La montagna non perdona se la scambi per luna park

Nell’articolo seguente è un curioso misto di verità e banalità (uffa, questi infradito), ma quello che mi colpisce di più è che sia proprio Filippo Facci a censurare, con la sua peraltro assai divertente scrittura, le questioni daparco giochi.

Sul Reality Monte Bianco, di cui il Facci è stato partecipante (e quasi vincitore), sono state scritte e dette parecchie cose, ma per me il dato assolutamente più negativo è proprio quello “culturale“, l’avere proposto cioè a un pubblico vasto (comprensivo di non avveduti) l’idea che la montagna è interessante solo se vi si vince qualcosa e il suggerimento che degli incapaci in montagna (per definizione) possano cionondimeno competere, con la scusa che sono accompagnati da esperti. In quel programma la colpa difficilmente scusabile è stata anche delle Guide Alpine, perché accettando quel lavoro hanno contribuito a proporre tale cultura: per giunta inutilmente (si poteva escogitare altro) e violando la loro stessa (da sempre predicata) natura e funzione di tutori della prudenza (ora si dice: sicurezza) e dei veri valori dell’alpinismo.

In sostanza, proprio il Reality Monte Bianco è stato grande esempio di come la montagna si possa facilmente ridurre a parco-giochi.

 

La montagna non perdona se la scambi per luna park
di Filippo Facci
(pubblicato su Libero il 30 agosto 2016)

All’apparenza è una strage. Sulle Alpi ci vanno gli alpinisti ma anche i deficienti e i pazzi, dunque generalizzare è impossibile: questo andrebbe a detrimento dei bravi e dei preparati che pure calcolano ogni rischio (e tuttavia muoiono lo stesso, talvolta) mentre eleverebbe al grado di alpinisti anche gli sconsiderati che nessun monito potrebbe fermare, nessuna campagna informativa potrebbe persuadere: la vita è loro e la deficienza pure, inutile accanirsi. Poi, a far casino, ci sono stati i tre base-jumper italiani morti in una settimana (gente che sale le cime, si butta con una tuta alare e poi apre un paracadute) che ha fatto chiedere se il base-jumping fosse improvvisamente divenuto uno sport popolarissimo o se i base-jumper fossero giusto tre, e ora riposino in pace grazie al volo definitivo (Filippo Facci si riferisce a Uli Emanuele, Alexander Polli e Armin Schmieder, effettivamente morti nel giro di nove giorni, NdR). Insomma, un po’ di confusione è lecita, ed è sufficiente a far chiedere a qualcuno: tutto bene, lassù? Ma che vi mettono nei grappini?

Filippo Facci
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All’apparenza, anche in questi giorni, è una strage, Ieri altri tre morti in montagna. Già a metà agosto, sulle Alpi, erano già morti più di trenta alpinisti. I tre di ieri sono precipitati sul gruppo del Rosa dopo che il giorno prima ne erano precipitati altri tre, sempre sul Rosa. Qualcuno è caduto per quattrocento metri dal Pòlluce 4092 m e altri per ottocento dal Càstore, forse per il cedimento di una balconcino di neve (cornice) dal quale guardavano il panorama. Da quanto capito, erano tutti capaci e attrezzati e legati in cordata: se l’è cavata solo uno che era stato male e aveva chiamato l’elicottero da Zermatt, in Svizzera, lasciando soli i due compagni che poi sono morti. A memoria, poi, ricordiamo due inglesi sciammannati sul Cervino, una coppia tedesca, una guida alpina morta sul Monte Bianco (durante una bellissima giornata in cui c’era anche lo scrivente) e un altro sul Gran Combin in Svizzera. Poi un distillatore torinese caduto in un crepaccio sul Rosa, tre ancora sul Bianco per il crollo di alcuni seracchi (sono delle torri o pinnacoli di ghiaccio che si formano tra i ghiacciai) e poi un francese ucciso da una scarica di sassi sul Monviso. Senza contare i numerosi quasi-morti e gli incidenti sfiorati di cui non veniamo a sapere nulla. Sentite questa: il 22 agosto scorso, sotto la Capanna Carrel del Cervino, una cordata di alpinisti ha incontrato un 67enne che aveva incredibilmente trascorso la notte in parete (a 3800 metti di quota) perché il suo compagno l’aveva lasciato lì; il suo amico, cioè, era salito poco sopra alla Capanna e non aveva detto niente a nessuno, tantomeno alle guide presenti al rifugio: pensava che l’amico in qualche modo se la sarebbe cavata. Alla faccia della cordata. È rimasto vivo – portato giù in elicottero – solo perché aveva di che coprirsi e perché il tempo è rimasto stabile.

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Ecco, non è che in montagna sia esplosa un’epidemia di deficienza: è tutto ordinario e terribilmente normale, con la differenza che siamo molto più informati di prima. Sicuramente la deficienza ha sempre nuovi strumenti per spiccare: i bollettini meteo, per esempio, rispetto a un tempo sono divenuti molto più affidabili, perlomeno entro le 24-48 ore: non guardarli significa non avere alibi. Molti, poi, hanno scambiato il soccorso alpino per un taxi volante che ti venga a prendere quando sei stanco o ti fa male la caviglietta, motivo per cui le Regioni si stanno decidendo a far pagare (salati) i soccorsi non strettamente necessari: un po’ come il codice bianco al pronto soccorso. Va messo in conto che a un coefficiente fisiologico di deficienti si costruiscono spesso dei ponti d’oro: la fiammante e Iper-modema Skyway del Monte Bianco – che porta a 3500 metri frotte di turisti che spesso fanno ore di fila – ha prodotto anche un disperante fenomeno di autentici incoscienti che si avventurano sul ghiacciaio del Gigante in infradito, valicano i cancelli, portano i bambini a caso nella neve: non sapendo, colpevolmente, che la morte in un improvviso crepaccio è tra le più orribili e terribilmente frequenti. L’altro giorno una guida alpina valdostana di Sarre, Gianluca Ippolito, ha filmato una famigliola che saltava un pericoloso crepaccio in jeans e scarponcini: ma pare che i candidati suicidi, quel giorno, fossero almeno una cinquantina. Tutta gente che di cartelli e avvertimenti se ne frega e basta: il personale della funivia li avverte mentre salgono, glielo ripete alla stazione intermedia e ancora una volta all’arrivo. Non serve.

Anche tra i cosiddetti alpinisti, magari equipaggiati come per una spedizione sul McKinley, i geni non mancano: una decina di giorni fa il mitico rifugio Torino (Monte Bianco) è andato ai pazzi perché ha dovuto assistere feriti, dispersi e ritardatari che si erano avventurati senza consapevolezza, preparazione, capacità o allenamento: per poi magari pretendere che la funivia funzionasse anche oltre l’orario di chiusura. Gente che scambia la montagna per un parco giochi, per una palestra a cielo aperto, che scambia i rifugi per hotel stellati o per centri di pronto soccorso. Ah, una volta era diverso. O, forse, era diversamente uguale.

Alcune pillole (box nell’articolo di Facci)
630: è il numero dei soccorsi effettuati dal CNSAS, il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, dall’inizio del mese di agosto fino a poco dopo Ferragosto di quest’anno. Un dato, fanno sapere, in linea con il 2015 quando, a fine mese, gli interventi sono stati 1238, e con il 2014, quando ne sono stati registrati 1299.
1400: è il numero degli uomini del soccorso alpino impegnati nelle operazioni. I dati ufficiali parlano di quaranta interventi al giorno, con una impennata nel periodo a cavallo di Ferragosto.
650: dallo scorso maggio a oggi l’elicottero del CNSAS si è alzato in volo 650 volte. 3.000, invece, le ore/uomo per i tecnici del soccorso alpino, che in questi giorni è impegnato anche nelle aree colpite dal sisma.

La montagna non perdona se la scambi per luna park ultima modifica: 2016-09-26T05:44:21+02:00 da GognaBlog

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74 pensieri su “La montagna non perdona se la scambi per luna park”

  1. “Salvatore il mio tono sarà anche aggressivo ma forse questo, che ho scritto, non l’hai letto bene, perchè non ho dato tutta la responsabilità al Sig. Facci e agli altri “concorrenti” della “GARA…” Monte Bianco.
    “Quello che è grave è che a questa cosa si sono prestate delle guide e un alpinista professionista come Simone Moro.”
    Del resto come si può non essere “aggressivi” verso programmi televisivi del genere? ”

    Alessandro nella risposta che ho dato a Salvatore Bragantini non mi sembra di essere andato lontano dal tema che tu dici.

  2. Alessandro,
    Perfettamente d’accordo sul reality e la sua poca o nulla cultura ma l’articolo di Facci riguarda il mettere in guardia eventuali personaggi che vogliano cimentarsi in montagna senza la dovuta preparazione. Che lo stesso si sia prestato al gioco televisivo lo mette solamente in posizione apparentemente incoerente, ma quello che scrive nell’articolo, secondo me, é giusto.
    Potrebbe anche essere che dopo il gioco con le guide, Facci si sia reso conto di tante cose che prima non conosceva e che ha potuto poi toccare con mano.
    Non condannerei così a spada tratta.
    Ci andra giú duro con termini e concetti ma, per me che non sono tanto diplomatico, mi sembra un modo efficace.
    Certo che sarebbe meglio educare piuttosto che bacchettare la gente, ma nello spazio di un articolo su un quotidiano credo si debba essere sintetici e andare al dunque.
    Forse non ho,capito il tema del post.

  3. Dopo 71 commenti possiamo tentare un ricapitolo generale. Sull’articolo ci sono stati tanti commenti, anche interessanti; mi pare però che pressoché tutti siano stati fuori dal tema che ho proposto [“… per me il dato assolutamente più negativo è proprio quello “culturale“, l’avere proposto cioè a un pubblico vasto (comprensivo di non avveduti) l’idea che la montagna è interessante solo se vi si vince qualcosa e il suggerimento che degli incapaci in montagna (per definizione) possano cionondimeno competere, con la scusa che sono accompagnati da esperti. In quel programma la colpa difficilmente scusabile è stata anche delle Guide Alpine, perché accettando quel lavoro hanno contribuito a proporre tale cultura].
    Filippo Facci stesso in verità sul punto ha risposto, ma di fatto poi l’ha girata sulla liceità del “competitivo” in generale (ci mancherebbe che non sia così, specie in ambito alpinistico!): il tema vero era invece quello pedagogico/preventivo, dire se è lecito o meno proporre il metodo della competizione tra incapaci (ancorché assistiti da Guide), considerando che tutti guardano e molti poi imitano (e anche senza Guide).
    In riferimento al Reality, episodi come quello di Arisa che per il gioco veniva calata piangente da una Guida sono per me indegni della professione, anche se non rischiava nulla; certe corse o “conserve” fatte fare ad inesperti su terreno infido non sono accettabili perchè pericolose; una calata veloce in crepaccio fatta fare da una Guida (che non poteva vederlo) a Facci finito a testa in giù ed infortunatosi al polso non è accettabile nemmeno tecnicamente; ecc.
    La gente (specie giovani) guarda e impara, questo era il tema: sia le Guide che hanno partecipato sia Facci che scrive hanno giustificato il tutto per ragioni economiche! Ricordo che la Guida risultata poi vincitrice ha detto che quando vanno in montagna certe cose non le fanno, ma proprio qui è il problema: per ragioni di cassa è stato proposto al pubblico inesperto un invito ad arrischiare malamente, un esempio che purtroppo resterà!

