Intervista ad Annibale Salsa al Convegno di Bressanone La libertà delle proprie scelte, la libertà in montagna (International Mountain Summit, 24 ottobre 2012)
In un interessantissimo video postato nell’aprile 2013 dal blog I camosci bianchi Annibale Salsa ci parla dell’ossessiva importanza che la società moderna dà alla quantizzazione piuttosto che all’interpretazione di qualunque fenomeno.
Salsa nel suo intervento da relatore ufficiale aveva analizzato il passaggio da una società prescientifica a quella odierna, dove il rischio e l’incertezza sono percepiti come qualcosa di scandaloso che va gestito attraverso specifiche leggi e ordinanze: “Il pericolo è qualcosa che viene dall’esterno, mentre il rischio è in relazione a un atto decisionale. La visione sicuritaria della società nasce con le prime società di assicurazioni e con i progressi dei modelli matematici previsionali. Oggi però assistiamo a un vero e proprio eccesso, un delirio della sicurezza. Quando c’è un incidente in montagna che magari coinvolge un professionista si urla allo scandalo. Ma l’alpinismo può essere ridotto a qualcosa del tutto prevedibile? Di pari passo, strumenti tecnologici come i navigatori satellitari stanno diventando un surrogato della conoscenza e dell’esperienza umana. Così accade che le persone sono sempre meno responsabilizzate, e questo non le aiuta di certo ad essere più sicure”.
Un conflitto che rimanda al freudiano “disagio della civiltà” secondo il quale un incremento di libertà fa arretrare i livelli di sicurezza, mentre un incremento di sicurezza fa arretrare gli spazi di libertà.
In quest’ottica, ogni incidente o errore non viene più imputato alla imprevedibilità degli eventi, a quell’imponderabile che appartiene alla natura delle cose, bensì alla violazione “misurabile” delle regole e delle procedure. Scatta quindi l’effetto blaming, ossia l’attribuzione ineluttabile di una colpa… La casistica di molti incidenti di montagna è riconducibile proprio a tale concezione del rischio calcolato. Ma, a questo punto, entra in gioco la libertà e l’imprevedibilità. L’ambiente montano non è un ambiente artificiale in cui si possa eliminare quasi interamente l’incertezza. Gli ambienti naturali travalicano l’onnipotenza della tecnica e aprono alla libertà della scelta fondata sull’esperienza individuale, sulla trasmissione culturale, sulla capacità e l’intuito nell’interpretare i fenomeni. La montagna non è una tecnostruttura. E’ spazio fisico e mentale che insegna il senso del limite invalicabile: limite relativo a ciascuno di noi e non certo calcolabile in senso oggettivo e assoluto. Nella società del no limits le protesi tecnologiche danno l’illusione di una “volontà di potenza” governabile e accrescibile a piacere. L’alpinismo, perciò, deve essere riconosciuto come l’oasi, forse l’ultima, della libertà umana.
Past president generale del Club Alpino Italiano, Annibale Salsa è considerato uno dei massimi esperti di “antropologia alpina”. Nato a Savona nel 1947, insegna antropologia culturale all’Università di Genova (Facoltà di Scienze della Formazione) ed è membro dell’Istituto internazionale di ricerche fenomenologiche e di studi avanzati nelle scienze umane dell’Università di Belmont – Massachussets (USA), nonché di innumerevoli istituzioni culturali.
5 febbraio 2014
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