Il CAI e il Comelico

Ci siamo già occupati due volte del progetto che vorrebbe collegare il Comelico agli impianti sciistici pusteresi. Vedi:
https://gognablog.sherpa-gate.com/comelico-un-territorio-in-svendita/, 23 luglio 2018
https://gognablog.sherpa-gate.com/per-il-territorio-del-comelico/, 28 aprile 2019

La vicenda ha assunto toni roventi allorché il 24 maggio 2019 un articolo di Livio Olivotto sul Corriere delle Alpi ha riportato che “anche per il CAI il progetto è indispensabile”.

Il CAI e il Comelico

Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(2), disimpegno-entertainment(2)

La notizia sul Corriere delle Alpi
E in effetti nell’articolo di Olivotto si legge che “in un lungo e articolato documento inviato al ministro Alberto Bonisoli ed a tutte le autorità competenti in materia, il Club Alpino Italiano tutto, a mezzo della sezione Val Comelico, ha espresso i motivi della posizione ufficiale favorevole al collegamento tra il Comelico e la Pusteria”.

E’ del tutto evidente che la notizia portava la questione su un piano di scorrettezza, ma da più parti si è levato giustamente un coro di richiesta di precisazioni.

La pista Valgrande

Nel documento del CAI Comelico si legge:
«Oggi un progetto di sviluppo prevalentemente turistico c’è, ed è quello del collegamento sciistico tra la Val Comelico e l’Alta Pusteria, tra le piste di Padola e quelle di Sesto attraverso il Colesei e passo Monte Croce Comelico; ma, soprattutto, questo è il collegamento “turistico” con la Pusteria/Provincia di Bolzano e con il loro “sistema” integrato funzionante, che ha prodotto incremento della popolazione, opportunità di lavoro, quindi di reddito. La governance della Provincia di Bolzano non la possiamo avere, però possiamo trarre vantaggio dal loro sistema virtuoso che è ben funzionante. Una filiera socio-economica che si basa su agricoltura e turismo, comprendendo commercio e artigianato» (…) per poi concludere con l’evidente scopo di sminuire la reale portata dell’intervento: «In merito alle progettate due nuove piste da sci, di cui una è in buona parte già percorsa dagli sciatori che rientrano dal passo Monte Croce verso Valgrande, e dei due impianti di risalita, si tratta del solo collegamento tra piste da sci già esistenti e con una morfologia favorevole; e, infatti, vi si legge una predisposizione pressoché naturale dove gli interventi per le piste sono contenuti e considerato che seguono tratti di piste già esistenti, piste forestali, conche, vallette e ripiani, zone prative, salvaguardando e rispettando aree di pregio come quella della sorgente di acque solforose, adattabili ad un paesaggio già antropizzato, che si presentava molto più devastato fino a 50/60 anni fa. Un paesaggio che nel corso dei decenni è stato risistemato e valorizzato dall’agricoltura e dalle Regole. Per tutte le constatazioni esposte, si ritiene a ragion veduta come le piste progettate siano un sacrificio tollerabile e necessario, anche dal punto di vista ambientale».

Non una parola, nel documento, riguarda le ragioni che hanno mobilitato diversi gruppi ambientalisti tra i quali Mountain Wilderness, Italia Nostra, il WWF, la LIPU e Legambiente.

Le proteste
«Mountain Wilderness mantiene il suo impegno nel contrastare il collegamento sciistico Pado­la – Passo Monte Croce», si legge nel notiziario dell’associazione diretto da Luigi Casanova. «Il collegamento distrugge un’area protetta (ZPS) e non è utile a uno sviluppo qualitativo del Comelico, per via della quota, insoste­nibile in tempi di cambiamenti climatici tanto rapidi. D’altra parte da tempo nell’alto Cadore si vive una situazione di conflitto esaspe­rante: tutte le forze politiche sono a favore del collega­mento, i sindaci, le Regole, e certo giornalismo ben strut­turato e ben schierato»Nella stessa pubblicazioneil vicepresidente di MW, Giancarlo Gazzola, aggiunge che «Non tutta la popolazione sostiene questa follia. Una ampia minoranza, costretta al silenzio, impaurita nell’esprimersi, è contraria: vorrebbe altro, vor­rebbe cultura, vorrebbe qualità, vorrebbe investimenti che portino a una ricaduta economica su tutta la popolazione».

