Il 25 dicembre 2013 pubblicavamo questo post
https://gognablog.sherpa-gate.com/test-di-auto-valutazione-sulla-gestione-del-rischio/.
L’articolo era una ferma critica alla filosofia di base del libro Libertà di rischiare di Filippo Gamba. Al di là del salvataggio tecnico che Alda Cosola fornisce al libro in questione, è importante osservare come, da psicologa e psicoterapeuta qual è, la Cosola tratteggi l’intera questione nei termini della “libertà dentro i limiti”, con ciò concordando in pieno con il post sopracitato.
Libertà di rischiare
di Alda Cosola
(pubblicato su tracceffimere.altervista.org il 19 giugno 2014)
La riflessione nasce dal titolo del libro di Filippo Gamba, un titolo che trovo molto azzeccato perché, tolti tutti gli aspetti tecnici che il libro tratteggia e approfondisce in modo molto ricco, l’unica vera discussione che si può fare intorno al rischio è sul concetto di libertà.
Intraprendere un’attività, un’azione, uno sport… che comporti dei rischi prevede un’assunzione di responsabilità da parte del singolo, che è attore e artefice dell’azione. Egli può assumersi tale responsabilità solo in piena libertà.
Ora la mia riflessione dà per assodato che la persona che intraprende uno sport lo faccia in piena libertà, cioè non costretto da nessuno e in piena consapevolezza dei rischi e dei pericoli, tuttavia ed è questa la mia tesi, quella persona inizia la pratica sportiva in libertà, ma non per cercare la libertà, bensì per sondare i propri limiti.
Noi spesso compiamo un errore logico, quando diciamo che uno sportivo si avventura in cerca della libertà, quando cioè attribuiamo alla persona, che fa sport specie se pericoloso, una meta, un’aspettativa, un fine che coincide con un anelito di libertà.
Io credo invece che lo sportivo inizia l’attività in piena libertà, ma non per cercare la libertà, bensì per misurarsi con i propri limiti.
Il suo obiettivo è conoscere, attraverso la prestazione, le proprie capacità e tracciare i propri limiti, che confrontati con le prestazioni (e dunque i limiti) degli altri o con le proprie in altri momenti, gli permettano di posizionarsi in una scala ideale di successo, per l’attività considerata, potremmo dire che la persona cerca di capire cioè dove si posiziona la propria asticella personale in quella attività.
La conoscenza dei propri limiti richiede poi che venga accettata, in un processo di consapevolezza. Tale consapevolezza aiuta a definire la struttura di personalità di ciascuno e soprattutto la sua maturità: capire ciò che riesco a fare, ma soprattutto ciò che non riesco a fare mi pone in una fascia di sicurezza nell’affrontare l’attività.
Tuttavia per migliorare, per raggiungere altri livelli, dovrò anche sbilanciarmi a spostare il limite sempre un po’ più in là, in un costante equilibrio tra desiderio di spingersi in avanti e bisogno di restare sui propri passi, tra innovazione e consolidamento, tra rischio e prudenza.
La libertà di scegliere è quindi intesa nella possibilità di affrontare l’attività, come occasione di scelta, come condizione di non-costrizione.
Ma forse c’è un’altra dimensione della libertà… una libertà che forse consiste nel trovare la propria dimensione, nell’accettare i limiti delle proprie prestazioni, forse è la libertà della maturità, che ci aiuta a uscire dall’indefinito (quasi un bozzolo che ci avvolge per tutta la nostra prima parte della vita), ci permette di definire chi siamo e come siamo, quali sono i nostri successi nei diversi contesti e di verificare in quali ambiti (di vita e di sport) le nostre prestazioni sono le migliori…
… anche se per tutta la vita non si smette mai la ricerca di quell’equilibrio tra innovazione e consolidamento…
E’ una ricerca per esplorare nuovi spazi e nuove azioni, per migliorare, anche solo di poco, o per conservare negli anni il massimo delle proprie capacità!
Libertà nei limiti, potremmo dire. Libertà dentro i limiti. Sembra paradossale. Solo se conosco i confini sono libero! Solo se conosco i miei limiti sono pienamente libero, anche di scegliere di andare oltre.
Libertà di scegliere, appunto.
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Matteo, ma tu che ne sai che calciatori, centometristi e lanciatori del peso non continuino a svolgere la loro attività anche al di là della carriera agonistica? 🙂 Lì conosci tutti? 🙂
Fabio, grazie ma a 60 anni suonati di purezza ne è rimasta poca.
