1 commento su “Nuovo Bidecalogo Punto 18. Spedizioni alpinistiche e trekking internazionali”

  1. Bisognerebbe, tanto per cominciare, stabilire cosa è una spedizione commerciale e cosa non lo è, fermo restando che mi chiedo in che termini o in che percentuale una spedizione può definirsi oggi, nel 2015 quasi 2016, “non commerciale” se come avviene nel 99,9% dei casi usufruisce di servizi da parte di agenzie locali. L’idea che “il materiale tecnico usato per lo svolgimento dell’attività debba essere sempre riportato nel luogo di acquisto“ è molto romantica ma priva di senso logico e di utilità pratica. Acquistare prodotti tecnici in Europa ad esempio e transferirli tramite cargo prima avanti e poi indietro dal paese in cui si svolge la spedizione è un pratica poco sostenibile e rappresenta uno spreco inutile. Perché non usufruire di un servizio commerciale di noleggio o prestito a pagamento di una agenzia locale? Gli stessi prodotti (le tende per il campo base ad esempio) possono essere trasportate e installate al campo base, in questo caso quindi al risparmio economico e al minor impatto sull’ambiente si aggiunge uno stimolo alla economia e alla organizzazione locale. Normalmente al noleggio le agenzie tendono ad aggiungere il servizio (cucina e trasporto, ad esempio o servizio guida) questo significa fare evolvere il mercato e combinare l’aspetto commerciale di una spedizione organizzata da terzi verso la fornitura di servizi. Non è questo qualcosa che ha a che vedere con la sostenibilità e lo sviluppo locale, questo? Secondo me sì, perché la rivendita di prodotti ha a che fare generalmente con la pura convenienza economica e la fornitura di servizi con la qualità, invece. Si tratterà casomai di scegliere agenzie o operatori in grado di fornire servizi con un più alto standard qualitativo o in grado di rispettare parametri di sostenibilità verificabili, ovviamente per fare ciò gli alpinisti ospiti devono in taluni casi essere disposti a sostenere costi superiori, cosa che non sempre i viaggiatori e gli alpinisti che acquistano servizi in proprio sono disposti a fare. Le spedizioni commerciali invece – è triste da dire, ma questa è la verità – sì. Infine solo chi continua a pensare alle spedizioni “in quei paesi” con “stile coloniale” può oggi continuare a pensare che la soluzione dei problemi di sostenibilità abbia sempre e soltanto a che fare con i materiali e con l’aspetto commerciale e organizzativo piuttosto che con l’approccio e la gestione delle relazioni con le agenzie o gli imprenditori locali.
    Emilio Previtali, da facebook 16 novembre alle ore 9:23

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