La rivolta per l’energia green. «Il vento è nostro: guai a chi ce lo tocca».
Da Rathlin (Irlanda del Nord) – scelta nel 1898 da Guglielmo Marconi – alla greca Tilos, passando per la danese Samsø, sono sempre più numerose le isole che guidano la transizione verde, aiutate dalla forza del vento. Obiettivo ‘carbon neutral’ entro il 2030. E l’Europa non sta a guardare. Il caso delle tre turbine dell’isola a forma di ‘L’.
Piccole isole si tengono il vento
di Peppe Aquaro
(pubblicato su corriere.it il 7 febbraio 2022)
Corsi e ricorsi tecnologici nell’isola di Rathlin, piccola, certo (vi abitano non più di 160 isolani) ma orgogliosissima. Come solo un’isola dell’Irlanda del Nord, e dal cuore impavido, può esserlo. Pur schiaffeggiata ogni giorno da onde e vento, è come se avesse saputo trasformare le fredde acque dell’Atlantico e tutta la potenza di Eolo che vi soffia sopra in una grossa opportunità. Potrebbe essere la vecchia storia del bicchiere mezzo pieno, sul quale già puntò tutto il nostro Guglielmo Marconi, innovatore dell’impossibile, il quale, nell’agosto del 1898, riuscì a realizzare la prima trasmissione senza fili via acqua, da Ballycastle, nell’Irlanda del Nord, all’isola di Rathlin. E nella cittadina sulla terraferma, nel bel mezzo del porto, quel giorno se lo ricordano ancora: c’è un monumento a rammentarlo, con tanto di targa esplicativa per i posteri del futuro, già atterrati, a quanto pare, nell’isola di Rathlin, dalla strana forma, ad elle, e dove la ricezione è una buona abitudine da tramandare da un secolo all’altro.
Nel Ventunesimo, che è quello della sostenibilità, il sogno di Rathlin è, infatti, diventare un’isola ad emissioni zero. Entro il 2030. Sulla falsa riga di una dozzina di altre isole già autonome dal punto di vista energetico. Diavolo di una patriottica isola irlandese: ma non le era bastato il miracolo delle turbine eoliche collocate alla vigilia del Trattato di Maastricht e che avevano portato benefici inauditi, quasi miracolosi, agli abitanti dell’Isola ad L (tra le cose belle della modernità, c’era stata la gioia di una giovane mamma, particolarmente felice di poter allattare anche di notte senza accendere l’atavica candela)? Parrebbe proprio di no. E non per colpa di quel centinaio e passa di isolani. Le tre turbine eoliche, aiutate da un vento che soffia costantemente intorno all’isola, si sono deteriorate nel giro di un decennio: «Non siamo stati neppure in grado di fare una corretta manutenzione», ricorda Michael Cecil, presidente dell’Associazione Sviluppo e comunità di Rathlin.
Rathlin chiama Tilos
Ma da queste parti, prima che l’isola venisse collegata alla rete principale elettrica dell’Irlanda del Nord, nel 2007, non avrebbero mai optato per generatori a diesel e quel tipo di diavolerie poco sostenibili. Di fatto, è come se le tre turbine avessero lasciato un’acquolina in bocca al sapor di sostenibilità sull’isola: ecco perché il sogno continua. Energia rinnovabile, veicoli elettrici e sostenibilità: sono questi gli obiettivi dell’associazione Sviluppo e comunità di Rathlin. E se ce l’hanno fatta altre isole minori, come la danese Samsø, dove l’energia eolica è di casa, la greca Tilos, la prima a diventare autosufficiente nell’arcipelago ellenico, o Jeju, sudcoreana con il traguardo carbon neutral entro il 2030, perché non dovrebbero farcela i 160 orgogliosissimi irlandesi? Ma a mettere i bastoni tra le ruote del progresso ci si mettono le due opposte tifoserie: da una parte, i sostenitori delle rivoluzionarie eco-isole, dall’altra, quelli che “piccolo e sostenibile sarà pure bello, ma alla fine potrebbe distrarre i continentali dalle proprie responsabilità riguardo al cambiamento climatico”.