  4. D’impulso 1: Giando santo subito!
    (D’impulso 2 lo scrivo tra poco nel nuovo post sulle notti in rifugio e comunque, capo, ho obbedito)

  5. Cercare di ragionare con Marcello è inutile, partite dal presupposto che se voi dite ALFA lui dice BETA e poco importa se abbiate ragione o meno, tanto non spostate di una virgola il suo punto di vista. Marcello è quel genere di persone che s’impegna ai massimi per risultare antipatica, ne fa un vanto, forse per scrollarsi di dosso la manica di deficienti che ritiene essere la maggioranza delle persone, compresi noi che scriviamo.
    Probabilmente ma non ne sono certo tollera Michelazzi in quanto collega di lavoro (si fa per dire).
    Il fatto è che così facendo alla fine diventa come quei vecchi tromboni che risultano simpatici proprio per il loro continuo brontolamento, alla fine fanno pure ridere. Confesso che ieri sera a pensare a frasi come “La morale caiota e ottusa da alpinisti col paraocchi” mi è venuto da ridere, è una frase veramente comica, ci vuole una mente fervida per concepirla.
    A Marce’ stamme bene che senza de te sto’ blog è na gran rottura de cojjoni.

  6. Marcello, il messaggio da me postato non vuole categorizzare nulla e nessuno. Evidenzia semplicemente un atteggiamento che tutti noi abbiamo, giusto o sbagliato che sia in quanto umano. Se io do del deficiente e del pazzo ad altri devo anche mettermi nella condizione di poterlo fare se no la critica mi arriva di conseguenza. O no?
    Quante volte hai sostenuto che il mestiere di guida alpina lo conosce solo la guida alpina? Innumerevoli! E secondo il mio modestissimo parere a ragion veduta.
    Non confondiamo il sacrosanto diritto ad esporre le proprie opinioni, giuste o sbagliate che siano, con la corretta richiesta di autorevolezza da parte di chi le proprie opinioni le espone. Se uno si esprime con una terminologia forte, sempre a mio modesto parere, dovrebbe anche dare dimostrazione di potersi esprimere in quel modo a prescindere dall’etica e dalla morale. Se tu come guida alpina mi dai dell’idiota perché non so fare le doppie di sicuro non posso considerarti una persona educata ma non posso non accettare la pesante critica per via dell’autorevolezza di colui che me la rivolge.
    Io poi non sono assolutamente d’accordo su ciò che dici in merito al messaggio che deve raggiungere le masse. Le cose si possono dire in tanti modi e non sempre è necessario scrivere Guerra e Pace, basta saper trovare le parole giuste. Per quanto mi riguarda probabilmente sarò noioso ma almeno mi esprimo civilmente e sono disponibile al dialogo, altri evidentemente preferiscono la barbarie.

  7. Che Libero non sia Alpinist , non ci sono dubbi . Visto il livello. Ma anche gli altri quotidiani non sono di certo molto migliori.

    Alpinist a differenza di Libero si rivolge ad un pubblico molto piccolo e più o meno preparato. Quindi Libero ha dei doveri comunicativi ben maggiori visto il pubblico a cui si rivolge. Non tutti hanno la preparazione, le conoscenze, per poter decidere se quanto è scritto su un giornale è una cazzata oppure no.
    Molti prendono per buono tutto, per il solo fatto che è scritto su di un giornale, oppure su internet. Peggio per loro??
    Non mi sembra che debba essere così.

  8. Luigi. B, ben detto!
    E mi sembra pure che Facci nell’ultimo suo post sia stato chiaro, ma evidentemente non ha osannato nessuno dei partecipanti alla chiacchierata e quindi continua a essere visto storto.
    Articoli come quelli auspicati (nel mio profondo, anche da me) non verrebbero presi in considerazione dalla massa dei lettori. Mentre invece punzecchiature sintetiche sono l’ideale per chi salta da un articolo all’altro di un quotidiano. Il messaggio passa eccome.
    Poi l’essere altezzosi, snob o che dir si voglia non é così importante di fronte a un messaggio che se ottiene il mettere in guardia la signora in ciabtte e la sua cricca, dal rompersi le corna, raggiunge lo scopo.
    Libero mica è Alpinist!
    Arioti, gli alpinisti non si dividono in categorie come piacerebbe a te e se Ondra è quello che è sarà perché ha una smisurata fiducia in se stesso, per fortuna. E il grado c’entra ben poco se si parla di alpinismo, ma fa lo stesso, almeno mi faccio capire senza essere troppo noioso (come la maggior parte di quelli che scrivono qui).
    In alpinismo credo che di fiducia in se stessi ne serva molta, non troppa, ma molta si. Non è di certo un delitto, ma forse chi non ne ha abbastanza ce l’ha con chi ne ha di più… mah.

  9. però gente, se vi arrogate la facoltà di stabilire chi è alpinista e chi no, se siete i templari dell’andar per monti, duri e puri a qualsiasi costo, allora bene… Facci per voi non sarà un alpinista ma allora voi non siete comunicatori, quindi mollate tutti i forum, siti internet , social network, specie quelli dove pontificate e insegnate con saccenza il vostro credo. A ognuno il suo, iniziamo a essere coerenti .

  10. La sintesi di Antonio mi piace. Sono le cose che penso ma non ho la stessa capacità di esporle. grazie.

  11. Tento una sintesi, operazione difficile ma credo doverosa. Vorrei limitarmi all’articolo ma diventa pressoché impossibile non coinvolgere l’autore. Spiego il perché.
    Dall’articolo emerge un eccesso di confidence, cioè di fiducia. In questo caso la fiducia è quella che l’autore ripone nei confronti di sè stesso. E’ una evidenza, è ciò che emerge dalla lettura. Magari l’autore non la pensa così ma questo è ciò che emerge.
    Avere poca fiducia in sè stessi è sbagliato ma lo è altrettanto averne troppa. Il tutto va poi contestualizzato. Tradotto in termini alpinistici o meglio ancora arrampicatori. Io posso anche credere di essere come Adam Ondra ma come minimo devo fare l’8a (meglio se a vista), se faccio solo il 6c non posso poi lamentarmi se gli altri mi considerino un gasato.
    Se lo stesso articolo, ovviamente con gli stessi toni e la stessa terminologia, l’avesse scritto Messner (ma anche Alessandro Gogna, Simone Moro e mettiamoci pure Marcello Cominetti e Stefano Michelazzi che sono guide alpine navigate) sarebbe stato ugualmente criticabile ma, in ultima analisi, ritengo che certe considerazioni, le quali hanno spostato il tiro dal merito al personale, non sarebbero state postate. Sarebbe comunque emerso un certo e maggiore rispetto.
    Certi commenti, lo dico col massimo rispetto per chi li ha postati, non sono stati molto furbi perchè hanno impedito a coloro i quali volevano intavolare una discussione seria di continuare ad incalzare l’autore sul piano del merito. Sarebbe bello che queste cose venissero comprese per il futuro ma ho qualche legittimo dubbio, l’impulsività è difficile da controllare.
    Nel merito concordo con Stefano Michelazzi. Manca quel qualcosa in più che sarebbe legittimo aspettarsi e che, almeno per quanto mi riguarda, mi aspetterei da chi scrive per mestiere. La questione dei morti e degli incidenti in montagna dovuti, ma non sempre e forse nemmeno poi così spesso, a comportamenti irresponsabili non può essere liquidata in poche righe e portando degli esempi diventati ormai virali (come quello della solita signora in ciabatte che ormai ci ha scassato i cosiddetti). Se le righe a disposizione sono poche allora meglio lasciar perdere e rinviare la trattazione dell’argomento a momenti migliori.
    Siccome i professionisti della carta stampata contribuiscono come pochi alla formazione delle coscienze credo che gli stessi dovrebbero porre un’attenzione particolare a ciò che scrivono. Purtroppo prendo atto, con estremo dispiacere, che la realtà è ben diversa e che i giornali pullulano di notizie le quali raramente reggono ad un’analisi approfondita dei fatti.

  12. Mah… non si può andare a farsi una scalata in compagnia di un amico dopo una stagione ad accompagnare clienti da est ovest e da sud a nord delle Alpi che ti ritrovi paragonato a Ringo Starr (FIGO! Grazie Marcello!), un post che sembra copiato pari pari dalle litanie di “berlusconi ultimo atto” (sarà colpa dei comunisti… dai che ci sta…) e citazioni da Wikipedia…
    Non dimentichiamo gli inviti alla lotta che condiscono benissimo il tutto!!!
    Facci ha detto cose giuste? Certo che sì… ci voleva poco… non serve essere dei geni per capire che andare in ciabatte a pestare i crepi della Vallée Blanche, magari con cagnolino al seguito o ancor peggio figli in età scolare, fosse piuttosto inetto come comportamento… ma se è così usuale o almeno lo sta diventando, da chi fa giornalismo e quindi comunicazione/divulgazione mi sarei aspettato qualcosina di più, specie dopo le esperienze curriculari citate… come dire : se prima avrei voluto essere, ora che mi considero tale tento di dare il meglio…!
    Poi ognuno è libero di apprezzare ciò che più gli aggrada…
    Scusate ma non posso dilungarmi oltre… ho una paziente che aspetta una diagnosi e siccome il mio migliore amico è un chirurgo ed a me è sempre piaciuto l’ambito medico, vado ad operare a cuore aperto…! Chiamatemi Christiaan la prossima volta grazie!

  13. Cosa c’è che non va nell’articolo di Filippo Facci? In pratica due cose
    1) i toni
    2) la rappresentazione
    I TONI
    I toni non sono condivisibili, troppa enfasi su persone e comportamenti. Tutti sappiamo che a volte le persone si comportano con superficialità ma non è vero che la montagna non perdona. Semmai è vero il contrario, la montagna perdona eccome se no tutti gli alpinisti estremi sarebbero già morti o non avrebbero scampo. E che nessuno mi venga a raccontare di essere pulito perchè qualsiasi alpinista più o meno noto, dal professionista al dilettante, dalla guida alpina all’istruttore d’arrampicata ha fatto in vita sua almeno un’errore degno di nota. Gli è andata bene, tutto qui, non c’è da aggiungere altro. Quindi massimo rispetto per chi la stupidata l’ha fatta e ha pagato, magari con la vita. Dare dei deficienti e dei pazzi gratuitamente è soltanto un modo per farsi notare, per farsi leggere, perchè una scrittura pacata alla Augias è considerata sinonimo di debolezza. Una volta c’erano dei comici che riuscivano a far ridere senza essere volgari, erano dei grandi, oggi se non parli sboccato e non prendi per il sedere pesantemente sembri un lesso. Allo stesso modo i giornalisti e gli scrittori si sono adeguati, così come gli artisti e gli opinionisti (Sgarbi docet), il tutto verso il basso.
    LA RAPPRESENTAZIONE
    La rappresentazione fornita da Facci non è irreale, molto semplicemente non è esaustiva, al punto che il lettore poco informato ne esce ritenendo che la montagna sia un ambiente da cui stare lontano perchè pieno di sconsiderati. In realtà sappiamo che non è così. Alla fine emerge più disinformazione che informazione. A cosa serve sapere il numero degli interventi di soccorso o il numero dei morti? Se dò un’informazione di questo tipo significa che voglio lanciare un messaggio chiaro e il messaggio non può essere che questo “attenzione perchè giocare con la montagna può essere pericoloso, quindi se vuoi fare il coglione stai alla larga”. Il problema è che questo genere di messaggio messo a confronto con immagini pubblicitarie dove si vede il tipo che scia con la slavina alle spalle non raggiunge alcuno scopo pratico. Probabilmente fa solamente presa su coloro i quali in montagna non sarebbero mai andati mentre sul giovane di belle speranze, come si diceva una volta, magari un po’ supponente e che si crede invincibile l’articolo di Facci non fa nessun effetto. Quindi su chi può aver presa l’articolo in oggetto? Forse sulla signora di cinquant’anni sdraiata al sole della riviera o sul borghesotto sessant’enne che si ritiene uno sportivo solamente perchè guarda il calcio in televisione. Insomma se lo scopo è quello di vendere copie agli afizionados allora lo scopo è raggiunto se invece lo scopo è quello di fare vera informazione e cultura secono me non ci siamo proprio.
    La vera informazione, a prescindere dal numero di righe scritte, è quella che oltre a raccontare si pone delle domande e cerca di dare delle risposte. Porsi delle domande è fondamentale. L’opinionista che dà solamente delle risposte, soprattutto se banali, non si confronta con nessuno se non col proprio ego. Invece l’opinione si forma con il confronto continuo, anche coi propri lettori, se no diventa una sterile esibizione di sè stessi.
    Per esempio Alessandro Gogna, con questo blog, dimostra di essere un vero opinionista perchè il suo è un confronto continuo coi partecipanti e le sue idee non sono granitiche anche se avrà come tutti dei punti fermi. Non è una sviolinata ma solamente l’evidenza di come ci si dovrebbe comportare.

