Diventare francescani

Sabato 30 marzo 2019, nella Sala del Castello Sforzesco di Milano si è tenuto il Convegno sulle conseguenze sociali e ambientali dei mutamenti climatici. Coordinato da Sara Milanese di Radio Popolare, ha visto le relazioni di Gianni Tamino, professore all’Università di Padova e ex parlamentare verde EU, del chimico-fisico Mario Agostinelli, di Emilio Molinari del Contratto Mondiale sull’Acqua, di Giulia Persico attivista di Milano per il clima, e di Alessandro Gogna. Ha concluso i lavori Vittorio Agnoletto del Forum sociale Mondiale ed ex parlamentare europeo.

Diventare francescani
relazione di Alessandro Gogna
(30 marzo 2019)

Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(3)

Mi hanno chiamato a parlare in questo convegno per la mia esperienza, per le mie frequentazioni alpine in più di sessanta anni. Alpi e Appennini sono soltanto la sentinella di ciò che sta succedendo. La sentinella infatti si accorge prima del nemico, prima degli altri che abitano le pianure. E’ anche in questo senso che la montagna dovrebbe essere presa in considerazione.

La Nord dell’Eiger nelle condizioni estive di questi anni

E’ vero, i ghiacciai si stanno ritirando quasi al galoppo, lo si può ben vedere osservando foto e disegni di cento anni fa, ma anche solo di qualche decennio fa. Non c’è nessun bisogno di studi e tabelle (che peraltro è giusto fare) per convincersene: basta guardare. Almeno per me è stato sufficiente, ricordo molto bene cosa erano i ghiacciai e vedo altrettanto bene come sono oggi.

I ghiacciai però non sono i soli a fare da sentinella. Ci sono tanti altri fenomeni che ci riportano indiscutibilmente al rialzo delle temperature medie.

Nelle fessure della roccia, almeno sulle pareti di bassa quota, diciamo fino ai 1500-1800 m di quota, è presente molta più terra e relativa vegetazione che non solo 25 anni fa. Non c’è confronto, lo si vede benissimo percorrendo i vari itinerari di arrampicata. Non la vegetazione non si è limitata ad aumentare di volume, ha anche spinto la sua presenza a maggiori altezze. Per esempio, sui versanti settentrionali delle Alpi Marittime, quelle che sono proprio a cavallo tra un clima alpino e un clima marino, gli ultimi larici arrivavano una volta fino al massimo di 2700 m: ora arrivano a 2900 e anche a 3000 m. Come prima si tratta ovviamente di larici piccolini, quasi bonsai. E il larice non è certo l’unica specie ad aver guadagnato quota massima.

Altro fenomeno di facile riscontro è la penuria di neve. Qualcuno di voi conoscerà certamente una parete alpina famosissima, quella dell’Eiger nell’Oberland Bernese. L’Eigerwand è una delle più difficili, e anche una delle più tristemente famose per via delle numerose disgrazie delle quali è stata teatro. Bene, in questi anni la parete nord dell’Eiger non è più percorribile nei mesi estivi, a meno che davvero non si voglia andare a cercare la fatalità.

Greta Thunberg

L’assenza estiva di copertura nevosa dà libero scarico alla ghiaia e ai sassi prima trattenuti: questo crea un pericolo tale da rendere folle ogni tentativo di salita in quella stagione. Infatti oggi chi sale la Nord dell’Eiger lo fa in inverno, primavera o tardo autunno.

Assistiamo alle frane e ai crolli, per via del permafrost che si assottiglia. Vi racconterò un episodio davvero singolare. Cinquantuno anni fa feci una salita in prima ripetizione nel gruppo del Civetta, il pilastro Piussi della Cima Su Alto, alto 800 metri. Nei due giorni in cui fui impegnato con i miei compagni e naturalmente anche dopo, mai avrei pensato che la struttura gigantesca sulla quale eravamo abbarbicati sarebbe crollata quasi completamente tra il 2013 e il 2015. Mai avrei pensato che sarei sopravvissuto io a quel pilastro… eppure è successo. Non è stato l’unico crollo, lo cito solo tralasciando gli altri perché è quello che mi ha toccato più da vicino. Il cambio climatico c’è, non deve essere dimostrato, è lì sotto agli occhi di tutti.

