Fenomeno già da noi denunciato con https://gognablog.sherpa-gate.com/pascoli-di-carta/.
Malghe, stop all’abuso di fondi
di Herbert Dorfmann (Parlamentare europeo eletto in Trentino-Alto Adige)
(pubblicato su L’Adige del 17 settembre 2021)
L’uso e abuso dei sussidi europei destinati alle malghe è da tempo oggetto di lunghe discussioni, in Trentino, in Alto Adige e in altri territori di montagna italiani. Ne parleremo anche questa domenica, in un convegno a Pinzolo. Di per sé, un pagamento a superficie – come lo è il premio aziendale nell’ambito della politica agricola comune (PAC) – dovrebbe andare a vantaggio della conservazione e lo sviluppo delle malghe. Quando gli ettari sono pochi, come per gran parte delle nostre aziende agricole, il pagamento rimane modesto. Invece, là dove gli ettari sono tanti – come spesso nel caso delle malghe – il premio diventa considerevole. Vale però purtroppo il vecchio detto: l’appetito vien mangiando. In tal senso, non sono sicuro che questi premi siano sempre un bene per le nostre malghe.
Soprattutto quando esse sono gestite male, come sovente accade. È una lunga storia.

Quando sono diventato europarlamentare, prima della riforma della PAC del 2013, nella nostra Regione il valore medio dei titoli di pagamento – così si chiamano in gergo tecnico – era largamente sotto i cento euro a ettaro. Altrove, invece, c’era chi aveva in mano titoli di più alto valore. Era soprattutto il caso dei gestori delle aziende di bovini da ingrasso nella pianura padana. Essi ne approfittavano. Avevano capito che, oltre a fare il lavoro pesante dell’agricoltore, compreso l’alzarsi presto tutte le mattine e lavorare in stalla, potevano anche tentare di affittare una bella malga di montagna e incassare senza troppa fatica i compensi corrispondenti, ponendo lì i loro titoli. Ai proprietari della malga restavano le briciole, un canone di affitto spesso ridicolo rispetto a quello che incassava chi aveva i titoli in tasca. Purtroppo ciò era ed è ancora legale, anche se alcune situazioni sono al limite. Io questi signori della pianura, che abusano della nostra montagna, li chiamo “agricoltori da sofà”. Essi prendono sussidi senza dare niente in cambio. Anzi, spesso lasciano all’abbandono una malga che fino ad allora era stata ben gestita per secoli. Ho sempre sostenuto che il problema può essere risolto in due modi: con la fine completa del sistema dei titoli o con un allineamento del loro valore. Nel secondo caso, il ragionamento è semplice. Se il proprietario di una malga di montagna può incassare un titolo dello stesso ammontare di quello, per esempio, di un imprenditore veneto, non c’è motivo per cui egli dovrebbe continuare ad affittare la sua terra.
Dal 2009 a oggi, ho lavorato intensamente in Parlamento europeo per l’allineamento del valore dei titoli e ho ottenuto importanti conquiste. Oggi il valore dei nostri titoli è il triplo rispetto a dieci anni fa. Tutto ciò porta al Trentino e all’Alto Adige ogni anno decine di milioni di contributi europei in più. Inoltre, questo allineamento andrà avanti con la nuova PAC, sulla quale abbiamo trovato un accordo alcuni mesi fa in Parlamento. Il modello di business dei “Signori veneti”, che affittavano le nostre malghe lasciando le briciole ai proprietari, sparirà. Al contempo, si è creato però un altro problema. In montagna, spesso i proprietari delle malghe non sono gli agricoltori, i quali – non va dimenticato – sono tuttavia i veri responsabili della loro gestione. I proprietari delle malghe sono Comuni, Regole, Comunità di valle, frazioni. Quindi enti pubblici. Anche loro hanno capito che i gestori delle malghe possono accumulare una bella quantità di denaro (in aumento peraltro). E hanno allora incrementato vertiginosamente i canoni d’affitto. In questo modo, però, i soldi della PAC, che dovrebbero aiutare gli agricoltori nella gestione del territorio, finiscono invece nel bilancio di Comuni, Regole o altre entità. La gara pubblica dove l’unico criterio di aggiudicazione è il canone d’affitto, è lo strumento perfetto per la realizzazione di questo scenario.
