Milano.
In un fine pomeriggio di pura foschia milanese, sabato 14 novembre 2015, sono stati premiati proprio lì i benemeriti della montagna.
Con la regia tecnica di Claudio Bisin, e dopo un introibo di Laura Posani presidente della SEM-CAI (Società escursionisti milanesi), la cerimonia è stata condotta dal sempre brillante Marco Albino Ferrari, scrittore di successo e direttore della rivista Meridiani Montagne.
Ma cosa è il Premio Marcello Meroni? Roberto Serafin lo definisce “una pianticella saldamente innestata nel terreno della solidarietà che in otto anni è cresciuta a dismisura anche e forse soprattutto grazie alla determinazione di Nicla Diomede e di Franco Meroni: lei compagna e lui papà del caro Marcello”.
Marcello Meroni
Scomparso prematuramente il 14 dicembre 2007, Marcello Meroni era un fisico, laureato all’Università degli Studi di Milano con una tesi su stelle di neutroni, appassionato divulgatore scientifico su tematiche di astrofisica, divenuto coordinatore e progettista della Divisione Telecomunicazioni dell’Ateneo. Con questo ruolo aveva ideato e curato alcuni tra i principali progetti di innovazione dell’area informatico-tecnologica dell’Ateneo, tra cui il Regolamento di sicurezza di Ateneo e il servizio hotspot wireless – oggi in uso all’intera comunità universitaria: personale docente, personale non-docente e studenti.
Ma Marcello Meroni era anche un grande alpinista, in particolare brillante ghiacciatore e cascatista. Istruttore nazionale di Alpinismo, direttore del corso di alpinismo e di cascate della Scuola Silvio Saglio della sezione SEM-CAI di Milano e istruttore della Scuola regionale Lombarda di alpinismo, Marcello è stato un punto di riferimento a livello nazionale per metodologia e carisma.
Per gli istruttori e allievi della Silvio Saglio, Marcello “aveva il fascino, arcano e misterioso, che appartiene alle persone speciali. Quelle con cui stai bene e ti senti sereno, ma non sai spiegarti il perché. Quelle con cui puoi parlare di stelle (il suo pane), di musica o cinema, di fisica o letteratura, di surf o vela (eh sì, la vela!), di informatica (ah… linux!)… senza che abbiano mai ostentato alcunché della loro cultura, intelligenza, genialità”.
Quest’anno la giuria era composta da: Nicla Diomede, Massimo Pantani, Tiziano Bresciani, Laura Posani, Dolores De Felice, Franco Meroni, Roberto Serafin, Alessandro Gogna, Antonio Colombo e Giacomo Galli.
Nella sua presentazione, Ferrari coglie perfettamente il significato del premio e la filosofia con cui ha lavorato la giuria. A voce ferma sostiene di essere dell’opinione che la montagna renda “più buoni”. Detto da altri potrebbe sfiorare la retorica, invece lui ci fa pensare che sia come ritornato da poco a questa convinzione, come se mille episodi diversamente positivi, di cui tutti noi abbiamo comunque fatto esperienza, gli (e ci) avessero in passato modificato quell’iniziale ottimismo con cui tutti abbiamo abbracciato la montagna e la sua gente. Ma poi qualcosa lo (ci) avesse fatto tornare sui suoi passi, dopo aver riconosciuto nelle difficoltà che la capacità di commuoversi è la base della solidarietà.
L’ottava edizione del premio Marcello Meroni “riservato a chi, in ambito montano, riesce a essere un esempio positivo” ha premiato Elio Guastalli (categoria Cultura), Annalisa Fioretti (categoria Solidarietà), l’Associazione Ambientalista Mountain Wilderness-Italia (categoria Ambiente), Ivo Ferrari (categoria Alpinismo) e Giuseppe Masera (menzione speciale).
