Su Mephisto

Su Mephisto
di Sergio Antoniazzi
(pubblicato su Annuario del CAAI 2019)

Reinhard Schiestl con l’amico Luggi Rieser formarono una cordata irresistibile negli anni ‘70 ed ’80 del secolo scorso. Furono protagonisti di alcune realizzazioni di altissima difficoltà, capaci di salire la Torre Trieste per la via Carlesso e di tornare a valle per la Cassin, arrampicando. Schiestl, nel 1980, in “free” solo scalò la via Jori sulla Nord dell’Agner in 1 ora e 25 minuti, la via Messner sul Sasso delle Nove in 7 minuti, la via Micheluzzi sul Piz de Ciavazes nel 1982 in 20 minuti. Ancora, la via Cassin sul Badile nel 1984 in 1 ora e 30 minuti, e infine la via Soldà sulla Sud-ovest della Marmolada in 1 ora e 30 minuti (senza toccare un chiodo). Il 16 luglio 1979, con l’amico Luggi Rieser crearono una via leggendaria: Mephisto sul Sass dla Crusc, un’avventura di 500 metri di difficoltà di VIII- con protezioni davvero minime (usati solo 5 chiodi) conclusa in appena 5 ore.

L’apertura dell’articolo sull’Annuario del CAAI 2019

Agosto 1984, con Michele Guerrini ripetiamo la via Cassin alla Torre Trieste in Civetta. Michele riesce a passare in libera e dato il suo “stato di grazia” mi propone per la settimana seguente di salire la via Mephisto sul Sass dla Crusc.

Avendo la collezione completa di Tex, fino a quel giorno l’unico Mephisto da me conosciuto era il personaggio diabolico di questo fumetto…

Ignaro di tutto, ci mettiamo d’accordo; a noi si aggrega Mauro Tiozzo, un forte alpinista con cui avevo già fatto alcune uscite. La domenica successiva ci ritroviamo in tre alla base della parete, la prima parte non è difficile, ma la roccia è “molto delicata”; chiodi non se ne vedono.

Arriviamo in cengia e in breve all’inizio delle difficoltà. Sopra di noi una muraglia impressionante… sia io che Mauro guardiamo Michele un po’ preoccupati… ma lui, sicuro di sé con la sua bombetta in testa, inizia ad ar-rampicare.

Ricordo che negli anni ‘80 per andare ad arrampicare si usava un “look” abbastanza spartano e completamente diverso da quello griffato di ora… e con lo spirito incosciente ma “libero”, senza prendere troppo sul serio quello che si stava facendo.

Le soste ci sono ma chiodi non se ne vedono… Michele arriva al passaggio chiave, riesce a infilare un cordino in una misera clessidra (che in caso di “volo” non terrebbe sicuramente), lo guardo un po’ preoccupato, se cade arriva giusto in sosta, la tensione è alle stelle…

Michele è concentrato al massimo e riesce a dominare un tremolio alla gamba destra… i minuti passano, poi con eleganza e sicurezza, grazie ad appigli invisibili arriva a una zona un po’ più facile e di qui in breve alla sosta.

Maurio Tiozzo su Mephisto. Foto: Sergio Antoniazzi.