Va detto, poi, che ci sono “furbetti” anche dall’altra parte. Accade che agricoltori o finti agricoltori provino ad affittare una malga a buon prezzo per poi incassare la PAC.
Entrambi i comportamenti portano a un risultato comune: il legame, a volte secolare, tra il bene pubblico – l’ente proprietario della malga – e i suoi gestori si rompe, quasi sempre a discapito del mantenimento in chiave sostenibile del territorio. I proprietari, gli enti pubblici, spesso dimenticano il loro ruolo, che è quello di garantire la buona gestione di questi terreni marginali e di renderli disponibili a chi in zona ne ha bisogno. Il loro compito non è certo quello di fare cassa. Non a caso secoli fa fu deciso di dare la proprietà di questi terreni al soggetto pubblico e di organizzarsi in regole o dare la proprietà al Comune o alla frazione. Il frazionamento in singole proprietà private non sarebbe stato nell’interesse delle Comunità. Tanti pascoli di pochi ettari, infatti, funzionano peggio di una bella malga gestita tutta insieme. La regola poi garantiva anche all’agricoltore piccolo di avere un pascolo a disposizione durante i mesi estivi. La base di queste proprietà è quindi un concetto nobile di Comunità: lavorare insieme in una zona difficile per dare da mangiare a tutti, anche ai più poveri. Queste proprietà sono quindi un modello sociale antichissimo, ma certamente non obsoleto. Chi gestisce il bene pubblico non lo dovrebbe dimenticare. Qual è quindi la soluzione? Abolire questi sussidi, che spesso sembrerebbero far più male che bene? No. Gestire oggi una malga senza nessun aiuto è, in tante situazioni, difficile. Non dappertutto c’è la baita che garantisce il reddito. E poi si perderebbero milioni di euro di contributi europei ogni anno. La soluzione deve essere un nuovo patto tra proprietari – gli enti pubblici – e gestori. Il proprietario deve contrattualmente garantire che la malga venga gestita bene e non utilizzata per incassare aiuti.
Nelle malghe vanno fatti i lavori necessari; gli animali devono essere veri e non fantasma; serve un impegno del gestore per mantenere e possibilmente migliorare la malga, che è un bene pubblico. Il gestore – gli agricoltori – deve lavorare affinché i furbi vengano eliminati dalla gestione. Va fatto un po’ di ordine, devono capire anche loro che hanno i compiti sopra elencati e non possono utilizzare le malghe per fare cassa. Solo così i sussidi europei raggiungono il loro obiettivo, che è quello di garantire una gestione sostenibile del territorio, soprattutto in zone difficili, come lo sono le nostre malghe. Essi servono per mantenere la malga viva e per contrastare il pericolo di abbandono. Bisogna partire dai bandi di gara dei comuni e dall’istituzione di regole chiare. Se il criterio di aggiudicazione non è più solo il canone d’affitto, ma anche la qualità di gestione, tanti episodi disgustosi che abbiamo visto e vediamo sulle nostre malghe non ci saranno più. Il vero criterio di aggiudicazione non può essere l’obiettivo della cassa piena, ma piuttosto quello della gestione sostenibile a beneficio della Comunità locale. Solo così gli aiuti possono dare un contributo per mantenere beni di antichissima tradizione e degni di essere conservati a favore delle Comunità. Questo lo deve capire anche la Corte dei Conti.
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…Una porkeria fatta di leggi e inganni tipici del furbetto ora fuori quartierino che fa’ man bassa fottendosene di chi domani sussidi non avrà più e andrà a fondo senza più fondi…
Comunque non vedo bene un comune o una comunità montana che affitti una malga che indica gare con un criterio differente dal canone d’affitto…sarebbe chiamato in causa per malversazione, interesse privato, sottrazione di bene pubblico, ecc. prima ancora che l’inchiostro si asciughi!!
C’è un fiume di denaro che tiene in piedi la baracca e fa da vaselina sociale e questo accade non solo al Sud come certa propaganda diceva usando efficacemente il vecchio schema del capro espiatorio. Altrimenti non si spiegherebbe quello che vediamo in giro ogni giorno.
Finalmente uno che parla di Trentino E Alto Adige. Due province autonome e indipendenti in una Regione che si studia esistere solo sul Sussidiario delle elementari.
Purtroppo tutto vero come ho recentemente indagato con il mio libro!