Una cosa che oggi mi ha fatto molto piacere è il non aver sentito nominare da nessuno la parola “provvidenza”, parola in passato citata in quasi ogni occasione tragica: “la provvidenza sistemerà tutto”. No, oggi questo non è stato detto. Ed è giusto, perché appare ormai evidente che non può esserci alcuna divina provvidenza in questa tragedia, siamo solo noi che dobbiamo provvedere a noi stessi. Ciò che invece si è sentito, e lo si può leggere ovunque, è che il cambiamento che dobbiamo operare nel nostro modo di vivere, quel cambio di paradigma così auspicato, debba essere realizzato “tutti assieme”. Lasciatemi dire che questo è ovvio… non ci sarà mai alcun cambiamento se non voluto e perseguito da tutti noi abitanti della Terra. Si è invece posto poco l’accento sull’evoluzione interiore che deve avere l’individuo. Non ci si può limitare alla sola volontà, deve essere l’individuo nella sua interezza a esprimere il cambiamento. Se anche una sola piccola parte di noi rimanesse estranea, le azioni da noi compiute sarebbero inefficaci perché incomplete: un po’ come il genitore che predica bene ai figli ma razzola male, dunque non si deve stupire se questi faranno esattamente come lui. Dunque un’evoluzione incompleta e zoppa se l’individuo non precede il collettivo.

Elisabeth Kübler-Ross

Ci sono segnali incoraggianti: per esempio, a livello governativo, tutti abbiamo sentito di questi 11 miliardi stanziati in tre anni per il dissesto idrogeologico, dunque per la nostra sicurezza. Ma il cambiamento climatico cosa è se non la più grande minaccia alla nostra sicurezza? Si dovrà andare ben oltre negli stanziamenti, nei finanziamenti, nella rinuncia al consumo energetico fossile e ai processi di combustione, come bene ha illustrato il prof. Tamino poco fa.

Gli investimenti dovranno puntare sull’energia rinnovabile, e sulla formazione e capacità di lavoro in questo campo. E questo deve succedere in tutto il mondo, ecco il compito che ci aspetta. Occorre vedere positivamente quest’opportunità: lavorare tutti assieme per questo scopo darebbe lavoro a tutti quanti, quello stesso lavoro che oggi l’automazione e il digitale riducono drasticamente. L’attività lavorativa va riscoperta come prossima arte, quella della sopravvivenza. Lavorare per non usare mai più la combustione, lavorare perché tutti possano produrre energia rinnovabile e non perché l’energia sia ancora proprietà di una minoranza.

E’ curioso come le persone anziane siano nella maggioranza ottimiste e tendano ad essere negazioniste. Non lo sentono come un problema proprio. E non è certo perché sanno di avere pochi anni davanti… credo sia una cecità dovuta al proprio vissuto sociale di altri tempi passati. Sono per fortuna i giovani che stanno ribellandosi. L’esempio dato da Greta Thunberg è il segnale che qualcosa sta esplodendo, qualcosa che non dobbiamo solo vedere come distruttivo del sistema ma che al contrario dobbiamo vivere come molto creativo e ricco di opportunità. Gioia e fiducia manifestate da giovani che, per colmo, neppure hanno visto quanto più bella era la terra sessanta anni fa! Invece indifferenza e in qualche caso pessimismo nei vecchi, incapaci di vedere davvero ciò che è stato davanti ai loro occhi per tanto tempo.

Greta Thunberg da Papa Francesco, 17 aprile 2019. Foto: ANSA/VATICAN MEDIA

Oggi la nostra società si dibatte in mezzo a differenti stati d’animo, in un processo simile a quello che la psicologa Elisabeth Kübler-Ross ha chiamato “elaborazione del lutto”. Si susseguono diversi stati d’animo, nel collettivo evidentemente anche presenti nello stesso tempo. Dapprima si nega il fatto, poi ci si arrabbia, poi ancora si negozia cercando i compromessi; quindi c’è la caduta in stato depressivo e solo alla fine c’è l’accettazione. Questo paragone non può essere preso di peso e applicato alla nostra situazione psicologica nei confronti del cambiamento climatico, ma ci sono molte analogie con il nostro modo di essere in questi anni. Perché ciascuno di noi individui è inserito in uno o più di questi cinque modi di vedere. Ci sono infatti i negazionisti, quelli che o per indifferenza o per interesse si rifiutano di vedere questa realtà; ci sono i rabbiosi in piazza, quelli che si affannano nei compromessi, quelli già piombati in depressione pessimista. Non so quanti siano coloro che hanno raggiunto lo stadio finale, quello dell’accettazione, l’unico che permetta di lottare con tutte le proprie forse per la sopravvivenza.