  14. Giando non credo che ci siano state solo critiche a Filippo Facci. Per altro quando uno scrive e fa critiche agli altri, deve anche saper accettare possibili risposte non dalla sua.
    Nei commenti, anche se con una certa dose di polemica, sono venuti fuori diversi punti di riflessione. Ma qualcuno ha detto che queste critiche che per me poi sono riflessioni, sono solo “La morale caiota e ottusa da alpinisti col paraocchi” e anche qualcos’altro di veramente fuori luogo!

  15. Questo Blog è infestato da una masnada di vecchi, bacucchi, caiani, moralisti e come dice Facci : “. Boriosi e presupponenti della malora” .

    Dimenticavo….CHIRICHETTI.

    Caro Filippo, con Monte Bianco non hai iniziato proprio bene. Ma se hai continuato ad andare in montagna mi fa solo piacere.
    Buon per te che domani vai sul Bianco. Ti invidio. A me , povero caiano, mi tocca lavorà.

  16. Comprendo però non giustifico, nel senso che il tutto ha preso una piega sbagliata e secondo me a questo punto non se ne esce.
    L’articolo postato da Alessandro doveva costituire un’occasione di approfondimento su una tematica ben precisa ed invece si è finito per focalizzare l’attenzione sull’autore. Quest’ultimo, dal canto suo, sentendosi attaccato sul piano personale (non posso dargli torto), nulla ha fatto per confrontarsi nel merito delle sue considerazioni, svicolando di fatto il problema.
    Risultato finale.. No comment.
    Pertanto, non resta che buttarla in ridere. Se il buon Michelazzi avesse voglia d’intervenire col suo stile ironico e un po’ impertinente mi farebbe cosa gradita 😉

  17. Quando, a diciassette anni, scoprii la montagna e me innamorai, l’alpinismo per me era un’avventura dello spirito: bellezza, purezza, solitudine, fatica, attività fisica, rischio, responsabilità, amicizia, solidarietà, sogno. Per tutto questo incominciai a salire sui monti.
    Vi ricordate il “vecchio” Gaston Rébuffat con i suoi Orizzonti Conquistati? Ecco, per me fu cosí.
    Allora i miti erano Dülfer, Comici, Buhl. Io incominciai con Diemberger e il suo “Tra zero e ottomila”. Quanti sogni nello sfogliare quelle pagine!
    Ora invece abbiamo i “reality” sul Monte Bianco, le volgarità, la folla ebete, l’eliski e uno spit ogni metro. Walter Bonatti si rivolterà nella tomba…

  18. Carissimi, la maggior parte di voi non merita replica perciò io sono un vero cretino ad abbassarmi a replicare: tuttavia voglio lasciare uno scritto per gli uomini di buona volontà, coloro, cioè, che non stanno lì a inventarsi qualsiasi cosa pur di giustificare il semplice fatto che gli sto semplicemente sui coglioni. Le dinamiche internettiane sono quelle che sono, e con certi leoni da tastiera – agnellini dal vivo – c’è poco da fare, se scrivo una cosa di montagna mica posso, poi, mettermi a rispondere a gente che tira in ballo Salvini e Travaglio e il berlusconismo o che dice che mi vuole menare. A chi vuole farlo, io rispondo e ripeto: contattatemi, poi vediamo chi è la fighetta. A Gogna dico questo: il mio rispetto per la tua storia rimane intatto, solo, ecco, certi paragoni puoi anche rinfoderarli: io ho scritto una replica assolutamente pacata e civile (vorrei sapere quanti l’avrebbero fatto) e tu non hai trovato di meglio, alla fine, che scrivere «se riteniamo che stiamo maneggiando spazzatura, allora è meglio indossare i guanti». Ma va a quel paese.
    Dunque ecco qualche precisazione e opinione – mia – per chi la merita, e non sono molti.

    – Gli ascolti televisivi: se un minimo non ne fai, il prima serata non ci vai. Fine. E’ in questo senso che il programma Montebianco è stato un miracolo: milioni di italiani hanno visto (anche) delle bellissime immagini di montagna e imparato qualcosa (sì) e questo in prima serata non capiterà più. Per piacere di qualcuno di voi, infatti, Montebianco non verrà rifatto perché comunque di ascolti non ne ha fatti abbastanza: non ci crederete, ma era un prodotto che si è rivelato troppo elitario. Oh, ma sono certo che in prima serata troverete altri prodotti che compiaceranno le vostre esigenze culturali: è pieno. Come no. Vedrete.

    – Io in un mese (24 su 24, tutti i giorni tutto il giorno, dormendo in tenda) a Montebianco ho imparato cose che con prassi normale avrei imparato in dieci anni: e gratis. La parte più dura e istruttiva infatti è stata quella che non si è vista. Sognavo da una vita di avere queste opportunità che mi limitavo a sognare nella letteratura. Poi la cosa è proseguita perché ho continuato le esperienze, peraltro intensivamente e con la stessa guida alpina. Comunque sono certo che molti voi, al mio posto, avrebbero rinunciato, avrebbero detto: puah, che orrore, condurre della gente in montagna come fanno regolarmente tutte le guide alpine (senza telecamera).

    – L’articolo da cui è partita questa discussione era per un quotidiano nazionale e destinato a un pubblico di non specialisti, ovvio. Perdonate se l’ho scritto io, sono certo che quando leggete i quotidiani nazionali di solito apprezziate la notoria competenza con cui i giornalisti scrivono mediamente di montagna. Se poi l’articolo non vi è stilisticamente piaciuto pazienza, ma anche un cieco – l’ho già detto – vedrebbe che il problema di molti di voi non è stato l’articolo bensì il suo autore. Su questo non aggiungo altro, perché il mestiere non me lo faccio insegnare. Se volete vedere un’altro paio di miei scritti di montagna (magari stilisticamente diversi) ecco qua: http://www.ilpost.it/filippofacci/2015/11/18/simone-moro-alpinismo-montagna/ , http://www.mountainblog.it/redazionale/filippo-facci-intervista-simone-moro/ , https://www.facebook.com/notes/filippo-facci/almeno-guardate-il-meteo/10155199779773009.

    – Eterno dilemma: chi stabilisce che cos’è un alpinista? Voi? C’è un diploma? C’è un livello tecnico o d’esperienza sotto o sopra il quale si può stabilirlo? Che dovrei fare, allegare il curriculum? Facciamo così: se non vi fa schifo, vi dico la mia, come in passato ho già fatto. Allora: tra gli ‘alpinisti’ è pieno di gente che ci tiene appunto a dirmi di continuo «tu non sei un alpinista», come a dire che loro, invece, lo sono. Dopodiché di «alpinista» mi sono state riproposte infinite definizioni. Da quelle più tecniche (una guida incazzosa mi ha scritto che «un alpinista vero è uno che può muoversi da primo di cordata su tutti i terreni, roccia, ghiaccio, misto, neve, che sa sciare, scalare, camminare a un ritmo decente e su un grado decente») a definizioni più concettuali mirate a evidenziare una mia presunta estraneità a un certo mondo. Ecco, la mia presunzione è questa: io, confesso, mi sento un alpinista a tutti gli effetti. E’ una cosa mia, e me la tengo. Mi sento alpinista per le mie origini trentine, per l’alpinismo di mio padre, per la passione ch ho sempre avuto anche senza praticarla, per quando, da ragazzino, prendevo e salivo assolutamente a caso, senza preparazione, senza attrezzatura, senza niente: e bene o male arrivavo in cima con le mie gambe e con moltissima incoscienza. Però sulle vette ci arrivavo, anche se non sapevo nulla di moschettoni, chiodi, imbraghi, nodi, cordate e tutte cose che devono insegnartele. Ero uno dei deficienti che ho criticato nel mio articolo. E, ancor oggi, su coraggio e determinazione sono davvero pochi quelli da cui prendo lezioni: sarò presuntuoso, ma cazzi miei. L’alpinismo per me è un certo rapporto con la solitudine, con la natura, coi propri limiti, con la propria vera essenza, con la relatività dell’essere umani: roba che probabilmente non si può spiegare, anche se, a quanto pare, abbonda la gente che ti vuole spiegare che cosa un apinista non è: Facci, per esempio. Boriosi e presupponenti della malora.
    A tal proposito: credevo fosse uno scherzo quando un giorno mi hanno telefonato e mi hanno detto, più o meno: ciao, ti interessa partecipare a un «adventure game» in alta montagna in cui dovresti convivere con una guida alpina (anche di notte, in tenda) che ti insegnerebbe il possibile e con cui sfideresti altre coppie di partecipanti? Una cosa anche di resistenza fisica, vivendo in campi base senza elettricità, senza telefoni, senza un tetto sulla testa, addirittura senza orologio, senza bagno e senza acqua corrente che non sia un torrente? Una gara a eliminazione con prove anche dure e che per premio finale avrebbe la salita del Monte Bianco? Non l’ho detto, ma per farlo avrei pagato. Poi per voi sarà stata una cazzata, ma non è stata propriamente una cosa per «chiunque»: servivano comunque self control, ottima preparazione fisica, forza di volontà, anche un po’ intelligenza e capacità di interagire con una guida alpina coi controcazzi, senza contare che – lo dico con orgoglio – a parte i primi due concorrenti eliminati, che servivano ad attirare ascolti, c’erano fior di atleti. Per me è stata la tardiva ripresa e prosecuzione di un percorso iniziato da ragazzino. Da allora, da fine luglio 2015, io la montagna non l’ho mollata più. Ho annullato le vacanze al mare. Ho riposato una settimana e poi ho ricominciato, anche se il difetto è che mi piace andare da solo. Ho ricominciato da montagne più basse e ugualmente bellissime vi dirò che ho anche «iniziato» tre o quattro persone alla montagna, piano piano. Seguo un mio percorso dopo un’avventura televisiva. E mi sta dunque un po’ sulle palle, adesso, mettermi al computer e magari ritrovare dei professorini della montagna che mi spiegano che sul Bianco non ci sono davvero andato, che ho diseducato le masse e che il programma non avvicinava alla montagna – s’è visto – e tante altre sciocchezze.

    – Nota tecnica: Quello che qualcuno chiama reality, e che non era tecnicamente un reality, diversamente da quanto scritto da qualcuno, ha di molto accresciuto le domande di accompagnamento guidato. Perlomeno nel Nord-Ovest: sul Nord-Est sono meno informato. Lo preciso perché è vero, non perché mi faccia piacere: a me, anzi, intimamente dispiace, perché – come moltissimi pensano, sono certo anche qui – meno gente va in montagna e meglio è, per quanto mi riguarda. Ammetto la contraddizione tra questo mio pensiero e l’aver partecipato a un programma che port la gente in montagna. La ammetto.