Mountain Wilderness, evidentemente delusa dalla posizione presa dal CAI “tutto” e senza ancora alcuna chiarezza sulle reali posizioni del CAI Centrale, già il 25 maggio ha diramato un comunicato stampa che sostanzialmente richiedeva al vertice del sodalizio un chiarimento.

«Ha destato forte imbarazzo e incredulità all’interno di Mountain Wilderness e di tutte le altre maggiori associazioni ambientaliste italiane la presa di posizione del CAI a livello regionale e centrale relativa ai progettati impianti di risalita del Comelico, almeno così come è stata divulgata dagli organi di stampa. Se quanto si è letto corrisponde davvero al pensiero del Club Alpino Italiano e non è il frutto di una iper-semplificazione giornalistica, viene spontaneo chiedersi quali siano le ragioni di un simile voltafaccia. Usiamo il termine voltafaccia perché la difesa del progetto rinnega posizioni del CAI legate alla tutela dell’integrità ecologica e paesaggistica delle montagne di cui da molti anni si dava per acquisita la piena accettazione. Posizioni che sono state ufficialmente ribadite, senza sbavature e possibilità di equivoci, da quel documento ufficiale del Sodalizio che ha preso il nome di Bidecalogo. Chi lo conosce ha difficoltà ad accettare che sia quello stesso Club alpino a sposare ora, senza la minima ombra di critica, le tesi discutibilissime anche a livello economico e occupazionale, di chi continua a progettare interventi altamente invasivi all’interno di aree ZPS o dentro i confini delle zone buffer delle Dolomiti Monumento del mondo.

Va aggiunto che il Club Alpino Italiano ha creduto opportuno veicolare questa posizione (che alcuni hanno voluto paragonare a un assist nell’imminenza dell’appuntamento elettorale) senza sentire il bisogno di attivare un confronto preliminare con il fronte ambientalista di cui pure pretende di fare parte. Se il testo pubblicato dovesse venire confermato, esso oggettivamente rappresenterebbe inoltre una vera e non troppo nobile sconfessione della Soprintendenza del Veneto, la quale ripetutamente e con gran coraggio ha negato l’assenso al progetto, malgrado gli attacchi asfissianti e non sempre di livello civile che le sono giunti da ogni parte in questi ultimi mesi. Attendiamo un chiarimento».

La posizione di Reinhold Messner
Ad acuire la tensione anche l’intervento di Messner in proposito. Per lui le popolazioni di montagna hanno diritto all’autodeterminazione e a rivendicare l’autonomia nella progettazione e nella gestione del loro futuro, soprattutto perché il Comelico ha una grande potenzialità: «A condizione che si colleghino il Comelico, la Val Pusteria e il Tirolo dell’Est. Certo, ci vuole un progetto sostenibile, tale da non penalizzare altre vocazioni locali, come l’agricoltura, la zootecnia… ma nel futuro dello sci c’è posto solo per i grandi hub. E il Comelico può diventarlo». Messner, di fronte all’osservazione che gli ambientalisti non ci stanno, ha risposto con una battuta: «Sono stati eletti? Non possono decidere loro».

La posizione del CAI Sede Centrale: coerenza ma con rispetto
Il 3 giugno 2019 è stato diramato dal CAI Centrale il seguente comunicato:
«La credibilità di una Associazione si misura, prioritariamente, in base alla coerenza con le indicazioni espresse dai propri soci, all’esito di un approfondito dibattito interno, in ordine a quelle che devono essere le linee di comportamento e le scelte rispetto a temi di generale rilevanza.