Elio Guastalli. Montagna sicura? Non illudiamoci, la sicurezza dipende solo da noi. Ne è convinto Elio Guastalli che dal 2000 coordina le giornate Sicuri in montagna organizzando incontri con esperti aperti a tutti gli appassionati e ripetendo implacabilmente le linee guida perché la montagna ci sia possibilmente amica. Guastalli, di professione insegnante, è responsabile del Soccorso alpino di Pavia e dell’Oltrepò, Istruttore di alpinismo e, dal 1994, membro del Centro studi materiali e tecniche del CAI. In queste molteplici vesti diffonde con impegno e convinzione quella cultura alpinistica che, come sostiene Massimo Mila nei suoi “Scritti di montagna”, è una delle forme di conoscenza dove più inestricabilmente si uniscono il conoscere e il fare.
Il progetto Sicuri in montagna è nazionale ed è volto a promuovere la prevenzione in tante attività praticate in montagna: l’alpinismo, l’escursionismo su sentieri, l’arrampicata in falesia, la ricerca di funghi, l’attività sulla neve e le ferrate. Gli incontri in tutta Italia sono sempre ben organizzati e riscuotono grande successo nel pubblico degli appassionati. Sono convinto che bene ha fatto Guastalli a puntualizzare che “Montagna sicura” può essere un’illusione per tanti: ma allora, dico io, perché non ribattezzarla già da subito “montagna più sicura”?
Annalisa Fioretti e Ivo Ferrari. Foto: Roberto Serafin (Mountcity.it)
Annalisa Fioretti. Nata a Milano nel 1977, medico, mamma di due figli (la bambina, Clara, particolarmente indiavolata) e alpinista non professionista, dal 2003 si divide tra la famiglia, il lavoro e le spedizioni in Himalaya e Karakorum. Nel 2011 mentre scala il Gasherbrum II 8035 m partecipa a due soccorsi a 6200 m, portando in salvo un pakistano colpito da edema polmonare d’alta quota e un inglese caduto in un crepaccio. Nel 2012 in Pakistan per scalare il Gasherbrum I 8068 m e cercare il corpo dell’amico Gerfried Goschl, incontra Greg Mortenson e la piccola Sakina, bimba con una severa cardiopatia, che riesce, grazie a una cordata di solidarietà, a portare in Italia per essere operata. Nel 2013 raggiunge gli 8450 m del Kangchenjunga 8586 m senza ossigeno e riesce a portare salvi al campo base quattro persone in difficoltà sopra i 7500 m. Nel 2015 mentre si trova al CB Everest per scalare il Lhotse 8516 m viene colpita dalla valanga staccatasi dal Pumori a seguito del terremoto di 7.8 gradi della scala Richter. Gestisce per ore assieme a un collega straniero la maxi emergenza al CB. I giorni successivi arriva a Kathmandu dove si ferma assieme a due amici in villaggi sperduti e non ancora raggiunti da alcuna organizzazione umanitaria, visitando centinaia di persone in pochi giorni. Nel corso dell’ultimo anno si è prodigata in innumerevoli iniziative a favore del Nepal: il ricavato delle serate cui viene invitata e del libro Oltre da lei dedicato a questa e altre esperienze, vengono interamente reinvestiti nei progetti pro-Nepal.
Mountain Wilderness Italia. In un tempo in cui la montagna viene in gran parte considerate come uno spettacolare fondale in cui esibirsi o fare turismo di cassetta, l’attività di Mountain Wilderness è rivolta a moderare gli impatti negativi derivanti dall’afflusso turistico di massa senza mettere radicalmente in discussione il senso stesso della parola “turismo”. Un compito quanto mai gravoso in questo 2015, in cui si annuncia lo smantellamento del Parco Nazionale dello Stélvio, s’inaugura il mega impianto di Courmayeur-Punta Helbronner, si moltiplicano i comuni montani che ammettono l’eliski e in Marmolada si vuole un altro impianto alla vetta già devastata.
Il Premio Meroni vuole rappresentare un doveroso sostegno all’opera di questa associazione ambientalista nata nel 1987 che quindi da quasi una trentina d’anni vive e opera grazie al coinvolgimento entusiasta di tanti appassionati in difesa dei grandi spazi della montagna ricorrendo, quando è necessario, anche ad azioni spettacolari e provocatorie.