    – Sul Bianco e sull’elicottero. Allora. Anche qui cose che già dissi: se qualcuno vuol sostenere che io e il vincitore Zambrotta non siamo «puramente» saliti sul Bianco, come dire: faccia pure. In fondo non avrebbe tutti i torti. Ho già avuto modo di scrivere, però, che trovo faticoso capire che cosa sia una vera salita del Bianco, visto che, nei vari commenti e forum, ho trovato una decina di definizioni di «vere» salite. Parentesi: ricorderete Tim Macartney-Snape, quell’alpinista che raggiunse la vetta dell’Everest partendo dal mare (dal Golfo del Bengala, 800 chilometri più a Sud) perché secondo lui l’unica vera salita degli 8848 metri era quella. Mi torna sempre in mente. Ogni volta che vedo certa attrezzatura, poi, mi torna in mente Bonatti. Ogni volta che indosso il Goretex, mi torna in mente Kukuczka. Ogni volta che mi si ripete che la montagna non è una gara, mi tornano in mente le sfide infinite e secolari su chi raggiunga una vetta per primo o tutte le gare di corsa in montagna e scialpinismo che ci sono. Lo so che non è davvero il caso di scomodare certe imprese per un programma televisivo come Montebianco, ma è solo per dire che ogni volta che, a proposito di montagna, sento la parola «vero», io mi faccio molto relativista. Comunque io andai al Gonella perché da mesi, per il programma, era in previsione che salissimo da lì. Poi si è rivelato impossibile (quasi per chiunque) per via della stagione calda che aveva reso impraticabile il percorso sino alla cresta, tra saracchi e crepacci. Domanda: ma allora non potevamo salire da un altro rifugio? Risposta: no, perché – a parte che il Gouter in quei giorni era chiuso a sua volta – i francesi non autorizzavano le riprese. Allora ci hanno portato in cresta: dove, esattamente? In un punto dove gli elicotteri atterrano abitualmente (per l’elisky, orrore) e che è situato tra il Pitons des italiens e il Dome, precisamente a 3820 metri. Non è stata lo stesso, dite, una vera salita del Bianco? D’Accordo, va bene, non c’è problema: ma io ho fatto quella, mille metri di dislivello, se poi per voi è una sciocchezza devo confessare che per me non lo è stata: soprattutto dopo quel mese passato in quel modo. Il ritorno in elicottero: certo, non l’ho rifiutato – voi l’avreste rifiutato tutti, ne sono certo – e il ritorno il montagna è spesso il passaggio più critico, figurarsi se non lo so: ma, anche volendo, non c’era molta scelta. Al Gonella, come detto, non potevamo tornare. A piedi, dico. Al Gouter? Era chiuso, come detto. Al Torino? Era lontanissimo. Al Cosmiques? Forse: ma a che fare? A parte che mica decidevo io, quello era un programma televisivo che è culminato in vetta al Monte Bianco: perché dovevamo andare in Francia, quando avevamo una base autorizzata al Gonella? Per i puristi di questo blog? Comunque io sul Bianco ci sono anche tornato normalmente, ma non mi devo giustificare.

    – Perdonate l’amor proprio, ma essendo io folgorato dalla montagna, capita che discuto di montagna con guide alpine (anche note) e l’ho fatto a lungo anche col degradato Simone Moro, perlomeno prima che avessimo un diverbio: evidentemente sono tutti degli imbecilli, gente che sopporta la mia incompetenza e stupidità anziché discutere con qualcuno dei meritevoli commentatori qui presenti, e la cui arroganza incredibilmente supera quella (pur ampia) di cui sono capace. Prendo atto.

    – Torno sul Bianco proprio domani, speriamo che il cervello si svuoti – come in montagna capita meravigiosamente – e che poi, tornato a valle, non torni a riempirsi di malignità e cazzate. Le mie. Le vostre.

  19. morale caiote?
    paraocchi?
    povertà di idee?

    Equilibri decrepiti che ci fanno comodo?

  20. Non vi va mai bene niente.
    Magari Facci é un cazzone (sembra cosi per la maggior parte di voi) , magari no. Non sta a me, e neppure a voi, stabilirlo, ma ha scritto con toni reali e forse crudi che hanno, si direbbe, rotto degli equilibri decrepiti. E che a molti di voi facevano comodo.
    Condividere un’opinione non significa fare il pesce che abbocca ma solo manifestare la propria.
    E sbandierare definizioni dal vocabolario o i corsi Cai come argomenti di discussione di un tema così importante e superiore agli stessi argomenti citati: la consapevolezza del muoversi nella natura, scusatemi ma mi sembra davvero retorica pura e povertá di idee.
    La morale caiota e ottusa da alpinisti col paraocchi fatevela tra di voi. Io mi estrometto. magari vi fa piacere. A me si. Ciao

  21. E allora caro Marcello evviva Monte Bianco che ci ha donato uno Filippo Facci che ci ha aperto gli occhi.

    Dopo 40 anni di montagna, di corsi CAI, ect, ect, mi ci voleva proprio un Filippo Facci.

  22. Disincantato = Pienamente consapevole, attento a percepire l’intima essenza delle cose.
    No, Facci non è disincantato, semplicemente scrive ad effetto come la maggioranza, forse tutti, dei giornalisti. Se fosse disincantato direbbe cose in parte diverse e con altri toni. Marcello vedi di non farti prendere all’amo come un pescione.

  23. E’ vero, un giornalista deve essere sintetico ed accetto la giusta critica per il paragone con lo zero assoluto.
    A volte non serve scrivere dei proclami e il giornalista ha un certo numero di righe a disposizione. Sarebbe bastato utilizzare termini diversi e meno spocchiosi.

  24. Caro Benassi, ti assicuro che di deficienti che rischiano inutilmente e inconsapevolmente la pelle in montagna ne vedo ogni giorno. E sono la maggior parte di quelli ben vestiti, attrezzati e in cordata.
    Quindi lo ripeto: Facci mette in guardia e io lo condivido pienamente in barba a etica, romanticismo e rispetto. La pelle e la consapevolezza del suo valore, senza prescindere da quello che sono i veri valori dell’alpinismo (primo su tutti: portare la
    elle a casa e magari divertirsi nel rispetto del prossimo) sono la cosa più imprtante!
    Facci giornalista dice cose sacrosante anche sul sentirsi alpinisti. Cosa strettamente personale e svincolata dai codici che volete dargli, mi dispiace. E lo ripeto: io ‘sto Facci non so chi sia e neppure mi interessa più di tanto saperlo, ma ce ne fossero di giornalisti così disincantati e che vanno al nocciolo della questione.

  25. Il fatto di essere sintetico non può prevalere sul dire le cose con esattezza. Così si fa cattiva una cattiva informazione oltre che di parte.
    Questo articolo, scritto in questa maniera, non fa altro che alimentare la convinzione che ha l’opinione pubblica su chi va in montagna: dei deficenti che mettono a repentaglio la vita inutilmente.

  26. D’accordo su tutto ma un giornalista che scrive su un quotidiano deve pure essere sintetico e pragmatico e Facci, secondo me lo è stato. Il rispetto umano non c’entra nulla. Allora bruciamo quel capolavoro di Confessioni di un serial Climber di Mark Twight, se lo avete letto. E lo zero assoluto di Kelvin si riferisce alla temperatura, non alla quantitá di elementi/argomenti di una discussione. paragone fallito volendo essere inutilmente assolutista, mi sembra.
    Ogni argomento, se lo si vuole esaurire, andrebbe analizzato a fondo, ma Facci non mi pare abbia voluto fare questo. Ha voluto mettere in guardia informandola una massa crescente di inconsapevoli. E, secondo me, ci é riuscito benissimo. Probabilmente da alpinisti non si é abituati al linguaggio giornalistico spiccio ma si vorrebbe sempre spaccare il capello in quattro per avere ognuno riconosciuta la propria fettina di ragione, ma la realtá é divesra, come Facci ci mostra, appunto.

    Vorrei essere leggero: Facci sta a Elton John come Michelazzi a Ringo Starr.

  27. Caro Fabrizio, il Devoto Oli dice una cosa inesatta e lo sappiamo tutti, immagino anche tu. L’alpinismo non è uno sport e riguardo a ciò ho pure avuto su questo blog uno scambio di vedute alquanto sostanzioso con Marcello Cominetti, Alberto Benassi e Stefano Michelazzi. Allo stato attuale non esiste nemmeno una federazione sportiva di alpinismo.
    E’ però altrettanto vero, l’ho detto e lo ridico perchè ne sono assolutamente convinto, che l’alpinismo possa essere interpretato secondo logiche sportive perchè nel momento in cui ci si allena meticolosamente per stabilire dei record, nonostante vengano meno il contesto sportivo e le precise regole tipiche della loro omologazione, di fatto ci troviamo di fronte a gesti di matrice sportiva.
    Il fatto che Facci possa essere o meno considerato un alpinista è abbastanza secondario perchè le critiche rivolte al suo articolo sarebbero state mosse, nel caso, anche nei confronti di Messner.

  28. Che Facci abbia fatto il galoppino del cavaliere non me ne frega assolutamente nulla, che Facci dica cose vere men che meno, che Facci si professi un alpinista meno del meno. Il punto della questione non è questo e girarci intorno non giova alla comprensione delle cose.
    Il punto della questione è che ci troviamo di fronte al solito articolo il cui livello di approfondimento è di poco superiore a meno 273° (per chi non avesse le giuste cognizioni si tratta dello ZERO assoluto) e come se non bastasse è poco rispettoso nei confronti di chi perde la vita in montagna.
    Sciorinare una lista di morti ed incidentati senza entrare nel merito delle singole dinamiche serve semplicemente ad incrementare nelle masse l’idea che andare in montagna sia da deficienti o, nella migliore delle ipotesi, che solo i deficienti e i pazzi muoiano durante le escursioni. Chi conosce la montagna, e tu Marcello la conosci bene, sai benissimo che ci sono innumerevoli variabili che possono contribuire a rendere fatale un determinato gesto. Sparare a zero, anche se ci possono essere delle valide ragioni, è sinonimo di un atteggiamento supponente che, quello sì, mi fa veramente vomitare.
    Io vado in montagna da quand’ero bambino e non so un cazzo rispetto a quello che sai tu, caro Marcello, ma non mi permetto neanche lontanamente di pensare che coloro i quali muoiono o si fanno male in montagna siano dei deficienti. Quanto meno cerchiamo di fare dei distinguo fra coloro i quali credono di essere dei Bonatti e quelli che invece semplicemente ci provano, come peraltro chiunque (perché se non si prova non si va da nessuna parte e si resta fermi come dei pali della luce), e purtroppo gli va male.
    L’atteggiamento schizofrenico che porta ad incensare chi riesce e a denigrare chi non riesce è tipico di chi è convinto di essere superiore, tipico di chi è convinto che tutto, ma proprio tutto, possa essere racchiuso in una semplice, per non dire semplicistica, legge di causa-effetto percepibile dalle nostre menti limitate.
    E’ questa la cosa che non sopporto: la banalizzazione, la considerazione spicciola, la mancanza di approfondimento, il credere che ogni cosa possa essere ridotta in niente e liquidata con una battutina da quattro soldi. Quelle esternazioni che ricordano il marchese del Grillo “io sono io e voi non siete un cazzo”, che se c’è di mezzo Sordi fanno sicuramente ridere ma che nell’ambito di quella che si spaccia per un’opinione sagace fa semplicemente piangere.

  29. Marcello non si tratta di moralismo ma di RISPETTO umano.
    Uno ci può anche andare duro. Anche ad un bimbo gli si da uno scapaccione sul culo quando ci vuole. E comunque, da persona adulta ed esperta, prima gli si spiegano le cose .
    Ma mica gli si da un cazzotto in mezzo agli occhi.
    L’articolo è rivolta alla massa e proprio per questo non si lanciano solo accuse ma si cerca anche di analizzare il problema dando delle spiegazioni a quanto accaduto. Non tutti gli incidenti sono uguali.
    Hai visto la ragazza che si è schiatata a 170 all’ora perchè distratta mentre si filmava con il cellulare?
    Questa cosa va spiegata, anche con durezza , ma sempre e comunque con rispetto per una vita che non c’è più.