Per questo il Club Alpino Italiano, con riferimento a qualsiasi ipotesi di creazione di nuovi impianti sciistici o di ampliamento di quelli esistenti, non può che confermare la posizione, adottata nel Bidecalogo (approvato dall’Assemblea dei delegati in occasione del 150° di fondazione), di contrarietà, che trae spunto dai noti limiti della monocultura dello sci, vieppiù rimarcati dai significativi mutamenti climatici.

Il che non significa, però, trascurare in modo aprioristico la possibilità, riconosciuta dallo stesso Bidecalogo e dettata da evidente e doverosa forma di attenzione verso le popolazioni di montagna, “quando se ne ravvisasse l’opportunità socioeconomica, nelle zone in cui tali infrastrutture siano già presenti”, di sollecitare approfondimenti e “una rigorosa analisi dei costi/benefici e della sostenibilità economica e ambientale”.

A tale riguardo, il progetto afferente la Val Comelico, che ha visto un’istanza avanzata da tutta la Comunità locale, con la condivisione della Sezione CAI, che di essa costituisce componente vitale, se pure resta tra i tipi di intervento rispetto ai quali il CAI esprime contrarietà, rappresenta un’occasione per sensibilizzare e coinvolgere istituzioni e finanza, sia pubblica che privata, verso la ricerca di nuove strategie che mirino ad una innovativa progettualità verso forme di sviluppo sostenibili. Confidiamo, quindi, che quegli stessi Soci, la cui sensibilità ci è nota e si è concretata negli anni in una realtà di attenzione e rispetto, sappiano, come abitanti di una montagna che può e deve incentivare forme di turismo alternative, operare nella ricerca di soluzioni che siano effettivamente in grado, in modo lungimirante, di vincere quell’attuale marginalità connessa al vedersi, talvolta, relegata al rango di luogo di transito, verso mete i cui impianti attraggono e danno lavoro”.

Considerazioni
Dopo la manifestazione del 1 giugno 2019, Mountain Wilderness cerca di fare il punto sulla situazione con il comunicato del 6 giugno 2019 e conclude con un rassicurante “Ci conforta invece la presa di posizione degli organi centrali del Club Alpino Italiano che, pur esprimendo comprensione e rispetto per la giusta aspirazione ad un rilancio economico degli abitanti del Comelico, li invita a non fondare tali speranze sulla monocultura dello sci di pista e sulla realizzazione di nuovi impianti a fune. Insomma, malgrado quanto è stato diffuso erroneamente dagli organi di stampa, anche il CAI è contrario al progetto“.

Per me invece l’impressione che desta il comunicato del CAI non è cristallina, in quanto sostanzialmente rimanda le decisioni finali alla discussione che può nascere da un dibattito molto più allargato e approfondito di quanto lo sia ora. Ma non è cercando nuovi interlocutori e allargando il campo da gioco che si avranno le idee più chiare: si avranno solo più vie di fuga. A nostro avviso il CAI doveva essere fin da subito più rigoroso nell’applicazione del proprio Bidecalogo, senza offrire uno spiraglio così aperto a tutte le tesi contrarie (vedansi le famose sezioni CAI favorevoli all’eliski, mai sanzionate come lo stesso Bidecalogo vorrebbe). Il CAI Comelico non ha (come avrebbe suggerito il Bidecalogo) “sollecitato approfondimenti e una rigorosa analisi dei costi/benefici e della sostenibilità economica e ambientale”: ha bensì con molta determinazione appoggiato il progetto tout court! E, per questo fatto, nel comunicato della Sede Centrale del CAI, non c’è alcuna condanna o accenno a sanzioni.
Sono perfettamente consapevole delle difficoltà che il Bidecalogo incontra passando dall’applaudita ed entusiastica approvazione generale del 2013 al concreto inserimento nei problemi particolari di un luogo. Ma a volte c’è solo bisogno di un po’ più di coraggio.