Carlo Alberto Pinelli, l’attuale presidente, precisa che non si tratta di un club elitario. Per Pinelli, e di certo non solo per lui, la differenza tra alpinisti ed escursionisti è una distinzione artificiosa, valida solo per chi è interessato alle prestazioni. Anche Marco A. Ferrari sottolinea che la parola escursionista, dal latino ex-currere, racchiude in sé anche quell’attività che noi chiamiamo alpinismo.
Ivo Ferrari. Alpinista bergamasco di tra i migliori italiani, pratica con discrezione un alpinismo di ricerca nelle nostre montagne. Nato a Treviglio nel 1968, accademico del CAI, ha al suo attivo un notevole numero di prime salite e prime ripetizioni su roccia e su ghiaccio, ma anche parecchie invernali e solitarie. Per lui sono di particolare fascino itinerari storici un po’ trascurati dall’attuale ufficialità alpinistica. E per venire a conoscenza di vere e proprie chicche dimenticate occorre leggere molto, girare parecchio e ascoltare gli altri, tutti quelli che gli possono raccontare delle storie.Per i suoi exploit ha ricevuto il premio Pelmo d’Oro e il Marco Dalla Longa. Per lui non esiste bello o brutto, buono o friabile, ma è tutto bello, perché puoi andare e quello è ciò che conta, quella libertà che ti senti dentro. “Sì, sul friabile ti devi fare leggero, ma è bello, così sul ghiaccio, su qualsiasi terreno. Quando hai voglia e vuoi andare e ti muovi a piacimento in libertà: quello è bello, è la passione che ti senti esplodere dentro”. Ed ora, ci confida Ivo, a tutto questo si è aggiunta una nuova sfida: fare cordata con il figlio Dario.
Il presidente del CAI Milano, Giorgio Zoia (a destra) e Giuseppe Masera. Foto: Roberto Serafin (Mountcity.it)
Giuseppe Masera. Tra i maggiori esperti mondiali nel campo della leucemia infantile, già Primario del reparto di pediatria e oncologia pediatrica dell’Ospedale S. Gerardo di Monza, da lui diretto sin dalla sua apertura nel 1983, il prof. Masera si è adoperato nella realizzazione del progetto A ciascuno il suo Everest, che da oltre 10 anni prevede l’avvicinamento alla montagna di bambini colpiti da leucemia e curati presso il reparto di onco-ematologia pediatrica del S. Gerardo di Monza. Il progetto prevede l’accompagnamento, con l’aiuto delle Guide Alpine della valle, sulle montagne e nei rifugi dell’alta Valle Camonica dei ragazzi che, guariti o in remissione dalla malattia, possono gioire e meravigliarsi a contatto con la montagna e provare grande soddisfazione nel trovarsi in situazioni che mai avrebbero immaginato nei momenti bui della malattia. La sala viene informata che ormai la battaglia contro la leucemia si vince nell’80% dei casi e che questa lotta è una grande occasione di crescita per l’individuo. Si cita la parola resilienza, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Questo premio speciale, con la proiezione di un breve ma intenso filmato, è stato vissuto dalla sala come un messaggio di speranza per tutti, sottolineato dalla viva voce di uno dei ragazzini protagonisti, dalla barba ieratica di Masera e dalla buia giornata precedente, la strage di Parigi.
Dopo lo spoglio delle schede del pubblico, la cerimonia si conclude, nello scrosciare dei battimani, con la proclamazione del vincitore del premio del Pubblico, quest’anno assegnato proprio a Giuseppe Masera.
Milano, 14 novembre 2015, i premiati del Marcello Meroni. Da sinistra: Carlo Alberto Pinelli e Giancarlo Gazzola (per Mountain Wilderness Italia), Giuseppe Masera, Elio Guastalli, Franco Meroni, Annalisa Fioretti, Ivo Ferrari, Nicla Diomede e Marco Albino Ferrari. Foto: Roberto Serafin (Mountcity.it)
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