La resilienza più forte dei bastian contrari
Già quattro anni fa, in uno studio pubblicato dalla “South China University of Technology” e citato da un servizio su Future Planet della BBC, si parlava della corsa alle eco-isole come di una “trappola”, in quanto le soluzioni che consentono a una piccola isola di diventare verde potrebbero non essere applicabili anche altrove, come gli ambienti urbani ad alta densità che, in confronto, necessitano di enormi risorse energetiche. «Ma gli altri facessero e pensassero ciò che vogliono: noi andremo avanti per la nostra strada»: sembra essere questo il pensiero delle donne e degli uomini di Rathlin, sempre più consapevoli delle minacce poste dal cambiamento climatico e dal crollo della biodiversità, osservati da un punto di vista, come dire, privilegiato: «Vediamo aumentare le tempeste, assistiamo alla riduzione costante degli stock ittici, così come della riduzione della vita degli uccelli che vivono intorno alla nostra isola (lo scorso anno è stato approvato un piano da più di sei milioni di dollari per liberare l’isola da ratti e furetti, i maggiori nemici delle colonie di uccelli marini, ndr)», ricorda Michael Cecil, il quale sembra chiamare a raccolta il suo popolo, perfettamente a suo agio nella parte di Braveheart in versione green: «C’è un orgoglio nell’isola, un orgoglio nella resilienza della popolazione indigena e nel modo in cui affrontiamo ciò che la Natura ci lancia».
Auto elettriche e pannelli per tutti
E non solo a parole. Da queste parti, infatti, si sta mettendo a punto un piano per l’installazione di una singola turbina eolica, probabilmente con una capacità di circa 300 kilowatt — sufficiente per alimentare circa 100 case dell’isola — e hanno incoraggiato l’adozione di veicoli a basse emissioni. E’ già stata acquistata un’auto elettrica per uso comunitario e presto ci saranno anche 20 e-bike. David Quinney Mee, un operatore comunitario presso la “Rathlin Development and Community Association”, osserva che esiste già un sistema di pannelli solari sull’isola per aiutare a caricare questi veicoli.
Soddisfatti, ricchi e rimborsati
E sempre Cecil si augura che la nuova turbina eolica possa servire a produrre idrogeno (dall’acqua dolce) da distribuire anche fuori dall’isola, magari per le navi che collegano Rathlin alla terraferma (lo stesso Cecil pilota un traghetto dell’isola), e il cui ricavato potrebbe essere reinvestito per la sostenibilità delle abitazioni dell’isola. Non deve poi sorprendere la forza del federalismo nel nome della sostenibilità. E’ già accaduto nell’isola danese di Samsø, i cui quattromila abitanti si sono svegliati un giorno dicendo che non ce l’avrebbero fatta più a sopportare l’idea che qualcuno sfruttasse il vento con cui hanno sempre convissuto: «Poco più di vent’anni fa, abbiamo chiesto un prestito bancario per l’acquisto di 11 turbine eoliche: col tempo, non solo siamo rientrati nelle spese, ma rivendiamo alla rete nazionale danese la nostra energia», spiega Søren Hermansen, amministratore delegato della Samsø Energy Academy (qui la scheda, dal sito che l’Ue dedica all’energia pulita per le isole europee).
L’occhio lungo dell’Europa
Dall’autonomia energetica alla ripopolazione di un’isola, il passo è breve. Oltre a ridurre le emissioni di carbonio, i vari progetti verdi dell’isola hanno lo scopo di fornire posti di lavoro locali e migliorare la qualità della vita dei residenti. Sempre Hermansen sostiene che questo sta incoraggiando le persone a migrare a Samsø, che, alla fine, potrebbe iniziare a invertire anni di declino della popolazione sull’isola: «Da noi è più sano, c’è più spazio e l’aria è più pulita». I dati dei ricercatori danesi mostrano che l’isola di Samsø potrebbe iniziare a ripopolarsi nei prossimi decenni grazie a un recente aumento dell’immigrazione. Ricapitolando: indipendenza energetica, orgoglio degli isolani e aumento dell’immigrazione per favorire il ripopolamento di luoghi troppo spesso dimenticati. Eccolo il programma, all’apparenza pieno zeppo di controsensi. In realtà, si tratta di una sorta di “libertà vigilata”, dal momento che è la stessa Unione europea a volere reggere le fila di questa tendenza, attraverso il Segretariato Energia pulita per le isole europee e spendendo miliardi di euro in schemi di energia rinnovabile nelle isole del continente. Poi, spetta sempre al Vecchio Continente stimolare gli appetiti autonomistici delle piccole isole.
