E’ vero, in queste foto c’è del glamour. E siamo anche tutti consapevoli di quanto il corpo femminile sia ancora oggetto di “vendita” a tutti i livelli geografici e culturali.
Qui però nessuno vuole vendere nulla, lo concederete. La grazia e la bellezza di queste foto (nonché delle protagoniste) secondo me allarga il cuore e piace agli occhi di un sacco di gente.
C’è chi vede in Climbing girls discriminazione e maschilismo: francamente mi sembra un po’ eccessivo. Se si gira nelle librerie e in internet si vede che la proporzione tra foto di bei gatti e quella di inquietanti insetti è decisamente a favore dei primi… e non credo si voglia fare ingiustizia nei confronti degli insetti, semplicemente ci piacciono molto di più i gatti!
C’è chi ha visto in questa pubblicazione un’esibizione di stereotipi: raffigurazioni temute perché “pericolose”.
Ma attenzione. Le riviste femminili sono piene di stereotipi, direi che ne costituiscono l’essenza. Non sarà solo il bikini a fare stereotipo, vero? I vari Armani, Gucci, ecc. che suggeriscono? Le donne dipinte da Rubens cosa ci evocano? Le Madonne dei pittori più vari? Le contadine di Verga? Sono tutti “stereotipi” o sono magari tutti diversi modi di vedere il genere femminile? Dal porno a Santa Maria Goretti le tappe sono molte!
Ma a questo punto, se il nostro modo di esprimerci, dall’arte al quotidiano, passa attraverso quello che si definisce stereotipo, in quale altro modo potremmo esprimerci?
E il pericolo. Siamo sicuri che le foto di ragazze che arrampicano in bikini siano più pericolose di foto che le ritraggono su una rivista femminile, o delle Madonne che allattano di Mauro Corona, o delle immagini artistiche di Richard Avedon e di Helmut Newton, o dei nudi di Salvator Dalì, o delle ragazze Balilla del fascismo, della Venere di Milo, della Paolina Bonaparte di Antonio Canova, delle schiave accucciate sotto i tavoli di Andy Warhol o di mille e mille altri stereotipi?
Anche le foto o i disegni più edificanti che ritraggono Santa Bernadette di Lourdes, o le immagini dei calendari di Padre Pio sono stereotipi. Che cosa hanno queste raffigurazioni di reale? Nulla, sono anch’esse contraffazioni, più o meno artistiche o poetiche, della realtà.
E alla fine, che male c’è (che pericolo c’è) a modificare la realtà? Non lo facciamo ogni giorno con il nostro lavoro? Non ci ribelliamo ogni giorno alla realtà nuda e cruda con le nostre azioni di vario genere, tecniche, sportive, medicinali, chirurgiche e quant’altro? Non modifichiamo la realtà con i romanzi, con la poesia? Con le Borse siamo perfino riusciti a inventare ricchezza là dove ricchezza vera non c’è! Ci travestiamo con i vestiti, ci mascheriamo con l’educazione: la nostra, se si guarda bene, è una finzione continua!
Io però non ritengo pericolose queste azioni del genere umano. Se accetto che in natura sia l’animale maschio a pavoneggiarsi con i colori più diversi di fronte all’animale femmina, non vedo perché non sia accettabile che nel genere umano sia il contrario e quindi sia la donna a porsi di fronte a noi maschi in mille modi fantasiosi, creativi, piacevoli. Come accetto che la formica di oggi sia praticamente uguale a quella di duemila anni fa, accetto anche che l’uomo di oggi non sia più il cristiano carne da macello per stadi. Dov’è il male?
Immortalando il Cervino e le Tre Cime di Lavaredo in milioni di fotografie non è che prostituiamo queste due montagne. Semplicemente ci piace guardare quelle forme, quei colori, quella grandiosità. Non c’è un secondo fine, c’è soltanto la diffusione della bellezza (o meglio, la diffusione di ciò che noi intendiamo bello in quel momento).
In conclusione, dopo queste riflessioni, sono più portato a credere, proprio a livello psicologico, che appunto in questo spazio dedicato alla libertà non si debba limitare alcuna potenzialità, né quella femminile né quella umana in generale.
So bene, anche per direttissima esperienza, quanto potenti siano le raffigurazioni (archetipi o stereotipi). Ma so anche quanto ne abbiamo bisogno. Senza arte, sogni, “distorsioni” e peccati vari saremmo ancora all’età della pietra o all’epoca del Paradiso Terrestre (che anche lui non è altro che una “distorsione”).
Isabelle Patissier, anni ’80
Pamela Pack su The Dragon’s Lair, Longs Canyon. Foto: Andrew Burr
Paige Claasen su Just Do It (5.14c). Foto: Sierra Schneider
Giulia Venturelli, traversata Hinterstoisser della Nord dell’Eiger, aprile 2015
Giulia Venturelli in bivacco sulla Nord dell’Eiger, aprile 2015
Da sola su Archangel, E3, Stanage, GB
Edurne Pasadan
Heidi Wirtz su 10,000 Maniacs (5.11c), Penitente Canyon, Colorado
Ana Marisa Correia, Portogallo. Foto: José Carlos Sousa