Sherpa, le diverse anime della montagna
di Erika Pozzi
(pubblicato su outdoormag.sport-press.it il 16 novembre 2020)
Un progetto iniziato nel 2019 e nato da una brillante intuizione di Achille Mauri: True Faces, disponibile su sherpa-gate.com e youtube, vuole essere un “a tu per tu” con quelle personalità che fanno della montagna e dell’avventura, in tutte le loro declinazioni, il proprio ambiente naturale.
Piacevoli chiacchierate che fluiscono in modo spontaneo, strutturate su uno scheletro di una decina di domande “alcune prevedibili e altre decisamente fuori dal coro” con il solo obiettivo di raccontare passioni, esperienze e aneddoti dei protagonisti sino a scalfirne, in alcuni casi, l’interiorità.
Registi e protagonisti di questo scambio di emozioni sono Alessandro Gogna, voce e volto storico dell’alpinismo italiano, sua figlia Elena e lo stesso Achille Mauri, che riescono con magistrale delicatezza, a condurre il proprio interlocutore nel suo viaggio tra pareti e vette.
Alex Honnold, Stefano Ghisolfi, Luca Schiera, Carlo Alberto Cala Cimenti, Marzio Nardi, Nicola Tondini, Hervé Barmasse, Matteo De Zaiacomo, Sara Grippo, Emilio Previtali, Marco Furlani, Alessandro Beber e Heinz Grill. Questi i nomi dei primi tredici “True Faces” che hanno raccontato la propria storia con aneddoti e curiosità.
Dal climbing, all’alpinismo sino allo sci d’alta quota, sono le diverse sfaccettature del personale e intimo rapporto che questi volti hanno con la montagna. C’è chi, come Luca Schiera, ha ben impresso nella mente il suo primo approccio con le pareti in Val di Mello, a soli 5 anni accompagnato dal papà; chi come Nicola Tondini ha passato tutte le sue estati da bambino all’Alpe di Siusi guardando le pareti con il desiderio di scalarle iniziando, dopo vari corsi, a fare vero e proprio alpinismo ai 16 anni; chi a soli 12 anni era già in cima al Monte Bianco e pochi anni dopo ha compiuto le sue prime esperienze di alta quota come Cala Cimenti; oppure chi ci è arrivato gradualmente dopo un percorso che passa dall’essere un atleta di sci alpino sino al diventare Guida alpina Internazionale come nel caso di Alessandro Beber.
Ognuno di questi 12 protagonisti racconta in queste video-interviste quanto la montagna e lo sport legato ad essa abbiano influito e condizionato la propria vita.
Per Sara Grippo, l’arrampicata oltre che una grande passione è stata un modo per stare bene, per sentirsi normale nel periodo più difficile della sua vita, quando ha dovuto affrontare una malattia autoimmune. “Tutti quanti siamo un po’ atleti nella vita perché chiunque pratichi uno sport ha obiettivi da raggiungere. Nonostante questo faccio un po’ fatica a definirmi perché al mio fianco ho Stefano (Ghisolfi), che atleta lo è di professione!”
Marzio Nardi invece, che si è “innamorato prima del gesto che del contesto”, regala uno spaccato di ciò che può essere l’arrampicata in città, all’interno di palestre. Questa pratica nasce in primis come una necessità dei climber di avere un continuo contatto con il gesto e con dei luoghi lontani, ecco che viene quindi ricreata su pareti artificiali, ovunque si riesca, dalle cantine ai garage. Poi si è scoperto il divertimento anche con questo nuovo modo di arrampicare, che ha portato alla proposta di creare luoghi in cui tutti potessero divertirsi. Ed è ciò che Marzio ha fatto con il suo progetto “Carie”, ovvero riuscire a tirare fuori il bello da un luogo che è ritenuto globalmente brutto e addirittura offensivo nei confronti con la montagna. “Con l’arrampicata si può esprimere anche la propria vena artistica, una visione di un luogo, una salita. Questo mi ha aiutato molto a far evolvere il mio approccio all’arrampicata, che non è solo performance ma può essere anche la forma di espressione di ciò che vedo”.
