Trave e pan Güllich
di Claudia Rota
(già pubblicato su www.nerdclimbing.com il 13 ottobre 2016)
Lettura: spessore-weight*, impegno-effort*, disimpegno-entertainment**
Tra le varie macchine di tortura che il climber ha a disposizione per migliorare la sua prestazione spiccano di sicuro il pan Güllich (o campus board) e il trave.
Per chi avesse dei dubbi questo è il trave
e questo è il pan Güllich (o campus board)
Esistono già in rete alcuni validi programmi di allenamento con trave e pan Güllich. Non mi soffermeró pertanto su numero di ripetizioni e set ma parlerò più in generale del perché e come avvicinarsi a questi due diabolici strumenti.
Chi arrampica da meno di due anni è meglio che si concentri solo sull´arrampicata e dimentichi tutto il resto. C´è ancora tantissimo da imparare a livello di tecnica e il corpo ha bisogno di una solida base muscolare, cardiorespiratoria e tendinea/legamentosa. Allenamento di forza e cardio (jogging o bicicletta) vanno bene in questo periodo ma sconsiglio l´utilizzo di trave e campus board: oltre che prematuri possono anche causare infortuni in chi non è ancora in possesso di questa “base” fisica.
Chi arrampica costantemente già da più di due anni – ogni settimana una o due volte! – e si è affacciato al magico mondo del settimo grado (sesto per le fanciulle) può iniziare a pensare a come ampliare il proprio allenamento. Esercizi calistenici, system wall e naturalmente campus board e trave possono ora venire considerati. Ma solo se lo si desidera! Finché la prestazione continua a migliorare si puó tranquillamente arrampicare e basta.
Se invece siete proprio decisi a provare l´esperienza del training specifico ecco qualche consiglio per iniziare.
Scaldatevi bene!
Esistono in commercio degli hand trainer per scaldare le dita. Altrimenti aprite e chiudete la mano diverse volte il piú veloce possibile, piegate ogni singola falange delle dita e iniziate con un esercizio molto al di sotto delle vostre capacità.
Evitate i dinamici!
Lo so, Youtube è pieno di video di arrampicatori che fanno cose alla ninja warrior saltando su e giù e rimanendo appesi per il mignolo (Magnus! sentiti preso in causa!). Ma loro sono dei professionisti ed è tutta la vita che si allenano a farlo. Voi state iniziando proprio adesso e l´inizio, si sa, è sempre poco glamour.
Appendetevi, appendetevi e basta. È più che sufficiente per dare al vostro corpo lo stimolo che gli serve. Specialmente tendini e legamenti sono strutture che rimangono pressoché uguali per tutto l´arco della vita adulta. Se non abbiamo arrampicato da ragazzini non abbiamo più possibilità di creare nuove fibre, come invece accade nei muscoli. Si può tuttavia migliorare robustezza e resistenza di tendini e legamenti con delle sospensioni. Iniziate con tutta la mano (di solito il mignolo rimarrá fuori perché troppo corto) e tentate di rimanere sospesi per 6-10 secondi. Non vi serve un intervallo di tempo maggiore. Fate una pausa di durata uguale e riprovate. Passate a prese piú piccole e ripetete. Se è troppo facile per voi diminuite il numero di dita. Io di solito uso tutta la mano per scaldarmi e poi faccio due dita alla volta: indice e medio e medio e anulare.
Se dovete scegliere tra intensità e volume prediligete la prima: meglio fare meno sospensioni ma tenere ciascuna per maggior tempo rispetto che un numero di sospensioni maggiore ma per meno tempo.
Non crimpate! Non arcuate!
Il crimp è una brutta bestia. È l´unico modo per tenersi su microtacche ma allo stesso tempo mette seriamente in pericolo le vostre dita. È bene non abusarne quando si arrampica e per questo motivo non lo utilizzerei proprio nell´allenamento specifico, dove non avete la fissa del “chiudere la via”. Quando diventerete dei mostri del trave allora se ne potrà riparlare ma finché non riuscirete a rimanere sospesi per 10 secondi sulla tacca più piccola esistente avete ancora da lavorare.
Usate le scapole!
Un errore comune alle sospensioni è quello di appendersi “a peso morto”, senza tenere spalle e schiena in tensione. Anche questo comportamento può portare a infortuni, pertanto imparate a rimanere appesi tenendo le spalle e le scapole in giù.
Qua sotto ci sono due esempi, uno sbagliato e uno corretto (il secondo è quello corretto). La differenza è visibile a occhio nudo.
Se riuscite a rimanere completamente appesi senza problemi tentate di creare una plank con tutto il corpo, cioè di stare dritti creare tensione muscolare fino alla punta dei piedi. Se le sospensioni sono troppo difficili rimanete pure appoggiati con i piedi sul muro.