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Il CAI e il Comelico ultima modifica: 2019-06-07T05:51:11+02:00 da GognaBlog

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5 pensieri su “Il CAI e il Comelico”

  1. @Andrea Cartase non ricordo male gli impianti di Padola sono già di proprietà di Drei Zinnen spa: non so se esista ancora il consorzio di cui parli, perché Senfter ha comprato tutte le società impiantistiche della zona in modo da avere una regia unica, di conseguenza se anche un impianto va in rosso, ha tutti gli altri che tirano su i conti.

  2. Alessandro ha svolto un lavoro di sintesi importante. Ma nelle giustificazioni rivolte al CAI manca un passaggio strategico che MW sa costruire da tempo, quello della massima correttezza e della capacità di confronto anche in situazioni impraticabili.
    Mentre il CAI “assisteva” all’assalto MW lavorava.
    Mentre il CAI dormiva, o protestava negli uffici interni regionali, MW, guidata da una rappresentanza di alta qualità, anche istituzionale, il vicepresidente, due consiglieri nazionali e io come stampella consunta Presidente onorario incontravamo i due sindaci più scatenati, uno forzaitaliota e l’altra “sinistra vera” come si definisce. In due ore e mezza di confronto sereno ma diretto si era ascoltata la posizione loro, si erano prodotte controdedunzioni su cosa significa realmente dare vita alla montagna e non alla speculazione, si era demolito il modello altotesino e trentino (terre dai quali i giovani scappano in cerca di lavori di alto profilo), si erano elencati i fallimenti dello sci in Trentino e i sostegni pubblici a imprese decotte. Ma specialmente, con umiltà, avevamo illustrato reali possibilità di destinare 26 milioni, pubblici, ricordatelo, a iniziative ben più concrete a sostegno delle popolazioni locali. A differenza del CAI avevamo anche illustrato cosa significa per noi Dolomiti UNESCO, cosa significa il valore della biodiversità, la vergogna dell’attacco spudorato alla “burocrazia delle soprintendenze” e la demolizione dlerl’0operato di funzionari pubblici che lavorano a garanzia della bellezza e dei valori del nostro ambiente.
    Prima di giustificare il CAI vi chiedo più attenzione anche perché tutti voi di MW sul tema avete speso molto, energia, intelligenza, passione, mentre chi guida un corpo di 320.000 soci, fra i quali il sottoscritto, colpevolmente e non certo inconsciamente, dormiva.
    Di tutta la vicenda vi è un altro pericolo, ancora mai messo in luce con la dovuta attenzione: la sconfitta culturale dei montanari. Il loro spirito servile, il loro accomodarsi per ricevere una briciola e una pacca sulla spalla: altro che i frati di Fra Dolcino. Tempi bui, ovunque. Ma di questo scriverò ampiamente sul prossimo numero di Questo Trentino.

  3. Conosco bene la zona e molti abitanti del posto, in entrambi i versanti: mi sorgono alcune domande.
    Sono sicuri i promotori del progetto che poi i turisti andranno a soggiornare in Comelico? O andranno nei soliti posti più attraenti dell’Alta Pusteria…
    Sono consapevoli che comunque gli sciatori pagheranno sempre e solo uno ski-pass, per fare qualche pista in più?: non sarà un aumento di incassi, ma solo di spese, oltre che di violenza all’ambiente (cui associo altri ipotizzati/progettati collegamenti sciistici: Folgaria Ski verso Forte Campomolon e Cime Bianche tra Cervinia e Val d’Ayas).
    Infine, se la gestione di qua del passo fosse passiva, chi la pagherà?: il consorzio sciistico Alta Pusteria?

  4. Con il disastroso uragano dell’anno scorso, stanno portando gli alberi caduti in Austria invece di lavorarli in Comelico!!  Non sarebbe da incentivare la lavorazione del legno visto che non si trova del legno lavorato in tutto il Comelico!!

  5. E’ il solito discorso “POLITICHESE”, quasi… quasi TI FACCIO FESSO E CONTENTO!

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