Per Nicola Tondini invece essere guida alpina è stato il presupposto per il raggiungimento dei suoi sogni: nessuna vetta tra le più alte al mondo ma quelle di casa e forse tra le più belle, le Dolomiti. Sfruttare gli spazi liberi di queste montagne per raggiungerne la vetta in arrampicata libera è ciò che muove ancora oggi Nicola, che percorre quelle vie storiche che racchiudono l’essenza dell’essere alpinista. L’alpinismo non è sinonimo solo di passione ma è anche disciplina, conoscenza e rispetto del territorio, esperienza, e un continuo stimolo a porsi sempre nuovi e più difficili obiettivi. Nel 2019 ha anche presentato al Trento Film Festival un docu-film dal titolo “Non abbiate paura di sognare”: “Ho voluto raccontare ciò che sta dietro alla dimensione dell’alpinismo andando al di là del gesto tecnico e dei gradi di difficoltà. Un alpinista durante la salita è completamente coinvolto, dal corpo alla mente sino allo spirito che contempla l’ambiente che lo circonda. Per farlo ho preso spunto da una delle ascese più importanti della mia vita, la direttissima alla parete sud-ovest della Cima Scotoni in val Badia”. Il suo prossimo sogno? Aprire vie in stile alpino sempre più complicate, ovviamente arrampicando in libera.
E se per qualcuno la bellezza sta nella salita, altri non aspettano altro che poter discendere le vette appena raggiunte. È il caso di Cala Cimenti ed Emilio Previtali, entrambi alpinisti che però amano lo sci ripido.
Carlo Alberto eredita lo spirito avventuriero da suo papà che lo ha sempre portato con sé in giro per il mondo: a 12 anni era già in cima al tetto d’Europa, il Monte Bianco e pochi anni dopo ha compiuto le sue prime esperienze di alta quota sull’Ojos del Salado, Kilimanjaro e alcune montagne sopra i 6000 m in Nepal.
Per Cala la passione dello sci ripido inizia in età più matura, grazie ad un amico che gli apre le porte della parete est del Rocciamelone, e da circa dieci anni ogni sua spedizione è pensata per poter ridiscendere la montagna scalata con gli sci ai piedi, integralmente o almeno parzialmente. Non resiste al richiamo delle montagne, soprattutto se i canali adatti allo sci ripido sono fattibili solo ed esclusivamente in certi periodi dell’anno.
Il 3 luglio 2019 è una data difficile da dimenticare per Carlo Alberto: insieme ai russi Vitaly Lazo e Anton Pugovkin ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat 8125 m, per poi godersi la discesa, da poco sotto la cima insieme al compagno Lazo. “Scendere con gli sci fa un’enorme differenza, per gli alpinisti classici la cima costituisce il raggiungimento dell’obiettivo, per lo sciatore d’alta quota invece la cima è di certo una grande emozione ma costituisce uno step, perché poi c’è tutta la discesa da dover affrontare. Una delle più grandi soddisfazioni che ho provato è stato scendere il Laila Peak, che per poco non arriva a 7000 m, ma possiede una linea estetica per la discesa incredibile, molto tecnica e difficile”.
Il bergamasco Emilio Previtali invece lo sci ripido lo pratica con lo snowboard o in telemark. Inizia dalle montagne di casa, dal Monte Bianco prendendo i libri dedicati allo sci alpinismo e selezionando le vie che “potevano essere girate al contrario e discese con lo snowboard”, per poi arrivare anche sul Nanga Parbat e sul Cho Oyu, e spinto dal desiderio di sport e di avventura affronta le Isole Svalbard nel remoto Mar Glaciale Artico.
“Il successo è ciò che tu decidi che sia” una frase scritta dall’Emilio giornalista, in cui crede fortemente: nel suo modo di rapportarsi con la montagna la parola successo non è necessariamente sinonimo di raggiungimento della vetta, ma è qualcosa che dipende esclusivamente dalle sue aspettative e dal suo progetto. “Ci vuole carattere e personalità e soprattutto avere il coraggio di scegliere delle linee che non sempre culminano con il punto sommitale di una montagna”.
Ciò che lo spinge ogni giorno verso nuove sfide è la passione per la costante sensazione del sentirsi principiante, affrontando e allo stesso tempo godendosi tutto il processo di apprendimento con le sue difficoltà: “Bisogna avere pazienza e lasciar perdere la fretta di arrivare all’obiettivo ma incamminarsi verso di esso, sarà lui ad arrivare a noi”.
Le montagne hanno la grande capacità di raccontare le storie attraverso i propri protagonisti; questi sono solo alcuni dei dodici True Faces che si possono incontrare su Sherpa, quali altri volti si racconteranno?
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Anzi, aggiungo che mi piacerebbe molto ascoltare, o leggere, le risposte alle domande poste, di molti assidui nei commenti del blog. Credo che tanti avrebbero molto da raccontare.
Che dire? Un grande regalo, da scartare con calma, svelando il contenuto con calma. E perché no? Provando a porsi le stesse domande, immaginando risposte cui magari non si aveva mai pensato.
Iniziativa davvero eccezionale.
E sono già sul canale!