Lorenzo Revojera
di Marco Dalla Torre
(una versione più ampia del presente profilo verrà pubblicata a fine marzo 2022 sul prossimo numero di Giovane Montagna, reperibile anche sul sito www.giovanemontagna.org)
Lorenzo Revojera era milanese nel profondo. Amava molto la sua città, dove era nato nei primi giorni del 1930. Da ragazzo l’aveva vista sfregiata dalle bombe. Mentre con la famiglia era sfollato a Civenna (CO), la sua casa era stata colpita da uno spezzone incendiario; si era salvata per miracolo.
Durante gli anni del liceo si iscrisse alla Sezione milanese del CAI, come da consolidata tradizione familiare. Qualche mese fa il Presidente Generale gli aveva telefonato per congratularsi con lui dei 75 bollini sulla sua tessera del Club Alpino…
Compagni delle prime ascensioni furono suo fratello e suo cugino. Poi, negli anni, specie dopo aver frequentato la “Scuola d’alta Montagna Parravicini”, tanti soci del CAI Milano e una moltitudine di altri amici. Renzo aveva una notevole capacità di fare amicizie e di mantenerle nel tempo…
Subito dopo la laurea lavorò per diversi anni in una importante impresa di costruzioni. Nel 1970 si era poi trasferito a Roma dove per trent’anni è stato Segretario Generale della Fondazione RUI (Residenze Universitarie Internazionali), che in Italia ha una rete di collegi universitari di Merito riconosciuti dal Ministero. In particolare diede grande impulso all’Ufficio Studi della Fondazione, che grazie a lui è diventato, ed è tuttora, un partner importante per il Ministero dell’Università. In questa veste ha promosso collane editoriali e ricerche sociologiche sulla condizione studentesca ed è stato membro della delegazione italiana a Bruxelles del “Progetto ERASMUS” proprio nella fase di ideazione e implementazione.
Proprio per tale impegno e passione, il Consiglio Regionale della Lombardia gli conferì l’onorificenza del “Sigillo Longobardo”: era il 2001 e, tra gli altri, con lui vennero premiati Inge Feltrinelli, Carla Fracci e Indro Montanelli…
Tanto ha avuto a cuore il mondo universitario da dedicare uno dei suoi più riusciti libri di storia dell’alpinismo alle Sezioni Universitarie del Club Alpino Italiano (lui stesso era stato, a fine anni Quaranta, reggente della SUCAI di Milano): Studenti in cordata, pubblicato ne “I Licheni” della CDA&Vivalda (2008) e poi ristampato con successo da Il Corriere della Sera (2016).
Gli aneddoti di vita alpina che ha raccontato sono tanti. Uno, ad esempio. 1984, metà luglio. San Giovanni Paolo II e Sandro Pertini, Presidente della Repubblica, trascorrono alcuni giorni al rifugio Caduti dell’Adamello alla Lobbia Alta. È una sorpresa per tutti, in primis per la famiglia Zani che gestisce il rifugio. Dopo la partenza dei due ospiti illustri e inaspettati, in una sintesi magistrale delle sue due grandi passioni, Revojera salì subito al rifugio sulle orme del Papa (che aveva incontrato personalmente pochi mesi prima) e poi proseguì per la cima dell’Adamello con due amici, ben contenti di questo “pellegrinaggio alpino”.
Nei primissimi anni del nuovo secolo, ormai in pensione, era tornato nella sua Milano, dove molto ha lavorato per il CAI, sia a livello centrale (ad esempio nella Commissione per la Biblioteca Nazionale) sia a livello cittadino (in varie commissioni della sua Sezione; fu uno dei curatori del libro Milano e le sue montagne, pubblicato nel 2002 per i 130 del CAI Milano. Dieci anni dopo, è stato uno dei promotori della grande mostra La Lombardia e le Alpi, tenutasi nel 2013 allo Spazio Oberdan).
Il passare degli anni e il declino delle forze gli imposero di moderare le salite in montagna, ma la sua passione per l’alpinismo e per la storia favorì un’intensa attività editoriale: volumi, ma anche molte collaborazioni a parecchie testate del settore. Anche negli anni più recenti, in cui l’attività “esterna” era necessariamente molto limitata, non ha mai smesso di scrivere. Nel 2019 il Club Alpino Italiano ha pubblicato il suo volume Alpinismo dietro le quinte nella collana “Personaggi” curata dal Comitato Operativo Editoriale. Un testo dedicato a una nutrita galleria di alpinisti. Anche in questa occasione Revojera ha “fatto parlare gli archivi”: quasi ogni storia rivela testi e fatti inediti che la sua ricerca aveva fatto riemergere. Ne esce una narrazione vivace, colma di aneddoti e interessante.
Sentendolo parlare, si avvertiva una passione forte benché pacata nei toni per il mondo montano e per l’alpinismo, praticato per decenni. E una sana curiosità intellettuale, coltivata con una mentalità da storico. E così, inquadrate in un contesto ampio, le vicende dei singoli – la cosiddetta “storia minore” – diventano una tessera, piccola forse, ma che va ad arricchire il vasto mosaico della storia “grande”.
Nel corso del 2020 aveva ripreso in mano il suo unico romanzo, Le fragole dell’Alpe Devero, delicato e avvincente; attentamente rivisto e ampliato, è stato pubblicato un anno fa dall’Editore Persico di Cremona
L’ho frequentato molto negli ultimi vent’anni, e negli ultimi cinque in particolare. E l’ho ammirato per molti aspetti. Aveva una forza tranquilla che non aveva bisogno di imporsi o di apparire, anzi che godeva nel promuovere gli altri e si interessa davvero a loro. Era un uomo umile e sicuro di sé (le due cose non sono in contraddizione). E fino all’ultimo ha conservato la capacità di meravigliarsi.
La sera del 24 gennaio 2022 si è spento serenamente: guardando le cose da un’altra angolatura mi sembrerebbe meglio dire che in quel momento “si è acceso di gioia”. Gli ero accanto e gli tenevo la mano. Lo considero un grande dono, come tutta la sua profonda amicizia.
10
Una bella persona che ho avuto la fortuna di conoscere e apprezzare. Lorenzo era sensibile e si preoccupava di appoggiare le iniziative delle biblioteche Cai. Era sempre disponibile e in molte occasioni ho approfittato della sua gentilezza. Mi ha sorpreso la notizia della scomparsa, lui era una di quelle persone che consideravo più o meno immortali… Lorenzo era vita e forse ora ci guarda da qualche cima. Excelsior Lorenzo!
Grazie di questa bella testimonianza!