E’ come se noi tutti fossimo alla guida in autostrada della nostra automobile: stiamo guidando tutti a velocità di crociera ma incrociamo cartelli o segnali fonici che occorre ridurre la velocità a 50 km/h. Con un’auto che volendo supererebbe i 200kmh, che abbiamo comprato con il nostro denaro, di cui siamo chi più chi meno orgogliosi… ecco che di colpo ci viene ordinato di rallentare, anzi di andare a passo d’uomo. Come se fossimo tutti costretti a diventare frati francescani, col saio e in piena povertà, privi improvvisamente di quelle ricchezze e opulenze di cui potevamo disporre prima. Lo sta predicando Papa Francesco (guarda caso, Francesco) con il suo operato quotidiano e con la sua enciclica Laudato si’: la difficoltà del suo compito è enorme, quasi sperduto in un’inerzia ecclesiastica che ha radici più che millenarie, quella stessa inerzia che si oppone e si opporrà al nostro cambiamento.

I francescani

E’ davvero poco incoraggiante vedere le difficoltà di Papa Francesco… se non ci riesce lui, come possiamo riuscirci noi fedeli così limitati e “umani”? Improvvisamente realizziamo che con le nostre auto in autostrada dobbiamo frenare tutti assieme e non quando ne abbiamo voglia singolarmente, pena un tamponamento planetario. Tutti dovremo agire nello stesso momento, ognuno individualmente persuaso fino in fondo che questa sia l’unica possibile soluzione, pena la catastrofe. Aggiungiamo la consapevolezza che tutto ciò dovrà insistere per più generazioni, perché non ne basta una sola, anche ammesso che la presente sia già in movimento. Anche questa consapevolezza dovrà guidare le nostre decisioni individuali nel nostro operato quotidiano, uno sforzo che ora ci appare eccessivo ma che non può che essere destinato al successo. Lo stesso sforzo che io, come alpinista, mettevo in conto nella realizzazione di un progetto: mi preparavo, mi allenavo, andavo a fare ricognizione e poi, con i compagni giusti, partivo nella speranza di riuscire nell’intento. Questo progetto dev’essere comune, la cordata mondiale.

Con piacere ho sentito oggi che il cambiamento climatico è chiaramente collegato ai problemi dell’emigrazione. La popolazione mondiale presenta disparità terribili da un paese all’altro, questo provoca emigrazioni di massa assieme alle guerre. Noi dobbiamo essere sempre più consapevoli di aver derubato queste popolazioni delle loro materie prime e del loro capitale umano schiavizzando il loro lavoro, fomentando dissidi e vendendo loro le nostre armi. Ed ecco che si supera la soglia e guerre, carestie e siccità provocano movimenti umani imponenti.

Riuscire a entrare nella visione globale, la visione che collega riscaldamento climatico, disparità e solidarietà seguendo il corso delle vicende della ricchezza acqua, perno di tutto, forse ci porterà alla fine del nostro lavoro di ricamo, forse riusciremo a vedere la luce in fondo al tunnel.

Aggiungo un’ultima nota. Questo gigantesco lavoro di massa al telaio del nostro futuro (altro che Penelope, che lavorò solo venti anni!) servirà soprattutto ad essere liberi. Perché è vero che noi attualmente non siamo liberi, siamo prigionieri delle nostre comodità e del nostro superfluo. Non c’è alcuna tentazione a fare i francescani, e se lo decideremo sarà più per qualche serie di catastrofi che per filosofia. Se io sono schiavo di queste mie esigenze allora non sono una persona del tutto libera. La libertà non vuole dire che si può fare ciò che vogliamo, come i bambini quando dicono “voglio!”. La libertà è fare delle scelte, muoversi dentro precisi paletti che ci siamo autoimposti. La scelta che facciamo è la nostra attuale e futura responsabilitànel proprio programma di vita. Solo la responsabilità garantisce la vera libertà.

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Diventare francescani ultima modifica: 2019-05-20T05:58:44+02:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “Diventare francescani”

  1. Molto bravo, come al solito un’analisi precisa e innovante sulle conseguenze del cambiamento climatico. Cosa facciamo individualmente per evitare l’aumento del CO2? Nel mio piccolo ho cambiato il mio stile di vita, mi riscaldo con il solare, pianto degli alberi tutti gli anni per fissare un poco di anidride carbonica, mi muovo il più possibile in bicicletta ecc. ecc.

  2. Condivido pienamente questo bel contributo. Grazie Gogna, sempre lucido e puntuale nelle tue documentate riflessioni!

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