Non trazionate!
Se volete allenarvi con le trazioni fatele alla sbarra. Pan Güllich e trave servono ad allenare le dita ed è meglio non tenere i gomiti piegati quando si usa la muscolatura delle dita. Esatto, potrebbe causare infortuni, mi ripeto per l´ennesima volta ma è davvero così. Se eseguite un movimento sbagliato mentre arrampicate, lo ripeterete per pochissime volte in tutto in paragone a esercizi come quelli su trave e campus board che andrete a ripetere decine di volte ogni sessione: se fate qualcosa di sbagliato il corpo vi chiederà il conto prima.
Le braccia quindi distese, non completamente ma lievemente piegate in modo da avere contrazione muscolare e proteggere le articolazioni di gomito e polso.
Abbiate pazienza!
Non avete in mente di smettere di arrampicare a breve, giusto? Quindi potete avere tutta la pazienza del mondo. Vi servirà. I progressi lenti e graduali sono i migliori. Iniziate con una sessione di 20 minuti una volta alla settimana, potrete poi aumentare fino a mezz´ora o fare due sessioni alla settimana.
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@Giandomenico Foresti:
L’articolo in questione si intitola “Migliorare in falesia senza allenarsi a secco”, pubblicato sul fu ossolaclimbing.org. Si può recuperare tramite Archive.org.
Davvero bello!
Buon articolo. Pero’ “arrampicatori con 2 anni di esperienza” dice poco sulle condizioni fisiche delle persone in questione. Suppone che questo corrisponda ad affacciarsi al livello 7 ( chissa’ perché’ 6 per le ragazze, che di solito scalano meglio ), ma non e’ ovvio per nulla. Ad ogni modo l’efficacia dell’allenamento a secco e’ anche in questo caso non comparabile con quanto si acquisisce scalando.
Riguardo al 7a a vista, ci si arrivo’ negli anni 80, senza travi moderne o pan gullich ma comunque con trazioni su sbarre o prototipi di travi. Ora il limite ‘medio’ e’ più’ basso? Puo’ essere ma questo dice poco sull’efficacia dell’allenamento. A parita’ di esperienza su roccia, e’ evidente che il livello che consente di raggiungere e’ più’ alto.
7a a vista senza allenamento a secco mi pare un po’ eccessivo, però.
Sopratutto considerando che Paul Preuss già praticava e predicava l’allenamento a secco.
L’allenamento dell’arrampicata, empiricamente praticato fin dagli anni 80, pare giunto a livelli di specializzazione che al momento sembrano ben confermati dai risultati.
Chi nasce oggi si trova immerso in una realtà che presenta l’arrampicata già investita della dimensione dell’allenamento a secco.
Fino a pochissime generazioni fa era diverso. Il commento nr 1 di Marco Garimberti ne rappresenta l’apoteosi.
L’allenamento a secco è ora parte integrata nel corpo e dell’identità dell’arrampicata.
In un certo senso l’arrampicata è ora al suo esordio, è ora totalmente di sé stessa, definitivamente separata da tutti i gangli che a ragione storica la tenevano insieme, figlia ribelle, all’alpinismo, alla montagna.
Non era difficile prevedere l’autonomia provocata anche dalla sua vocazione sportiva. I giovanissimi atleti di valore mondiale non ne sono che la prima evidenza concreta, storicamente consacrata dal successo delle gare e dall’accesso alle olimpiadi.
Se prima — in arrampicata su parete aperta — si guardava intorno al 7a a vista come limite accessibile senza allenamento a secco, ora quel limite superiore si è spostato verso il basso.
Anche se tutti hanno riscontrato che molti plasticari hanno un a vista basso assai e che quando vanno in natura le cose peggiorano ancora, forse, le generazioni che verranno, pur non avendo più il mito dell’a vista, ricchi del lavoro a secco, vedranno quel nostro limite soltanto dall’alto.
😀
Raga, per un allenamento da veri e propri machi, esistono testi da n. 350 pagine, con dovizia di tabelle e disegnini! Alessandro li ha a scaffale? Io ricordo di aver sempre preferito testi pregnanti… Le Ore… Playboy… 🙂
Ottimo articolo.
Riguardo al cosiddetto “allenamento a secco” ricordo di aver letto un altrettanto interessante articolo di Maurizio Oviglia, che non riesco a riprendere sul web ma che da qualche parte immagino sia rinvenibile.
ecco, appunto: “Ma solo se lo si desidera! Finché la prestazione continua a migliorare, si puó tranquillamente arrampicare e basta”.
fatti non fummo per viver come bruti ma per divertirci. 🙂