Pianificazione affidata allo Stato, e non alle mire di interessi privati, seguendo un percorso di responsabilità e di massima compatibilità ambientale: la svolta delle energie rinnovabili passa da qui. Invece la speculazione è in agguato, e sceglie una confusione che porta lontano dai fini ultimi della transizione ecologica, consumando il suolo e non rispondendo adeguatamente alle necessità. La Sardegna è un esempio di questo Far West in nome dell’ecologia: ci sono dalle 30 alle 40 richieste di concessione per impianti eolici o fotovoltaici alla settimana, per un totale complessivo (tra eolico e fotovoltaico) di 29.451 MW, cioè più di quindici volte i 1.926 MW esistenti. Un’enormità. Si arriverebbe a produrre molta più energia di qualsiasi ragionevole fabbisogno, senza che l’eccedenza possa essere trasferita al continente anche attraverso i nuovi cavidotti sottomarini progettati da Terna. Quindi spreco, consumo del suolo, agricoltura spazzata via anche a furia di espropri, paesaggi storici degradati, boschi sacrificati, territorio martoriato. Mentre serve un percorso che sia compatibile con una valutazione ambientale a respiro nazionale.
Sole, vento e confusione – 2
(il caso-Sardegna: boom di richieste per nuovi impianti e speculazione)
di Stefano Deliperi, presidente Gruppo di Intervento Giuridico
(pubblicato su italialibera.online il 4 luglio 2023)
I terreni agricoli vengono affittati, comprati, espropriati per realizzarvi centrali eoliche e fotovoltaiche. Decine e decine di migliaia di ettari di terreni agricoli, pascoli, boschi spazzati via, paesaggi storici degradati, aziende agricole sfrattate, questo sta diventando il panorama in larghe parti della Sardegna, in Puglia, nella Tuscia, in Sicilia. Fanno sorridere le dichiarazioni in favore di una moratoria relativa a ulteriori centrali eoliche e fotovoltaiche nel territorio regionale del nuovo Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, mentre la stessa Regione Lazio approva l’ennesima centrale fotovoltaica nella Tuscia, a Tarquinia. Altri 6 ettari e mezzo di terreno agricolo mangiati. E sono più di 7 mila gli ettari fatti fuori dalla speculazione energetica negli ultimi anni in un territorio che, sempre negli ultimi anni, è sempre stato ai non invidiabili vertici nazionali per il consumo del suolo per abitante (rapporto Ispra sul consumo del suolo 2019), 1,91 metri quadri per residente rispetto alla media regionale di 0,47 e nazionale di 0,80.
Consumo del suolo che va in direzione opposta agli obiettivi tanto decantati della transizione ecologica. Consumo del suolo che nemmeno risolve i problemi di un fabbisogno energetico neppure adeguatamente verificato. Land grabbing di casa nostra. Forze politiche, intellettuali, gran parte dell’informazione, una bella fetta dello stesso mondo ambientalista ormai adepto senza se e senza ma della divinità eolica e fotovoltaica, se ne fregano completamente. In Marmilla, oggetto ormai di numerosi progetti di centrali eoliche con decine e decine di aerogeneratori alti più di 200 metri, il fenomeno è incombente. Ma parlare di land grabbing in Marmilla o a Montalto di Castro non è cool.
Le (poche) efficaci norme di salvaguardia
Fra le poche efficaci norme di salvaguardia del territorio e dei suoi valori ambientali, storico-culturali, naturalistici, in attesa dell’individuazione delle così dette aree idonee e aree non idonee in base a linee guida nazionali (art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021), c’è la fascia di rispetto estesa tre chilometri dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale e/o con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), posta dall’art. 47 del decreto-legge n. 13/2023 (c.d. decreto Pnrr) convertito con integrazioni e modificazioni nella legge n. 41/2023. Ci sono anche le norme e la disciplina dei piani paesaggistici, nelle parti in cui essi hanno efficacia immediata e cogente, nonché i piani di gestione delle aree naturali protette rientranti nella Rete Natura 2000. Davvero poca roba.
I motivi del “no” al Far West energetico in Sardegna
A neuroni funzionanti e liberi, essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all’ammasso della vulgata dell’ambientalismo politicamente corretto. È proprio il caso della trasformazione della Sardegna in piattaforma produttiva destinata alla servitù energetica, come esplicitato chiaramente da Terna s.p.a. e avallato dall’allora ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani. Qualche sintetica considerazione al riguardo. L’amministratore delegato del Gruppo Enel Francesco Starace, circa un anno e mezzo fa, ha affermato che lo «scenario ipotizza l’installazione, a Thyrrenian link in esercizio, di un gigawatt di batterie e circa 4/5 gigawatt di potenza di rinnovabili in più rispetto a quanto abbiamo adesso. Oltre agli ovvi benefici ambientali, come la scomparsa di fatto dell’anidride carbonica prodotta dalle fonti fossili, un piano del genere svilupperebbe investimenti sull’intera filiera da qui al 2030 di 15 miliardi di euro, un indotto più che doppio e una occupazione tra i 10 e i 15mila addetti qualificati e specializzati».