  30. Dal Dizionario Devoto Oli:
    “Alpinista” = Sportivo che pratica l’alpinismo.
    “Alpinismo” = La pratica e la tecnica dello sport che ha come scopo la scalata delle montagne e delle pareti rocciose.

    Quindi Facci può tranquillamente essere incluso nella categoria degli “alpinisti” tout court.
    O no? (forse per molti qui dentro, a meno che si modifichi radicalmente la definizione di “alpinista”

  31. vorrei dire fuori dal coro che non ho la tv e quindi non ho visto montebianco ma facendo la guida non mi scandalizza nulla. siccome sono anche un alpinista, semmai tengo per quell’ambito eventuali nefandezze su cui non essere d’accordo. ma qui non mi sembra ne valga la pena.
    non conosco questo Facci, anche se pensare che abbia fatto il galoppino del cavaliere mi fa vomitare, ma nel suo articolo dice cose assolutamente vere. se rivolto alla massa, come immagino, ha centrato più di un problema anche perché c’è andato giù duro, com’è giusto che sia. Tutti ‘sti commenti moralisti e politicizzati fanno un po’ sorridere e meno male che il capo ogni tanto richiama gli adepti all’ordine.

  32. Anche Messner parlò di: alpinismo di destra e alpinismo di sinistra.

    Demenziale? mica poi tanto.

  33. Luca Visentini ci informa che vuole picchiare Filippo Facci, reo, tra le altre cose, di aver scritto, a suo dire, una dichiarazione per il “bieco” Berlusconi. Peccato mortale!
    Sono numerosi i commenti del nostro Visentini su temi politici in contesti del tutto fuori luogo, per esempio perfino nelle sue guide escursionistiche. Ti ricordi, Luca, gli “spit della Destra edonista” sul Monte Popena? Vuoi rammentare i dettagli a chi qui ti legge? Demenziale!
    Cerca di essere meno sprezzante verso chi ha il torto di pensare in modo differente da te. Cerca di essere piú liberale. Altrimenti qualcuno che non ti conosce potrebbe scambiarti per un fascista intollerante…

  34. Esattamente!!!
    Sulla premessa dico questo, ma poi aggiungo anche che di questi articoli siamo un po’ stufi. Bene perché la montagna non è più assassina, ma è ora di evolvere le notizie in informazione.
    Proprio uno che si professa alpinista dovrebbe andare oltre. Parlare genericamente di 30 morti per cause alpinistiche senza dare una spiegazione sul perché, da parte di Facci lo trovo inutile. Solo per dire “io so” (ma ne siamo sicuri?) a quelli che nulla sanno?!
    Da una persona che sa (sa?) che lì sopra non è un luna-park ci si aspetta di più. Ecco tutto. Se no, ripeto, è solo il fare la sparata per essere letto come i suoi colleghi, che la montagna la vedono solo in televisione.
    In pratica Alberto stiamo dicendo la stessa cosa.

  35. Andrea io ti capisco e condivido ma è i Sig. Facci che deve capire.
    Anche dove scrivi:
    “L’articolo di Facci è il classico articolo per la massa, c’è poco da dire; infatti è stato pubblicato su “Libero” e non su, per citarne uno, “Pareti”. Di conseguenza ne va che per essere letto deve tener conto dei lettori, ove questi nel 90% dei casi non sanno praticamente nulla di incidenti in montagna.”

    Il Sig. Facci non capisce che proprio perchè non scrive su una rivista specializzata ma su un quotidiano che si rivolge a tutti, quindi anche a molta gente che non sa nulla di alpinismo e di montagna, è ancora più DOVEROSO per gente come lui, dare informazioni VERE e fare analisi serie e commenti sensati, basati su conoscenze tecniche e non scrivere bischerate da bar e fare tutto di un erba un fascio.
    Perchè chi è ignorante in materia alpinistica non ha la capacità di capire e mettersi a ridere delle BURLE che scrive Facci. Le prende per buone e ci crede.
    Tiene conto lui dei lettori a cui si rivolge? Non mi sembra proprio. Spara le sue burle , da di deficenti e di bevitori di grappini a tutti.
    Bel modo di fare un articolo che parla di eventi tragici.

  36. Alberto, capiscimi. Il concetto che non voglia entrare in merito a come scrive Facci è proprio per il modo che ha. Sarà forse caduto in basso ma è il suo modo da istigatore e molto probabilmente ci potrebbe essere chi esplicita tale affermazione (in questo caso per il giornalista è chi non frequenta la montagna che parla così, non lui benché siano sue parole) nei riguardi degli incidenti.
    Proprio qui mi piacerebbe che da uno che si ritiene alpinista (anche se per me non lo è ma qualcosa in montagna ha fatto) e fa lo scrittore, il giornalista e l’informatore, rispondesse non con le solite banalità ma stando dietro all’argomento in maniera più specifica e approfondendo più concetti o più casi in modo che anche i profani capiscano.
    Spero d’essermi spiegato meglio ora.

  37. “Per come scrive, grappini o deficienza che vengono fuori, non mi esprimo perché chi conosce il buon Filippo sa che lui è così, un po’ istigatore e un po’ burlone, soprattutto quando c’è la generalizzazione che può portare facilmente a qualsiasi concetto.”

    Un pò BURLONE…??

    Qui si sta parlando della morte di persone. E cosa c’è da essere burloni??

    Il fatto che il Sig. Facci sia un giornalista non gli da mica diritto di dare dei deficenti agli altri, soprattutto quando qualcuno ci ha rimeso la propria vita, anche se a causa di una cazzata, di un errore o di un’imprudenza.

    Non ha mai sbagliato il Sig. Facci??

    Se vuole fare le sue analisi ha tutto il diritto di farle, sempre che ne abbia la competenza tecnica, cosa che ne dubito.
    Ma sempre nel rispetto umano.

  38. Premetto che il mio livello in montagna è infimo e non mi reputo neanche lontanamente un alpinista.
    L’articolo di Facci è il classico articolo per la massa, c’è poco da dire; infatti è stato pubblicato su “Libero” e non su, per citarne uno, “Pareti”. Di conseguenza ne va che per essere letto deve tener conto dei lettori, ove questi nel 90% dei casi non sanno praticamente nulla di incidenti in montagna. Normale quindi che Facci cada nei luoghi comuni, nelle cose dette e ridette, trite e ritrite. Anche grazie a questi articoli si sente parlare molto meno di montagna assassina e molto più di rischio, errore umano, casualità… c’è stata fortunatamente una piccola rivoluzione nel mondo dei non conoscitori.
    Secondo me è giusto che questi articoli si ripetano ancora (magari meno però), perché sento ancora gente parlare senza cognizione di causa, del tipo “se vai a scalare prima o poi muori” o “la montagna non perdona”. Perdona cosa? Che torto ha fatto una persona a una montagna?
    Però c’è una parte di lettori che vivono la montagna, magari da escursionisti o da ferratisti, ove i discorsi vanno ben oltre. Qui l’ignoranza in materia si supera pensando d’avere già il sapere. S’è superato lo scoglio della montagna assassina per arrivare alla stupidità dell’avventore montano che fa le cose pericolose:
    E’ morto perché era da solo
    Non c’erano le condizioni, ho visto fuori dalla finestra quella mattina un grigiume!!! (quando magari erano perfette)
    Con la neve non si va o si va con le ciaspole che sono sicure (?)
    Lo scialpinismo è pericolosissimo (mentre ciaspolare è naturalmente sempre sicuro!)
    Era senza corda
    Erano con la corda e sono caduti tutti
    Prima o poi a quello doveva capitare
    Potrei continuare all’infinito su quello che si sente dire da chi già vive la montagna ma non l’alpinismo.
    Quello che a mio avviso non ci può stare, come hanno detto in molti, che sia proprio l’illustrissimo giornalista/alpinista a scrivere certe banalità.
    Perché lui no?
    Intanto caro Facci ti senti alpinista dentro, beato te, ma non lo sei per il 99% degli alpinisti. Questo non perché tu sei Filippo Facci e stai sulle palle a qualcuno, no!, ma perché non hai fatto ancora nulla per essere definito alpinista. Fare ferrate o essere accompagnato sul Dente del Gigante da una GA non significa essere alpinisti. Se dovessi stilare un CV sulle cose fatte in montagna qualsiasi fesso che va oltre le ferrate si metterebbe a ridere se gli dici che sei un alpinista. Ma questo è uscito poi, qui nel blog… ma ora che si sa, beh, si può tranquillamente includere.
    Quello che non va bene è che il sig. Facci si rifaccia ancora una volta, dopo altri suoi colleghi, alla comparazione per molti di montagna e luna-park però dopo aver fatto un reality più luna-park che montagna. Vabbè, l’ha fatto e ora segue il sogno dell’alpinismo come molti di noi, ma allora perché non riesce a vedere il programma a cui ha partecipato come un “luna-park”, come un gioco in un ambiente dove c’è molto da divertirsi ma poco da giocare? Magari dirlo non sarebbe male! Per la massa sarebbe utile, soprattutto per la massa che segue gli articoli del giornalista o le sue avventure in FaceBook.
    Insomma, dovrebbe aver imparato sulla propria pelle che non si scende in elicottero, e magari fare un paragone dove l’alpinismo è cosa ben diversa da quella vissuta da lui inizialmente. Non basta scrivere che alcuni abusano del servizio taxi volante (che poi ora si paga quasi ovunque), ma visto che proprio lui ne ha abusato sarebbe bene distinguere realtà da reality. Oppure avvisare che prima di lanciarsi all’inseguimento della cima sognata sarebbe bene formarsi, avere la conoscenza sul come si va, come si procede, dei propri limiti e che rinunciare è spesso la cosa più intelligente. Che i record ci sono sempre stati ma se sono dei record un motivo ci sarà e bisogna farlo capire. Lei come scrittore che ora s’è avvicinato alla montagna potrebbe far passare questi concetti, ha sicuramente la capacità di scrittura per farlo. Una bella frase poteva essere “ehi ragazzi, quello che ho fatto a MonteBianco non è quello che succede realmente!”, semplice, senza tante menate e spiegando il perché.
    Una saliente lista di incidenti in montagna non serve a niente e a nessuno, anzi, serve solo a vendere la notizia. Ma da vendere una notizia al fare informazione ne passa. Abbraccio decisamente le parole di Giando, che riprendo: “non se ne può più di questa superficialità di analisi perché poi chi non è del mestiere si fa delle idee che sono lontanissime dalla realtà. Quello che mi aspetterei da un giornalista, da uno scrittore, insomma da persone che teoricamente dovrebbero essere più informate sui fatti di quello che può essere l’operaio, il commerciante, l’artigiano, ecc., è un’analisi dettagliata e approfondita delle cose perchè se deve ripetere a pappagallo le frasi fatte degli avventori dei bar allora significa che non sta’ aggiungendo assolutamente nulla. In ciò che scrive non c’è nessun valore aggiunto. “
    Insomma, alla fin fine, per parlare della pericolosità della montagna, dei rischi, degli incidenti, sarebbe ora di dare un taglio agli articoletti da due soldi, limitarli, e di cominciare a prendere seriamente coscienza di quello che accade!
    Caro Facci, è un ottimo giornalista, ma basta scrivere banalità sulla montagna; e non mi rivolgo solo a lei, ma spero che in molti di quelli che si sobbarcano l’informazione per le attività svolte in quota (e che possono andare oltre agli articoletti) ci sia più attenzione e meno superficialità, più contenuto e meno ovvietà, più concetti e meno sciocchezze.
    Per come scrive, grappini o deficienza che vengono fuori, non mi esprimo perché chi conosce il buon Filippo sa che lui è così, un po’ istigatore e un po’ burlone, soprattutto quando c’è la generalizzazione che può portare facilmente a qualsiasi concetto.
    Però se posso, faccia attenzione a definirsi alpinista. Sono in molti che si definiscono tali ma poi alla fine sono solo come me (o anche peggio), ovvero “i mone della domenica”. Si ricordi, a essere alpinista non si vince nulla!