La passione invece c’è sempre e tanta.
Alberto (16), tu hai un cuore puro.
Resta cosí, finché campi.
@16 e @4 convergono, forse addirittura coincidono.
Potenza della montagna!
Questa sì che è la “vera” libertà!
Un saluto a tutti.
altre la ricerca del limite , credo ci sia anche la passione, l’amore per un’attività, per un ambiente, per uno stile di vita.
Un vero appassionato, continua ad andare in montagna , continua ad arrampicare anche se, con il passare degli anni, non è più in grado di spostare i limiti, di superarsi come in gioventù.
Non ci va più per fare la prestazione, ci va per assaporare l’ambiente, per la pura passione di stare e di vivere l’ambiente montano anche con una tranquilla e facile arrampicata.
“Io credo invece che lo sportivo inizia l’attività in piena libertà, ma non per cercare la libertà, bensì per misurarsi con i propri limiti.”
Invece io credo sia un errore non distinguere tra le varie attività a cui ci si riferisce. Il lancio del peso non è la stessa cosa dell’alpinismo o della vela.
Io credo che chiunque inizi una di queste (e altre) attività agisce sì in piena libertà, ma non certo per cercare i propri limiti, ma per una fascinazione “estetica”; perché quella attività risponde, soddisfa qualcosa che lui è o sente.
Solo poi, più per alcuni e meno per altri, viene come fine il superamento del limite.
E riflettendoci bene,di solito non è la motivazione preminente.
Infatti è pieno di alpinisti e velisti che continuano ad andare per tutta la vita, quando sei fortunato di riuscire a fare oggi quello che facevi ieri, mentre calciatori, centometristi o lanciatori del peso che continuino a praticare come amatori ce n’è ben pochi.
E forse è questa la differenza vera con lo sport.
13 –
Paolo, sono solo pensieri che passano per la testa.
Alberto, avevo perso il tuo articolo. Perfetta integrazione alla discussione.
grazie, Grazia.
come direbbe un mio amico…”siamo malati”
Forse ha ragione Marcello.
A proposito di libertà: il dottor De Donno, promotore della terapia al plasma è in silenzio stampa e il suo profilo fb è oscurato.
Paolo, lo ritoccherei in: libertà nell’essere autonomi. Ciao
Paolo, è tutto relativo: persino le regole danno spazio di rispettarle o meno, se si vuole giocare; oppure si può esprimere la propria libertà di rinunciare al gioco, se non ne gradiamo il regolamento.
In questi mesi ho cambiato alcune abitudini, frequentando alcuni negozi piuttosto che altri, banalmente in funzione di certe misure restrittive. L’erboristeria che frequento impone l’uso di guanti e maschera, ma mi hanno fatto presente che posso continuare a portare i miei barattolo per le erbe (santa coerenza!!!).
Oppure ci si può attenere alle regole, ma con il proprio stile. Mi rifiuto categoricamente di bere una bevanda calda in un bicchiere di plastica (tossine e scarti di produzione rilasciati e inquinamento), quindi se voglio andare al bar a premere un caffè, lo faccio con il bicchiere richiudibile che uso già per gelati e granite o se mi trovo a eventi in cui ci sono stoviglie monouso.
La ricerca della Verità su se stessi o sul mondo che ci circonda impone gradualmente delle regole e le regole sono una negazione della Libertà.
La Libertà in qualsiasi società non può esistere, esiste solo l’Autonomia, cioè il sapersi muovere fra le regole che si imparano vivendo.
La Responsabilità esiste solo se si è Autonomi perché si sa quello che si fa, chi cerca la Libertà non sa assumersi responsabilità perché non sa quello che fa.
“L’assunzione di rischio” è una caratteristica delle persone Autonome, le persone Libere non riescono minimamente a concepire cosa sia.
Sorridendo si potrebbe dire: Libertà di essere Autonomi !
Alberto, complimenti per l’articolo!