Michele inizia a recuperarci, io e Mauro, molto lentamente iniziamo a salire. La roccia si fa sempre più avara di appigli, le mie scarpette quasi divelte annaspano cercando qualche piccolo appiglio (con la corda dall’alto sono molto più tranquillo, ma non essendoci chiodi rischio di fare un bel pendolo…). Mauro mi precede di pochi metri e con qualche difficoltà arriva in sosta e poco dopo arrivo anch’io. Qui Michele veramente si è superato: su questa parete non basta essere allenati con il fisico, quello che conta davvero è la “testa” e qui ce ne vuole tanta… La via prosegue un po’ più tranquilla (per modo di dire) fino ad arrivare al diedro finale, il tempo è sempre bello, la roccia nel diedro un po’ meno… al penultimo tiro succede l’imprevisto… Mauro sale troppo veloce fidandosi degli appigli, e in un attimo un grosso sasso si leva dal suo piede e come un “caccia” si fionda sulla mia fronte. Per miracolo riesco a non cadere, la mia vista si annebbia sotto un fiotto di sangue, nel frattempo Mauro arriva in sosta e si rende conto di quanto accaduto… lentamente mi riprendo, con un fazzoletto tampono la ferita e grido a Michele di tenere la corda ben tesa, poi ricomincio a salire… Ci rimane solo un tiro, poi siamo fuori dalla via… Stringo i denti dal dolore, ma tengo duro (a quei tempi non c’era il cellulare) e arrivo in sosta… Michele esamina la ferita e il suo “si vede l’osso” è laconico…

La discesa è semplice e in poco tempo, sopportando il dolore, arrivo alla base della parete e di qui alla macchina. A Corvara la guardia medica mi ripulisce la ferita e mi dà una decina di punti… un male boia! Comunque abbiamo portato a termine la seconda ripetizione, io e Mauro Tiozzo, ma soprattutto Michele Guerrini che si è tirato tutta la via. Una via che dà punti…

Nota: l’alpinista austriaco Hansjörg Auer ha salito in free solo Mephisto il 26 agosto 2015.

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Su Mephisto ultima modifica: 2019-11-30T05:52:18+01:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “Su Mephisto”

  1. La prima volta che ho visto e conosciuto Luggi Rieser è stato nell’inverno 1979/1980 a Lumignano in compagnia di Heinz Mariacher.
    In quella occasione i due austriaci fecero la prima salita ROTPUNKT di Durlindana che diventò il primo 6C di Lumignano (  successivamente Heinz chiodò altri due itinerari bellissimi dello stesso grado..)
    All’epoca ero abbonato alla rivista ( mitica) MOUNTAIN e leggevo, nella cronaca, di tutte le imprese di questi alpinisti/arrampicatori che aprivano vie in giornata su pareti impressionanti, come la sud della Marmolada, con pochissimi chiodi, una manciata di stopper su difficoltà di settimo grado.
    Nel tempo ho avuto la fortuna di conoscere meglio Heinz che frequentava la falesia vicentina e ho rivisto qualche volta Luggi in Marmolada quando ancora il rifugio Falier era gestito dagli storici Nino e Agnese.
    Mephisto è apparsa nelle riviste, come una delle vie piu’ difficili e sprotette dell’epoca; al sass d’la crusc avevo già percorso nel 81 e poi 82 il diedro Mayerl, il gran muro ed il pilastro di mezzo ( Messner ) con la variante Mariacher salendo il tracciato originale dello zoccolo con quei 3/4 tiri marci da paura.( attualmente le cordate salgono i primi tiri del Mayerl fino alla cengia….)
    Ripetere Mephisto è stato, per me, come immergermi ancor di più in quell’alpinismo che stava subendo la magnifica trasformazione che avrebbe alzato le difficoltà tecniche ma ancor più la mentalità di approccio alle pareti.
    Come omaggio agli apritori ho indossato una “bombetta” acquistata appositamente all’epoca della mia frequentazione all’università di scienze forestali di Padova, ed è stata l’unica via salita con quel cappello proprio come era di abitudine per Luggi ( tuba e frac color oro) salire le vie.
    Bei ricordi, begli anni e belle persone !!!!
     

  2. Non ricordo se era l’83 o l’84, ma un pomeriggio estivo (per stare al sole) con Ornella Calza co facemmo un giro. Il tiro chiave non lo ricordo troppo duro ma dopo era tutto bagnato e dovemmo lottare. Avevo anche scritto un racconto sulla Rivista del Cai ma chissà dove è finita. Il giorno dopo, sempre dopo aver fatto le guide, fu il turno di Marco Fanchini (Gesubambino) e Renato Bernard. Finì in una gran bevuta.

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