La Roda del Diavolo

La Roda del Diavolo (AG 1963-008)
(dal mio diario, 1963)

25 agosto 1963. Oggi mi attendono compiti difficili: ho in programma cose da temerari.

Partito da Soraga di Fassa con la corriera della 7.51 scendo al Passo di Costalunga e salgo a piedi al rifugio Roda di Vael, dove arrivo alle 9.15. Da lì salgo per ghiaioni e pendii d’erba cercando di trovare la via comune, quella che sale al catino tra la Roda del Diavolo e il Croz di Santa Giuliana. Non avendo con me la guida del CAI, non trovo alcun punto debole nella bastionata che difende il catino (oggi lì passa la via ferrata del Masaré, NdR). Così mi rivolgo all’it. 319b della guida, un percorso che il Tanesini definisce una “variante”. Lascio gli ultimi contrafforti della cresta sud del Croz (che da qui sembra un enorme verme roccioso) e giungo a una grande nicchia giallastra. Giro a sinistra un camino strapiombante che scende da una piccola forcella e striscio esposto su una specie di cengia (II grado): sguscio tra un blocco roccioso e il corpo della montagna per raggiungere la forcella con facile arrampicata. Poi attraverso tutto il catino e m’imbuco in un canalone tra la Roda del Diavolo e la Cresta del Masaré. Voglio infatti raggiungere la cresta. Risalgo tutto il canalone, senza molte difficoltà ma sbagliando una volta la direzione e impegolandomi perciò sulla destra. Comunque riesco a raggiungere la cresta, in corrispondenza di un intaglio. Vedo tutta la Val d’Ega, il rifugio Paolina e un po’ di escursionisti attorno.

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L’odierna via ferrata del Masaré passa nello stesso luogo
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Ora viene il difficile, perché voglio salire l’it. 319h, cioè lo spigolo sud della Roda del Diavolo. Con bella ed esposta arrampicata su roccia buona e ben gradinata, salgo un camino con blocchi incastrati. Devio un po’ a sinistra per raggiungere una cengia che mi porta a destra a una specie di nicchia.

La cresta sud della Roda del Diavolo è quella di destra delle due visibili
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Sono agitato e indescrivibilmente intimorito dal vuoto che ho sotto di me e dalla solitudine. Rimonto il picco terminale dalla parte sud, lungo una fessura tra lastroni, poi esco a destra, quando le rocce cominciano a strapiombare, arrivando a un rilievo della cresta terminale, ormai facile. In cima esulto, perché la guida dice che ho fatto una via di III grado. Sono le 10.20. Scrivo il mio nome sul libro di vetta, a 2723 m, poi scendo per la via normale che mi porta alla selletta di divisione tra la Roda del Diavolo e il Croz di Santa Giuliana, altrimenti detto Torre Finestra, per il caratteristico foro che traversa tutto il corpo roccioso della torre poco sotto la vetta.

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La Torre Finestra non ha una via normale facile, dunque devo salire stando attento a non superare certi limiti: non ho corda, perciò devo riscendere per dove salgo. Giungo alla base della torre, proprio dove le ghiaie arrivano più in alto, presso un roccione tagliato a picco, alla base di una stretta fessura. La guida parla di II grado, ma io la trovo più difficile che la cresta della Roda del Diavolo che ho appena salito… Poi diventa più facile e la risalgo più o meno per una lunghezza di corda (ah, potessi avere una corda…!) fino a incontrare delle schegge giallastre malferme. Da qui esco a sinistra, per rocce un po’ malferme fino a raggiungere la cresta sommitale, su una forcelletta. Seguo l’aerea crestina verso sud, difesa da alcuni denti rocciosi, e arrivo sulla cima, davvero poco spaziosa. Non mi fermo neppure e faccio dietro-front per ritornare alla forcelletta e incominciare a scendere. Tutto bene fino alla fessura iniziale, poi quando sono a circa 10 metri da terra mi trovo in difficoltà. Scendo fino a metà con mille cautele, poi mi fermo perché, pur sforzandomi in tutti i modi, non riesco a trovare nulla per il piede. Se cado da qui non muoio, ma posso farmi molto male. Mi risolvo a traversare un po’ a sinistra, scendo mezzo metro, riattraverso a destra e finalmente riesco a mettere la mano dove prima il mio piede si agitava alla ricerca di qualcosa.

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Sbuffo di sollievo, ormai sono fuori, così scendo fino al fondo. A grandi passi scendo per il catino ritrovando la via percorsa qualche ora prima. Poco avanti al rifugio Roda di Vael mi fermo su un masso a fare un po’ di esercizio, poi passo come un razzo davanti al rifugio (sono solo le 12.30) e mi butto giù verso la provinciale tra Vigo di Fassa e il Passo di Costalunga, continuo nel bosco verso Malga Palua, un posto che conosco bene per via della ricerca funghi. Infatti trovo ben trentadue porcini piccoli, quelli da mettere sott’olio. Da qui è un attimo scendere a Zester di Soraga. Alle 14.30 entro in casa.

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La Roda del Diavolo ultima modifica: 2016-12-08T05:54:43+01:00 da GognaBlog

2 pensieri su “La Roda del Diavolo”

  1. Con immenso piacere, si leggono , queste lezioni di Alpinismo..quello vero
    lo stile Alpino. Grazie Alessandro ! per tutto questo…..G.Carlo V. Pistoia

  2. Casa mia! Trovai anch’io in solitudine quel caminetto nascosto che consente di montare nel catino sospeso tra la Roda del Diavolo e il Croz di Santa Giuliana e poi salii la prima per la via normale, non certo per la cresta. Era un luogo magico, non ci andava nessuno. In cima trovai un unico inconveniente, un cartello bilingue con su scritto di portare i rifiuti a valle. Ero un ragazzo e sbagliai, ma presi il cartello e lo scaraventai giù per la parete, essendo l’unica nota stonata fra tanta bellezza di crode naturali. Sul Croz, la Torre Finestra, avevo la corda e me la cavai disinvoltamente al ritorno con una doppia. Ora quei luoghi magici sono diversi per via della ferrata, imposta dagli albergatori di Vigo di Fassa. Discussi anche con Tita Weiss, che me li aveva dapprima consigliati proprio per la pace che vi regnava e che ubbidendo a uno zio aveva poi contribuito ad attrezzare. Cambiava il modo di andare in montagna, subentrava il turismo viziato. Ah, sono negato a funghi e il solo porcino, piccolo, della mia vita l’ho trovato giusto lì nel bosco tra Costalunga e Soraga!

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