Posso anche essere d’accordo con la teoria dell’autrice ma vorrei fare un’aggiunta. Nell’eventuale ricerca di miglioramento della nostra prestazione in ambiente naturale (diverso se si parla di sport puro quale l’alpinismo o la vela d’altura, per esempio, non sono) ci sono componenti non prevedibili al 100% ma che a volte si devono affrontare, anche malauguratamente, e che contribuiscono ad elevare le nostre prestazioni per non lasciarci le penne. Parlo per esperienza personale ma se al temine di una scalata in cui hai dato quasi tutto sotto ogni aspetto, vieni colto da una tempesta, devi continuare a dare energie alla situazione sia sotto il profilo tecnico, fisico che mentale, anche quando pensavi che solo il riposo ti avrebbe aspettato. In questi casi la tua prestazione deve essere necessariamente al di sopra di quello che tu avevi (se mai l’avevi…) programmato anche inconsciamente. Se ne esci vivo, significa che ti eri sottostimato o che hai avuto un culo della madonna (propendo sempre per la prima ipotesi non credendo né nella fortuna né nella madonna), mentre se avevi fatto bene i calcoli sei morto. La libertà sta proprio in queste eccezioni e in una percezione un po’ ultra-sensoriale della realtà.
https://gognablog.sherpa-gate.com/alzare-asticella/
da buon presuntuoso lo ripropongo.
Porto un modesto contributo di pensiero, consapevole che la mia esperienza personale potrebbe non ricoprire valenze statistiche, data l’estrema particolarità della mia storia. Cioè potrei essere un caso anomalo. Io sono avviato alla montagna (perché, volere volare, di questa attività sportiva qui stiamo parlando, non delle generiche attività sportive…) per iniziazione familiare nei miei primissimi anni di vita. Non c’era una esplicita consapevolezza di scelta da parte mia, ma non c’è stata neppure una costrizione oggettiva da parte dei mie genitori. Era una cosa “naturale”, faceva parte della vita familiare. A questa, nel segmento successivo, si è subito affiancata la passione (come l’ha descritta Merlo), ma dopo circa 15 anni, se il termometro fosse stato solo quello della passione, forse la frequentazione si sarebbe inaridita, magari addirittura estinta. La “passione” tecnico-atletica “vive” se riesci a migliorarti costantemente, magari marginalmente, ma con sistematicità. Alzi l’asticella, magari di un micron, ma senti che la alzi e poi la alzi ancora. Se invece arrivi in una situazione “asintotica”, come direbbe un matematico, cioè di miglioramentì tendenti allo zero, alla fine la passione entra in crisi. Ma qui sta (almeno nella mia esperienza) la “grandezza” esistenziale della montagna: sa darti stimoli diversi, imprevedibili, cose che non hai neppure immaginato fino a ieri. Ti sposti dal contesto tecnico-atletico perché ti si aprono nuovi spazi (storici, culturali, etnografici, scientifici…), rinnovando l’interesse per decenni e decenni. Cosa c’entra tutto ciò con il concetto di “libertà” che è il perno dell’interessante articolo di oggi? C’entra perché io mi sono fatto persuaso (come direbbe Montalbano) che la libertà sta proprio in questo. infatti nell’imprevedibilità dei “nuovi” confini che improvvisamente ti garantisce la montagna (ma anche andar per mare, chiedete a Daidola, o per terre selvagge, chiedete a Franco Michieli…) che si rinnova il desiderio di esplorare nuovi spazi del proprio io. Questa per me è la più immensa delle “libertà”. Buona giornata a tutti!
Ps, devo smettere di scrivere da questo nuovo cellulare…
Anche io concordo con quanto dice Lorenzo all’inizi. Non è detto che intraprendere una attività abbia necessariamente a che fare con un misurarsi.
Da sempre, ad esempio, la mia spinta è emotiva, o contingente alla curiosità (che può essere di varia natura).
La consapevolezza del limite è un bagaglio che mi porto dietro, la scoperta del limite una scoperta o una contingenza, il desiderio di superarlo, almeno nel mio caso, è in relazione alla spinta iniziale e all’obiettivo finale.
L’articolo affronta solo una faccia del tema.
Due cose.
1. Penso ci si avvii verso un’attività non per verifcare se stessi, dunque con ragioni razionali, ma per attrazione estetica. La motivazione è passionale. Poi subentra quella di verifica di sé, ma non per tutti. Il movente razionale, se sussiste inizialmente da solo, presto ha necessità di quello passionale, diversamente subentra l’alienazione e quindi l’interuzione dell’attività.
2. Condivido che la libertà sussista entro un ambito chiuso, quindi entro ciò che lo definsce, le regole. Ugualmente accade per la verità.