  39. Cari Nicola Montanari e Alberto Benassi, avete assolutamente ragione a dire che nell’articolo di Facci si parla ripetutamente di deficienti e deficienza. Tra i vari motivi per i quali ho scelto di ripubblicare quel tra l’altro non più recentissimo pezzo, c’è proprio l’evidente mancanza di rispetto.
    Il post diciamo così “iniziale” è provocatorio, ma ritengo stia a noi evidenziarlo e soprattutto non metterci a quel livello. E’ questo lo sforzo che vi chiedo e so bene quanto è difficile. E’ come dire: se riteniamo che stiamo maneggiando spazzatura, allora è meglio indossare i guanti. Se poi si venisse a dimostrare in qualche modo che di spazzatura non si tratta, allora ce li toglieremo.

  40. ” Insomma, un po’ di confusione è lecita, ed è sufficiente a far chiedere a qualcuno: tutto bene, lassù? Ma che vi mettono nei grappini? ”

    Proprio un bel commento.

    Un giornalista può e deve commentare ma sempre nel rispetto della persona che purtroppo, per errore o per fatalità , ci ha rimesso la vita.
    Parlare di “grappini” non è rispettoso per nulla.

  41. Alessandro nell’articolo di Facci si parla ripetutamente di deficienti e deficienza. E’ vero che non ci si dovrebbe mai mettere sullo stesso piano però se si scrive in un certo modo non si può poi pretendere che dall’altra parte si usi il fioretto.
    Se proprio vogliamo dirla tutta ritengo che nei confronti di chi perde la vita in montagna o incappa in incidenti bisognerebbe portare maggiore rispetto, anche se a volte tutto questo si verifica per errori evitabili.

  42. Molto semplicemente devo richiamare all’ordine. Questo blog non vuole proprio, anche se talvolta come in questo caso ci si avvicina, essere una palestra di pugilato, un duello di sputi o un plotone di esecuzione. Ricordo a tutti che è sempre meglio rimanere nel tema. Non cancello alcuni degli ultimi commenti solo perché ho un residuo di pigrizia… Grazie a tutti per la comprensione.

  43. Io invece lo sfottò di Bursi lo trovo divertente. E poi lui è un alpinista coi controfiocchi.
    A Giando risparmio i mille nessi che intercorrono tra l’avvento del berlusconismo, la cui sottocultura è tuttora diffusa e ci accompagnerà ahinoi a lungo, e lo spettacolo MonteBianco.
    Ah, per autostima guerrigliera, sono stato io a definire per primo la montagna (le Dolomiti nel mio caso) sempre più un “luna park”.

  44. caro Bursi,
    con il massimo rispetto per Stefano, ma non ho mai fatto il chirichetto , nemmeno da bimbetto, e nemmeno il seminarista!
    Se Facci si vuole definire alpinista , libero di farlo.
    Per me non lo E’ !!
    E penso proprio di essere libero di dirlo.
    Quanto al sacerdote, io non lo sono di nessuno. Te non lo so…?

  45. …azz! Ho fatto confusione nella lettura dei commenti?? Toglietemi tutto ma non l’appellativo di Alpinista…
    Buona montagna e scalate a tutti anche a Stefano, anche a Filippo, anche a Jacopone che se ne sta in silenzio nel suo antro della Valdimello!

  46. La congrega degli alti sacerdoti del Gogna Blog ha deciso che tu Filippo Facci non hai il diritto di appellarti Alpinista. Sebbene tu stia frequentando la montagna, le tue passate frequentazioni ti rendono colpevole di Vilipendio dell’Alpinismo. Colpa gravissima su cui il Tribunale della Santa Inquisizione (presieduto dal reverendo Stefano Michelazzi, con Alberto Benassi capo-chierichetti) deciderà la tua pena.
    Temporaneamente, per le continue allusioni a MonteBianco, il GognaBlog decide ti toglierti il TU e passare al LEI, essendo il TU riservato ad Alpinisti di comprovata fede.
    Il Tribunale della Santa Inquisizione agirà velocemente per evitare che frange estremiste guidate dal guerrigliero Luca Visentini possano farsi giustizia da sè. Contemporaneamente il Tribunale della Santa Inquisizione intima a Salvatore Bragantini di non scostarsi troppo dalla dottrina ufficiale dell’Alpinismo.

  47. In effetti siamo andati un po’ fuori tema, cosa normale, e secondo me anche interessante, in un blog.
    Non è per voler fare il solito personaggetto politicamente corretto ma solamente per una questione di coerenza che ci tengo a sottolineare di non avercela con Filippo Facci in quanto persona. Non lo conosco se non per averlo visto in TV e per aver letto alcuni suoi articoli. Pertanto, mi limito all’articolo e al suo contenuto.
    A parte quanto già evidenziato relativamente ai numeri, che non contesto in termini di valore assoluto bensì relativo, quanto scritto da Filippo Facci è paragonabile alle esternazioni che si fanno nei bar di paese (non che nei bar di città sia poi meglio). Si tratta di un’accozzaglia di considerazioni che in definitiva non hanno né capo né coda. Vanno bene per quelle riviste che si leggono dal barbiere o dalla parrucchiera mentre si aspetta il proprio turno. Ciò che rimprovero a Facci, e lo faccio a maggior ragione visto che è un giornalista e quindi con la penna, o meglio con la tastiera, dovrebbe avere una certa dimestichezza, lo rimprovero spesso e volentieri anche agli utenti di questo blog.
    Non se ne può più di questa superficialità di analisi perché poi chi non è del mestiere si fa delle idee che sono lontanissime dalla realtà. Quello che mi aspetterei da un giornalista, da uno scrittore, insomma da persone che teoricamente dovrebbero essere più informate sui fatti di quello che può essere l’operaio, il commerciante, l’artigiano, ecc., è un’analisi dettagliata e approfondita delle cose perchè se deve ripetere a pappagallo le frasi fatte degli avventori dei bar allora significa che non sta’ aggiungendo assolutamente nulla. In ciò che scrive non c’è nessun valore aggiunto.
    La montagna come luna park.. Sono anni che ormai si usa tale terminologia ma forse sarebbe il caso di cominciare a chiedersi seriamente cosa ci sia dietro e invece cosa leggo (non solo da parte di Facci)? Solo ed esclusivamente della gran retorica. E per fortuna che nell’articolo non sono state sbattute dentro parole come soldi, avidità, potere, politica marcia, ecc., perchè in caso contrario avremmo veramente fatto filotto.
    Onestamente sono arcistufo, e l’ho già detto in più occasioni, di leggere cose trite e ritrite senza un minimo di approfondimento teso ad entrare nel merito delle dinamiche individuali e collettive. E sono anche arcistufo delle solite generalizzazioni, di tutta questa impreparazione strombazzata ai quattro venti, come se gli alpinisti del passato andassero in montagna dopo aver preso la laurea in alpinismo e affini.
    Certe cose sono sempre esistite con l’unica differenza che una volta a farle erano quattro gatti e c’era ben altro a cui pensare, con un’informazione completamente diversa. Prima di parlare di deficineti e di pazzi forse sarebbe il caso di entrare nel merito perchè non tutti gli incidenti sono uguali e sappiamo benissimo quanto incida il pericolo cosiddetto oggettivo. Invece alla fine si finisce sempre per parlare dei soliti casi eclatanti ma numericamente irrilevanti, tipo la solita signora in ciabatte, probabilmente sempre la stessa da anni, recuperata dall’elicottero di turno (per fortuna non è citata nell’articolo di Facci). Ma puttana eva, quanta volte si sarà verificato un recupero del genere? Quante sono le persone che vanno in montagna in ciabatte, fermo restando che esistono anche i sandali da trekking? E allora basta! Finiamola una buona volta e guardiamo in faccia la realtà, parliamo seriamente di cose serie e lasciamo soprattutto che a parlare siano coloro che la montagna la vivono veramente, meglio se da professionisti o quantomeno da dilettanti coi controglioni.

  48. caro Sig. Filippo Facci che lei si paragoni ad un alpinista è un’offesa per tutta la categoria.
    Ma come istigatore di cagnara e provocatore è un vero professionista.
    Ci stiamo cascando in diversi nel suo giochino. ma del resto non si può mica sempre porgere l’altra guancia.
    Forse anche lei come San Paolo, sulla via di Damasco, ha avuto qualche visione e poi ha scritto l’articolo…?
    Dall’ultima risposta che ha dato non mi sembra proprio.
    Chi è nato in un certo modo: ci cresce, ci invecchia e ci muore.

  49. Per Fabio Bertoncelli:
    Salvini non è come i cavoli a merenda nel senso tradizionale del paragone popolare… a mio avviso (c’è chi la pensa diversamente e si vede…) è un esempio piuttosto lampante di un soggetto che 50 anni fa avrebbe avuto problemi a trovare lavoro come manovale di terza classe ai magazzini generali, oggi invece ci sono diversi italiani che lo acclamano malgrado spari a zero, spesso raccontando balle come si è diverse volte appurato, senza alcuna cognizione di causa (si trovano ancora in rete diversi video relativi ad alcuni suoi clown-show al Parlamento europeo dei quali non avere vergogna può soltanto essere indice di una sottocultura arrogante e beota).
    Ma qui scendiamo in argomenti che esulano dall’articolo perché si dovrebbero oltretutto analizzare diverse figure di spicco politico italiano multi-partisan…. il concetto del perché secondo me non è fuori luogo credo di averlo espresso.
    Mi scuso per la brevissima fuoriuscita che magari non sarà da tutti gradita.

  50. Peace & love? Stocazzo! Facci è quello che ha scritto il testo letto da Silvio Berlusconi in televisione per autoassolversi e dare opportunisticamente contro a Travaglio (e non è che quest’ultimo mi sia proprio simpatico). Il pulpito? Certo, mi basta. E oltre alla forma volete la sostanza, la montagna? Beh, se lo incontro lassù, visto che va anche da solo, lo meno.
    Censuratemi pure.

  51. Per Stefano Michelazzi.
    Qui si sta discutendo di Filippo Facci e di alpinismo. Che cosa c’entra Salvini?
    Per favore, cerchiamo tutti di non andare fuori tema. Grazie.

  52. Che cosa sa Filippo Facci di alpinismo? Nulla. Il suo unico scopo è quello di fare “cagnara”, in modo che si parli di lui. Negli anni è peggiorato: prima era (forse) un giornalista, ora è una macchietta degna di partecipare al Grande Fratello.

  53. Quello che mi fa “sorridere” è che il Sig. Facci adesso scrive un articolo contro il luna park montano che lui stesso ha contribuito a pubblicizzare.

  54. Alessandro, hai ragione, peace and love non è il messaggio giusto, volevo richiamare quanto scritto da Stefano, che difatti mi dice di non rubargli le parole. Il finale appropriato è il richiamo alla civiltà della discussione, nella quale è giusto che ognuno dica quanto pensa, basta che rispetti le opinioni altrui, pur controbattendole.
    Questa è la “chiave” del Gogna Blog, e tale dobbiamo assicurare che continui ad essere.
    Alberto, sul fatto che il reality fosse diseducativo non ho dubbi, ho detto che non mi pareva necessario ripetere perché lo è; certo, l’ascesa al cielo in elicottero dalla cima del Bianco, Himmelfahrt, anzichè la discesa che ogni alpinista deve fare e che è parte integrante dell’esperienza alpinistica, mi pare ne sia l’epitome perfetta!