A oggi in Sardegna non esiste una rete nemmeno decente di impianti di conservazione dell’energia prodotta, ci sono solo alcuni progetti approvati e solo uno è entrato recentemente in funzione (il più modesto, ad Assemini):
– un sistema di accumulo a batterie – BESS (Sulcis BESS 1), con potenza 122 MW recentemente approvato all’interno della centrale elettrica Enel di Portoscuso (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/03/2023 del 3 aprile 2023);
– un sistema di accumulo a batterie (BESS) denominato Codrongianos BESS 2 (Enel Green Power Italia s.r.l.) avente potenza di circa 140 MW (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/05/2023 dell’11 maggio 2023);
– un sistema di accumulo a batterie (BESS) fino a 40 MW di potenza all’interno della centrale termoelettrica Enel Produzione s.p.a. di Assemini (decreto direttoriale Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica n. 55/15/2021 del 12 ottobre 2021), unico operativo al giugno 2023.
In Sardegna, se fossero approvati tutti i progetti di centrali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, vi sarebbe un’overdose di energia prodotta, pagata dallo Stato, ma inutilizzabile. La realizzazione del “Thyrrenian Link” — il nuovo doppio cavo sottomarino di Terna s.p.a. con portata 1000 MW, 950 chilometri di lunghezza complessiva, da Torre Tuscia Magazzeno (Battipaglia-Eboli) a Termini Imerese, alla costa meridionale sarda — dovrebbe esser pronto nel 2027-2028. Insieme al “Thyrrenian Link” dovrebbe partire “Sa.Co.I. 3”, l’ammodernamento e potenziamento del collegamento fra Sardegna, Corsica e Penisola con portata 400 MW, che rientra fra i progetti d’interesse europeo. Al termine dei lavori, considerando l’altro collegamento già esistente, il “Sa.Pe.I.” con portata 1000 MW, la Sardegna avrà collegamenti con una portata complessiva di 2.400 MW. Non di più.
Soffermiamoci su questo numero: 2.400 MW. Pur non disponendo di dati ufficiali aggiornati, possiamo fare qualche considerazione in merito. In Sardegna, al 20 maggio 2021, risultavano presentate ben 21 istanze di pronuncia di compatibilità ambientale di competenza nazionale o regionale per altrettante centrali eoliche, per una potenza complessiva superiore a 1.600 MW, corrispondente a un assurdo incremento del 150% del già ingente comparto eolico “terrestre” isolano. Complessivamente dovrebbero esser interessati più di 10 mila ettari di boschi e terreni agricoli da un’ottantina di richieste di autorizzazioni per nuovi impianti fotovoltaici. Le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 agosto 2021 risultavano complessivamente pari a 5.464 MW di energia eolica + altri 10.098 MW di energia solare fotovoltaica, cioè 15.561 MW di nuova potenza da fonte rinnovabile, a cui devono sommarsi i venti progetti per centrali eoliche offshore finora presentati, che dichiarano una potenza pari a 13.890 MW. In tutto sono 29.451 MW, cioè più di quindici volte i 1.926 MW esistenti (1.054 MW di energia eolica + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021). Significa energia che non potrà essere tutta utilizzata in Sardegna, non potrà esser trasferita verso la Penisola, non potrà essere conservata.
Lo scorso 7 giugno 2023 l’assessore alla Difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna Marco Porcu ha dichiarato, in audizione presso la Commissione permanente “Attività produttive” del Consiglio regionale, che «sono circa 300 le richieste presentate dalle società energetiche a Ministero e Regione per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili… Ne arrivano circa 30/40 a settimana».
Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti). Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche. Vogliamo cambiare registro una buona volta? In meglio, naturalmente. E quindi (riassumendo quanto già scritto qui ieri): pianificazione dei fabbisogni da parte dello Stato, individuazione delle aree idonee a terra e in mare con un accordo Stato-Regioni, bando di gara dei siti idonei da cedere al migliore offerente per la realizzazione degli impianti, gestione e loro rimozione al termine del ciclo vitale della produzione energetica. Un Paese serio non avrebbe nemmeno bisogno di discuterne. Lo avrebbe già fatto.
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