Sogni da sindaca
«Vogliamo che Tilos diventi il faro per altre isole europee, altre isole greche, per mostrare loro che se una piccola isola come noi può fare tutto questo, allora può farlo chiunque», ha dichiarato recentemente Maria Kamma-Aliferi, sindaca dell’isola. Dalla Scozia le hanno risposto per le rime, dicendosi pronti a far diventare sei delle sue isole, completamente carbon neutral entro il 2040, e nel Mar Baltico, sembra essersi “svegliata” anche l’isola danese di Bornholm, 40 mila abitanti e un sogno: realizzare una espansione eolica in grado di produrre energia per tre milioni di case.
Sostenibilità in salsa “glocal”
Meglio da soli o accompagnati dai governi centrali? Ed ancora: i risultati delle isole virtuose in tema energetico potrebbero essere ottenuti anche nei grandi Paesi del mondo? A sentire Søren Hermansen, l’ad della Samsø Energy Academy, sembrerebbe proprio di sì: «Esistono ottime opportunità per le persone che vivono sulla terraferma di adottare un approccio iperlocale ispirato all’isola verso la neutralità del carbonio. Per capirci: se abiti in un condominio di una metropoli, perché non potresti avere i pannelli solari sul tetto ed i caricatori elettrici in garage?».
Esistono anche impianti produttori di biogas, (biomasse di varia provenienza anche escrementizia umana ),un sogno …antico….dalla Mer** alla luce.Ognuno si tiene il suo”vento” e quel che spesso ne segue, ma invece di schifarlo ed allontanarlo, lo raccoglie in serbatoi e fa digerire da enzimi e tiene i derivati…ottimi!
I comportamenti personali sono importanti ma pensare di incidere sul problema energetico cambiando le lampadine o non prendendo l’ascensore è un po’ folcloristico. Un mio cliente tipo consuma quando 150.000 famiglie. A meno di non uscire dal manifatturiero la decarbonizzazione sarà un percorso lungo e faticoso e la soluzione non sono qualche pala eolica e kmq di pannelli fotovoltaici.
Ciò che può funzionare per un’isoletta non è applicabile altrove.. Prova a fare andare un altoforno con le girandole…
https://www.agi.it/economia/energia/news/2022-03-04/centrali-a-carbone-operative-in-italia-15857739/
ma prima occorrerebbe un black out che faccia spegnere luci, frigoriferi,lavatrici, ascensori, caldaie e pompe di calore…ed allora si accuserebbero i politici di NON aver…ecc ecc.MAI ADOTTARE RISPARMIO ENERGIA CON STILI DI VITA NON ENERGIVORI…( esepmpio vedo giovani scattanti in palestrae runner per strada , ma appena entrano in condominio usano l’ascensore e pure in pieno sole accendono le luci delle scaleinterne , e’ ormai una serie di azioni compulsive)
PER aAVERE MACCHINARI CHE PRODUCONO ENERGIA PULITA OCCORRE INIZIAMENTE COSTRUIRLI CON MACCHINARI CHE USANO LA PRECEDENTE ENERGIA SPORCA, FINCHE’ ENERGIA RINNOVABILE a regime NON RIESCE A PRODURRE MACCHINARI PER ENERGIA RINNOVABILE.Per inciso la bicicletta va ancora a pedalata muscolare regolabile con i cambi, se la salita diventa ardua si smonta e si spinge a piedi. Se in quell’isola le maree lo consentono ci sono anche sistemi per sfruttare il ritmo delle maree… o anche pale eoliche in mare.. Salendo a Cortina dalla pianura, in una strettoia hoi ntravvisto pala eolica che sfrutta il flusso dell’aria che risale odiscende la valle.Ilposto e’talmente brutto che una pala eolica non potrebbe ulteriormente imbruttirlo e poi..via cavo , la corrente arriva nel posto”bello”, basta che non sia troppo lontano altrimenti troppa energia si disperde nel conduttore ed occorre troppo metalloc onduttore . Sempre risalendo la valle,..una centrale elettrica a biomasse..ma che fumo..e che via vai di camion che scaricano sfridi.