  55. Salvatore il mio tono sarà anche aggressivo ma forse questo, che ho scritto, non l’hai letto bene, perchè non ho dato tutta la responsabilità al Sig. Facci e agli altri “concorrenti” della “GARA…” Monte Bianco.
    “Quello che è grave è che a questa cosa si sono prestate delle guide e un alpinista professionista come Simone Moro.”
    Del resto come si può non essere “aggressivi” verso programmi televisivi del genere?
    Questi programmi sono AGGRESSIVI! Lo sono perchè lanciano messaggi falsi, pericolosi e che tutti si possono permettere di fare tutto.
    Basta vedere il fatto che dalla cima del Bianco sono scesi con l’elicottero.
    Io ho sempre saputo che l’ascensione non finisce in vetta ma quando si ritorna alla macchina.
    Questo messaggio non è aggressivo?
    Io penso proprio di si!
    Perchè questa trasmissione non l’ha vista solamente chi è esperto e di conseguenza si può fare una risata per la cazzata o s’incazza per la mancanza di rispetto della montagna.
    Ma la vista anche tanta gente che di montagna non mastica nulla e siccome la vede in televisione e siccome ci sono anche delle guide (professionisti) , si convince che hai monti ci si può andare anche così.
    Ma a questa gente di questo non frega nulla. L’importante è fare ascolto, vendere, muovere soldi.
    E poi gli aggressivi siamo noi…

  56. Salvatore probabilmente ti sfugge qualcosa?
    L’articolo non è sul reality ma su una sempre crescente lista di incidenti (a quanto sembra… ma sarebbe da valutare in base alle stime reali e proporzionali soprattutto…) e su un modo di affrontare l’ambiente alpino che, almeno in certi casi, è inadeguato.
    Il reality è un termine di paragone, in quanto si era ben capito prima che finisse, che il messaggio lanciato nel cosmo della massa non era dei più adeguati se si voleva ottenere un risultato di coscienza collettiva nell’affrontare le difficoltà implicite anche in una passeggiata montana… e guarda caso l’articolista è stato uno dei protagonisti…
    Inutile poi sparare sui “ponti d’oro” (“Va messo in conto che a un coefficiente fisiologico di deficienti si costruiscono spesso dei ponti d’oro: la fiammante e Iper-modema Skyway del Monte Bianco”) che sono stati messi in piedi dagli stessi che hanno voluto lo show televisivo… i due messaggi sono paritari… e non è la nuova funivia che ha prodotto quell’afflusso di masse senza la minima percezione di ciò che sta loro intorno, la funivia a Punta Helbronner c’era già da un pezzo… ma tutto il movimento mediatico che vi ha girato attorno compreso lo show girato negli stessi ambienti… perciò non vedo ne aggressivo né offensivo (termini come deficiente qui sul blog nessuno li ha usati) affermare che non sia Facci il pulpito adatto alla predica…
    E NON RUBARMI LE BATTUTE!!!
    PEACE AND LOVE

  57. Caro Facci, mi ha fatto assai piacere che tu direttamente sia intervenuto in questa discussione. Ricordo bene il nostro confronto a Cervinia i primi di agosto scorso sullo stesso argomento. Ma veniamo ai tuoi punti.
    Al punto 1) ti lamenti giustamente del “giudicare un articolo non per il suo contenuto bensì per il suo autore“. Concordo pienamente e mi auguro che i commenti futuri rispettino tutt’altra regola.
    Per quanto detto nel punto 2) trovo assolutamente rispettabile fare la propria esperienza in montagna e non importano la difficoltà o la facilità di quanto intrapreso: ciò che importa è la propria voglia di fare e di sentire.
    Arrivo al punto 3), certamente il più delicato. Tu consideri come “inevitabile” (per gli ascolti) “la solita formula del vincere/perdere e dell’eliminazione“. E’ vero che non ho “escogitazioni geniali”, ma di certo in quell’occasione non sono stato io a proporre la “caccia al tesoro in montagna”. Al nostro incontro a Cervinia erano presenti anche altri. Ricordo bene di come parlai di possibili squadre che “ricostruissero”, cioè recitassero famosi episodi della storia dell’alpinismo sul Monte Bianco: con una giuria che li avrebbe poi giudicati. La “sintesi” di questa mia idea è stata poi formulata in prima battuta da Roberto Rossi: “caccia al tesoro”. Ma di quale tesoro ho parlato? Non capii allora e continuo a non capire. Di certo comunque il mio mestiere non è e non è mai stato quello di inventare giochi di nessun tipo.
    Non mi metto neppure a contestare se quanto affermi relativamente agli stimoli dati alla frequentazione della montagna sia corretto a meno. Preferisco non giudicare le motivazioni degli altri. Di certo però se le motivazioni sono quelle delle vincite e del godimento epicureo, continuo a giudicare l’esempio del Reality Monte Bianco assai negativo. E la montagna (comprensiva del suo indotto economico) non ha bisogno di gente così motivata se vuole perseguire uno sviluppo che sia davvero sano e non drogato di consumismo e moda.
    Mi fa sinceramente piacere che tu abbia proseguito da solo la tua ricerca alpinistica. Più gite, escursioni e scalate farai con i tuoi mezzi e più vedrai che si affievoliranno le tue motivazioni a difesa dell’esperienza da te vissuta due anni fa.
    E veniamo al punto 4). I competitivi ci sono, ma non sono la categoria prevalente. Certo che Montebianco è accusato di aver fomentato quella categoria. Certo che “c’è gente che «corre» guardando l’orologio, che per prima cosa ti chiede quanto ci hai messo, che appare di fretta in salita e in discesa, che compila relazioni improbabili e financo comiche in cui tutto è classificato relativamente ‘poco difficile’ e fattibile in un’ora (quando Ueli Steck ne impiegherebbe due) e il tutto naturalmente in ‘divertente arrampicata su simpatiche roccette’“. Tutto vero, ed è proprio contro questa mentalità che io combatto da una vita, dopo aver naturalmente tentato di risolvere i miei conflitti interni (e ancora oggi non so neppure se ci sono riuscito)… Tu concludi dicendo che è così, “piaccia o meno”.
    Beh, a me (e a tanti altri) non piace. Consideriamo i “competitivi” come braccia rubate all’alpinismo, ce ne dogliamo e vorremmo che si convertissero. Non smetteremo mai di lottare. So bene anche come la competizione allontani da quel naturale “sentire” la montagna che tiene distanti le disattenzioni e gli incidenti. Se sei interessato a quest’argomento (rapporto pericolosità-competizione) puoi trovare molta documentazione in giro: un bel po’ di articoli anche su questo blog (basta digitare competizione, sicurezza, pericolo, ecc).
    Infine una considerazione (non rivolta a te, Filippo): Peace and Love mi pare che lo si usi un po’ a casaccio e a sproposito. Più che altro direi che si può vivere in pace senza l’ammucchiata dell’amore universale. A me sembra che ogni volta che si usa la parola Love in contesti vari s’incrementi il depauperamento del suo valore, soprattutto nel caso di un uso beffardo. Ma tant’è…

  58. Non conosco Facci di persona e nemmeno so chi sia, capisco dal tutto che è personaggio noto; ho visto un paio di puntate della trasmissione incriminata, che non mi è per nulla piaciuta per motivi che non è necessario ripercorrere. Ciò detto mi pare che molte reazioni siano un po’ sopra le righe; non condivido proprio tutto quanto Facci dice, ma non trovo nulla di così grave. In definitiva gli rinfacciamo di aver partecipato alla trasmissione; come dicono i ragazzi, “Ci può stare”, ma allora dovremmo prendercela prima di tutto con i “veri alpinisti” (ma chi sono e chi lo determina?) che hanno allestito e partecipato alla trasmissione, prima che con lui.
    La sua risposta, infine, mi pare civile. Evitiamo di trasformarci quando siamo su Internet, diventando aggressivi, così come troppo spesso facciamo quando ci sediamo al volante delle nostre scatole metalliche. Se ci sarà una cosa buona nelle auto senza guidatore sarà la sparizione dell’aggressività verso gli altri…
    PEACE AND LOVE

  59. Egregio Filippo Facci (egregio in alpinismo di solito non si usa… si vede che i tempi cambiano e alpinista si può definire chiunque salga una collina situata nell’arco alpino… un tempo non era così e purtroppo io sono legato a certi parametri… altrimenti si può dire che la matematica è opinione allo stesso modo…), se ostentassi astio con qualcuno, intendo personalmente, emozione che non mi appartiene in ogni caso, l’ostenterei nei confronti di un qualcuno che conosco, non certo a chi ho conosciuto soltanto attraverso uno schermo tv durante la puntata di uno show (attenzione eh.. show, non programma culturale… tanto per capirci sui temi…) guardata per impegno sia di ordine personale (non si parla se non si conosce l’argomento), sia per motivi di successiva critica di tipo giornalistico, quindi direi che il punto 2 è concretizzato avendone toccato i due punti salienti.
    Ma torniamo in testa ai punti che basterebbe a spiegare un po’ tutto:
    se si dovesse giudicare una diagnosi su un disturbo di salute basandosi sui parametri della vicina di casa che aveva un disturbino molto simile parrebbe piuttosto inquietante come atteggiamento non trova…?
    Basarsi quindi in termini anche culturali sui punti di vista di un frequentatore turistico dell’alpe non si differenzia poi molto…
    Non che ogni punto di vista non rivesta un’importanza, questo è certo, ma sicuramente vi sono diverse migliaia di opinioni in merito che (e questo sempre per amore di una cultura che non sia viziata dal gioco del business/marketing) suonerebbero esponenzialmente più autorevoli e basate su una cognizione diretta della situazione e potrebbero essere sviluppate nella divulgazione in modo diverso rispetto allo stile intelligente/imbecille che al fine suona più o meno come “se ce la fai sei bravo sennò sei scemo!”… caratteristica già espressa dal reality che non ha certo aumentato le richieste di accompagnamento guidato, quindi con coscienza nell’affrontare un rischio ignoto ma tutto il contrario come si è potuto notare non solo nei pressi della Skyway ma un po’ ovunque nelle zone alpine più facilmente raggiungibili.
    E anche il 3) ed in parte il 4) sono esplicati.
    Sono d’accordo appieno invece sul fatto che esista ormai in essere una ricerca di alpinismo in termini di velocità a tutto campo e almeno da parte mia non è apprezzato perché si tenta in questo modo di portare lo stress degli ambienti urbanizzati in territori che non dovrebbero soffrirne ma anche in questo caso non sono d’accordo sul colpevolizzare puntando l’indice. E’ certamente una condizione conseguente alla deriva socio-culturale della nostra società ed anche in questo caso ci si dovrebbe fare un esame di coscienza (tutti intendo) per capire quali atteggiamenti abbiano portato a questo e come fare per cambiare rotta… non certo bastonando chi sbaglia visto che secoli di storia insegnano quanto sia sbagliato il metodo…
    Senza astio né rancore
    Distinti saluti
    PEACE AND LOVE

  60. Sig. Filippo Facci che lei sia un ALPINISTA ho molti dubbi.
    Quanto al programma Montebianco da Lei INTERPRETATO e definito “un miracolo” me lo faccia dire : è stato solamente una grande OFFESA all’alpinismo oltre ad essere un messaggio falso e pericoloso!

    Ma bisogna fare gli “ASCOLTI” poco importa se si raccontano delle palle, se la lanciano dei messaggi sbagliati. Sono gli ascolti che contano.

    Complimenti… per la salita (quasi) alla vetta e il ritorno in elicottero.

    Poi dopo ci si chiede come mai la gente affronta impreparata certe ascensioni, tanto c’è il cellulare e si può chiamare l’elicottero per ritornare giù.

    Quello che è grave è che a questa cosa si sono prestate delle guide e un alpinista professionista come Simone Moro.

  61. Non capisco tutto questo astio nei confronti di un articolo che dice cose note, arcinote, comunque vere.
    Ho incontrato il Sig. Facci durante un’arrampicata in zona piani di Bobbio parecchi mesi fa (noi andavamo ad arrampicare, lui era solo ci è parso di capire…) Ovviamente l’ho incontrato per modo di dire: io sapevo chi era lui ma non viceversa.
    Se la sua esperienza col reality in quota è servita a farlo avvicinare al “nostro” mondo mi fa solo molto piacere-
    Benvenuto! :-))

  62. Io non disprezzo il “pulpito” in quanto tale. Evidenzio solamente che chi partecipa ad un programma come il Montebianco perde di credibilità. Ma questo non riguarda soltanto il sig. Facci, che peraltro ho avuto modo di apprezzare in altre circostanze e con riguardo ad altri argomenti, bensì tutti coloro i quali hanno preso parte al programma citato. Tanto per allargare la platea, non mi pare che un Simone Moro ci abbia fatto una bella figura. Quindi se oggi dovessi leggere un articolo si Simone Moro inevitabilmente mi ricorderei la sua partecipazione a Montebianco e, quindi, qualsiasi cosa dicesse verrebbe da me vagliata anche sulla base di ciò.
    Dispiace ma è così, ci sono cose che lasciano un marchio di fabbrica.
    Per quanto concerne i numeri continuo a sostenere che sono ben poca cosa se raffrontati alla massa. Sono d’accordo con Nicola, ci sono cose che non accettiamo più o che comunque accettiamo in maniera diversa.

  63. Che la montagna venga da molti considerata un luna park è cosa arcinota ma mi domando quale dovrebbe essere il giusto modo di frequentarla visto che ciascuno ci mette del suo.
    Su una cosa Facci ha ragione, vale a dire quando scrive “Tutte le storie di alpinismo che maggiormente appassionano sono competizioni, gare, sfide, lotte contro il tempo o contro altri alpinisti. Piaccia o meno.”
    Veramente non ho ben capito da che parte stia ma la cosa non mi interessa.
    Quello di cui però prendo atto è che alla fine si finisce sempre per generalizzare condotte che a mio avviso e per quella che è la mia esperienza non appartengono alla gran massa dei frequentatori. Forse sarò io ad avere gli occhi foderati di prosciutto ma tutta questa selva di sprovveduti difficilmente la vedo oltre il primo rifugio magari raggiungibile con funivia/cabinovia.
    Come diceva un tale “quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare” e di gente disposta a giocare duro in circolazione ce n’è sempre meno. Il problema secondo me è che oggi certe cose non si accettano più, in primis l’incidente e la morte, soprattutto se si verificano durante un’attività considerata piacevole per il soccombente. Sì perché morire mentre ci si sta’ divertendo è deplorevole e questo credo sia frutto di una cultura improntata alla sofferenza, “prima il dovere e poi il piacere”. Se si muore mentre si lavora si è dei poveri sfigati ma se si muore mentre si tenta un’avventura in montagna si è degli imbecilli.

  64. Mah, io di gran giudizi sull’autore piuttosto che sull’articolo non ne ho visti.
    Comunque, per quello che può valere, io credo che la questione non stia ne nel reality ne nelle funivie. Il problema è che per molti , a torto od a ragione, ogni cosa è un luna park da vivere spensieratamente, dove nessuno ritiene di essere mai responsabile in prima persona. C’è sempre pronto un colpevole da indicare per qualsiasi evento. Queste persone si comportano così, sia in montagna che in altri posti: ritengono di essere in diritto di fare/avere ogni esperienza anche assurda e di non avere nessuna responsabilità su ciò che accade. Non c’è differenza un tizio che sale sul ghiacciaio, nonostante gli sia stato ripetuto che non è opportuno, senza sapere dove si sta cacciando ed uno che guida una moto sulla strada convinto di essere Valentino Rossi. Ambedue credono di avere ogni diritto e nessuna responsabilità di quanto accadrà.

  65. Egregi, sono Filippo Facci, l’autore dell’articolo. Avrei milioni di cose da dire, ma cercherò di limitarmi al massimo.
    1) Giudicare un articolo non per il suo contenuto bensì per il suo autore resta un metodo deprecabile. e imparentato coi processi alle intenzioni: ma pace.
    2) il signor Michelazza lascia trasparire un forte astio (nei miei confronti) ma pazienza anche qui. Si chiede che ci facessi sul ghiacciaio del Bianco: niente di speciale, ero con la mia fidanzata e la mia guida a fare l’attraversamento dall’Aguille du Midi a punta Helbronner e viceversa. Ci torno giovedì a ritentare il Dente. Non sono un grande alpinista, ma credo di essere un alpinista: secondo me si è alpinisti di testa, prima che altro.
    3) Sul discorso ‘culturale’, credo che il discorso del curatore sia valido in teoria e meno nella realtà. Parentesi: il programma Montebianco è stato un miracolo in prima serata, e l’unica cosa possibile era proporre la solita formula del vincere/perdere, dell’eliminazione eccetera. Non so se il curatore abbia in mente escogitazioni geniali da proporre in alternativa, ma ne dubito. Alessandro Gogna una volta mi ha detto che si poteva organizzare piuttosto una caccia al tesoro in montagna: immagino gli ascolti. Comunque: nei miei prolungati contatti col mondo alpino della Val d’Aosta, e a margine del centinaio di ‘ascese’ che ho fatto nell’ultimo anno (dalla ferratina a cose più serie, tra l’altro sono l’unico di tutti i concorrenti che ha continuato l’attività, chiamiamola così) credo di aver avuto un buon osservatorio, anche perché molti magari mi riconoscevano e mi parlavano. Allora: il programma ‘Montebianco’ ha attirato in montagna, per cominciare, molti che non sapevano neppure che in Val d’Aosta ci fossero appunto le montagne: ossia la categoria infradito cara al curatore, per capirci. Gente rimasta in prevalenza ai margini, se non altro per limiti fisici e mentali personali. C’è poi una seconda categoria, consistente, e sono quelli che avevano già una certa e timida infarinatura: loro hanno avuto uno stimolo ad avvicinarsi soprattutto al mondo delle ferrate, o alla montagna in quota – per quanto ho visto io – ma solo con la presenza di una guida: molto più turisti che sportivi, tuttavia.
    4) La categoria prevalente, e che mi ha lasciato basito e continua a lasciarmi abbastanza basito, era assolutamente preesistente a Montebianco (ci mancherebbe) e oltretutto Montebianco tendeva a disprezzarlo, pur magari spiandolo. Erano, e sono, proprio quei ‘competitivi’ che Montebianco è accusato di aver fomentato. E’ questo il mondo para-alpinistico che ho massicciamente incontrato da neofita: gente che «corre» guardando l’orologio, che per prima cosa ti chiede quanto ci hai messo, che appare di fretta in salita e in discesa, che compila relazioni improbabili e financo comiche in cui tutto è classificato relativamente ‘poco difficile’ e fattibile in un’ora (quando Ueli Steck ne impiegherebbe due) e il tutto naturalmente in ‘divertente arrampicata su simpatiche roccette’. La tendenza a questo segreto e sottaciuto ingarellamento è una delle ragioni per cui amo andare in montagna da solo (quando è possibile) e non a fare scampagnate con gente che magari chiacchiera pure. Sono giunto a proporre e a fare avvicinamenti separati da eventuali compagni o guide (con appuntamento direttamente all’attacco) proprio per avere il mio ritmo senza farmelo imporre da nessun altro: odio andare a correre in compagnia, figurarsi in montagna. Però, fatemi dire, è proprio tra gli alpinisti più patiti e folgorati che ho ritrovato il riflesso dell’ingarellamento. Sul Brenta, ricordo, ho conosciuto quel grandissimo uomo che è Nicolini: mi diceva di andare piano a fare una certa via, poi ho scoperto che lui era quello che aveva fatto 82 quattromila in 50 giorni. Tutte le storie di alpinismo che maggiormente appassionano sono competizioni, gare, sfide, lotte contro il tempo o contro altri alpinisti. Piaccia o meno.
    Infine: sul ‘rischio’ sono particolarmente d’accordo con Giando, anzi, mi spingo a dire che è anche e proprio per il rischio se io vado in montagna. Io il rischio, entro limiti che sta a me giudicare, lo cerco e lo voglio. Dissento su una cosa: i numeri, credo e penso, non sono trascurabili per niente. La montagna è – come l’attività subacquea, che ho molto praticato – una delle attività in cui in proporzione si rischia e muore di più: e, come sapete, vale per neofiti ed esperti.
    Vi ringrazio per avermi letto, benché disprezziate – ho letto – il pulpito.

    F.F.

  66. E’ una nuova moda o forse life-style quello di spingere a farsi reputare di alto livello pur essendo MENO CHE MEDIOCRI… e l'”amico” Facci ne da ampia dimostrazione con questa sua uscita infelice…
    Ormai è piuttosto in voga parlare di tutto e sapere di tutto specie poi se ci infiliamo la guerra santa sula sicurezza, che poi non ho ancora capito a questo qui o ad altri benpensanti che cosa gli entra in tasca se qualcuno va a o non va all’avventura, perché di questo è fatto l’alpinismo, avventura, e non è certo con boutades demagogiche come questa, oltretutto sparata, come detto, da un perfetto SIGNOR NESSUNO, che si fa cultura e si evitano le folle di sfigati in ciabatte a passeggiare sui buchi del Col de Toule come mi è capitato di incontrare quest’estate…
    E’ certo, ed era preannunciato, che soprattutto la campagna di marketing, ovvia e normalissima, attorno alla Skyway ha portato un numero consistente di turisti da fondovalle in quota, le conseguenze non erano certo un mistero, malgrado chi come molti in questo blog lo hanno predetto, siano stati apostrofati come bigotti, ambientalisti da strapazzo, insensibili ai bisogni dei valligiani ecc. ecc. …
    Allo stesso modo oltretutto nelle discussioni sul reality del quale il benpensante ha fatto parte (ormai esperto di alpinismo… oh… mentre cedeva il seracco e tre persone ci lasciavano la pelle per una situazione imprevedibile, LUI era là… non dice se fosse sulla terrazza dell’Aiguille du Midi a bere caffellatte ma è ipotizzabile…), gli stessi che sono stati scettici sull’evoluzione culturale data dall’immagine fornita dell’andare in montagna hanno ricevuto le stesse aspre critiche e ci si stupisce se un inetto come salvini percepisce un lauto stipendio per sparare cazzate???

  67. Thomas Jefferson (1743-1826), terzo presidente degli Stati Uniti, disse “La pubblicità contiene le uniche verità affidabili di un giornale”.
    Ciò detto, in attesa di altri commenti su cui eventualmente sviluppare un confronto, vorrei soffermarmi sui numeri citati per sottolineare che siamo alle solite. I numeri, se considerati in valore assoluto, creano un certo disagio, diciamo pure che ai poco informati mettono paura, ma mi piacerebbe sapere perché quando si parla di certi argomenti (vedi anche gli incidenti stradali) non si ragiona pressoché mai in termini percentuali. Quando invece si parla di farmaci o di interventi chirurgici andati a puttane si parla sempre e solo di percentuali (basta leggere un bugiardino per farsi una cultura).
    Quanti sono i frequentatori della montagna? Non lo so ma immagino centinaia di migliaia di persone. Bene, i numeri presi in esame, se raffrontati col numero dei turisti/escursionisti/alpinisti/sciatori/ecc., sono certo siano assolutamente risibili, così come i morti e i feriti per strada se raffrontati con numero dei mezzi a motore e a pedali circolanti sulle strade ogni giorno.
    Chiaro che una vita spezzata o un mutilato o uno ridotto su una sedia a rotelle tocchino le coscienze ma bisognerebbe anche entrare nell’ordine di idee che il rischio ZERO non esiste. Il solo fatto di essere nati è già di per sè un rischio ma va da sè che questi discorsi non piacciano, soprattutto a coloro i quali credono di avere la verità infusa, moralisti e bigotti ancorché colti, che parlano solo per via di quell’apertura facciale che si chiama bocca.
    Da che pulpito vengano poi le osservazioni è già stato evidenziato da Alessandro e, quindi, non aggiungo nulla.
    Sinceramente mi sono rotto i coglioni.

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